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Intervista ad Aurora Domenconi

Inviato: 13/05/2010, 14:26
da miriam
Aurora Domeniconi nasce a Pesaro nel 1987, di primissima mattina. Forse è dovuta al caldo torrido di luglio la sua propensione per gli scenari desertici e soclalmente degradati dei romanzi ucronici, o alle vie inabitatee e distorte dal calore glaciale dei libri cyberpunk: sono immagini conosciute durante la scuola d'arte a Urbino. Asimov, Gibson, Sterling e Ballard gli esempi di letteratura di genere che l'accompagnano costantemente non solo nella scrittura, ma anche nella pittura e nella scultura tanto da far diventare la fantascienza la principale fonte di ispirazione anche nella vita quotidiana.
"Imagitronica" è il suo romanzo d'esordio (edizioni Montag)
http://www.edizionimontag.com/shop/scheda.asp?id=196



Intervista

1- Pittrice, scultrice, web designer, scrittrice. Leggendo il tuo curriculum si ha subito la percezione di una persona molto creativa. Cosa rappresenta, per te, l’arte e qual è l’espressione artistica in cui senti di riuscire a dare il meglio?

Premetto che sono cresciuta nell'Arte, giacché la mia famiglia è nel campo da tre generazioni prima della mia. Siamo un clan vero e proprio, in puro stile mediterraneo, dediti alla serigrafia, alle stampe d'arte, alla pittura e alla cultura estetica nel senso più ampio del termine. Probabilmente la domanda più adatta è esattamente quella inversa, cosa NON rappresenta l'arte per me. Ma ad entrambe non so cosa rispondere, perché l'arte è vita e non vita e non c'è nulla -nemmeno la scienza- che si possa esimere da questo dogma.
Quella in cui mi riconosco di più, senz'altro, è la stampa; purtroppo è semisconosciuta anche oggi, trascurata e per nulla stimata, un po' come se fosse un'arte minore, anche se riguarda l'arte del colore ed il suo uso nelle forme più complesse della resa materica.

2- Leggo nella tua biografia che la fantascienza costituisce la tua principale fonte di ispirazione anche nella vita quotidiana. Ti va di spiegarci meglio il significato di questa affermazione?

Una sciocchezza che veicoli meglio questa idea: il mio primo pc l'ho avuto a sei anni e non ricordo assolutamente nulla prima di quell'evento. Non ho fisicamente memoria di nessun lasso di vita che esuli l'avere intorno un "po' di tecnologia".
Crescendo ho scoperto la poesia che un telecomando può avere, la bellezza di un tubo catodico o la semplicità disarmante di un telefono e continuo a stupirmene e rimanerne affascinata tutt'ora.
La fantascienza non è altro che tecnologia "in potenza", ossia una realtà ideale - o distopica - nella quale la tecnologia ha surclassato la natura con canoni estetici e funzionali totalmente nuovi.

3- Come e quando nasce la tua passione per la scrittura?

Non so a cosa ci si riferisca esattamente con "passione per la scrittura". Io scrivo e basta, la passione c'è in tutte le cose che faccio, anche nel respirare o mangiare.

4- Parliamo di Imagitronica, il tuo romanzo di esordio. Puoi rivelarci qualcosa sulla genesi di questo romanzo?

Sono affezionata al padre di ogni cyberpunker, il Neuromante di W.Gibson, ed Imagitronica è una sorta di dedica appassionata; conosco a menadito il manifesto cp di prima generazione e ho letto quasi tutto quello che c'è da leggere sul genere, spaziando poi alla fantascienza più ampia. Il mio libro è la storia che avrei voluto leggere nonostante tutti - forum, siti web, blog, Gibson stesso - dicessero che il Cyberpunk era morto già prima di nascere.

5- Nel tuo romanzo immagini un mondo futuro organizzato in sette zone concentriche radunate intorno all’Eden, un paradiso biomeccanico da cui viene esercitato il controllo. Come hai ideato una simile “struttura”? Il numero sette è casuale o ha un preciso significato?

Per me ha molto significato ma ha più influenza l'idea della città infinita dove sono scomparsi magicamente tutti i confini e dove l'uomo si perde nelle misure oltre il chilometro. E, a livello quasi religioso, l'essere umano ha sempre bisogno di un punto di riferimento che gli dia l'impressione che non tutto è perduto.

