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Veronica

Inviato: 04/10/2024, 8:17
da Macrelli Piero
leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Veronica

Questa mattina quando mi sono svegliato ho deciso che sarei uscito comunque. È domenica e sono tre giorni che sono chiuso in casa a causa di una influenza. Praticamente sono guarito, ma potrebbe passare il medico fiscale a controllare; però se io faccio un salto al bar qui vicino per un caffè, magari non succede nulla. Stare chiuso in casa mi ha rintronato più della febbre e così mi sento un po' confuso, e magari se esco un po' mi fa anche bene, e poi domani devo tornare al lavoro comunque.
Così ho mandato un messaggio a Andy, se voleva venire a prendere un caffè. Gliel'ho mandato una mezzora fa ma non mi ha ancora risposto. Io però mi sono già vestito e esco lo stesso.
Quando arrivo al bar lo vedo che era già lì seduto a un tavolo con Chiara e Veronica. Chiara la conosco già da un po', ma Veronica è una tipa per me nuova, si è unita a noi per fare questa lettura in pubblico di alcuni miei racconti, che ci siamo messi in testa di fare. Siamo in quattro: io, Andy, Manè e questa Veronica. Coordina tutto Andy, che è bravo a fare queste cose ed è stato lui a invitare questa Veronica che farà la voce femminile di uno dei miei racconti.
Questa dello scrivere per me è una cosa nuova, magari ho sempre avuta la voglia di scrivere, ma solo da poco è diventata una cosa reale, quasi una necessità, come se lo scrivere dovesse sostituire il parlare, che ho sempre meno voglia di farlo, e mi sono accorto da un po' di preferire la solitudine o, comunque, lo stare in disparte e parlare poco, e rispondere a monosillabi, con un ammiccare incerto e con sorrisi tirati, perché aprire la bocca e parlare mi diventa sempre più difficile. Come se lo sviluppo della parola scritta avesse provocato una atrofizzazione della parola parlata; come se l'abilità a scrivere avesse superato la capacita di parlare, che mi sembra di mangiarmi le parole, di inciampare nelle sillabe, di sbagliare sempre l'intonazione e quando mi ascolto non sopporto più il suono della mia voce, che sembra così goffa e incerta, che preferisco stare zitto. La parola scritta ha ucciso la parola pronunciata, ha occupato gran parte del mio cervello, come un tumore benigno che mi sta rendendo un muto.
-Ti avevo mandato un messaggio, ma non mi hai risposto.- dico io a Andy.
-Non sapevo che mi sarei fermato, ero in giro con la Chiara, poi abbiamo visto la Veronica.- mi dice lui.
Io non vedo la Chiara, che deve essere andata dentro al bar e quindi quella che mi saluta con, Ciao Piero, deve essere la Veronica e così le dico ciao Veronica e mi metto a sedere con loro.
Cazzo, penso dentro di me, se non c'era Andy, io non avrei riconosciuto Veronica e fatto la mia solita figura di merda. La Chiara oramai la conosco che è un po' che la vedo spesso e oramai ho imparato a riconoscerla, ma questa Veronica è nuova e a me ci vuole un po' di tempo, perché i visi non li so mica riconoscere: si chiama prosopagnosia, se volete saperlo: non è grave, ma devi sempre inventarti qualcosa nel tuo modo di fare con le altre persone.
Il tavolo è ingombro da tazzine usate.
-Avete già preso il caffè.- dico io.
-Noi abbiamo già fatto.- dice Andy -Che dopo dobbiamo andare a fare la spesa.
-Come stai Piero?- dice Veronica -passata la febbre?
