La simulazione

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'autunno 2024.

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Marino Maiorino
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La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Il soffio della porta pneumatica annunciò l’ingresso di qualcuno, ma Ariel sapeva già chi stava per raggiungerlo laggiù, nel laboratorio di cibernetica dell’università. Questa volta l’aveva combinata grossa, coinvolgendo nella sua alzata d’ingegno anche il professore, l’illustrissimo Michael Sar.
Come se farsi trovare a consultare i tabulati sarebbe servito a giustificare il disastro, aveva trascorso la notte davanti a quegli schermi in cerca di una traccia, di qualcosa. Che cosa, nemmeno lui lo sapeva.
«Buon giorno, Ariel», lo salutò il professore, con tono paziente. Un genio dell’informatica in gioventù, l’anziano era forse la persona che meglio poteva comprendere la molla dietro alla cappellata dal proprio studente.
«Buon giorno, professore», gli rispose il ragazzo, fingendo di arrovellarsi su un paio di linee su uno schermo, né più né meno significative delle altre decine che aveva di fronte.
«Trovato qualcosa di importante?» chiese il professore, riconoscendo fin troppo bene certi mezzucci evasivi. La domanda significava “Dal momento che non hai trovato niente che giustifichi tanto affanno, potresti degnarmi della tua attenzione?”
Il tono, più che le parole, era esplicito. Ariel si voltò, accennò di voler rispondere qualcosa, poi vide il professore scuro in volto e preferì tacere.
«Sono stato dal rettore, puoi immaginare cosa mi ha detto: il comitato etico di ricerca ha chiesto la mia testa». Valutò l’espressione di sgomento che si disegnava sul volto del suo pupillo.
«Ma… professore, non possono farlo! Questa ricerca è la cosa più importante che l’università abbia fatto da… non so, dalla sua fondazione, forse?»
«Adesso calmati, ragazzo!» Michael Sar era un tipo paziente, ma tollerava poco le intemperanze e, se Ariel avesse frequentato l’università insieme al suo mentore, avrebbe conosciuto episodi che l’avrebbero trattenuto dal parlargli in quel modo.
«So bene quanto sia importante questa cosa per te, ma non devi lasciare che la superbia ti accechi. Hai combinato un casino senza precedenti, e lo sai. Del comitato etico non può fregarmene di meno, ma io ti avevo avvisato e tu hai tradito la mia fiducia. Non ci sono giustificazioni, per questo! Come posso affidarti il laboratorio, se non posso fidarmi di te?» La voce era ferma e non un tono sopra le righe, ma la severità di quelle parole fu più che sufficiente a far riflettere il giovane. Era quel tipo di rimprovero che umilia di più perché, nella sua semplicità, Ariel vide palesemente che la colpa di quella situazione era solo sua: nonostante i reiterati avvertimenti, lui aveva deciso di saltare le regole e andare testardamente per la sua strada. Ma chi credeva di essere?
«Prof, mi dispiace. Non volevo causarle problemi», rispose a testa bassa.
«Me ne fotto dei problemi che puoi aver causato a me!» gli urlò l’anziano, e Ariel ne fu sorpreso. «Potrei mandare avanti io quest’università, se lo volessi, e il comitato etico lo sa bene!»
Era vero: il professor Sar era stato l’ingaggio migliore di sempre, nell’università, il più prestigioso! Ariel si era iscritto lì solo per poter apprendere da lui: il meglio del meglio. A uno studente tanto brillante aveva fatto la corte persino la Luiss Cypher, un blasonato ateneo privato al quale le famiglie danarose vantavano di mandare i propri viziati pargoli per apprendere economia o management ma, come recitava un vecchio adagio tra matricole, “La Luiss fa le pentole, ma non i coperchi”, e Ariel avrebbe imparato a fare le pentole migliori, coi migliori coperchi!
«Hanno chiesto cento per ottenere uno», spiegò il professore. «È la tua testa che vogliono davvero, e io non sono disposto a lasciargliela».
La faccenda aveva preso un risvolto inatteso.
«La ringrazio, prof. Ma, perché la mia testa?» Ariel si era sempre tenuto al margine di quelle beghe di corridoio, eppure quel suo atteggiamento doveva cambiare, e anche presto, se aveva davvero intenzione di proseguire la carriera accademica. Più di tutto, lo sorprese che il comitato etico, pezzi grossi, titolari di dipartimento, potesse avere il minimo interesse per lui.
«Perché sei in gamba, che domande! Talmente in gamba che, se facessero un danno a te, potrebbero finalmente farne uno a me. E io che dovrei fare, lasciar andare il miglior studente che abbiamo avuto solo perché è una gran testa di cazzo? Ne abbiamo avute di peggiori, e alcune siedono persino nel comitato etico!»
A quella rivelazione, Ariel restò a bocca aperta, tanto che il professore si sbottonò ancora un po’.
«Gliel’ho rinfacciato a uno a uno, non ti preoccupare, quindi per ora sei in una botte di ferro. Il problema è un altro: come faccio a fidarmi nuovamente di te, se in qualunque momento puoi fare quello che ti avevo vietato?»
Era una cosa tra loro due, ora Ariel cominciava a capirlo.
«Prof, mi dispiace. Ero sicuro che la cosa avrebbe funzionato e che nessuno se ne sarebbe accorto», rispose, amareggiato dalla propria scarsa considerazione.
«Nessuno se ne sarebbe accorto?» Il professore trasecolò. «Hai lanciato una simulazione da un googlebyte, assorbendo la metà delle capacità di calcolo del nostro centro, e credevi che nessuno se ne sarebbe accorto? C’è stato un calo di energia che ha messo in pericolo altre cose che si stavano facendo, e una parte degli altri sistemi collegati in rete non ha potuto fornire servizi!»
In effetti, l’argomento di difesa era un po’ stiracchiato. Ariel avrebbe voluto scomparire in quel momento per non doversi sentire così idiota per aver dato quella risposta tanto inconsistente.
«Senti, non mi sembra che tu voglia collaborare, in questo modo, e non voglio perdere tempo con degli stupidi timori adolescenziali. Se hai avuto le palle per fare quello che hai fatto, adesso le tiri fuori un’altra volta e mi spieghi che risultati hai ottenuto! Non crederai mica di potertela cavare con uno “Scusi, non l’ho fatto apposta”!? L’hai fatto apposta, e voglio che ci sia un perché che giustifichi quest’alzata d’ingegno!»
Era davvero infuriato, ma era pratico, e Ariel lo adorava per quello! Nonostante il casino che gli aveva combinato, un genio come il professore stava già pensando a come trasformare un disastro in un successo! Il ragazzo non aveva ancora terminato l’analisi dei dati ottenuti, aveva appena cominciato a notare qualcosa di promettente ma nulla più: l’analisi completa avrebbe richiesto molto tempo.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Sar lo prevenne «…e non abbiamo un mese per fornire risultati spettacolari!» Voleva qualcosa, qualcosa di grandioso, e lo voleva subito.