6- La realtà attuale offre ai nostri occhi immagini poco rassicuranti: disastri ambientali, guerre, urbanizzazione selvaggia. Eppure in Imagitronica, incontriamo i Figli della Luce Bianca, Cyber Hippy che tentano disperatamente di ricostruire tramite ologrammi le visioni di un mondo di fine duemila. Ciò significa che, per te, il peggio deve ancora venire? Pensi davvero che il futuro possa rivelarsi tanto terrificante da giustificare una nostalgia incondizionata per il nostro tempo?

Quando l'umanità perde qualcosa tenta disperatamente di riaverla ed escogita ogni modo possibile per riportarla indietro: gli anni 60 del boom economico, l'arte del 1500, i dinosauri. Sono certa che non ci evolveremo in peggio, semplicemente evolveremo: l'uomo pre-duemila sarà considerato dall'uomo pre-tremila come un troglodita isterico, esattamente come l'uomo pre-duemila ha guardato e guarda tutt'ora l'uomo pre-mille.

7- L’evoluzione umana è sempre più tesa verso la fusione tra uomo e macchina. In Imagitronica questo tema occupa un ruolo centrale a assume delle connotazioni inquietanti quando parli delle Black Box. Ti va di spiegare sinteticamente, a chi non ha letto il libro, di cosa si tratta?

Il concetto di "flatlineamento" è stato inventato da Gibson e Sterling, ma ho voluto riprenderlo e ricamarci su quanto possibile: le Black Box, volgarmente scatole nere, sono contenitori dove risiede la memoria di una persona e dove, tramite algoritmi complessi, vengono interpretate le sue memorie per fornire risposte a domande presenti. Come se quelle persone fossero ancora vive.
E' un concetto che riguarda due tipi di egoismo: il primo è quello dell'individuo nel non voler morire per conservare la sua identità, il secondo è quello della società che fatica ad accettare l'impotenza causata dalla perdita.

La fusione uomo-macchina è inevitabile: guardiamo l'ambiente della protesistica, dove braccia e gambe meccaniche permettono di continuare la propria esistenza senza ulteriori intoppi. Prima o poi questo dilagherà in una mania collettiva dove l'obiettivo principale sarà potenziarsi, migliorarsi, avvicinarsi all'infinito.
I protagonisti del libro ne sono un macabro esempio.

8- La tua è chiaramente una distopia e, come tale, focalizza la sua attenzione sulle possibili implicazioni negative del progresso tecnologico ma, nella vita di tutti i giorni, che rapporto hai con la tecnologia? Pensi che in essa si annidino più pericoli o più possibilità di miglioramento per il genere umano?

Io ADORO la tecnologia! Se potessi permettermelo vivrei dentro un uovo di dimensioni enormi, mi sposerei un inventore e vivrei circondata di ninnoli robotici esclusivi. Io stessa a volte vorrei vivere in una delle mie fantasie, ma poi torno alla realtà e paradossalmente mi godo quella poca natura che rimane nelle città.
In un mio saggio dove analizzo meticolosamente il movimento cyberpunk, ho potuto notare come non possa esserci tecnologia senza tecnica: la tecnica è la base del ragionamento, dove l'intelligenza progredisce e crea, mentre la tecnologia non ne è che un piccolo prodotto finale. In realtà è molto più pericolosa la tecnica che potrebbe essere interpretata come uno studio estremamente avanzato e impersonale della necessità di automatizzare la vita, che la tecnologia.

9- Veniamo alla tua esperienza nel mondo editoriale. E’ stato difficile trovare un editore che si mostrasse interessato al tuo libro? Quale l’iter che ti ha condotta alla pubblicazione?

Si. E' stato decisamente difficile e ammetto con tutta onestà che non ho pubblicato gratis; non mi sono regalata al primo che passa, ma ho comunque deciso di pagare per delle copie proprio per la difficoltà di vendere un romanzo così di "nicchia".
Il mio editore è stato molto gentile e oggettivo nell'espormi il problema, poiché il pezzo poteva essere ben scritto ma difficilmente attrattivo.
Ho pensato che sarebbe stato gradevole per i nostalgici della Matrice, avere qualcosa da leggere, e le copie acquistate mi hanno permesso di diffonderlo e di muovermi liberamente con la pubblicità.
L'iter penso sia uguale per tutti: si scrive, si stampa, si spedisce e si spera.

