L’importanza del bambù
Inviato: 03/12/2018, 21:53
Teo suonava da due anni in un gruppo di sei elementi. Purtroppo, essendo alle prime armi, non avevano uno staff tecnico e dovevano fare tutto da soli. Dopo aver viaggiato per ore, una volta arrivati nel locale, scaricavano gli strumenti, montavano l’attrezzatura, la collaudavano, si cambiavano e iniziavano a suonare. A notte fonda smontavano tutto e tornavano a casa. A volte sedici ore di lavoro per una paga irrisoria.
Quel giorno si erano esibiti a Roma. Da Ravenna ci vogliono cinque ore, rispettando i limiti di velocità. Dopo aver suonato fino alle due di notte, stavano tornando a casa. Il camioncino, però, aveva solo cinque posti e qualcuno lo doveva seguire con l’auto. Quella volta era toccato a lui.
Aveva già percorso molti chilometri quando le palpebre iniziarono a chiudersi. Per evitare un colpo di sonno, Teo aprì il finestrino. L’aria pungente della notte lo rinfrancò subito. Dopo un po’ gli sembrò di vedere delle ombre in mezzo alla strada. Sapeva che non era un buon segno, per cui mise la testa all’esterno per ricevere sul viso l’aria fredda della notte. Le curve lo costringevano ad andar piano. Talmente piano che aveva perso da tempo il contatto con il furgone.
È scomodo guidare in questo modo, pensò, ma così non mi addormento di sicuro.
Stava albeggiando, ma ormai era arrivato in pianura.
Tra un’ora sarò a casa, adesso c’è un rettilineo a quattro corsie fino a Cesena.
Sorrise, sicuro di sé, poi… il nulla!
Si era addormentato!
Teo si bloccò in quella posizione. Il volante era fermo; il piede appoggiato leggermente sull’acceleratore. Per questo l’auto non aumentò velocità, continuando a procedere in linea retta per quella strada, quasi perfettamente dritta.
Sfortunatamente, la carreggiata piegava leggermente a destra, e quindi la macchina iniziò a spostarsi pian piano verso il centro. Sempre più al centro, sempre di più, finché raggiunse la doppia riga. Poi la superò. A quell'ora non circolavano altri veicoli, ma la situazione era diventata pericolosissima: stava viaggiando in direzione opposta al senso di marcia, sull'altra corsia di sorpasso. Raggiunse presto la prima corsia e infine si avvicinò pericolosamente al bordo sinistro della strada.
Più avanti c’era un ponte, perché la strada passava sopra a un corso d’acqua, e stava anche arrivando un TIR. I suoi fari illuminarono a giorno l’abitacolo, ma Teo non si svegliò.
– Papà, da quanto tempo – disse Teo.
– Quando hai bisogno di me, io ci sono sempre.
– Sai che ho suonato a Roma?
– Allora fammi sentire qualcosa.
– Mi serve l’organo.
– Dove l’hai messo?
– È sul furgone, con i ragazzi.
– Vallo a prendere! Svegliati e vallo a prendere! Subito!
In quel momento Teo aprì gli occhi. Vide i fari e udì il clacson dell’immenso camion che si avvicinava assurdamente alla sua destra. Quell'attimo gli bastò per evitarlo. Girò il volante a sinistra ed entrò nel fosso. Se avesse tentato di tornare nella sua corsia, sarebbe stato travolto.
La macchina si capovolse e iniziò a scivolare sul tettuccio, mentre una miriade di scintille illuminava l’abitacolo per via del filo spinato che era stato divelto.
Per un attimo Teo pensò che quello fosse un sogno molto bello e colorato, ma poi, nonostante gli sembrasse una follia, d’istinto aprì lo sportello e si gettò fuori, mentre l’auto s’inabissava nel fiume.
Ora Teo stava agitandosi per restare a galla, ma non sapeva in che direzione andare. La foschia gli impediva di orizzontarsi e poiché non nuotava molto bene, si mise verticale per verificare la profondità. Quando andò sotto, fu preso dal panico. Poi pensò che non potesse essere un fiume largo e iniziò a nuotare scompostamente in una direzione a caso. Anche se era sbagliata, prima o poi avrebbe raggiunto la riva.
Dopo quella che gli sembrò un’eternità, annaspando alla cieca a destra e a sinistra, si ritrovò una grossa canna di bambù tra le dita e vi si aggrappò, allo stremo delle forze.
Dopo qualche tempo, la temperatura del corpo di Teo iniziò a scendere. Era nell'acqua da molto e ora batteva i denti. Non aveva la forza di issarsi sulla riva. L’unica via di salvezza era rappresentata da quel bambù. Stringere con forza quella canna gli provocava dolore alla mano, ma lui era deciso a non lasciarlo andare per nessun motivo. Alla fine svenne.
Si risvegliò in ambulanza, insieme a due paramedici.
Ancora in stato confusionale, ripensò al sogno in cui il padre, scomparso alcuni anni prima, gli aveva detto cosa fare.
