La storia della strega di Hansel e Gretel
Inviato: 09/04/2022, 15:17
In una casa in mezzo al bosco viveva la vecchia Gertrude. Non avendo figli, ed essendo benvoluta da tutti, spesso si occupava di accudire i bambini degli abitanti del villaggio quando i genitori andavano al lavoro nei campi o a caccia di animali selvatici. Quel giorno erano con lei Amelie, la figlia del capo del villaggio, Ludwig e Karl, fratelli gemelli, e poi Jacob, Marie, Wilhelm, Sophia e Michael. Amelie stava giocando con delle statuine di legno allorché, d’un tratto, corse in braccio all’anziana signora: “Dai Gertrude, raccontaci una fiaba!”
La donna accarezzò la bimba e poi, con lei sempre in braccio, andò a sedersi sulla sedia vicino al camino. Il fuoco scoppiettava allegramente. “Su pargoli, venite qua, vi racconterò la favola di Hansel e Gretel.”
”Sììììììììììì!” Un coro di voci inondò la stanza, e le innocenti creature si radunarono intorno a Gertrude. “Da dove comincio? Ah sì, c’era una volta un taglialegna, che viveva in una piccola casetta insieme alla seconda moglie e ai due figli Hansel e Gretel. A seguito di una terribile carestia l’uomo, già molto povero, non ebbe più di che sfamare la sua famiglia. Una sera, mentre si rigirava inquieto nel letto, disse alla moglie: stiamo sprofondando nella miseria più nera, il cibo ormai non basta più, domani porterò i bambini in mezzo alla foresta e li abbandonerò. Non puoi farlo, verrebbero sbranati dalle belve! mormorò la donna. Ma, nonostante le sue rimostranze, la decisione fu presa. All’alba, il padre e i due bimbi si avviarono nel bosco a far legna…”
Nel silenzio della stanza risuonava la voce rauca di Gertrude mentre i piccini, ammaliati, pendevano letteralmente dalle sue labbra. Ogni tanto, in seguito a un colpo di scena o quando la narrazione si faceva più cupa, si udivano dei gemiti o delle esclamazioni di paura provenire dal gruppetto di giovani ascoltatori. Con le mani qualcuno si copriva le orecchie, qualcun altro la bocca, qualcun altro ancora gli occhi. Ma ogni volta le scimmiette riprendevano coraggio, mantenendosi concentrati sulle vicende dei due fratellini: sarebbe stato davvero un peccato perdersi anche solo una singola sillaba di quella storia così avvincente e appassionante.
“Nel buio del bosco Gretel piangeva, mentre il fratello cercava di consolarla…”
Ludwig e Karl, i due gemelli, si abbracciarono forte, confortandosi a vicenda.
“In lontananza scorsero una casetta, e si misero a correre verso di essa…”
Marie inconsciamente tirò un pizzicotto a Wilhelm, che era così preso dal racconto da non accorgersi del gesto di nervosismo della sua amichetta.
“Hansel, il muro è fatto di marzapane, senti com’è buono!!”
Michael e Sophie si passarono la lingua sulle labbra, quasi stessero pregustando quella leccornia di cui, in realtà, ignoravano completamente il sapore.
“Una vecchina li accolse in casa e preparò per loro una cena squisita...”
Nonostante la scena a prima vista idilliaca, i bimbi puntarono all’unisono il dito nel vuoto, in un gesto di accusa nei confronti dell’ospite truffaldina.
“Hansel fu rinchiuso in una gabbia e messo all’ingrasso…”
Amelie si mise le mani nei capelli, nel timore che, non si sa per quale insano motivo, Gertrude decidesse di cambiare il finale della ormai, almeno per lei, trita e ritrita fiaba…
“Gretel spinse la strega dentro il forno con tutta la forza che aveva…”
…ma tirò un sospiro di sollievo quando capì che la storia si sarebbe conclusa come sempre.
La favola volgeva ormai al termine, l’attenzione dei bimbi, nonostante l’avessero ascoltata infinite volte, era tuttavia ancora spasmodica.
