Hako, help me
Hako, help me
Apro gli occhi. Il salotto è un acquerello rosa fenicottero. Ho di nuovo pianto nel sonno. C'è umidità, caligine, mi sudano le sinapsi. Sono uno Sputnik alla deriva, perso nell'orbita d’un soggiorno démodé. Falci di luce gialla ibridano le ombre afose della stanza. Un allarme. La centralina domotica segnala un problema. È la pre-allerta meteo.
«Istantanea report, per favore.»
Dai fono-diffusori sgocciola piano la robo-voce di Ophelia, attenzione, avverte, precipitazioni a pH tre attese per mezzogiorno, parla di piogge acide, eppure ascoltarla è l'unico balsamo che ho, previsti livelli di H2SO4 sulle due punto due parti per milione.
All'improvviso un'ondata di nausea, no, forse è nostalgia. Dio, quanti Long Island Aesthé ho bevuto ieri sera? Decisamente troppi, scopro – oltre un velo di lacrime tremola il digitimer, segna le nove di mattina. Sono in ritardo. Al chiosco ci sarà già calca, hanno bisogno di me per confezionare quei Fruttaccinos alle bacche di Goji, ma perché dovrei alzarmi? Là fuori non c’è niente, solo smog e anonimali da marciapiede.
Doppio bip, l’Hamlet Software s’attiva a tradimento. Dovresti essere al lavoro, ammonisce, un'assenza dall'impiego può costare ammende pecuniarie e licenz-
Lo ignoro, lo spengo. Attorno a me cala il buio, un'oscurità striata soltanto dal giallo fluo del segnale meteo. Da risacca, il moto della nostalgia si fa mareggiata. Schiuma.
No, bucare il turno al Kokonut non mi costerà mai quanto aver perso lei. Mi manca da morire, ma più scorre il tempo, meno riesco a ricordare. E se di colpo svanisse tutto?
«Hako.»
Pronuncio quel nome ad alta voce e Ophelia m’interfaccia alla neuro-teca.
Come un fiore di loto, l’ologramma vermiglio di Hako sboccia al centro della stanza. Bagliori elettrici le sfrigolano a fior di pelle, finché il mio avatar non la stringe a sé.
Il loro... Il nostro contatto sprigiona scintille viola. C’è odore d’ozono nell’aria.
Eccola – penso – l’unica donna che abbia davvero trasceso la post-modernità, perennemente assorta a scrutare il cielo, con quel nasino puntato a Est di un sogno.
Sulle pareti sfarfalla un teleshow lo-fi pieno di memorie, e così la rivedo sorseggiare una Saint Pepsi al nostro primo appuntamento, mentre le sfioro i capelli, poi guardo le sue labbra chiare, la spiaggia, baci in punta di piedi, mi dice. Il nebulizzatore diffonde il suo profumo in Smell-O-Vision. Sa di vaniglia e salsedine. Hako, dove sei?
Continuo a chiedermelo. Dovrei smettere, però non voglio. Non voglio dimenticarti.
Mi sento smagnetizzato, sai, come un vecchio Betamax, ma osservarti mi dà sollievo. I tuoi occhi, soprattutto, quelli non sono cambiati – sempre vivi, due finestre al neon spalancate su piogge di stelle cadenti. «Ophelia» ordino «Avvia Esprit.»
Adoravamo quella canzone.
Aiutami a non dimenticare, Hako, ti scongiuro. Un giorno troverai qualcuno, mi rassicura lei, col suo sorriso che glitcha fondendosi a un panorama del monte Fuji.
Allora la supplico. Non lasciarmi di nuovo solo, non oggi. Vorrei uscire, vorrei alzare la testa come facevi tu e trovare uno scopo. Mi senti? Sono io. Ti prego, parlami. Salvami.
Lentamente, una frase a metà fra caratteri kanji e hiragana si sostituisce agli ologrammi. La riconosco subito, era uno dei suoi proverbi preferiti. Sorrido di tristezza.
失敗を繰り返すことで、成功に至る。
“Ripetuti fallimenti conducono al successo”, traduco a mente. La neuro-teca si spegne.
È sempre questo il tuo messaggio, Hako? Quanto ancora dovrò fallire per rivederti?
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Re: Hako, help me
Re: Hako, help me
Chi si ferma è perdutoMassimo Baglione ha scritto: 23/06/2019, 15:26 Qui non si perde tempo. Già il primo racconto nel primo giorno di estate, bene!
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Racconto breve che sembra l'incipit di un romanzo.
Due chicche:
1) l’Hamlet Software motivazionale… genio!
2) fruttaccino, brevettalo, prima che qualcuno ti rubi l’idea e ci faccia i soldi.
