Notturne melodie
Inviato: 01/01/2023, 18:51
La luna, ormai alta nel cielo, rischiarava il paesaggio circostante. La neve ghiacciata splendeva sotto quei riflessi argentei. Attorno alla casa, come ogni sera, gli amici di Caterina erano in statica attesa di vederla comparire.
Un crepitio di passi ne annunciò l’arrivo.
La bambina, coperta al meglio da un lungo e caldo cappotto, si guardò attorno e vide le solite lucine colorate che lampeggiavano a intermittenza rischiarando la sua abitazione al limitare del bosco. Erano state posizionate lì dal suo papà affinché lei potesse sempre avere un punto di riferimento senza mai smarrirsi.
L’altalena, posta nel giardino, era uno dei tanti passatempi preparati per lei. Come pure gli amichetti scolpiti nel legno; gnomi, caprioli, daini, cani e gatti facevano capolino, birichini, tra le aiuole.
Lì poteva correre e saltare, parlare con gli amici immobili ma dai tratti sorridenti, e spingersi così in alto con il dondolo da avere l’impressione di toccare il cielo e confondersi tra le stelle.
Il silenzio era solo apparente, tutt’attorno vi era un chiacchiericcio di voci notturne: erano gli amici non inanimati della bambina a parlare. Bastava mettersi in ascolto per riconoscere il canto del gufo, della civetta e anche del lupo in lontananza.
Pure il vento faceva udire la sua voce. Si insinuava tra le fronde degli alberi per poi adagiarsi sulle cataste di legna da ardere ricoperte di ghiaccio, per poi spostarsi rapidamente, come un ballerino irrequieto, da una parte all’altra sino a ritornare, dispettoso, a soffiare su ogni cosa incontrasse durante il percorso.
Il suo ondeggiare creava un incantevole effetto sonoro dando vita a una struggente melodia: ricordava alcuni delicati strumenti musicali, a volte pareva di ascoltare il suono di un' arpa, altre invece, sembravano note create dalle esperte e delicate mani di un violinista.
In inverno il vento sostituiva il canto delle ranocchie, dei grilli e delle cicale della stagione estiva dove i deliziosi animaletti orchestravano concerti assai diversi, quasi assordanti.
Il mondo di Caterina era delimitato attorno alla sua casa, ma non limitato. Quella sera, come quasi ogni altra, la ragazzina si spinse oltre la linea di confine. Era il suo segreto, nessuno lo doveva sapere, ma c’era un amico che l’aspettava. E lei era impaziente di poterlo incontrare.
Anche lui era costretto a vivere nella notte, non poteva farsi vedere, anche se per ragioni diverse da quelle di Caterina; ciò li accomunava maggiormente.
La bambina si guardò attorno pur sapendo che i suoi genitori dormivano tranquilli, si fidavano di lei e del fatto che non vi fossero pericoli nell’ ampio giardino a sua disposizione.
Aveva già superato la linea consentita, camminava a passo svelto in compagnia del rumore dei sui passi che facevano scricchiolare la neve ghiacciata.
Il buio era fitto adesso, e le lucine attorno alla casa non erano più visibili. La folta vegetazione del bosco faceva da barriera alla luce della luna, ma lei era pratica del luogo e procedeva con sicurezza.
A un cero punto lo percepì vicino e fu allora che si videro.
“Ciao, ti stavo aspettando. Dobbiamo giocare, temevo che questa sera non venissi”
“Ma no - rispose Caterina – volevo solo essere certa che i miei genitori dormissero prima di uscire di casa; per questo sono un po’ in ritardo”.
“Va bene, l’importante è che adesso sei qui con me. Questa notte vorrei proporti un nuovo gioco. Sino a ora sono sempre rimasto qui, nel tuo mondo. Mi piacerebbe farti vedere una piccola parte del mio”.
“ Che bello! ne sarei veramente contenta, sono curiosa e l’idea mi piace. Però devo ritornare a casa prima della nascita del nuovo giorno. Lo sai…”.
“Certo, vieni, non perdiamo altro tempo. Andiamo...”.
I fanciulli si incamminarono e poco lontano da dove si erano incontrati, nascosta tra gli arbusti, c’era lei: si trattava di una piccola “casa” tondeggiante e luminosa. Pareva che li aspettasse. Infatti, al segnale dell’amico, si fece ben visibile su di essa una porticina dalla quale, quasi per magia, ne fuoriuscì una scala.
Caterina era emozionata ma non spaventata. Aiutata dall’amico si avviò. Dopo aver oltrepassata la piccola porta si ritrovò in un ambiente bellissimo e colorato.