«Prof, allora… Lei sa cosa volevo dimostrare», esordì Ariel. Il professore annuì impaziente. Conosceva tutta la teoria: era la SUA teoria.
«E l’hai dimostrato?» L’anziano andò dritto al nodo della questione.
«Sto verificando i dati, la loro mole è spaventosa…» provò a giustificarsi Ariel: l’algoritmo di analisi dei risultati che la teoria di Michael Sar prevedeva avrebbe dovuto lavorare mesi per essere certo che nella simulazione non si fosse prodotta la firma, la firma della vita senziente. Dovevano lavorare in quel modo, verificando l’assenza della firma in tutto il piccolo universo che Ariel aveva fatto simulare alla macchina.
«Però, prima di tutto», il professore ebbe un attimo di ripensamento, «non voglio trascurare le preoccupazioni del comitato etico: saranno degli inguaribili bacchettoni, ma su un punto la mia coscienza ritiene che abbiano ragione da vendere. Hai introdotto almeno un’asimmetria, nelle leggi della fisica della simulazione?»
Era il suo momento per dimostrargli che era stato testardo e avventato, ma non stupido. «Sì, professore, guardi: ho introdotto un secondo principio della termodinamica fatto apposta per rendere irreversibili i processi fisici», spiegò con entusiasmo, recuperando su uno schermo i tracciati di codice che implementavano quella semplice legge.
Il professore raccolse una figura a doppio cono da un angolo dello schermo e la trascinò sulla sezione di programma indicata. «Fammi capire, rivediamo la teoria: l’evoluzione di un processo dal passato, insieme al cono degli eventi posti a una distanza-luce inferiore a c per t, coincide in questo punto, e poi si apre di nuovo in un altro cono di eventi nel futuro». Pensava ad alta voce, poi notò qualcosa di inusuale. «Perché il colore del cono degli eventi futuri mi sembra diverso da quello del cono degli eventi passati?»
Ariel si sentì orgoglioso dell’ossevazione. «Proprio in virtù di quello che le dicevo: in questa simulazione i processi sono irreversibili, quindi gli eventi del passato sono noti, ma non quelli del futuro, perché in realtà non si può tornare indietro nel passato».
«Semplice e geniale. Mi piace!» osservò compiaciuto il professore. Era per quelle sottigliezze che aveva imparato a tenere in massima considerazione quel ragazzo che, lo sapeva, col tempo avrebbe superato il maestro.
«E adesso veniamo ai risultati. Hai trovato la firma?» Tornò a chiedere.
Ariel non sapeva se quella che aveva trovato, una piccola nota, pochi caratteri in una lingua approssimata, fosse esattamente ciò che il professore stava cercando, ma cominciò a far scivolare le dita sullo schermo principale per ritrovarla tra i suoi appunti. «Dov’è? Dov’è? L’avevo messa qui…Eccola!»
Sullo schermo apparve l’immagine di un materiale sottile e delicato, dal colore chiaro, vergato con strani segni scuri. Dalla disposizione e da una certa ripetitività dei segni, si sarebbe detta una qualche forma di scrittura.
«Che significa?» chiese il professore.
«Ah-hem!» Ariel si schiarì la voce. Al professore sembrò bizzarro il modo teatrale in cui il ragazzo si preparò, ma la cosa lo divertì e lo lasciò fare.
«Yehi-or vayehi-or!» esclamò il ragazzo, come se pronunciando quelle sillabe sarebbe dovuto accadere qualcosa.
Il professore aggrottò la fronte. «Cosa?»
Ariel si riscosse, leggermente imbarazzato. «Scusi, professore, è che, in qualche modo, questi suoni mi trasmettono una forte emozione…»
«Per piacere, Ariel, siamo seri! Che vuol dire quello che hai detto?»
«Sì, sì, ha ragione! Ecco qui!» il ragazzo scorse la dicitura di lato e fece apparire una traduzione. Il professore lesse: «Sia la luce, e la luce fu». Restò pensoso.
Il silenzio, interrotto solo dai macchinari del laboratorio, durò un certo tempo, poi Michael Sar si riscosse da chissà quali valutazioni profonde, e si pronunciò. «Certo, è un po’ poco, non credi? Dove l’hai trovato?»
«Qui, prof». Ariel aprì un modellino della sua simulazione sul monitor principale e cominciò ad ampliarlo a scala fantasmagorica. Cumuli di galassie si spostarono sullo schermo e lui continuava ad aumentare l’ingrandimento. Le galassie, ciascuna con le sue centinaia di miliardi di stelle, cominciarono a sgranarsi una per una, e il ragazzo non smetteva di ingrandire l’immagine. Si tuffò in uno di questi sistemi, passò accanto a innumerevoli soli dai colori e dalle dimensioni più varie, infine ne scelse uno piccolo, giallino, tranquillo, con un discreto corteo di pianeti. Non contento, si tuffò ancora più in profondità e fece diventare un mondo quello che, per quanto era azzurro, un attimo prima era sembrato solo un pixel difettoso dello schermo: chissà, forse era persino adatto alla vita.
«Qui, professore!», esclamò Ariel.
«Ok, sembra promettente», affermò il professore, senza troppa convinzione. «Fai le solite ricerche e vediamo che ne esce fuori. Ma falle in parallelo agli altri mondi: non vorrei che ti affezionassi troppo a questo e trascurassi oggetti davvero importanti!»
Ariel sembrò ferito dal commento.
Il professore si alzò e fece per andar via. «E mi raccomando, voglio i risultati entro una settimana!» e diede enfasi alla scadenza. Ariel era stato avvisato.
Mentre lo accompagnava alla porta, al giovane sorse un dubbio. «Prof, però mi spieghi una cosa: perché in queste simulazioni è così importante l’irreversibilità dei fenomeni fisici?»
«Non è così difficile, orsù, pensaci bene!» Michael Sar guardò profondamente negli occhi il suo pupillo, e non stava per comunicargli qualcosa di accademico, ma di altra natura. «Se le leggi fisiche di quell’universo che hai simulato fossero state reversibili, non ci sarebbe stata differenza tra passato e futuro, e gli esseri senzienti che potrebbero essere stati creati avrebbero saputo, avrebbero ricordato qual era la loro fine. Capisci ora perché c’entra il comitato etico? Vorresti vivere tu sapendo quando e come avverrà la tua fine? Vorresti imporre una simile condanna ai fantastiliardi di vite che una sola simulazione potrebbe generare?»
«Ma, signore, anche nel nostro universo le leggi della fisica sono irreversibili, altrimenti non avrebbe senso realizzare simulazioni: saremmo infatti capaci di antevederne i risultati! Allora anche il nostro universo…»
Michael Sar si voltò sulla porta e sorrise al suo studente. «Com’era, quella frase? Sia la luce, e la luce fu! Mi piace, sai? È abbastanza consono, per un universo con tutte quelle galassie, con tutti quei soli…» La sua espressione si fece trasognata per un attimo, poi si riprese. «Continua così, giovanotto, ma senza alzate d’ingegno, questa volta, ché dall’eseguire una simulazione a credersi un padreterno, il passo è breve!»
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Vittorio Felugo
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Vittorio Felugo »