“La strega ha avuto quello che si meritava! Urlò Gretel. Poi corse a liberare il fratello. I due bambini, prima di abbandonare quel luogo allo stesso tempo così dolce e così tetro, fecero scorta di dolciumi per il viaggio di ritorno. Con loro grande meraviglia, scoprirono che le monete di cioccolato che avevano trovato in un vecchio baule erano invece… d’oro! Si riempirono le tasche con il piccolo tesoro e si avviarono per il sentiero del bosco da cui erano arrivati. Camminarono per giorni e giorni, senza purtroppo ritrovare la via di casa. Hansel, ci siamo persi, non riusciremo più a tornare al nostro villaggio! Piagnucolò la bimba. Temo che si tratti di un maleficio di quella fattucchiera, che ci ha portato lontano dalla via del ritorno, ma non ti preoccupare, Gretel, abbiamo ucciso una strega, nulla ormai ci può più far paura, noi due insieme siamo invincibili! E da allora non si seppe più nulla dei due fratellini… Bambini, vi è piaciuta la favola?” Chiese Gertrude.
“Ma Hansel e Gretel non sono più tornati a casa? Non hanno più rivisto il loro papà? Che storia triste!” Disse Amelie, mentre una lacrima le rigava il viso.
“Bambina mia, lo sai bene che i due fratellini non si ricongiunsero più alla loro famiglia, vi ho raccontato questa fiaba centinaia di volte… Ma sono sicura che poi hanno avuto una vita lunga e felice. E adesso ditemi, qual è la morale che vi ho insegnato?” “Che al mondo ci sono degli esseri cattivi e malvagi da cui dovremo sempre stare alla larga. E che dobbiamo crescere in fretta, in modo da imparare ad affrontare da soli le difficoltà della vita!” Risposero in coro i fanciulli.
Dopo che i bambini se ne furono andati, Gertrude si mise a meditare, lo sguardo perso verso chissà quali orizzonti, seduta sulla sedia a dondolo. D’un tratto si alzò e andò a recuperare alcune logore pagine di giornale da un vecchio cassetto. In una spiccava un titolo a caratteri cubitali: ‘Purtroppo nessuna nuova sui due poveri bimbi scomparsi’. E in un’altra: ‘L’oscurità del bosco ha inghiottito due giovanissime anime.’ E ancora: ‘Una tragedia ha sprofondato una famiglia e l’intero nostro villaggio nella disperazione più cupa.’ ‘Un padre muore di crepacuore.’ Gertrude sospirò. Iniziò poi a parlare ad alta voce, come se non le bastasse evocare solo nella sua mente quei tristi ricordi. “Hans, Greta, non avete fatto più ritorno a casa. Questa è la vita. Non sempre le cose vanno come vorremmo…” Si sedette al tavolo e, mentre con movimenti veloci delle mani distribuiva i ritagli di giornale sul legno, quasi fossero le tessere di un mosaico, emozioni di varia natura si alternavano sul suo volto: dolore, sgomento, rassegnazione. Quando gli occhi si posarono su un ultimo articolo di giornale, sorrise malinconicamente: “Giustizia è stata fatta, la strega di Hansel e Gretel è bruciata sul rogo.” Tornò a sedersi sulla sedia a dondolo. I ricordi piano piano riaffioravano nella sua testa. Non si accorse che, di nuovo, parlava ad alta voce. “Sì, rammento ogni dettaglio di quel processo. I due ragazzini erano scomparsi ormai da alcuni mesi quando la vecchia fu arrestata. Fin dal giorno in cui la donna, pochi anni prima, si era trasferita nella nostra valle da non si sa dove, avevano cominciato a circolare strane dicerie… Lei, che adescava i bambini con quelle porcherie fatte di zucchero e miele. Ma che non si accontentava di ingannare solo le giovani menti. Blandiva anche gli adulti con pozioni e filtri che, a suo dire, avrebbero guarito da qualunque genere di sofferenza fisica e morale. Per tutti gli abitanti del villaggio fu chiaro e lampante fin da subito che fosse lei la causa della sparizione dei due disgraziati, ma l’Institor si decise a farla imprigionare soltanto dopo la catastrofica siccità che, quell’estate, funestò la nostra valle…” All’improvviso gli occhi le si riempirono di lacrime, che copiose si incanalarono nelle increspature del volto rugoso e raggrinzito. Emozioni lontane, che ormai credeva smarrite in una vita passata, eruppero impetuosamente dal suo petto come se, a differenza di quanto sostenuto da un antico adagio, il