Una considerazione, che magari esula un po’ dalle gare e che ti ho già fatto: vai forte anche nei 100 e nei 200, ma è nel mezzofondo che, secondo me, fai la differenza.
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Questo racconto per me è un esperimento per più di un motivo; uno, ho voluto provare a dare dignità letteraria, o peso letterario quanto meno, a un fenomeno estetico-musicale che al momento non può contare di esempi letterari, ma solo appunto di immagini e suoni. Parlo del vaporwave; in secondo luogo, la brevità è ancora una chimera per me. Che io faccia la differenza sul mezzofondo, come dici, è un bel complimento, ma è anche un fardello che comporta il doversi organizzare dei tempi che, col lavoro che faccio, non mi posso più permettere. Devo imparare a gestire idee più piccole, a sfinarle, perché altrimenti corro il rischio di cascare dentro iati più o meno lunghi che da troppo tempo m'azzoppano. Sicuramente, in parallelo, posso lavorare a progetti a più ampio respiro, con simbologie complesse e personaggi più curati, ma è anche vero che solitamente nei concorsi - per esempio - tremila battute sono già troppe! Sarebbe fuori anche questo racconto e in media i miei oscillano fra le diecimila e le cinquantamila battute. Questo perché mi piace dare il giusto spazio a tuttoRoberto Bonfanti ha scritto: 25/06/2019, 18:23 In un futuro techno-punk postmoderno, meticciato alla Blade-Runner, la sostanza dell'uomo e delle sue angosce rimane lo stesso: l'assenza della donna amata (Reale? Virtuale? Chissà…) induce il protagonista a riflessioni antiche.
Racconto breve che sembra l'incipit di un romanzo.
Due chicche:
1) l’Hamlet Software motivazionale… genio!
2) fruttaccino, brevettalo, prima che qualcuno ti rubi l’idea e ci faccia i soldi.
Una considerazione, che magari esula un po’ dalle gare e che ti ho già fatto: vai forte anche nei 100 e nei 200, ma è nel mezzofondo che, secondo me, fai la differenza.
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Re: Commento
Non aver capito è una tua supposizione, però Magari hai capito, invece! Che idea ti sei fatto della storia? Cosa credi sia accaduto/stia accadendo, cioè.Angelo Ciola ha scritto: 28/06/2019, 14:19 Il racconto è scritto molto bene, con immagini e terminologie efficaci che colpiscono il lettore. Poi, un po' sono io che mi perdo in questi termini, ma nel leggerlo (anche se breve) non ho più capito molto della storia, che probabilmente ha bisogno di un respiro maggiore.
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Re: Commento
Questo racconto, per via dei limiti del forum, è privo di formattazione particolare. Nel testo originale, reperibile sempre qui, sono invece presenti i corsivi e l'impaginazione con la quale il pezzo andrebbe letto. Per quanto riguarda gli errori di battitura, mi piacerebbe molto sapere dove sono, così potrei correggerli; lo stesso vale per la struttura delle frasi.Selene Barblan ha scritto: 30/06/2019, 13:25 Mi piace l’idea e la struttura del racconto, è apprezzabile la fantasia impiegata per definire le tecnologie di questa possibile futura realtà; allo stesso tempo trovo che il discorso ne venga appesantito. Lo vedrei bene trasposto in immagini, magari in un cortometraggio. Ci sono secondo me delle imprecisioni (errori di battitura, struttura della frase).
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Re: Commento
Ma infatti dovete far finta di scrivere con una vecchia macchia da scrivere, sfaticati!Draper ha scritto: 30/06/2019, 13:57Questo racconto, per via dei limiti del forum, è privo di formattazione particolare.
Re: Commento
Fosse per me lo farei, ma per come scrivo io il corsivo è funzionale all'accavallarsi delle vociMassimo Baglione ha scritto: 30/06/2019, 16:35 Ma infatti dovete far finta di scrivere con una vecchia macchia da scrivere, sfaticati!
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Re: Commento
Non siamo più amici, ecco.Draper ha scritto: 30/06/2019, 16:39... ma per come scrivo io il corsivo è funzionale all'accavallarsi delle voci
Odio visceralmente le formattazioni del testo grrrrr
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perbacco, la storia c'è tutta, ed è una storia d'amore fantascientifica, techno-punk, ma è talmente schiacciata in poco spazio che non riesce a dare il meglio di sé.
secondo me, ovviamente.
buona l'idea, buono lo sviluppo, ma una storia simile necessita di aria, bisogna farla respirare.
e facendola respirare toglierà il fiato ai lettori.