Ciao Marino, bellissimo racconto che parte con un semplice esperimento scientifico originale e finisce con… la creazione del mondo? Spero di aver interpretato bene, apprezzo molto le "sorprese" in fondo al testo, che spiazzano, magari, ma ti portano a riflettere e anche a rileggere il testo con un'altra chiave di lettura. Occhio però, che quelli della vera Università Luiss non se la prendano a male… Voto 5, sicuramente.
Saluti
Vittorio
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Vittorio,
e grazie per il commento.
Io avevo preparato un altro testo, per questa stagione, qualcosa di cui avevo anticipato il tema, ma poi è uscito fuori anche questo e, non so perché, ha avuto la meglio all'ora di scegliere chi proporre.
Sarò sincero, un po' mi trovo incomodo: nell'ultima gara Ombrone aveva già pubblicato un racconto che usava (anche) una sorpresa a lá "Sentinella". Spero non me ne voglia.
I temi che hanno ispirato questo sono vari: qualche sera fa, chiacchierando a cena con mia moglie di ricordi e preveggenza, non so perché mi si è accesa 'sta lampadina del secondo principio della termodinamica (s'è sposata un fisico, problemi suoi!), che fondamentalmente stabilisce l'irreversibilità dei fenomeni fisici. È stata un'epifania: quando ho studiato Istituzioni di Fisica Teorica (col mai abbastanza compianto e riconosciuto Prof. Roberto Stroffolini), ricordo il doppio cono degli eventi su quella lavagna, e il discorso che, se fosse per tutte le altre leggi fisiche, in particolare a livello quantistico, non ci sarebbe alcuna differenza tra passato e futuro. Un evento è un punto nello spazio e nel tempo, al quale arrivano dal passato infinite curve dal cono con base di raggio c·t, e dal quale si dipartono infinite curve in un cono nel futuro con base c·t. Ci approcciavamo all'indeterminazione di Heisenberg.
Ma ragionare su ricordo e preveggenza mi ha fatto porre la domanda: se le leggi fisiche sono simmetriche rispetto al tempo (valgono in entrambe le direzioni del tempo), perché non ricordiamo il futuro ma ricordiamo solo il passato? Il classicissimo secondo principio della termodinamica mi ha subito richiamato all'ordine: "Guaglio'! Ma te si' 'nzallanuto? Jetta 'n uovo pe' tterra, e vvide che succede!" - Impossibile ricomporre un oggetto che si rompe.
Dunque, FORSE, per noi sistemi macroscopici, è quel semplice secondo principio che ci impedisce di "ricordare" (antevedere) il futuro.
E ora l'elemento in più (perché fino a ora...): negli ultimi tempi si sta affermando, con un certo seguito tra i colleghi, l'ipotesi che l'universo nel quale viviamo sarebbe un'enorme simulazione. Lo è? Non lo è? Il mio racconto non pretende certo di stabilire se l'ipotesi sia vera o falsa, ma cerca di analizzare un punto della questione. Ammettiamo che sì, viviamo in una simulazione: il secondo principio della termodinamica, rendendo asimmetrico lo scorrere del tempo, sarebbe una sorta di "misericordia" usata dal nostro simulatore per non farci ricordare che, presto o tardi, la simulazione avrà fine (e come), gettandoci nello sconforto di considerare noi stessi come nulla più che un'invenzione nemmeno di una mente superiore, ma di un calcolatore addirittura!
Ma, e qui sta il guizzo che ritengo interessante, e sarebbe divertente proporlo ai colleghi, riflettiamo (grazie ad Ariel) sul perché si realizza una simulazione: la fai perché vuoi studiare un fenomeno e non sai quale potrebbe essere il risultato di una serie di leggi che imponi a un certo modello. Perché non lo sai? Se fossi onnisciente, dovresti conoscere il futuro, e non avresti bisogno di realizzare la simulazione! Quindi anche tu, simulatore, sei soggetto a qualche legge come il nostro secondo principio della termodinamica. Ohibò, non sarai anche tu, a tua volta, una simulazione? Un'infinità di universi simulati e simulanti si apre come soluzione. Pare un testo sacro indù.
Per i nomi dei protagonisti, sono stato cattivello: Ariel è il nome dell'angelo della creazione, Luiss Cypher è simile al nome del diavolo interpretato da Rober De Niro in "Ascensore per l'Inferno", quindi non è tutta questa invenzione, e "Sar" è l'ebraico per "angelo" (mi sono guardato bene dall'attribuire un cognome ad Ariel.
Perché buttarmi sul "biblico"? Beh, non è che io abbia un'idea chiara di come potrebbero essere questi esseri che ci starebbero simulando, quindi gli angeli vanno benissimo. Angeli, alieni... come facciamo a essere sicuri che non siano la stessa roba?
Spero di aver ricordato tutto, ma certamente qualcos'altro uscirà fuori. Grazie ancora, Vittorio, e a presto!
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Vittorio Felugo
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Re: La simulazione

