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Compagni di scuola

Inviato: 10/10/2024, 10:24
da Alberto Marcolli
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Alzi la mano chi non custodisce gelosamente il ricordo dei compagni di scuola, come uno dei tesori più belli da conservare per tutta la vita. L’emozione sorge spontanea quando abbiamo la fortuna di rivedere, magari al supermercato o in metropolitana, uno di quegli scapigliati ragazzi – o ragazze – con cui abbiamo condiviso gli anni spensierati della gioventù, così tante volte favoleggiati durante l’età adulta, mentre ci trasciniamo sotto il peso di responsabilità e avvenimenti, spesso dolorosi quanto ineludibili, perché, ahinoi! Tale è l’impenetrabile volontà del nostro Creatore, che ci comanda di nascere, vivere e morire sul pianeta Terra.
Terminato questo breve preambolo del quale mi scuso, in particolare per la digressione in campo metafisico, mi accingo ora a raccontare le circostanze, abbastanza singolari, che mi spinsero, anni fa, a sviluppare quel ricordo in qualche cosa di molto più concreto. Da circa un ventennio, infatti, essi sono la mia unica risorsa economica ed è grazie a loro se oggi posso vivere con dignità e mantenere la mia numerosa e insaziabile famiglia.

Con l’inizio del nuovo millennio, il mio ventennale impiego bancario si dovette modernizzare, evolvendosi in quello del “Promotore Finanziario”: una professione al passo con i tempi, come amava magnificarla quel genio del mio capo filiale, e senz'altro rispettabilissima, ma assai poco confacente alle mie povere doti d’imbonitore.
Da semplice cassiere, relegato dalla notte dei tempi dietro a uno sportello, con l’immutabile compito di verificare distinte di versamento e contare soldi altrui, mi si chiedeva, o meglio ordinava, una repentina metamorfosi in un “quasi libero” professionista, che con le armi dell’eleganza e della raffinatezza sapesse catturare nuova clientela, inducendola a sottoscrivere gli investimenti più svariati, di volta in volta approntati dai responsabili finanziari della banca. E guai a non riuscirci: la prima a soffrirne sarebbe stata la mia busta paga, convertita, dopo un periodo di rodaggio di otto mesi, in una mera somma di provvigioni sul venduto.
Fantastico, questo fu il commento dei colleghi, non appena appresero la notizia. Pretendevano di considerarmi uno strafortunato, ormai sulla strada di un’invidiabile carriera, anche se io non condividevo per nulla questo ottimismo, che giudicavo nascesse più dal sollievo per il loro scampato pericolo, che non per una sincera fiducia nei miei confronti. Tuttavia, non potevo certo rifiutare, rischiando danni peggiori, soprattutto avendo alle spalle moglie e figli da mantenere e una corposa rata di mutuo che esigeva di essere onorata ogni benedetto mese di nostra vita. Alternative in vista manco a parlarne, e perciò mi adeguai, senza discussioni, al volere dei miei capi, trasformando la dura necessità in brillante virtù.

Primo ostacolo da superare: predisporre un congruo portafoglio clienti, capace di produrre in commissioni il medesimo importo dello stipendio che percepivo da vent’anni, ma come fare?
Durante alcune lezioni sulle tecniche di vendita, simili a qualsiasi altro corso per venditori, dalle enciclopedie agli aspirapolvere, ci spiegarono che, per prima cosa, serviva riannodare contatti e conoscenze. Peccato che esse fossero poco presenti nella vita piuttosto riservata di un semplice cassiere di banca.
Inizia dai parenti! Questo fu l’invito esplicito del capo filiale, quando gli comunicai le mie difficoltà.
Buona idea, forse, ma nel mio caso con possibilità di successo davvero scarse. I miei genitori, di origine friulana, erano emigrati in Lombardia negli anni sessanta, e la partecipazione a matrimoni e battesimi, pur se numerosi, era da anni l’unica occasione d’incontro con tutto il parentado, rimasto in Friuli.