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Re: Hako, help me
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Re: Hako, help me
E' probabile che la mancanza di senso che il Novecento ha lasciato nell'esistenzialismo contemporaneo, prima o poi, finisca sì col riunirsi di nuovo. E' una prospettiva, quella di Jimenez, che non conoscevo, e mi fa pensare - più che a un mondo liquido, come spesso s'intende citando Bauman - un mondo di colla, dove tutto è viscoso. Ti ringrazio per le belle parole, e sono felice che il racconto stia incontrando il vostro favore. Per me è una situazione particolare, soprattutto perché ho impiegato pochissimo a scriverlo e sento persino di essermi sotto-impegnato rispetto alle tempistiche mie solite. Sono sempre stato contrario alla scrittura che procede per umori, priva di uno scheletro, di struttura, cosiddetta spontanea, ma quelle poche volte che ho deciso di violare questa mia regola personale i risultati e le reazioni altrui si sono sempre rivelate inaspettate. Dovrei farlo più spesso, essere meno quadrato.Edmondo ha scritto: 06/07/2019, 11:43 In "Espacio" l'opera poetica dove J.R.Jiménez mette in pratica la sua idea che la poesia si sia trasferita nella prosa, compare una Ophelia, o meglio, una Ofelia negra. Tu nel tuo metalinguaggio l'hai anglicizzata ma è Shakespeare a renderne il significato universale, ben oltre il linguaggio. Quanto possono essere universali tanti altri esperimenti che tenti con altri linguaggi? Jiménez aveva previsto che dopo l'esplosione della supernova modernista tutti i frammenti avrebbero cominciato a riunirsi come nella formazione dell'universo. Tu sei sulla rotta grande sperimentatore.
Re: Commento
Sto collaborando con un musicista, attualmente, e questo è stato il risultato dell'ascolto prolungato di un suo pezzo strumentale. Nelle mie intenzioni ho addirittura sforato di mille battute, sai, anche perché spesso mi viene segnalato che le storie sono troppo lunghe. Io, questo penso sia un mio limite, faccio veramente fatica a sacrificare l'idea alle battute, e anche quando considero un'idea - come questa - semplice e particolarmente adatta alla brevità, mi viene risposto - come tu stesso ritieni - che la storia ha bisogno di respirare. E' un punto di vista assolutamente legittimo, infatti mi porta a riflettere su una cosa: quanto semplice dovrebbe essere un'idea perché un racconto non superi le 2800 battute? Io proprio non riesco a focalizzarlo mi servirebbe una mano.Fausto Scatoli ha scritto: 05/07/2019, 11:51 uhm, troppo compresso.
perbacco, la storia c'è tutta, ed è una storia d'amore fantascientifica, techno-punk, ma è talmente schiacciata in poco spazio che non riesce a dare il meglio di sé.
secondo me, ovviamente.
buona l'idea, buono lo sviluppo, ma una storia simile necessita di aria, bisogna farla respirare.
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Re: Commento
L'infodump è il male assoluto, per quel che mi riguarda, e te lo dico da ex "avvelenato" dal suddetto morbo. Eppure, ti dirò, c'è tutta una scuola di pensiero che invece sostiene che un buon racconto, sostanzialmente, altro non sia che infodump. Non ci avranno maiMarco Daniele ha scritto: 06/07/2019, 19:24 Racconto breve, ma assai più pregevole proprio nella sua brevità. La prosa usata è molto lirica, molto evocativa e nel contempo surrealistica. Mi è piaciuta soprattutto la gestione dell'elemento tecnologico: citi nomi di aggeggi e di tecnologie come se il lettore le conoscesse, senza scadere in quella brutta bestia che è l'infodump, creando il giusto senso di straniamento senza però generare confusione.
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Draper, la mia è una pura opinione personaleDraper ha scritto: 06/07/2019, 17:11 Sto collaborando con un musicista, attualmente, e questo è stato il risultato dell'ascolto prolungato di un suo pezzo strumentale. Nelle mie intenzioni ho addirittura sforato di mille battute, sai, anche perché spesso mi viene segnalato che le storie sono troppo lunghe. Io, questo penso sia un mio limite, faccio veramente fatica a sacrificare l'idea alle battute, e anche quando considero un'idea - come questa - semplice e particolarmente adatta alla brevità, mi viene risposto - come tu stesso ritieni - che la storia ha bisogno di respirare. E' un punto di vista assolutamente legittimo, infatti mi porta a riflettere su una cosa: quanto semplice dovrebbe essere un'idea perché un racconto non superi le 2800 battute? Io proprio non riesco a focalizzarlo mi servirebbe una mano.
io amo le storie più lunghe, e questo probabilmente influisce sui miei commenti
però apprezzo le brevi quando, sempre a mio parere, riescono a esprimere tutto il potenziale
nel tuo caso amplierei la storia, ma l'autore sei tu, quindi sta a te scegliere
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Re: Commento
Ma sì, il mio non era un rimprovero o altro, ma proprio una domanda ero curioso di capire come fareFausto Scatoli ha scritto: 06/07/2019, 20:54 Draper, la mia è una pura opinione personale
io amo le storie più lunghe, e questo probabilmente influisce sui miei commenti
però apprezzo le brevi quando, sempre a mio parere, riescono a esprimere tutto il potenziale
nel tuo caso amplierei la storia, ma l'autore sei tu, quindi sta a te scegliere
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Per il resto, molto ben confezionato, anzi un piccolo gioiello, perché provoca emozioni, evoca ricordi, va dritto all'obiettivo.