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Ciao Marino, la spiegazione è interessante quanto il racconto, varrebbe un volto alto pure questa. Io per Ariel avevo pensato allo spiritello de "La Tempesta" di Shakespeare, pensa un po'…
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Sì, sapevo che il vecchio Bill aveva usato lo stesso nome per un suo personaggio fatato.
Ci sarebbe anche la luna di Urano (di fatto, le lune di Urano prendono i nomi dai personaggi di Shakespeare e Pope) e, per un vezzo fonetico britannico, Tolkien ha poi usato la desinenza -el per molti nomi dei suoi personaggi elfici.
Ma lui, essendo filologo e glottologo, aveva inventato anche un senso linguistico per queste desinenze, per poi miscelarlo con la sensazione che quei suoni ispiravano negli uditori anglofoni. "El" è "stella" ("eldar" = "popolo delle stelle", perché si destó presso Cuivienen (acque del risveglio) quando Varda Tintalle Elentári (in Quenya. In Sindarin è Elbereth Gilthoniel) accese le prime stelle), ma è innegabile il suggerimento el=elf (fata, nel senso tolkieniano del termine).
Fece un lavoretto niente male, ma non sto seguendo la serie su queste piattaforme streaming: ne sento dire meh.
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Messaggio da leggere da Andr60 »

