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Recensione o commento a: La panchina vuota - (Racconto Narrativa, Breve) - di Roberto Guarnieri:

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Le altre recensioni o commenti
Di Giancarlo Rizzo: Se bastasse solo la volontà a piegare Cronos! E se la nostra realtà fosse così soggettiva, percettiva e mutabile che per lacerare il tessuto dello spazio bastasse solo un acuto, piccolo e intenso pensiero?
Questa sì che è una grande storia: un impulso dei lobi temporali così potente, in condizioni particolari, da far rivoltare su se stessa la trama della realtà.
Questa sì che è una teoria rivoluzionaria: il cervello con l'energia mentale concentrata come uno spillo può bucare ciò che per essere deformato avrebbe bisogno di enormi forze gravitazionali.
È solo una questione soggettiva…
Di Ida Dainese: Un racconto delicato che parla di amore e del dolore della sua perdita ma anche del ricordo che lascia. Bella la descrizione della vecchia panchina che si trova al centro della primavera quando ha il suo aspetto migliore, al centro di un amore che ama pregi e difetti, al centro di un ricordare addolorato. Risaltano particolarmente la descrizione di lei, con la sciarpa e i pacchettini, e il momento del dolore che segue alla tragedia, il tentativo di elaborare quel lutto. Consolante il finale con la figura di Laura che arriva all’appuntamento, quasi un eterno ripetersi, tenuto in vita dai sentimenti che si provano per lei.
Mi permetti qualche appunto? “Alunni” si riferisce ai bimbi delle elementari, questi sono studenti o allievi.
“per far ripartite il flusso della vita” ripartire
“piega su se tesso” manca la s.
“Questa sì” con accento.
“Aprì gli occhi” la prima persona del verbo è aprii.
Di Arcangelo Galante: Esperienze inverosimili, "girano" attorno a una panchina, apparentemente inutile, proprio perché, difficilmente, verrebbero apprezzate dalla gente, in quanto scritte da un persona autenticamente addolorata, ma, significativamente, ricca di immensa sensibilità. Una narrazione riflessiva, dal contenuto surreale, ma altamente apprezzabile per le percezioni vissute incisivamente dai protagonisti Opera letta con piacere!
Di Paul Olden: Bella l'idea, buon ritmo e anche troppa scorrevolezza. Forse quello che manca a questo racconto è la magia, l'invenzione narrativa originale che trascini il lettore a partecipare emotivamente all'epilogo risolutore. Secondo me il testo avrebbe meritato un finale scritto con maggior trasporto.
Di Stefano di Stasio: Coscienza e autocoscienza dell?aspetto prezioso e caduco della vita di relazione. Il protagonista, in un monologo introspettivo, capisce che il suo rapporto d?amore con Laura è stato scandito da momenti unici e irripetibili, un ?miracolo quotidiano? come scrive l?autore, solo dopo aver appreso la notizia della morte della donna. L?evento cade come un fulmine che squarcia le nuvole della inconsapevole abitudine quotidiana. Perfino dopo il decesso la relazione continua a elargire emozioni nuove e dolorose all?uomo che, per la prima volta, vive con ?orrore? le formalità del rito funebre rispetto alle occasioni in cui l?ha vissuto per la morte dei parenti diretti. Il protagonista si abbandona dunque al delirio in cui cerca disperatamente teorie quantistico-relativistiche-gravitazionali che possano accendere la speranza di poter andare a ritroso nel tempo. Poi accade che la mente riesce a ricreare la realtà, in barba a qualsiasi teoria scientifica e legge empirica. Laura è ancora viva nel ricordo del protagonista che la rivede, inaspettata, davanti a sé in un mattino di primavera. L?epilogo del racconto sancisce la volontà dell'uomo di godere di quella visione, disinteressandosi del perché questo accada. Il merito dell?autore è soprattutto di aver scoperto e sottolineato, nonostante la formazione e la professione del personaggio che narra la storia, quanto siano suadenti le vie interiori della speranza a cui ha diritto ciascun essere vivente, nonostante la morte.
Qualche nota amministrativa: ?si? per affermazione e ?se? per sé stesso? si dovrebbero accentare (grave e acuto) ?sì? e ?sé?; ?? da far rivoltare su se stessa la trama della realtà??; ?? dell'universo che si piega su se tesso, della forza di gravità che assorbe il tempo??.