Alle pareti vi erano tanti disegni e sul pavimento giochi di ogni genere. Ma la cosa più straordinaria non era ancora incominciata. L’amichetto azionò un aggeggino e dopo un po’ di vibrazioni e un modesto rumore la casa si mise in movimento.
In poco tempo la Terra fu lontana e si trovarono immersi nell’atmosfera, vicino e tra le stelle.
“E’ meraviglioso” disse Caterina all’ amico.
“Questo è il mio mondo. Da ora in avanti sarà anche il tuo. Ogni volta che vorrai ti condurrò con me nello spazio. Qui sarai protetta da tutto ciò che sul tuo Pianeta può farti del male”.
Il tempo quella notte passò in un attimo tra l’estasi della tante nuove scoperte. La bambina si trovò immersa nell'Universo dove si potevano ammirare tutte insieme le cose che esistono: pianeti, stelle e galassie.
"Guarda - disse all'amico - mi pare di intravedere la Via Lattea, la galassia a forma di un fiume. L'ho studiata recentemente e secondo le descrizioni avute sembra essere proprio lei". Poi, sempre più meravigliata, vide avvicinarsi, con l'aspetto di un iridescente ricamo, alcune Costellazioni; in esse riconobbe i suoi amici inanimati: osservò le figure immaginarie del Cane, della Fenice e anche del Gatto.
Rimase incantata da Sirio, la stella più luminosa della notte. La divertì moltissimo guardare lo schema dei 12 segni zodiacali: si mostravano chiaramente in lontananza per poi disgregarsi e confondersi in una miriade di stelle man mano che ci si avvicinava a essi.
Riconobbe anche i "Gemelli", il segno di nascita che la rappresentava, dove si ritrovava completamente essendo assai curiosa e perspicace.
A un certo punto, però, Caterina ebbe un sussulto. La sua realtà ebbe il sopravvento anche di fronte alla tanta bellezza e straordinarietà che la circondava; fu colta dall’angoscia.
Si rivolse supplice al suo amichetto: "ti prego, portami a casa. Non voglio che nulla possa adombrare quanto visto e vissuto sino a ora...".
Sapeva quanto fosse importante rientrare in tempo, non poteva permettere alla luce del giorno di arrivare prima di lei. L’avrebbe pagata cara una simile distrazione. Il suo corpo avrebbe manifestato violente reazioni allergiche se esposto alla luce solare: eritemi, congiuntiviti, prurito, fino a riempirsi di piaghe.
"Certo, facciamo subito ritorno, non ti preoccupare, non ti succederà nulla...".
A tutta velocità la dimora volante fu orientata verso la casa di Caterina. La bambina arrivò in tempo.
Appena entrò nella sua cameretta si sentì accolta dai suoi disegni appesi alle pareti; fatti di stelle, di luna, di fiori e neve, ma mai di sole.
Caterina era condannata al buio e a esso si era abituata, non sapeva, ne ricordava come fosse il sole.
Era stata allevata nella notte e da essa aveva imparato la bellezza, fatta anche di melodie uniche e di costellazioni splendenti, non solo di tenebre.
All’età di due anni la rara malattia genetica che l'affliggeva si era manifestata, e da allora i suoi giorni erano diventati notti, e di anni così ne erano trascorsi già sette; al momento non esisteva cura e neppure via d’uscita a quella terribile patologia.
Lei viveva al contrario degli altri, costretta all’ isolamento dai suoi simili, di cui tanto sentiva la mancanza.
Ma aveva trovato un amico altrettanto speciale. Era il suo segreto e la sua consolazione: poteva vivere con lui esperienze negate agli altri. Avventure straordinariamente emozionanti; in fondo si sentiva fortunata.
Dalla cucina arrivarono i rumori consueti di ogni mattina.
Delicati profumi di caffe e torta di mele si espandevano per la casa. Avrebbe dormito e al suo risveglio anche per lei ci sarebbe stato il dolce alle mele, accompagnato da una deliziosa cioccolata calda.
E poi, con l’aiuto della mamma come maestra, diventata ormai assai esperta nel seguire e insegnare il programma scolastico, avrebbe studiato.
Rumori e odori annunciavano l’inizio del nuovo giorno che i genitori si apprestavano a vivere.
Lei invece aveva appena finito la sua “giornata”: era stata, però, emozionante e unica.
Quanto aveva appena vissuto, ne era certa, era solo l'inizio di una serie di scoperte incredibili pronte a essere svelate ai suoi occhi. Ciò la rendeva immensamente appagata.