Poi un giorno, riordinando il contenuto di un cassetto dimenticato, mi capitò per le mani una foto della “Quinta B” di Ragioneria, e mi si accese la lampadina.
La mattina seguente m’improvvisai investigatore, mettendomi in caccia del primo anello della lunga catena che mi avrebbe permesso di rintracciare il maggior numero possibile dei compagni di scuola presenti nella foto.
Utilizzai tutte le risorse messe a disposizione dalle moderne tecniche investigative, ma alla fine fu il tradizionale metodo del passa parola che, in capo a un paio di mesi, mi permise di annotare nel mio computer gli indirizzi e i numeri di telefono di perlomeno due terzi dei ricercati.
Iniziai dunque, senza indugio, a riallacciare i contatti, scoprendo persone di mezza età entusiaste all’idea di poter riunire la mitica “Quinta B” dei lontani anni ’80.
Purtroppo era prematuro iniziare dai discorsi che più mi premevano. Prima dovetti ricostruire il gruppo, organizzando vivaci raduni in ameni ristorantini, perché nel nostro mondo nulla è più adatto a rinsaldare vecchie amicizie.
Seguirono mesi di frenetica attività, durante i quali, dopo aver ritrovato pressoché tutti, scoprimmo che a quarant’anni quell’atmosfera goliardica, magicamente ricreatasi tra di noi, era ancora più contagiosa di quanto non lo fosse stata in gioventù. Arrivammo perfino a realizzare delle gite in comitiva negli stessi posti visitati al tempo della scuola, raggiungendo livelli impensati di folle divertimento.
Troppa familiarità e amicizia, però, quando venne il momento di affrontare certi discorsi, si rivelarono, mio malgrado, un autentico boomerang. Come avrei potuto, infatti, approfittare dell’indubbia stima che i miei compagni di scuola riponevano in me ed io in loro, piazzando prodotti finanziari scadenti?
Era senz'altro vero che il mio portafoglio “potenziale” ora contava su un numero di clienti, tra compagni di scuola e rispettive famiglie, di circa un centinaio di persone, ma era altresì innegabile quanto esso fosse inadatto allo scopo che mi ero prefissato.

Un bel problema! E mi rimanevano appena un paio di mesi, poi la banca avrebbe tolto il cosiddetto “paracadute” sul mio stipendio, obbligandomi a contare esclusivamente sulle commissioni collegate al venduto.
Alla caccia disperata di una qualche soluzione, accettai l’invito a un convegno organizzato da un’associazione di Promotori, dove ebbi modo di esporre il pasticcio in cui mi ero cacciato.
Scoprii così che quelle mie tribolazioni erano abbastanza comuni, e non dovevo disperare: una via d’uscita era possibile, se avessi avuto il fegato di rischiare il tutto per tutto.

Quando le mie giornate lavorative erano scandite da precise quadrature contabili, nel rassicurante recinto di cassa, la sola idea di licenziarmi dalla banca sarebbe stata improponibile, ma da sei mesi la mia vita era totalmente cambiata e la ritrovata vicinanza dei miei compagni di scuola era un ulteriore sostegno, che mi dava una forza insospettabile.
Ne parlai in famiglia, attento a non preoccupare più di tanto i miei cari e, alla fine, la decisione fu presa di comune accordo.
Avevamo un piccolo gruzzolo messo da parte per gli imprevisti che, sommato alla liquidazione della banca, mi permise di coprire le spese per l’apertura di un ufficio di Consulenza Finanziaria Indipendente, di cui sarei stato l’unico titolare.

Eravamo nel periodo funesto in cui i primi scandali si stavano abbattendo sul corpo indifeso dei piccoli risparmiatori italiani, e c’era un disperato bisogno di consigli finanziari onesti e imparziali, non di inviti interessati, per non dire fraudolenti, da parte di banche e assicurazioni, all’acquisto di titoli spazzatura, dai famosi Tango Bond Argentini, Parmalat e Cirio, ai molti altri che ne seguirono, perché gli errori del passato non insegnano mai niente alla nostra sciocca umanità.
Negli anni successivi, io e i miei compagni di scuola ne abbiamo percorsa di strada insieme!
Sono stati anni pericolosi e difficili per i nostri sudati risparmi, inutile nasconderlo. Non ci siamo mai fatti incantare dalle sirene ammaliatrici che promettono facili guadagni e poi scappano con il bottino, ma questo non è sempre bastato a schivare qualche buccia di banana, che ci ha fatto a lungo tremare i polsi per poi alla fine uscirne, salvando, a volte, appena il capitale investito.

Oggi, dopo interminabili discussioni e dolori di pancia, posso affermare di essere riuscito a convincere tutti i miei amici, e clienti, che le promesse di alti rendimenti nascondono, senza eccezione, un rischio insopportabile per il piccolo risparmiatore.

- Questo significa che siamo obbligati a cancellare qualsiasi speranza di favolosi guadagni? – mi ha chiesto ieri Giorgio, uno dei più restii a rinfoderare i suoi sogni di gloria.

- Assolutamente no! – Gli ho risposto deciso, - abbiamo sempre la possibilità di giocare al Superenalotto, ma non più di un euro a settimana, è un ordine!