10- La fantascienza è stata considerata a lungo un genere di nicchia. Pian piano le cose stanno cambiando e ultimamente stiamo assistendo a una maggior apertura del mondo editoriale nei confronti della narrativa di genere. Stando alla tua esperienza, possiamo già parlare di uno “sdoganamento” o è ancora lungo il percorso da compiere in tale direzione?

Ma assolutamente lunghissimo; a differenza del fantasy - massacrato dal dopo Tolkien - che ora è diventato mangime per adolescenti, la fantascienza mira a qualcosa di molto più complesso; chi legge fantascienza adora seguire trame intricate piene di sorprese tecnologiche che vorrebbe venissero importate nella realtà, e allo stesso tempo si diverte a immaginarne di nuove. Chi legge fantasy, invece, preferisce sognare riguardo poteri soprannaturali e scenari idilliaci, dove dominano, forse, le relazioni tra i personaggi e il loro muoversi in questi mondi fatati.
Persino nei libri di Asimov l'amore passa in secondo piano esaltando il nuovo, il diverso, il tecnologico, tornando sulla scena da protagonista quando viene analizzato il rapporto uomo/macchina.

Non sto dicendo, comunque, che non ci siano sesso, erotismo, sentimenti, in un libro scifi.

11- Che rapporto hai con la lettura? Quali autori ti hanno influenzata maggiormente? C’è qualche autore di fantascienza italiano che ti sentiresti di consigliare agli appassionati del genere?

Mi hanno tarata mentalmente, altro che influenzata! Gibson sopra tutti. Bruce Sterling segue parimerito, con Asimov lì nei paraggi, Ballard e Dick. Eppure, avendo una frequenza di lettura di sette libri al mese circa, mi sento di dire che ho subito profonde influenze soprattutto da autori non scifi, come Brian Greene, Palahniuk, Marya Hornbacher e i grandi classici Italiani.
Non ho detto che sono altamente patriottica? Ho uno spirito nazionalista molto pronunciato e ho pertanto seguito la letteratura italiana classica con fervore che sfiorava il fanatismo!
Sulla fantascienza italiana non mi sbilancio; sfortunatamente siamo influenzati tantissimo -me compresa ovviamente- dal mainstream americano e quindi ancora non produciamo esattamente una fantascienza italiana capace di ribaltare le leggi del mercato.
Suppongo, tuttavia, che Valerio Evangelisti vada letto senza pensarci due volte.

12- Leggo nel tuo sito che per promuovere Imagitronica hai scelto di puntare soprattutto sulla pubblicità online, improvvisando una discreta campagna di guerrilla marketing. Vuoi spiegarci meglio in cosa consiste? E soprattutto, funziona?

Oh si. Purtroppo mi sono fermata a metà percorso a causa di "poco appoggio" dal mio editore, con il quale credevo di poter organizzare una pubblicità molto più ampia.
La guerriglia è un tipo di pubblicità che riguarda installazioni artistiche per strada: la mia tecnica ha riguardato lo strappare alcune pagine del libro, appenderle agli alberi come se fossero dei fogli di gente scomparsa, con frecce di carta tutte intorno.
Inoltre ho utilizzato ampiamente i social network, il viral marketing con un video free e il famoso passaparola.

13- Qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri?

Questa domanda mi spaventa!
Beh, sono in stesura due libri: uno è un parallelo ad Imagitronica che riguarda Aoi, la bambina del progetto S.Ph.Era -per chi non avesse letto il libro, Symbiant PHysiological Era- e l'altro esula dal discorso fantascienza puntando decisamente sul personale e sulle malattie mentali.
Nulla che abbia a che vedere con una biografia, però.
Per il resto, vado dove mi porta la creatività, che sia un'altra mostra, un film o un racconto nuovo.

Re: Intervista ad Aurora Domenconi

Inviato: 13/05/2010, 14:31
da Massimo Baglione
Una fantascientifica eh? bene bene!

Re: Intervista ad Aurora Domenconi

Inviato: 13/05/2010, 14:55
da Giacomo Scotti
Non vedo l'ora!

Re: Intervista ad Aurora Domenconi

Inviato: 13/05/2010, 15:13
da Diego Bortolozzo
Grandissima!

Ora attendiamo l'appuntamento periodico on line ;)