L’amico l’avrebbe condotta chissà a quali altre meraviglie, non aveva dubbi.
Una grande stanchezza la colse, adesso aveva solo necessità di dormire.
Un crepitio di passi ne annunciò l’arrivo.
La bambina, coperta al meglio da un lungo e caldo cappotto, si guardò attorno e vide le solite lucine colorate che lampeggiavano a intermittenza rischiarando la sua abitazione al limitare del bosco. Erano state posizionate lì dal suo papà affinché lei potesse sempre avere un punto di riferimento senza mai smarrirsi.
L’altalena, posta nel giardino, era uno dei tanti passatempi preparati per lei. Come pure gli amichetti scolpiti nel legno; gnomi, caprioli, daini, cani e gatti facevano capolino, birichini, tra le aiuole.
Lì poteva correre e saltare, parlare con gli amici immobili ma dai tratti sorridenti, e spingersi così in alto con il dondolo da avere l’impressione di toccare il cielo e confondersi tra le stelle.
Il silenzio era solo apparente, tutt’attorno vi era un chiacchiericcio di voci notturne: erano gli amici non inanimati della bambina a parlare. Bastava mettersi in ascolto per riconoscere il canto del gufo, della civetta e anche del lupo in lontananza.
Pure il vento faceva udire la sua voce. Si insinuava tra le fronde degli alberi per poi adagiarsi sulle cataste di legna da ardere ricoperte di ghiaccio, per poi spostarsi rapidamente, come un ballerino irrequieto, da una parte all’altra sino a ritornare, dispettoso, a soffiare su ogni cosa incontrasse durante il percorso.
Il suo ondeggiare creava un incantevole effetto sonoro dando vita a una struggente melodia: ricordava alcuni delicati strumenti musicali, a volte pareva di ascoltare il suono di un' arpa, altre invece, sembravano note create dalle esperte e delicate mani di un violinista.
In inverno il vento sostituiva il canto delle ranocchie, dei grilli e delle cicale della stagione estiva dove i deliziosi animaletti orchestravano concerti assai diversi, quasi assordanti.
Il mondo di Caterina era delimitato attorno alla sua casa, ma non limitato. Quella sera, come quasi ogni altra, la ragazzina si spinse oltre la linea di confine. Era il suo segreto, nessuno lo doveva sapere, ma c’era un amico che l’aspettava. E lei era impaziente di poterlo incontrare.
Anche lui era costretto a vivere nella notte, non poteva farsi vedere, anche se per ragioni diverse da quelle di Caterina; ciò li accomunava maggiormente.
La bambina si guardò attorno pur sapendo che i suoi genitori dormivano tranquilli, si fidavano di lei e del fatto che non vi fossero pericoli nell’ ampio giardino a sua disposizione.
Aveva già superato la linea consentita, camminava a passo svelto in compagnia del rumore dei sui passi che facevano scricchiolare la neve ghiacciata.
Il buio era fitto adesso, e le lucine attorno alla casa non erano più visibili. La folta vegetazione del bosco faceva da barriera alla luce della luna, ma lei era pratica del luogo e procedeva con sicurezza.
A un cero punto lo percepì vicino e fu allora che si videro.
“Ciao, ti stavo aspettando. Dobbiamo giocare, temevo che questa sera non venissi”
“Ma no - rispose Caterina – volevo solo essere certa che i miei genitori dormissero prima di uscire di casa; per questo sono un po’ in ritardo”.
“Va bene, l’importante è che adesso sei qui con me. Questa notte vorrei proporti un nuovo gioco. Sino a ora sono sempre rimasto qui, nel tuo mondo. Mi piacerebbe farti vedere una piccola parte del mio”.
“ Che bello! ne sarei veramente contenta, sono curiosa e l’idea mi piace. Però devo ritornare a casa prima della nascita del nuovo giorno. Lo sai…”.
“Certo, vieni, non perdiamo altro tempo. Andiamo...”.
I fanciulli si incamminarono e poco lontano da dove si erano incontrati, nascosta tra gli arbusti, c’era lei: si trattava di una piccola “casa” tondeggiante e luminosa. Pareva che li aspettasse. Infatti, al segnale dell’amico, si fece ben visibile su di essa una porticina dalla quale, quasi per magia, ne fuoriuscì una scala.
Caterina era emozionata ma non spaventata. Aiutata dall’amico si avviò. Dopo aver oltrepassata la piccola porta si ritrovò in un ambiente bellissimo e colorato.