Il principio olografico è un'idea affascinante e sono stato molto interessato al fatto che sia stato trasformato in un racconto. La prospettiva che ognuno di noi sia parte di una simulazione può apparire curiosa, ma a vedere certi personaggi è l'unica spiegazione razionale possibile :)
Il mio unico timore è che, se siamo il prodotto di una AI in un altro universo, dove prende la sua energia, chi paga la bolletta e, soprattutto, continuerà a pagarla?
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Oibò, e perché te ne preoccupi? Se tutto va male, staccano prima la spina... Ops!
Grazie Andr60 per il passaggio!
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Messaggio da leggere da Eleonora2 »

Scrivi in modo divino. Come mai ho dato solo 4? Il gusto personale e la mia attenzione hanno avuto, in questo caso, la meglio! Ho affrontato il testo più di due volte fino in fondo prima di tirar fuori una mia, personale, spiegazione. Mio difetto.
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ehm, Eleonora2, "solo" 4? Dai, non me la prenderò per questo, ma il fatto che io torni continuamente su personaggi mitici non ti autorizza a dire che scrivo in modo "divino" :D
Nessun difetto: quando sottoponiamo quello che scriviamo ad altri, lì comincia la vita che abbiamo donato al componimento, ed è certamente più gratificante vederli andare con le loro gambe, che dovergli stare dietro.