Poi, uno di loro gli disse: - Ragazzo, ora puoi lasciarlo.
Si guardò la mano destra e vide che stringeva ancora il bambù che gli aveva salvato la vita. Per tirarlo fuori dal fiume, avevano dovuto segarlo!
Quel giorno si erano esibiti a Roma. Da Ravenna ci vogliono cinque ore, rispettando i limiti di velocità. Dopo aver suonato fino alle due di notte, stavano tornando a casa. Il camioncino, però, aveva solo cinque posti e qualcuno lo doveva seguire con l’auto. Quella volta era toccato a lui.
Aveva già percorso molti chilometri quando le palpebre iniziarono a chiudersi. Per evitare un colpo di sonno, Teo aprì il finestrino. L’aria pungente della notte lo rinfrancò subito. Dopo un po’ gli sembrò di vedere delle ombre in mezzo alla strada. Sapeva che non era un buon segno, per cui mise la testa all’esterno per ricevere sul viso l’aria fredda della notte. Le curve lo costringevano ad andar piano. Talmente piano che aveva perso da tempo il contatto con il furgone.
È scomodo guidare in questo modo, pensò, ma così non mi addormento di sicuro.
Stava albeggiando, ma ormai era arrivato in pianura.
Tra un’ora sarò a casa, adesso c’è un rettilineo a quattro corsie fino a Cesena.
Sorrise, sicuro di sé, poi… il nulla!
Si era addormentato!
Teo si bloccò in quella posizione. Il volante era fermo; il piede appoggiato leggermente sull’acceleratore. Per questo l’auto non aumentò velocità, continuando a procedere in linea retta per quella strada, quasi perfettamente dritta.
Sfortunatamente, la carreggiata piegava leggermente a destra, e quindi la macchina iniziò a spostarsi pian piano verso il centro. Sempre più al centro, sempre di più, finché raggiunse la doppia riga. Poi la superò. A quell'ora non circolavano altri veicoli, ma la situazione era diventata pericolosissima: stava viaggiando in direzione opposta al senso di marcia, sull'altra corsia di sorpasso. Raggiunse presto la prima corsia e infine si avvicinò pericolosamente al bordo sinistro della strada.
Più avanti c’era un ponte, perché la strada passava sopra a un corso d’acqua, e stava anche arrivando un TIR. I suoi fari illuminarono a giorno l’abitacolo, ma Teo non si svegliò.
– Papà, da quanto tempo – disse Teo.
– Quando hai bisogno di me, io ci sono sempre.
– Sai che ho suonato a Roma?
– Allora fammi sentire qualcosa.
– Mi serve l’organo.
– Dove l’hai messo?
– È sul furgone, con i ragazzi.
– Vallo a prendere! Svegliati e vallo a prendere! Subito!
In quel momento Teo aprì gli occhi. Vide i fari e udì il clacson dell’immenso camion che si avvicinava assurdamente alla sua destra. Quell'attimo gli bastò per evitarlo. Girò il volante a sinistra ed entrò nel fosso. Se avesse tentato di tornare nella sua corsia, sarebbe stato travolto.
La macchina si capovolse e iniziò a scivolare sul tettuccio, mentre una miriade di scintille illuminava l’abitacolo per via del filo spinato che era stato divelto.
Per un attimo Teo pensò che quello fosse un sogno molto bello e colorato, ma poi, nonostante gli sembrasse una follia, d’istinto aprì lo sportello e si gettò fuori, mentre l’auto s’inabissava nel fiume.
Ora Teo stava agitandosi per restare a galla, ma non sapeva in che direzione andare. La foschia gli impediva di orizzontarsi e poiché non nuotava molto bene, si mise verticale per verificare la profondità. Quando andò sotto, fu preso dal panico. Poi pensò che non potesse essere un fiume largo e iniziò a nuotare scompostamente in una direzione a caso. Anche se era sbagliata, prima o poi avrebbe raggiunto la riva.
Dopo quella che gli sembrò un’eternità, annaspando alla cieca a destra e a sinistra, si ritrovò una grossa canna di bambù tra le dita e vi si aggrappò, allo stremo delle forze.
Dopo qualche tempo, la temperatura del corpo di Teo iniziò a scendere. Era nell'acqua da molto e ora batteva i denti. Non aveva la forza di issarsi sulla riva. L’unica via di salvezza era rappresentata da quel bambù. Stringere con forza quella canna gli provocava dolore alla mano, ma lui era deciso a non lasciarlo andare per nessun motivo. Alla fine svenne.
Si risvegliò in ambulanza, insieme a due paramedici.
Ancora in stato confusionale, ripensò al sogno in cui il padre, scomparso alcuni anni prima, gli aveva detto cosa fare.
Poi, uno di loro gli disse: - Ragazzo, ora puoi lasciarlo.
Si guardò la mano destra e vide che stringeva ancora il bambù che gli aveva salvato la vita. Per tirarlo fuori dal fiume, avevano dovuto segarlo!