tempo non contribuisse a cicatrizzare anche le ferite più profonde dell’anima. Strinse i pugni con una violenza inaspettata per quella, almeno in apparenza, fragile vecchina, fino a conficcarsi le unghie nella pelle dei palmi delle mani. “Maledetta! È stata per colpa sua se ho perso i miei amati figli! Io, povera stolta, che all’inizio, come tutti gli altri, mi sono fidata di lei. Nel corso del processo venne a galla tutto, dalle sue misture fatte di fiori di pervinca e di lombrichi, capaci di risvegliare l’amore del marito fedifrago, ai filtri magici per rendere fertili o, al contrario, sterili, le donne che per opposte esigenze si rivolgevano a lei. E quando restituì la parola a un bambino muto? Non era questa la prova che avesse stretto un patto scellerato con il diavolo? E quelle guarigioni sospette, grazie a pozioni che soltanto uno spirito maligno avrebbe potuto preparare. Sì, lei era una strega, non c’era ombra di dubbio. Ma cosa rispondeva alle accuse che le venivano rivolte? Che lei era una modesta levatrice, che gioiva nel circondarsi di bambini e nell’offrire loro succulente pietanze che i genitori, troppo poveri, non potevano permettersi. Spiegò, spergiurando, che quando si rese conto di saper sfruttare con maestria i prodotti del suo orto e del pascolo non solo per l’estasi del palato, ma anche per dar sollievo ai mali, del corpo e del cuore, che affliggono gli esseri umani, comprese che questa era la sua missione. Schifosa mentitrice! Lurida ipocrita! L’institor, abbindolato dalle sue sordide menzogne, esitava nell’emettere la sentenza di morte. Bisognava fare qualcosa, c’era il rischio che quella viscida serva del demonio rimanesse impunita… Andai da lui e gli dissi che avevo delle informazioni importanti da rivelare. Testimoniai di averla seguita durante una notte di plenilunio e, nascosta dietro a un cespuglio, di averla vista partecipare a un sabba satanico e unirsi carnalmente a Lucifero, munito di corna e zoccoli da capro. E così fu condannata a espiare le sue colpe su un rogo purificatore! Ahr, ahr, ahr, ahr!” Una risata isterica si impadronì della vecchia Gertrude, che si alzò in piedi agitando i pugni e continuando il suo monologo: “sì, maledetta, i tuoi spregevoli intrugli, considerati infallibili, hanno invece causato la morte dei miei poveri figlioli ammalati! Paul, Marcus… E quando mi sono risposata con quello sciocco e patetico taglialegna, l’amore che lo legava ai suoi due figli mi faceva ardere di invidia. Così poveri loro ma, nonostante tutto, così felici... Io al contrario avevo perso i miei, di figli. Non potevo accettarlo. Convinsi il mio stupido marito ad abbandonare i due mocciosi in un luogo inaccessibile, da cui mai avrebbero fatto ritorno, spiegandogli che avremmo potuto facilmente incolpare la vecchiaccia della scomparsa dei bambini. Là bastava affermare di aver anche solo intravisto una donna volare su una scopa, per bollarla per sempre come strega. E per farla marchiare in modo indelebile con il segno del fuoco. Senza necessità di una minima controprova… E quando lo stolto spaccalegna ebbe dei ripensamenti, dovetti avvelenarlo. Tutto è stato perfetto, non ho avuto alcuna difficoltà a incolpare la sporca befana anche della sua morte!” Gertrude si avvicinò alla finestra e guardò fuori, come se nel buio della notte ci fosse qualcosa o qualcuno da osservare. “E questi bambini, così spensierati e gioiosi… Li ammazzerei tutti! Ma devo stare molto attenta. Qua, se si insinua il minimo sospetto che tali pensieri attraversano la mia mente, nel giro di un battito di ciglia mi ritrovo a bruciare su una catasta di legna….” La vecchia si adombrò, mentre una sgradevole sensazione di sgomento si faceva largo nel petto. Ma quel senso di oppressione non durò che pochi, per quanto intensi, istanti. Subito i lineamenti del viso si distesero, componendosi in quel sorriso ammaliatore tanto caro agli abitanti, grandi e piccoli, del villaggio. Si risedette sulla sedia a dondolo, la testa leggermente reclinata all’indietro, le mani appoggiate sui braccioli, l’espressione del volto soave e angelica.