Di Hercules: Bel racconto surreale quasi meta-fisico, scritto con chiarezza e naturalezza appena un po' troppo trattenuta (per i miei gusti; io che avrei voluto sapere qualcosa di più, di Laura), ma delicato e suggestivo, senza dubbio riuscito e che "lascia da pensare". L'elemento autobiografico che ne è all'origine non traspare nettamente dal testo, e la storia potrebbe essere di pura fantasia, se non fosse l'Autore stesso a segnalarci che così, purtroppo, non è. Premesso che rispetto completamente la scelta e la sensibilità dell'Autore, personalmente però avrei "seminato" qua e là qualche dettaglio, magari all'apparenza insignificante, ma inequivocabilmente autobiografico; altrimenti rischia di perdersi la vera, vertiginosa profondità dell'intuizione poetica che io sento in questo racconto. Qualche svista ortografica da controllare.
Di Pia: una storia commovente, il dolore straziante della perdita della donna amata, quando non ti rimane altro i sogni ad occhi aperti sono l'unica consolazione.
"Come è possibile che ci si possa abituare in questa maniera alle cose belle e semplici della vita, dandole alla fine per scontate?" questa frase nella sua semplicità contiene una grande verità, mi ha colpito molto, è proprio triste rendersi conto di quanto fossero importanti alcune persone solo quando non ci sono più, e vale anche per le piccole cose, mai dare tutto per scontato!
Di Angela Di Salvo: Il conflitto fra realtà e finzione, fra verità e inganno, fra ragione e illusione trovano in questo bel racconto un punto di incontro grazie alla scrittura che può tutto, anche azzerare una tragedia e trasformarla in un miracolo. C'è nella narrazione il dolore per la perdita, il ricordo di una donna che se n'è andata via strappata da un destino crudele, la disperazione successiva e infine l'attesa. L'attesa che passi un lunghissimo anno. In quella panchina al professore di fisica, uomo avvezzo al rigore scientifico, alla lucidità analita e sperimentale, accade l'incredibile. Essere raggiunto da Anna vicino alla panchima dove era solito attenderla e dove si trova ancora a ricordare. E Anna appare. Al lettore la risposta: è un'allucinazione conosolatoria a cui il protogonista non vuole dare spiegazioni? Che sia Anna o solo Anna che arriva in un sogno ad occhi aperti per lenire il dolore infinito di chi non ha smesso di amarla, a questo punto non importa più. Il senso della storia si compie a prescindere dalla risposta.
Di Giuseppe Novellino: Lei arriva, finalmente, ma con il ritardo di un anno. Bel racconto, scritto con sobria scorrevolezza, in bilico tra la fantascienza, il fantastico e il surreale. Ma nello stesso tempo appare come una storia vera: la struggente esperienza di una prdita irrimediabile, di un amore infranto per l'intervento tragico di un destino beffardo. Forse, l'apparizione di lei è tutto un sogno, il frutto di quelle considerazioni filosofiche che vengono alla mente sotto l'influsso di un momento di nostalgia, là, nello stesso posto dove si consumavano momenti di semplice, estatica felicità.
Di Tania Maffei: Un anno può essere un tempo infinito oppure brevissimo dipende da ciò che ci accade. L'amore trasforma lo spazio e il tempo in attimi fuggevoli che viviamo come fossero eterni mentre sono solo "refoli di vento che fuggono via". Chi resta ha solo la capacità di riportare in vita attraverso il ricordo le persone amate. Questo delicato scrittore che usa la penna come fosse un pennello dipingendo delicate scene senza tempo ci commuove e ci invita a riflettere su quanto sia effimera la vita e possa da un momento all'alltro svanire nel nulla.






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Dedicato a tutti coloro che hanno scoperto di avere un cervello,
che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che
patiscono quell'arrogante formicolio che dalle loro budella
striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani.

A voi, astanti ed esteti dell'arte.

(Sam L. Basie)




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