Imprevisti e probabilità
Inviato: 07/02/2020, 10:51
Imprevisti e Probabilità
Non ci credevo. Non potevo assolutamente dar retta a quei tre ragazzi che avevo di fronte. Quello che stavano asserendo era completamente estraneo ad un esame universitario. Quando poi avevo sentito parlare di Imprevisti e Probabilità non avevo potuto fare a meno di sorridere. Fu proprio allora che uno dei tre mi guardò e mi disse: “sei un farmacista vero?”. Annuii con la testa. “Beh, fra un po’ te ne accorgerai ‘farmacista’, noi (dell’ISEF [oggi Scienze Motorie]) almeno abbiamo anche il mazzo delle Probabilità, voi solo quello degli Imprevisti”, aggiunse, allontanandosi con i suoi compagni. Che cosa aveva voluto dire? Sembravano discorsi talmente assurdi.
Poco più tardi, invece, uno studente di Farmacia, che stava per sostenere l’esame per la terza volta, mi spiegò che il termine Monopoli, riferito a quell’esame, era quanto di più azzeccato avesse mai sentito.
Quando arrivai in prossimità dell’aula cominciai a capire. All’interno erano stati sistemati otto tavoli, di colore verde chiaro, che formavano una sorta di quadrato, in effetti sembrava proprio il cartellone del Monopoli. In prossimità dei vertici sedevano tre persone, il più vicino alla porta era l’Assistente, vi erano poi due Interni e, al quarto vertice, avrebbe preso posto il titolare della cattedra. Il mio ‘collega’ mi spiegò che gli studenti dell’ISEF potevano essere chiamati, e quindi interrogati, dall’Assistente o da uno dei due Interni e, dopo un paio di domande, uscire dal gioco, come dicevano loro, con un buon voto. Certo, a qualcuno non andava altrettanto bene, poiché gli toccava il boss. Insomma la base del gioco del monopoli: Probabilità (di evitare il Professore) e Imprevisti (beccarlo). Ah, dimenticavo, noi farmacisti non partecipavamo alla versione ridotta del gioco, noi dovevamo superare tutti e quattro gli ostacoli. Come mi era stato anticipato: niente carte delle Probabilità.
Forse suggestionato da quelle strane premesse, mi immagino di dover giocare, veramente, una sorta di partita di Monopoli. Scopo del gioco: attraversare indenne i quattro lati del tabellone. Il ‘gruzzolo’ di partenza non è costituito da soldi finti bensì da voti veri. Parto con un teorico Trenta, riuscirò a mantenere almeno 18 di quei preziosi punti?
Si parte. Per primo mi tocca l’Assistente. Mi siedo, immaginando qualcuno che dall’alto lancia i dadi in mia vece, e prima ancora di aver detto “buongiorno” sono già caduto nella casella degli Imprevisti.
“Prenda un femore”, mi chiede l’Assistente indicando una pila di ossa, che nel frattempo un bidello ha scaricato su uno dei banchi. Stupito, mi alzo e mi dirigo verso la montagnola di ossa, poi, come un giocatore di shangai, che tra tanti colori cerca lo stecco nero, quello di maggior valore, inizio ad osservare le ossa. So bene come è fatto il femore: è l’osso più lungo del nostro corpo e ha ‘la testa’, un particolare facilmente distinguibile, eppure io non lo vedo. Decido che se l’Assistente me lo ha chiesto l’osso deve esserci, quindi mi rifugio nell’osso più grosso che trovo…… “Buttalo fuori!!!” Sento urlare alle mie spalle. E’ il Professore: è rosso in viso e ha deciso di farmi uscire dal gioco senza concedermi neppure un secondo tiro. Io, con in mano una tibia (osso abbastanza lungo e grosso ma certamente non un femore) sono senza parole. Per fortuna l’Assistente mi concede una seconda possibilità e mi dice di ritentare. A questo punto non mi faccio fregare una seconda volta e gli comunico che lì, nella montagnola di ossa, il femore non c’è. Lui, dubbioso, si alza, va a controllare e si accorge che avevo ragione. (Imprevisto dell’Imprevisto: cercare un osso che non c’è!). Comunque riesco ad uscire da quella casella e lancio i dadi altre tre volte; le domande non sono facili ma me la cavo.