Alle pareti vi erano tanti disegni e sul pavimento giochi di ogni genere. Ma la cosa più straordinaria non era ancora incominciata. L’amichetto azionò un aggeggino e dopo un po’ di vibrazioni e un modesto rumore la casa si mise in movimento.
In poco tempo la Terra fu lontana e si trovarono immersi nell’atmosfera, vicino e tra le stelle.
“E’ meraviglioso” disse Caterina all’ amico.
“Questo è il mio mondo. Da ora in avanti sarà anche il tuo. Ogni volta che vorrai ti condurrò con me nello spazio. Qui sarai protetta da tutto ciò che sul tuo Pianeta può farti del male”.
Il tempo quella notte passò in un attimo tra l’estasi della tante nuove scoperte. La bambina si trovò immersa nell'Universo dove si potevano ammirare tutte insieme le cose che esistono: pianeti, stelle e galassie.
"Guarda - disse all'amico - mi pare di intravedere la Via Lattea, la galassia a forma di un fiume. L'ho studiata recentemente e secondo le descrizioni avute sembra essere proprio lei". Poi, sempre più meravigliata, vide avvicinarsi, con l'aspetto di un iridescente ricamo, alcune Costellazioni; in esse riconobbe i suoi amici inanimati: osservò le figure immaginarie del Cane, della Fenice e anche del Gatto.
Rimase incantata da Sirio, la stella più luminosa della notte. La divertì moltissimo guardare lo schema dei 12 segni zodiacali: si mostravano chiaramente in lontananza per poi disgregarsi e confondersi in una miriade di stelle man mano che ci si avvicinava a essi.
Riconobbe anche i "Gemelli", il segno di nascita che la rappresentava, dove si ritrovava completamente essendo assai curiosa e perspicace.
A un certo punto, però, Caterina ebbe un sussulto. La sua realtà ebbe il sopravvento anche di fronte alla tanta bellezza e straordinarietà che la circondava; fu colta dall’angoscia.
Si rivolse supplice al suo amichetto: "ti prego, portami a casa. Non voglio che nulla possa adombrare quanto visto e vissuto sino a ora...".
Sapeva quanto fosse importante rientrare in tempo, non poteva permettere alla luce del giorno di arrivare prima di lei. L’avrebbe pagata cara una simile distrazione. Il suo corpo avrebbe manifestato violente reazioni allergiche se esposto alla luce solare: eritemi, congiuntiviti, prurito, fino a riempirsi di piaghe.
"Certo, facciamo subito ritorno, non ti preoccupare, non ti succederà nulla...".
A tutta velocità la dimora volante fu orientata verso la casa di Caterina. La bambina arrivò in tempo.
Appena entrò nella sua cameretta si sentì accolta dai suoi disegni appesi alle pareti; fatti di stelle, di luna, di fiori e neve, ma mai di sole.
Caterina era condannata al buio e a esso si era abituata, non sapeva, ne ricordava come fosse il sole.
Era stata allevata nella notte e da essa aveva imparato la bellezza, fatta anche di melodie uniche e di costellazioni splendenti, non solo di tenebre.
All’età di due anni la rara malattia genetica che l'affliggeva si era manifestata, e da allora i suoi giorni erano diventati notti, e di anni così ne erano trascorsi già sette; al momento non esisteva cura e neppure via d’uscita a quella terribile patologia.
Lei viveva al contrario degli altri, costretta all’ isolamento dai suoi simili, di cui tanto sentiva la mancanza.
Ma aveva trovato un amico altrettanto speciale. Era il suo segreto e la sua consolazione: poteva vivere con lui esperienze negate agli altri. Avventure straordinariamente emozionanti; in fondo si sentiva fortunata.
Dalla cucina arrivarono i rumori consueti di ogni mattina.
Delicati profumi di caffe e torta di mele si espandevano per la casa. Avrebbe dormito e al suo risveglio anche per lei ci sarebbe stato il dolce alle mele, accompagnato da una deliziosa cioccolata calda.
E poi, con l’aiuto della mamma come maestra, diventata ormai assai esperta nel seguire e insegnare il programma scolastico, avrebbe studiato.
Rumori e odori annunciavano l’inizio del nuovo giorno che i genitori si apprestavano a vivere.
Lei invece aveva appena finito la sua “giornata”: era stata, però, emozionante e unica.
Quanto aveva appena vissuto, ne era certa, era solo l'inizio di una serie di scoperte incredibili pronte a essere svelate ai suoi occhi. Ciò la rendeva immensamente appagata.
L’amico l’avrebbe condotta chissà a quali altre meraviglie, non aveva dubbi.
Una grande stanchezza la colse, adesso aveva solo necessità di dormire.