La vendetta
di Martino Piras
 
 Sentì solo un tonfo nell'acqua subito seguito dal silenzio e dall'oscurità della notte.
 Pensò alla facilità con la quale aveva sollevato quel corpo, quel tanto sufficiente perché saltasse le lamiere di protezione e finisse nel vuoto.
 Si guardò attorno per assicurarsi che nessun cespuglio nella strada si muovesse, che sotto il ponte nessuna fronda dei platani sussurrasse, che nessun faro di auto si accendesse, neppure in lontananza.
 Guardò in alto, nel buio, per assicurarsi che neppure un uccello potesse avere una parvenza di testimone.
 Ma era dunque così facile uccidere un uomo?
 Lentamente si avviò verso l'auto, si sedette e girò la chiave dell'accensione per far ritorno in città.
 Il freddo preannunciava una lunga stagione invernale. Di lì a un'ora avrebbe consegnato la Peugeot 306 presa a noleggio, e quindi si sarebbe imbarcato sul primo aereo per Milano dove lavorava da sei mesi.
 Per l'occasione si era lasciato crescere la barba e aveva acquistato un abito grigio e una cravatta turchese. Anche Marco stentò a riconoscerlo e dopo lo stupore per l'improvvisata, si dimistrò nel vederlo dopo molti mesi.
 Appoggiando la ventiquattrore sul banco del bar dell'aeroporto ordinò un mirto con ghiaccio. Guardandosi allo specchio, che rifletteva decine di bottiglie, Giorgio si rassicurò scoprendosi tranquillo e sorrise pensando alla sua prima comunione. Erano passati vent'anni e da allora non aveva mai indossato un abito né portato una cravatta; preferiva vestire sportivo: jeans, maglietta oppure tuta e scarpe da ginnastica con un cambio sempre pronto nel cofano della macchina. Era in palestra che si erano conosciuti lui e Marco.
 
 "Povero Marco" pensò guardando il ghiaccio galleggiare nel bicchiere. "Con tante ragazze che c'erano in città dovevi scegliere proprio la mia."
 La voce dello speaker invitò all'imbarco e l'uomo si diresse verso l'uscita con passo deciso, come un vero uomo d'affari.
 "Capitolo chiuso. Caso archiviato" sentenziò fra sé alla vista dell'aereo.
 Non provava alcun rimorso per la morte dell'amico né sensi di colpa per la sua ex da poche ore vedova. La spinta dal ponte sul lago era stata soltanto una pratica da evadere, come una delle tante che ogni giorno gli passavano nell'ufficio della Provincia.
 Quando Daniela l'aveva lasciato, lui non aveva fatto drammi e aveva anche festeggiato, insieme ai tanti invitati, il matrimonio del suo migliore amico e della sua ex donna. Certo si era arrabbiato molto, ma il re rimaneva lui e avrebbe vinto la partita ragionando e facendo le sue mosse, senza fretta. Era sempre riuscito a controllare la rabbia e incanalarla, con tutta la sua potenza, nel tunnel oscuro della vendetta, e sapeva che alla fine gli sarebbe apparsa quella luce rassicurante che rimette le cose a posto.
 Era stata sufficiente un'improvvisa telefonata da una cabina e un appuntamento a quell'ora della notte in un luogo isolato fuori città, come era quello dell'impianto di potabilizzazione dove Marco, in piena solitudine, faceva il terzo turno.
 
 L'aereo scivolò nell'aria senza sobbalzi e dopo un'ora planò su una pista di Linate. Giorgio raggiunse l'auto nel parcheggio dello scalo. Guidando verso casa incontrò giovani ubriachi, operai infreddoliti in attesa degli autobus e gruppi di prostitute attardarsi con gli ultimi clienti nel chiarore dell'alba.
 Entrando nel piccolo appartamento della zona della Fiera gli parve per un istante di non averlo mai lasciato. Fece una doccia e, dopo aver bevuto un cognac, si mise a letto addormentandosi subito.
 
 Il corpo di Marco fu ritrovato tre giorni dopo nel fondale, sotto il ponte. Nelle settimane successive il caso venne archiviato come suicidio anche se il morto non aveva lasciato alcun messaggio d'addio né alcuna palese intenzione di uccidersi.
 
 Sei mesi dopo
 
 La telefonata arrivò inattesa.
 "Sì ho saputo. Credimi... mi dispiace. Marco era il mio migliore amico e questa tragedia mi ha sconvolto. Avrei voluto andare al funerale, ma non ce l'ho fatta, stavo male e comunque accetta ora le mie condoglianze."
 Sentire dopo tanto tempo la voce di Daniela gli fece rivivere antiche emozioni ed era come se una leggera brezza gli carezzasse l'anima.
 La donna raccontò commossa la sua solitudine dopo la morte del marito e che, dopo tanta tristezza, desiderava per un po' cambiare ambiente e magari trascorrere qualche giorno di vacanza a Milano. "Non so se faccio bene" gli confidò, "ma se non reagisco, il dolore per la scomparsa di Marco mi porterà presto in una clinica."
 
 Giorgio si preparò a vederla un po' invecchiata, ma quando gli apparve quella mattina di marzo, rimase stupito nel rivederla giovane e luminosa, forse anche per il nuovo taglio dei capelli e quel nuovo colore scuro, che s'intonava di più col grigio madreperla degli occhi.
 Trascorsero alcune ore sulla terrazza a ricordare gli anni dell'adolescenza e quelli trascorsi insieme come amanti maturi. Giorgio, tra un ricordo e un altro, ritrovò la sua donna, con lo stesso sguardo espressivo, le labbra carnose e il cuore forse ancora innamorato. Fu nel pomeriggio che ritrovò in lei quella stessa sensualità che l'aveva fatto sempre impazzire nelle lunghe ore d'amore. E si sentì felice, come se niente fosse mai accaduto, quando lei, con il corpo bagnato, gli confidò con un filo di voce: "Già prima delle nozze l'avrei lasciato, ma non avevo il coraggio di parlarne con te, un po' per orgoglio, ma anche perché temevo non mi avresti accettata."
 Giorgio rimase ancora sopra di lei guardandole il viso con tenerezza. Non rispose, ma riprese a penetrarla, prima dolcemente poi con una passione che non sentiva da molto tempo.
 Trascorsero tutta la domenica in casa e dopo la cena decisero di uscire. "Voglio andare al naviglio e vedere le luci dei lampioni riflesse sull'acqua" disse Daniela mostrando l'entusiasmo di una bambina.
 
 Passeggiarono lungo la striscia d'asfalto che collegava le due sponde, stretti l'uno con l'altra.
 La bruma scendeva fredda e avvolgente e complice come il silenzio di due innamorati.
 A un tratto Giorgio si fermò e le chiese di sposarlo. Non udì risposta se non quella di un tenero e lungo bacio. Sentì il corpo di lei tremare e spingere contro il suo come in un amplesso. Poi sentì il viso della donna scendere giù e le mani afferrargli le gambe.
 Si udì un tonfo sordo nell'acqua gelida e melmosa.
 
 Il corpo dell'uomo affiorò tra i cespugli della riva una settimana dopo. Il magistrato, dopo le brevi indagini della polizia, archiviò la morte come suicidio.
 
 

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