Esco dal primo lato del quadrato avendo perso 3 punti poiché vedo che l’Assistente scrive un -3 su un bigliettino. Secondo lato: il sistema cardiovascolare. Qui sono più fortunato e nessuno mi chiede di cercare un’aorta o una valvola mitralica e con altri tre tiri di dadi esco dal secondo lato con un confortante -2. Entro nel terzo settore: il sistema connettivo. Sono abbastanza fortunato, tre tiri senza imprevisti e mi congedo dal secondo Interno con un -2 scritto sul solito fogliettino, che a questo punto viene recapitato al Professore. Ora il gioco si fa veramente duro, entro nel quarto lato, trovo il Professore e il sistema nervoso, un’accoppiata mortifera. Alzo lo sguardo e vedo solo caselle di imprevisti, tasse, alberghi altrui e la casella più terribile: la prigione. Se si finisce lì si resta prigionieri almeno tre mesi, cioè sino alla sessione d’esami successiva. Lancio i dadi per la prima volta e capito nella casella ipotalamo, poteva andare peggio. Cerco di articolare una risposta soddisfacente nonostante il Professore mi guardi con un’espressione che sembra dirmi: “guarda ragazzo che non mi sono per niente dimenticato la storia della tibia”. Dopo un paio di minuti, comunque, mi fa segno di lanciare di nuovo i dadi. Tremante conto le caselle ed arrivo a quella relativa al sistema nervoso vegetativo. Anche in questo caso riesco a dire qualcosa. Mentre parlo la tensione diminuisce, comincio a pensare che ho salvato 23 punti e ho dato due risposte anche al Professore, forse ce la farò. Proprio in quel momento lui mi sta sorridendo e mi fa segno che basta così. Ce l’ho fatta penso, niente più lanci di dadi, niente imprevisti è andato tutto abbastanza bene, dopotutto……“Mi dica che cos’è quello!!!”
Il risveglio dal sogno è tremendo. Il Professore sta indicando uno di cinque contenitori pieni di un liquido grigiastro. Penso che non vale. Nessuno ha lanciato i dadi ed io sono lo finito stesso nella casella degli Imprevisti. Titubante mi avvicino ai cinque contenitori di plexiglass. Apparentemente sono tutti uguali, ripieni di un liquido torbido in cui nuota qualcosa. Quello che vuole sapere il Professore è che organo è conservato all’interno del contenitore di destra. Sento il suo sguardo sulla mia nuca, la pressione aumenta e io non riesco a capire nulla. Mi sforzo ma proprio non capisco che cosa c’è. Dietro insistenza del docente azzardo: un fegato?
Dieci minuti più tardi mi ritrovo seduto su una panchina, assillato da un mal di testa che mi rende difficile perfino tenere gli occhi aperti. Cerco di ricordare gli ultimi, fatali, momenti del mio esame. Subito dopo aver detto fegato mi ero reso conto di aver dato una risposta assurda, l’organo, o quel che ne restava, era di colore, forse, grigiastro, avrebbe anche potuto trattarsi di un cervello, ma riconoscerlo immerso in quel liquido non sarebbe stato facile neppure per un patologo. Comunque, mentre stavo pensando che fegato era l’esatta parola che mi avrebbe mandato in prigione senza passare dal via, avevo sentito il Professore urlare e prima che potessi dire o fare una sola mossa tutto era già finito. Ora in quella panchina controllavo il mio libretto di studente, dall’alto al basso leggevo:
Fisica 30/30
Chimica generale 30/30
Botanica 30/30
Microchimica 30/30
Anatomia umana 18/30
Quel diciotto sembrava rovinare tutto. Avrei dovuto essere triste, arrabbiato, scontento, invece sorrisi, dopotutto quel diciotto voleva dire che non sarei mai dovuto tornare lì. Avevo vinto, di più, avevo sbancato il tavolo! Quel pomeriggio mi avrebbe lasciato solo un piccolo tarlo, non avrei mai più giocato a monopoli.
