Viviana

Il bagliore del fuoco illuminava la collina, là dove cinque pire si consumavano una accanto all'altra. L'aria della notte era calda, il crepitio del legno si confondeva con i rumori del bosco e la luce della luna era offuscata da colonne di fumo che sembravano sorreggere il cielo.
Viviana chiuse la finestra, raccolse i capelli in un fiocco di stoffa e si avvicinò allo specchio. La frangia rossa copriva la fronte, esaltando gli occhi verde smeraldo.
Presto l'avrebbero trovata, lo sapeva bene.
Accanto a lei, un pentolone panciuto e nero poggiava su quattro tizzoni ardenti e al suo interno decine di bolle d'acqua iniziarono a gorgogliare. Un libro era posato sopra il tavolo di ferro, tra una candela accesa e una ciotola colma di terra.
Sfiorò il tomo, accarezzando il rilievo di un esagramma.
Maria, sua cugina, stava bruciando legata a una di quelle pire. Si diceva fosse una strega, il paese l'aveva dapprima isolata e poi affidata al giudizio della chiesa e con essa a quello di Dio.
Viviana aprì un'ampolla e scelse nove petali di rosa, quattro bianchi, tre rossi e due blu. Sfogliò il libro fino alla pagina centrale, ci posò sopra i petali disponendoli in cerchio. All'interno di esso, spalmò un cucchiaio di miele, versò un bicchiere d'olio di foca, aggiunse due chiodi di garofano, quattro fili di ragnatela, rosmarino e un pizzico di terra pescata dalla ciotola.
Terra speciale, s'intende, quella usata per seppellire i morti.
Maria avrebbe confessato, non aveva dubbi. Era una ragazza introversa e timida che male sopportava uno scherzo ingenuo, figuriamoci una tortura o un'esecuzione. Avrebbe raccontato di sua cugina e di quando riuscì a fare parlare un gatto. Oppure, di come con un intruglio salvò lo zio da morte certa. I ben pensanti, protetti dalle loro croci d'oro e osannati dall'ignoranza del popolo, non avrebbero esitato a emettere una nuova sentenza. Un altro palo sarebbe stato conficcato sulla collina e altra carne avrebbe bruciato sul rogo.
Viviana si liberò di quei pensieri. Impastò gli ingredienti a mani nude, amalgamandoli con acqua di mare; strappò la pagina del libro, piegandola con premura e senza disperdere il preparato. La tenne sospesa sopra il pentolone e con la candela accesa diede fuoco alla carta.
Avvertì delle grida provenire da fuori, erano a pochi passi dalla casa.
— Circondate le mura, tenete a bada la finestra, quel demonio non ci scapperà.
Era stata previdente. La carta bruciò e la cenere cadde nel recipiente. Con il mestolo girò l'intruglio per tre volte in senso antiorario, chiuse gli occhi e raccolse dell'acqua bollente.
— Sfondate questa porta. Avanti, sfondatela e prendiamo quella bestia. — Urlavano.
La porta tremò sotto un colpo assordante. Viviana portò l'acqua alla bocca e prima di ingerirla pronunciò:
— Natura suprema, regina dell'impossibile, volgi lo sguardo e rendimi invisibile.
La serratura saltò e un tonfo precedette quattro uomini armati di forconi e torce.
L'aria della notte, carica dell'odore acre del fumo, lasciò il posto a una fragranza di fiori.
— Dove sei maledetta strega, esci fuori!
Nessuno rispose.
— Cercate ovunque, deve essere qui.
Viviana sciolse il fiocco di stoffa dai capelli, sorrise nella direzione dello specchio senza che questo potesse riflettere il saluto.
FINE
Questo racconto è dedicato a tutte le streghe. Passate, presenti e future.

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