A presto, e grazie del passaggio.
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Messaggio da leggere da Ombrone »

Ciao! In primo luogo grazie per il riferimento! Assolutamente nessuno problema anzi sono contento di aver stimolato idee. specie se questi sono i risultati.
Altra fonte di interesse è poi che sono un appassionato di fantascienza e per inciso trenta lontani anni fa sono stato proprio un "pargolo" della LUISS e per quei tempi in effetti il centro di calcolo non era per niente male.
Vediamo al racconto in se stesso, inizio con gli unici dubbi.
- Delle volte non fila fluidissimo a mio parere-
- I nomi… ho letto la spiegazione è apprezzo il ragionamento, ma ad una prima lettura non avevo colto questi riferimenti… e quindi, sono sincero ero partito che Ariel fosse donna… (e magari coi capelli rossi e le pinne) e mi ha meravigliato scoprire fosse maschio.
Lati positivi.
Beh l'idea è ottima e molto ben gestita e la temperatura della narrazione splendidamente gestita!
L?idea dell'Unverso come simulazione non è certo nuova (da prima di Matrix addirittura), ma gli dai un ottimo spirito.
Il tutto mi fa venire in mente due splendidi racconti il primo è ovviamente l'Ultima Domanda di Asimov… con "Sia Luce e Luce fu" che lo chiude.
Il secondo molto meno conosciuto che dovrebbe essere di David Brin: degli scienziati (quindi ambiente simile) lavorano per creare delle singolarità tramite un acceleratore. Ci riescono ma queste scompaiono subito, la sera studiando i dati scoprono che la matematica predice che le loro singolarità si sono trasformate in universi bolla che si sono separati dal nostro…
In pratica hanno causato dei big bang di Nuovi Universi e si chiude con loro che osservano il cielo notturno augurando buona fortuna a qualsiasi cosa abbiano dato origine
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Ombrone, e grazie per il commento così dettagliato.
Credo che in effetti dovrei avere il racconto di Asimov in una raccolta, ma l'avrò letto 30 anni fa, e non deve avermi causato questa grande impressione esteriore.
Ma io sono un lettore strano: assorbo le cose, apparentemente dimenticandole, e invece poi mi lasciano sempre qualcosa.
Sui nomi, col tempo ho appreso a non fare troppe assunzioni sull'identità di un personaggio dal nome esotico: persino il banale Andrea è femminile, in Portogallo e Brasile... MA avresti dovuto valutare il racconto senza pensare ai nomi: i nomi servono per dare un'identità, nulla più, e se non ti piacciono, vuol dire che l'autore li ha scelti male.
Mi interessa invece perfezionare la fluidità della scrittura, perciò ti sarei grato se potessi farmi qualche esempio dei tratti più "incespicanti". Alle volte uno sente che il meccanismo cigola, ma non riesce a mettere a fuoco dove, di preciso, e queste gare, col confronto positivo che generano, servono anche a questo, no?
E mi solleva che non abbia preso a male che riutilizzassi a così stretto giro di posta quell'espediente.
A presto!
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Le radici del Terrore

Le radici del Terrore

Antologia di opere ispirate agli scritti e all'universo lovecraftiano

Questa antologia nasce dalla sinergia tra le associazioni culturali BraviAutori ed Electric Sheep Comics con lo scopo di rendere omaggio alle opere e all'universo immaginifico di Howard Phillips Lovecraft. Le ventitrì opere selezionate hanno come riferimento la narrativa "lovecraftiana" incentrata sui racconti del ciclo di Cthulhu, già fonte di ispirazione non solo per scrittori affermati come Stephen King, ma anche in produzioni cinematografiche, musicali e fumettistiche. Il motivo di tanto successo è da ricercare in quell'universo incredibile e "indicibile", fatto di personaggi e creature che trascendono il Tempo e sono una rappresentazione dell'Essere umano e delle paure che lo circondano: l'ignoto e l'infinito, entrambi letti come metafore dell'inconscio.
A cura di Massimo Baglione e Roberto Napolitano.
Copertina di Gino Andrea Carosini.