Non ci credevo. Non potevo assolutamente dar retta a quei tre ragazzi che avevo di fronte. Quello che stavano asserendo era completamente estraneo ad un esame universitario. Quando poi avevo sentito parlare di Imprevisti e Probabilità non avevo potuto fare a meno di sorridere. Fu proprio allora che uno dei tre mi guardò e mi disse: “sei un farmacista vero?”. Annuii con la testa. “Beh, fra un po’ te ne accorgerai ‘farmacista’, noi (dell’ISEF [oggi Scienze Motorie]) almeno abbiamo anche il mazzo delle Probabilità, voi solo quello degli Imprevisti”, aggiunse, allontanandosi con i suoi compagni. Che cosa aveva voluto dire? Sembravano discorsi talmente assurdi.
Poco più tardi, invece, uno studente di Farmacia, che stava per sostenere l’esame per la terza volta, mi spiegò che il termine Monopoli, riferito a quell’esame, era quanto di più azzeccato avesse mai sentito.
Quando arrivai in prossimità dell’aula cominciai a capire. All’interno erano stati sistemati otto tavoli, di colore verde chiaro, che formavano una sorta di quadrato, in effetti sembrava proprio il cartellone del Monopoli. In prossimità dei vertici sedevano tre persone, il più vicino alla porta era l’Assistente, vi erano poi due Interni e, al quarto vertice, avrebbe preso posto il titolare della cattedra. Il mio ‘collega’ mi spiegò che gli studenti dell’ISEF potevano essere chiamati, e quindi interrogati, dall’Assistente o da uno dei due Interni e, dopo un paio di domande, uscire dal gioco, come dicevano loro, con un buon voto. Certo, a qualcuno non andava altrettanto bene, poiché gli toccava il boss. Insomma la base del gioco del monopoli: Probabilità (di evitare il Professore) e Imprevisti (beccarlo). Ah, dimenticavo, noi farmacisti non partecipavamo alla versione ridotta del gioco, noi dovevamo superare tutti e quattro gli ostacoli. Come mi era stato anticipato: niente carte delle Probabilità.
Forse suggestionato da quelle strane premesse, mi immagino di dover giocare, veramente, una sorta di partita di Monopoli. Scopo del gioco: attraversare indenne i quattro lati del tabellone. Il ‘gruzzolo’ di partenza non è costituito da soldi finti bensì da voti veri. Parto con un teorico Trenta, riuscirò a mantenere almeno 18 di quei preziosi punti?
Si parte. Per primo mi tocca l’Assistente. Mi siedo, immaginando qualcuno che dall’alto lancia i dadi in mia vece, e prima ancora di aver detto “buongiorno” sono già caduto nella casella degli Imprevisti.
“Prenda un femore”, mi chiede l’Assistente indicando una pila di ossa, che nel frattempo un bidello ha scaricato su uno dei banchi. Stupito, mi alzo e mi dirigo verso la montagnola di ossa, poi, come un giocatore di shangai, che tra tanti colori cerca lo stecco nero, quello di maggior valore, inizio ad osservare le ossa. So bene come è fatto il femore: è l’osso più lungo del nostro corpo e ha ‘la testa’, un particolare facilmente distinguibile, eppure io non lo vedo. Decido che se l’Assistente me lo ha chiesto l’osso deve esserci, quindi mi rifugio nell’osso più grosso che trovo…… “Buttalo fuori!!!” Sento urlare alle mie spalle. E’ il Professore: è rosso in viso e ha deciso di farmi uscire dal gioco senza concedermi neppure un secondo tiro. Io, con in mano una tibia (osso abbastanza lungo e grosso ma certamente non un femore) sono senza parole. Per fortuna l’Assistente mi concede una seconda possibilità e mi dice di ritentare. A questo punto non mi faccio fregare una seconda volta e gli comunico che lì, nella montagnola di ossa, il femore non c’è. Lui, dubbioso, si alza, va a controllare e si accorge che avevo ragione. (Imprevisto dell’Imprevisto: cercare un osso che non c’è!). Comunque riesco ad uscire da quella casella e lancio i dadi altre tre volte; le domande non sono facili ma me la cavo.