La donna accarezzò la bimba e poi, con lei sempre in braccio, andò a sedersi sulla sedia vicino al camino. Il fuoco scoppiettava allegramente. “Su pargoli, venite qua, vi racconterò la favola di Hansel e Gretel.”
”Sììììììììììì!” Un coro di voci inondò la stanza, e le innocenti creature si radunarono intorno a Gertrude. “Da dove comincio? Ah sì, c’era una volta un taglialegna, che viveva in una piccola casetta insieme alla seconda moglie e ai due figli Hansel e Gretel. A seguito di una terribile carestia l’uomo, già molto povero, non ebbe più di che sfamare la sua famiglia. Una sera, mentre si rigirava inquieto nel letto, disse alla moglie: stiamo sprofondando nella miseria più nera, il cibo ormai non basta più, domani porterò i bambini in mezzo alla foresta e li abbandonerò. Non puoi farlo, verrebbero sbranati dalle belve! mormorò la donna. Ma, nonostante le sue rimostranze, la decisione fu presa. All’alba, il padre e i due bimbi si avviarono nel bosco a far legna…”
Nel silenzio della stanza risuonava la voce rauca di Gertrude mentre i piccini, ammaliati, pendevano letteralmente dalle sue labbra. Ogni tanto, in seguito a un colpo di scena o quando la narrazione si faceva più cupa, si udivano dei gemiti o delle esclamazioni di paura provenire dal gruppetto di giovani ascoltatori. Con le mani qualcuno si copriva le orecchie, qualcun altro la bocca, qualcun altro ancora gli occhi. Ma ogni volta le scimmiette riprendevano coraggio, mantenendosi concentrati sulle vicende dei due fratellini: sarebbe stato davvero un peccato perdersi anche solo una singola sillaba di quella storia così avvincente e appassionante.
“Nel buio del bosco Gretel piangeva, mentre il fratello cercava di consolarla…”
Ludwig e Karl, i due gemelli, si abbracciarono forte, confortandosi a vicenda.
“In lontananza scorsero una casetta, e si misero a correre verso di essa…”
Marie inconsciamente tirò un pizzicotto a Wilhelm, che era così preso dal racconto da non accorgersi del gesto di nervosismo della sua amichetta.
“Hansel, il muro è fatto di marzapane, senti com’è buono!!”
Michael e Sophie si passarono la lingua sulle labbra, quasi stessero pregustando quella leccornia di cui, in realtà, ignoravano completamente il sapore.
“Una vecchina li accolse in casa e preparò per loro una cena squisita...”
Nonostante la scena a prima vista idilliaca, i bimbi puntarono all’unisono il dito nel vuoto, in un gesto di accusa nei confronti dell’ospite truffaldina.
“Hansel fu rinchiuso in una gabbia e messo all’ingrasso…”
Amelie si mise le mani nei capelli, nel timore che, non si sa per quale insano motivo, Gertrude decidesse di cambiare il finale della ormai, almeno per lei, trita e ritrita fiaba…
“Gretel spinse la strega dentro il forno con tutta la forza che aveva…”
…ma tirò un sospiro di sollievo quando capì che la storia si sarebbe conclusa come sempre.
La favola volgeva ormai al termine, l’attenzione dei bimbi, nonostante l’avessero ascoltata infinite volte, era tuttavia ancora spasmodica.