-Sì, sto bene.- dico io, ma non la guardo in faccia, perché sarebbe inutile, invece le cerco addosso qualcosa che me la faccia distinguere: le mani, un anello, cazzo, una cicatrice: possibile che non abbia un difetto fisico: non pretendo mica che le manchi un occhio o una mano, a me basta qualsiasi cosa che non sia il viso, che tanto fra cinque minuti non me lo ricorderò più. Niente, non trovo niente, e intanto è tornata Chiara e dice che devono andare e così anche la Veronica si alza.
-Ciao Piero.- mi dice Chiara.
-Ciao Chiara.- le dico io. In realtà io non glielo dico, ma le sorrido e faccio la faccia come per dire ciao, ma senza pronunciare la parola ciao.
Anche con Chiara all'inizio non riuscivo mai a riconoscerla, ma siccome c'era spesso anche Andy, me la cavavo così. Chiara ha un ciuffo di capelli bianchi, non li ha tinti, ma è una cosa naturale quella che chiamano voglia o difetto, ma non è mica un difetto. Questo un po' mi ha aiutato, ma non molto. Con Chiara ho dovuto imparare a conoscere il suo paio di occhiali che sono grandi occhiali quadrati, da vista, che contengono il suo sguardo. Il giorno che dovesse cambiare occhiali, per me tornerebbe a essere una sconosciuta, una sconosciuta con un ciuffo di capelli bianchi.
Quando se ne vanno rimaniamo io e Andy al tavolo e stiamo per un po' in silenzio. Poi io gli dico:
-Vuoi qualcos'altro?
-Acqua, se prendi qualcosa, prendimi l'acqua.
Però io mica mi alzo e invece rimango lì. Appoggio il gomito sinistro sul tavolo e con la mano mi reggo la testa e mi metto a guardare in giro.
Andy siede scostato dal tavolo, la schiena appoggiata allo schienale della sedia e si passa, come suo solito le mani sul viso e anche sulla testa calva. Dice solo che deve andare a fare la spesa, ma non si alza.
Io mi metto a guardare oltre la strada, questo è il mio quartiere, lo è da quando sono nato e la strada di fronte al bar la percorro sempre, direi distratto, ma questa volta è diverso, forse perché sono a sedere nella veranda del bar che non ho mai frequentato, ma adesso, da questa insolita prospettiva, vedo le cose in maniera diversa e vedo l'incrocio con il semaforo e l'edicola sul marciapiede e all'improvviso mi rivedo ragazzino che torna a casa da scuola lungo questa strada e anche quando andavo all'edicola a comprare le figurine dei calciatori. E poi mi esplode in testa un ricordo vivissimo di me ragazzino che con la bici ero andato a comprare un cassone ripieno alla piadineria all'angolo, che adesso non c'è più.
All'improvviso riesco a ricordare ogni cosa, ogni minimo particolare: il caldo che faceva, il rumore della catena della bicicletta; Mi ricordo del profumo della piadineria e del sacchetto di carta bollente, dove era stato messo il cassone appena cotto. Ricordo la sensazione che provavo per essere andato da solo a comprare qualcosa, e ricordo anche il muretto basso dove mi sono seduto a mangiarlo, che è ancora lì; ricordo che mi scottava la lingua e che avevo anche morsicato il sacchetto di carta, e ricordo che soffiavo per farlo raffreddare e con le dita mi toglievo i pezzi di carta dalla bocca; riesco a ricordare ogni cosa, di quel fatto di oltre quaranta anni fa, riesco a ricordare ogni cosa, ogni minimo particolare, ogni più piccola sensazione.
Ma adesso, di questa Veronica, che è andata via da cinque minuti, già non mi ricordo più il suo viso.