Esco dal primo lato del quadrato avendo perso 3 punti poiché vedo che l’Assistente scrive un -3 su un bigliettino. Secondo lato: il sistema cardiovascolare. Qui sono più fortunato e nessuno mi chiede di cercare un’aorta o una valvola mitralica e con altri tre tiri di dadi esco dal secondo lato con un confortante -2. Entro nel terzo settore: il sistema connettivo. Sono abbastanza fortunato, tre tiri senza imprevisti e mi congedo dal secondo Interno con un -2 scritto sul solito fogliettino, che a questo punto viene recapitato al Professore. Ora il gioco si fa veramente duro, entro nel quarto lato, trovo il Professore e il sistema nervoso, un’accoppiata mortifera. Alzo lo sguardo e vedo solo caselle di imprevisti, tasse, alberghi altrui e la casella più terribile: la prigione. Se si finisce lì si resta prigionieri almeno tre mesi, cioè sino alla sessione d’esami successiva. Lancio i dadi per la prima volta e capito nella casella ipotalamo, poteva andare peggio. Cerco di articolare una risposta soddisfacente nonostante il Professore mi guardi con un’espressione che sembra dirmi: “guarda ragazzo che non mi sono per niente dimenticato la storia della tibia”. Dopo un paio di minuti, comunque, mi fa segno di lanciare di nuovo i dadi. Tremante conto le caselle ed arrivo a quella relativa al sistema nervoso vegetativo. Anche in questo caso riesco a dire qualcosa. Mentre parlo la tensione diminuisce, comincio a pensare che ho salvato 23 punti e ho dato due risposte anche al Professore, forse ce la farò. Proprio in quel momento lui mi sta sorridendo e mi fa segno che basta così. Ce l’ho fatta penso, niente più lanci di dadi, niente imprevisti è andato tutto abbastanza bene, dopotutto……“Mi dica che cos’è quello!!!”
Il risveglio dal sogno è tremendo. Il Professore sta indicando uno di cinque contenitori pieni di un liquido grigiastro. Penso che non vale. Nessuno ha lanciato i dadi ed io sono lo finito stesso nella casella degli Imprevisti. Titubante mi avvicino ai cinque contenitori di plexiglass. Apparentemente sono tutti uguali, ripieni di un liquido torbido in cui nuota qualcosa. Quello che vuole sapere il Professore è che organo è conservato all’interno del contenitore di destra. Sento il suo sguardo sulla mia nuca, la pressione aumenta e io non riesco a capire nulla. Mi sforzo ma proprio non capisco che cosa c’è. Dietro insistenza del docente azzardo: un fegato?
Dieci minuti più tardi mi ritrovo seduto su una panchina, assillato da un mal di testa che mi rende difficile perfino tenere gli occhi aperti. Cerco di ricordare gli ultimi, fatali, momenti del mio esame. Subito dopo aver detto fegato mi ero reso conto di aver dato una risposta assurda, l’organo, o quel che ne restava, era di colore, forse, grigiastro, avrebbe anche potuto trattarsi di un cervello, ma riconoscerlo immerso in quel liquido non sarebbe stato facile neppure per un patologo. Comunque, mentre stavo pensando che fegato era l’esatta parola che mi avrebbe mandato in prigione senza passare dal via, avevo sentito il Professore urlare e prima che potessi dire o fare una sola mossa tutto era già finito. Ora in quella panchina controllavo il mio libretto di studente, dall’alto al basso leggevo:
Fisica 30/30
Chimica generale 30/30
Botanica 30/30
Microchimica 30/30
Anatomia umana 18/30
Quel diciotto sembrava rovinare tutto. Avrei dovuto essere triste, arrabbiato, scontento, invece sorrisi, dopotutto quel diciotto voleva dire che non sarei mai dovuto tornare lì. Avevo vinto, di più, avevo sbancato il tavolo! Quel pomeriggio mi avrebbe lasciato solo un piccolo tarlo, non avrei mai più giocato a monopoli.