Contiene opere di: Silvano Calligari, nwEnrico Teodorani, nwRona, Lellinux, Marcello Colombo, nwSonja Radaelli, Pasquale Aversano, Adrio the boss, Benedetta Melandri, Roberta Lilliu, nwUmberto Pasqui, nwEliseo Palumbo, Carmine Cantile, nwAndrea Casella, Elena Giannottu, nwAndrea Teodorani, Sandra Ludovici, Eva Bassa, nwAngela Catalini, Francesca Di Silvio, nwAnna Rita Foschini, Antonella Cavallo, Arianna Restelli.
Special guests: gli illustratori americani e spagnolo Harry O. Morris, Joe Vigil and Enrique Badìa Romero.

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77, le gambe delle donne

77, le gambe delle donne

ovvero: donne in gamba!

Antologia di 77 opere e 10 illustrazioni per esplorare, conoscere e rappresentare la complessità e la varietà dell'universo femminile. Ognuno dei testi presenti in questa antologia riesce a cogliere tanti aspetti, anche contrastanti, di questa creatura affascinante e sorprendente che assieme agli uomini per millenni ha contribuito, nell'ombra o sul palco della storia, all'evoluzione della civiltà così come la conosciamo oggi. è inutile aggiungere che 77 opere soltanto non hanno la presunzione di fornire una rappresentazione esaustiva, ma lasciamo che la parte di questo "iceberg" femminile ancora sommerso rimanga pronto per emergere in prossime indagini e, perchì no, per costituire ancora la materia prima di altre future opere di ingegno.
A cura di Massimo Baglione.

Contiene opere di: nwTullio Aragona, Maria Basilicata, Mara Bomben, nwAlessandro Borghesi, Emanuela Bosisio, nwNunzio Campanelli, Paolo Caponnetto, nwAlessandro Carnier, Gino Centofante, Polissena Cerolini, Antonio Ciervo, Luigi Andrea Cimini, Giacomo Colosio, Cristina Cornelio, Marika Davoli, nwStella Demaris, Maria Rosaria De Simone, Cetta de Luca, Cristoforo De Vivo, nwRoberta Eman, Luca Fadda, Lorella Fanotti, Lodovico Ferrari, Raffaella Ferrari, Virginia Fiorucci, nwAnna Rita Foschini, Franco Frainetti, Manuela Furlan, Nicola Gaggelli, nwIsabella Galeotti, Rebecca Gamucci, Lucilla Gattini, Michela Giudici, Antonino R. Giuffrè, Alessandro Kabon, Concita Imperatrice, Carlotta Invrea, Greta Leder, Silvia Leuzzi, Yuleisy Cruz Lezcano, nwLibero, Marina Li Volsi, Rosalia Maria Lo Bue, Diego Luci, Sandra Ludovici, Verdiana Maggiorelli, nwMarino Maiorino, nwAngelo Manarola, Myriam Mantegazza, Germana Meli (geMadame), nwRoberta Michelini, Samuele Mocellin, Maurizio Nequio, Teresa Pace, nwMarina Paolucci, nwRoberto Paradiso, nwUmberto Pasqui, Viviana Picchiarelli, nwDaniela Piccoli, Anna Pisani, Luciano Poletto, Monica Porta, nwPietro Rainero, nwGianluigi Redaelli, nwMaria Rejtano, Stefania Resanfi, nwFranca Riso, Massimo Rosa, Francesca Santucci, Libera Schiano Lomoriello, Daniele Schito, Veronica Sequi, nwSalvatore Stefanelli, Stella Stollo, Paola Tomasello, Sonia Tortora, nwLiliana Tuozzo, Alessandro Zanacchi.

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Vivere con 500 euro al mese nonostante Equitalia

Vivere con 500 euro al mese nonostante Equitalia

la normale vita quotidiana così come dovrebbe essere

Vi voglio dimostrare come con un po' di umiltà, di fantasia e di buon senso si possa vivere in questa caotica società, senza possedere grandi stipendi e perfino con Equitalia alle calcagna. Credetemi: è possibile, ed è bellissimo!

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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.