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Inviato: 04/10/2024, 13:45
da Marino Maiorino
E quindi, Piero, credi che la tua prosopagnosia sia dovuta a qualcosa che è accaduta dopo la tua infanzia?
Il racconto è ben scritto: il ricordo vivissimo che chiude il racconto dimostra un'ottimo controllo della comunicazione visiva. Manca forse un perché: è un momento normale in una vita normale.
È vero che sono forse le pagine più difficili da scrivere (persino nel Signore degli Anelli trovi questa osservazione), e ci sei riuscito egregiamente, però ovviamente gli manca mordente.
Un errore di ortografia ("amicare" credo fosse "ammiccare", con l'intervento dello stramaledetto correttore), e poi qualche virgola che alle volte diventa questione di gusto personale... Nulla da eccepire.
Ma poi com'è andata la lettura dal vivo?
A presto!

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Inviato: 05/10/2024, 10:26
da Eleonora2
Veronica. Caro Macrelli Piero Hai fatto tutto, secondo me, correttamente. Questi testi sono quelli più vicini al mio gusto. Scritto in modo scorrevole, descritto in maniera attenta, una vita normale certo ma colta bene. Hai usato il mostrare in maniera accorta. Voto 4.

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Inviato: 11/10/2024, 11:00
da Vittorio Felugo
Un testo intimo, un po' diario, un po' confessione. Un brano di vita vissuta in cui succede poco o tanto, dipende dai punti di vista. L'ho trovato interessante e toccante, in qualche sensazione mi ci ritrovo.
Mi è piaciuto.
Saluti,
Vittorio

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Inviato: 12/10/2024, 15:08
da Terradipoeti
Il testo riesce a trasformare una situazione quotidiana in un'esplorazione profonda del mondo interiore del protagonista. La riflessione sul rapporto tra parola scritta e parlata è particolarmente interessante: la scrittura diventa un rifugio, mentre il parlare è sempre più difficile. L'uso di dettagli concreti e i ricordi vividi creano un forte contrasto con l'incapacità di riconoscere i volti nel presente, enfatizzando il senso di alienazione. Lo stile semplice ma ricco di sfumature rende il racconto toccante e riflessivo, con un'efficace rappresentazione del disagio emotivo e della solitudine.

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Inviato: 18/10/2024, 13:26
da Andr60
L'incapacità di riconoscere il volto del prossimo può essere imbarazzante, ma in molti casi diventa un grande ostacolo ad avere una normale vita sociale, come in questo caso. La prosopagnosia può dipendere anche da malattie intercorrenti (ricordo che Luciano De Crescenzo ne era affetto, negli ultimi anni della sua vita), e l'autore ne dà un'efficace descrizione.

commento Veronica

Inviato: 18/10/2024, 17:29
da Alberto Marcolli
Un uragano di “che”. Ben 38! Capisco la loro necessità, ma …
Uno scampolo di vita in cui succede davvero poco, troppo poco, a meno di immaginare chissà cosa con la Veronica…
Questo è il solo punto stimolante, alla faccia della prosopagnosia.
Voto 3

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Inviato: 19/10/2024, 14:49
da Yakamoz
È vero, ci sono molti "che" nel testo, ma questo è dovuto a un'impostazione narrativa molto colloquiale. La scrittura sembra più vicina al linguaggio parlato piuttosto che a un testo scritto, in cui il "che" funge spesso da intercalare invece che da vero e più opportuno elemento grammaticale. Inoltre, l'uso eccessivo di pronomi come "quella", "la", "lo" e altri anteposti ai nomi è chiaramente un aspetto della lingua parlata, tipico del Nord Italia. Se il testo fosse editato, ne guadagnerebbe, e non perché non lo sia, in "stile e fluidità" di lettura. Ma la scelta di adottare un italiano dal tono "colloquiale e semplice" potrebbe anche essere una decisione/scelta stilistica dell'autore. A ogni modo, rimane un buon esempio di scrittura introspettiva, pur malinconica, specialmente nei ricordi d'infanzia del finale.

Sono indeciso sul voto: darei 3,5, ma non c'è; allora:

Voto: 4/5 (per il valore introspettivo, ma la scrittura necessiterebbe di qualche revisione)

Tante belle cose, Macrelli Piero

Antonio

P.S. 38 non sono nulla! Nel mio racconto ne ho 55 di "che": ma il mio è un mix molto marcato tra dialetto e italiano, quindi più giustificabili.