“La strega ha avuto quello che si meritava! Urlò Gretel. Poi corse a liberare il fratello. I due bambini, prima di abbandonare quel luogo allo stesso tempo così dolce e così tetro, fecero scorta di dolciumi per il viaggio di ritorno. Con loro grande meraviglia, scoprirono che le monete di cioccolato che avevano trovato in un vecchio baule erano invece… d’oro! Si riempirono le tasche con il piccolo tesoro e si avviarono per il sentiero del bosco da cui erano arrivati. Camminarono per giorni e giorni, senza purtroppo ritrovare la via di casa. Hansel, ci siamo persi, non riusciremo più a tornare al nostro villaggio! Piagnucolò la bimba. Temo che si tratti di un maleficio di quella fattucchiera, che ci ha portato lontano dalla via del ritorno, ma non ti preoccupare, Gretel, abbiamo ucciso una strega, nulla ormai ci può più far paura, noi due insieme siamo invincibili! E da allora non si seppe più nulla dei due fratellini… Bambini, vi è piaciuta la favola?” Chiese Gertrude.
“Ma Hansel e Gretel non sono più tornati a casa? Non hanno più rivisto il loro papà? Che storia triste!” Disse Amelie, mentre una lacrima le rigava il viso.
“Bambina mia, lo sai bene che i due fratellini non si ricongiunsero più alla loro famiglia, vi ho raccontato questa fiaba centinaia di volte… Ma sono sicura che poi hanno avuto una vita lunga e felice. E adesso ditemi, qual è la morale che vi ho insegnato?” “Che al mondo ci sono degli esseri cattivi e malvagi da cui dovremo sempre stare alla larga. E che dobbiamo crescere in fretta, in modo da imparare ad affrontare da soli le difficoltà della vita!” Risposero in coro i fanciulli.
Dopo che i bambini se ne furono andati, Gertrude si mise a meditare, lo sguardo perso verso chissà quali orizzonti, seduta sulla sedia a dondolo. D’un tratto si alzò e andò a recuperare alcune logore pagine di giornale da un vecchio cassetto. In una spiccava un titolo a caratteri cubitali: ‘Purtroppo nessuna nuova sui due poveri bimbi scomparsi’. E in un’altra: ‘L’oscurità del bosco ha inghiottito due giovanissime anime.’ E ancora: ‘Una tragedia ha sprofondato una famiglia e l’intero nostro villaggio nella disperazione più cupa.’ ‘Un padre muore di crepacuore.’ Gertrude sospirò. Iniziò poi a parlare ad alta voce, come se non le bastasse evocare solo nella sua mente quei tristi ricordi. “Hans, Greta, non avete fatto più ritorno a casa. Questa è la vita. Non sempre le cose vanno come vorremmo…” Si sedette al tavolo e, mentre con movimenti veloci delle mani distribuiva i ritagli di giornale sul legno, quasi fossero le tessere di un mosaico, emozioni di varia natura si alternavano sul suo volto: dolore, sgomento, rassegnazione. Quando gli occhi si posarono su un ultimo articolo di giornale, sorrise malinconicamente: “Giustizia è stata fatta, la strega di Hansel e Gretel è bruciata sul rogo.” Tornò a sedersi sulla sedia a dondolo. I ricordi piano piano riaffioravano nella sua testa. Non si accorse che, di nuovo, parlava ad alta voce. “Sì, rammento ogni dettaglio di quel processo. I due ragazzini erano scomparsi ormai da alcuni mesi quando la vecchia fu arrestata. Fin dal giorno in cui la donna, pochi anni prima, si era trasferita nella nostra valle da non si sa dove, avevano cominciato a circolare strane dicerie… Lei, che adescava i bambini con quelle porcherie fatte di zucchero e miele. Ma che non si accontentava di ingannare solo le giovani menti. Blandiva anche gli adulti con pozioni e filtri che, a suo dire, avrebbero guarito da qualunque genere di sofferenza fisica e morale. Per tutti gli abitanti del villaggio fu chiaro e lampante fin da subito che fosse lei la causa della sparizione dei due disgraziati, ma l’Institor si decise a farla imprigionare soltanto dopo la catastrofica siccità che, quell’estate, funestò la nostra valle…” All’improvviso gli occhi le si riempirono di lacrime, che copiose si incanalarono nelle increspature del volto rugoso e raggrinzito. Emozioni lontane, che ormai credeva smarrite in una vita passata, eruppero impetuosamente dal suo petto come se, a differenza di quanto sostenuto da un antico adagio, il tempo non contribuisse a cicatrizzare anche le ferite più profonde dell’anima. Strinse i pugni con una violenza inaspettata per quella, almeno in apparenza, fragile vecchina, fino a conficcarsi le unghie nella pelle dei palmi delle mani. “Maledetta! È stata per colpa sua se ho perso i miei amati figli! Io, povera stolta, che all’inizio, come tutti gli altri, mi sono fidata di lei. Nel corso del processo venne a galla tutto, dalle sue misture fatte di fiori di pervinca e di lombrichi, capaci di risvegliare l’amore del marito fedifrago, ai filtri magici per rendere fertili o, al contrario, sterili, le donne che per opposte esigenze si rivolgevano a lei. E quando restituì la parola a un bambino muto? Non era questa la prova che avesse stretto un patto scellerato con il diavolo? E quelle guarigioni sospette, grazie a pozioni che soltanto uno spirito maligno avrebbe potuto preparare. Sì, lei era una strega, non c’era ombra di dubbio. Ma cosa rispondeva alle accuse che le venivano rivolte? Che lei era una modesta levatrice, che gioiva nel circondarsi di bambini e nell’offrire loro succulente pietanze che i genitori, troppo poveri, non potevano permettersi. Spiegò, spergiurando, che quando si rese conto di saper sfruttare con maestria i prodotti del suo orto e del pascolo non solo per l’estasi del palato, ma anche per dar sollievo ai mali, del corpo e del cuore, che affliggono gli esseri umani, comprese che questa era la sua missione. Schifosa mentitrice! Lurida ipocrita! L’institor, abbindolato dalle sue sordide menzogne, esitava nell’emettere la sentenza di morte. Bisognava fare qualcosa, c’era il rischio che quella viscida serva del demonio rimanesse impunita… Andai da lui e gli dissi che avevo delle informazioni importanti da rivelare. Testimoniai di averla seguita durante una notte di plenilunio e, nascosta dietro a un cespuglio, di averla vista partecipare a un sabba satanico e unirsi carnalmente a Lucifero, munito di corna e zoccoli da capro. E così fu condannata a espiare le sue colpe su un rogo purificatore! Ahr, ahr, ahr, ahr!” Una risata isterica si impadronì della vecchia Gertrude, che si alzò in piedi agitando i pugni e continuando il suo monologo: “sì, maledetta, i tuoi spregevoli intrugli, considerati infallibili, hanno invece causato la morte dei miei poveri figlioli ammalati! Paul, Marcus… E quando mi sono risposata con quello sciocco e patetico taglialegna, l’amore che lo legava ai suoi due figli mi faceva ardere di invidia. Così poveri loro ma, nonostante tutto, così felici... Io al contrario avevo perso i miei, di figli. Non potevo accettarlo. Convinsi il mio stupido marito ad abbandonare i due mocciosi in un luogo inaccessibile, da cui mai avrebbero fatto ritorno, spiegandogli che avremmo potuto facilmente incolpare la vecchiaccia della scomparsa dei bambini. Là bastava affermare di aver anche solo intravisto una donna volare su una scopa, per bollarla per sempre come strega. E per farla marchiare in modo indelebile con il segno del fuoco. Senza necessità di una minima controprova… E quando lo stolto spaccalegna ebbe dei ripensamenti, dovetti avvelenarlo. Tutto è stato perfetto, non ho avuto alcuna difficoltà a incolpare la sporca befana anche della sua morte!” Gertrude si avvicinò alla finestra e guardò fuori, come se nel buio della notte ci fosse qualcosa o qualcuno da osservare. “E questi bambini, così spensierati e gioiosi… Li ammazzerei tutti! Ma devo stare molto attenta. Qua, se si insinua il minimo sospetto che tali pensieri attraversano la mia mente, nel giro di un battito di ciglia mi ritrovo a bruciare su una catasta di legna….” La vecchia si adombrò, mentre una sgradevole sensazione di sgomento si faceva largo nel petto. Ma quel senso di oppressione non durò che pochi, per quanto intensi, istanti. Subito i lineamenti del viso si distesero, componendosi in quel sorriso ammaliatore tanto caro agli abitanti, grandi e piccoli, del villaggio. Si risedette sulla sedia a dondolo, la testa leggermente reclinata all’indietro, le mani appoggiate sui braccioli, l’espressione del volto soave e angelica.