Tolta tutta quell'inutile elencazione di tecnologie mi ha ricordato le immagini sfarfallanti e in bianco e nero del mio vecchio Super Otto.
Bravo
Toglierei quell'help me dal titolo.
Re: Commento
Anonimali non è un refuso, ma una crasi. Anonimi+animali.Namio Intile ha scritto: 10/07/2019, 16:19 Domanda: anonimali è un refuso?
Per il resto, molto ben confezionato, anzi un piccolo gioiello, perché provoca emozioni, evoca ricordi, va dritto all'obiettivo.
Tolta tutta quell'inutile elencazione di tecnologie mi ha ricordato le immagini sfarfallanti e in bianco e nero del mio vecchio Super Otto.
Bravo
Toglierei quell'help me dal titolo.
Sull'eliminare "help me" dal titolo sono d'accordo, meno invece sulla tecnologia. Non è inutile, anzi, il fatto stesso che ti abbia suggerito le immagini sfarfallanti dei tuoi Super8 è la prova che non è un elemento superfluo ma funzionale al testo. Il mio intento era proprio quello, evocare nostalgia, specie a fronte di un presente (finzionale) che è contaminato ogni secondo dal passato. Serve a creare un senso di promiscuità temporale.
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"Da risacca, il moto della nostalgia si fa mareggiata."
In un prossimo racconto potresti dirci come finisce questa relazione?
Re: Commento
Sì, Gabriele, in realtà la vaporwave è più che un'ispirazione per questo racconto, anche se - nei fatti - è una specie di MacGuffin. Il punto centrale è proprio la relazione fra società, tecnologia e uomo, che ovviamente sta stretta in così poco, ma ho dovuto limare tutto perché riuscisse a entrarci. grazie per la lettura.Gabriele Ludovici ha scritto: 23/07/2019, 12:06 In un commento hai citato la vaporwave e in effetti leggendo il racconto ho pensato proprio a quelle atmosfere... mi piace lo stile, permette di entrare subito nel mondo che hai creato. La tensione tra i residui di umanità e una società sempre più ipertecnologica è un tema sempre interessante.
Re: Commento
E' una frase che sta particolarmente a cuore anche a me, ti ringrazio per averla apprezzata. Sull'ultima tua domanda non ho una risposta purtroppo, la mia intenzione era quella di fare una piccola trilogia sfruttando questi toni e quest'ambientazione, ma non so ancora se tenere le storie separate (entro la stessa cornice) oppure usare proprio Hako come fil rouge. Non faccio promesse che non posso mantenere, ma se dovesse tornare a galla questa relazione, all'interno delle storie, lo noterete subitoStefyp ha scritto: 29/07/2019, 16:42 Anche nel futuro più tecnologico, l'uomo avrà sempre le sue paturnie e questo è consolante. Ho apprezzato Il racconto come pure lo stile. La frase che mi è piaciuta di più?
"Da risacca, il moto della nostalgia si fa mareggiata."
In un prossimo racconto potresti dirci come finisce questa relazione?
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Non spingete quel bottone
antologia di racconti sull'ascensore
Hai mai pensato a cosa potrebbe accadere quando decidi di mettere piede in un ascensore? Hai immaginato per un attimo a un incontro fatale tra le fredde braccia della sua cabina? Hai temuto, per un solo istante, di rimanervi chiuso a causa di un imponderabile guasto? E se dietro a quel guasto ci fosse qualcosa o qualcuno?
Trentuno autori di questa antologia dedicata all\'ascensore, ideata e curata da Lorenzo Pompeo in collaborazione col sito BraviAutori.it, hanno provato a dare una risposta a queste domande.
A cura di Lorenzo Pompeo
Introduzione dell\'antropologo Vincenzo Bitti.
Illustrazioni interne di Furio Bomben e AA.VV.
Copertina di Roberta Guardascione.
Contiene opere di: Vincenzo Bitti, Luigi Dinardo, Beatrice Traversin, Paul Olden, Lodovico Ferrari, Maria Stella Rossi, Enrico Arlandini, Federico Pergolini, Emanuele Crocetti, Roberto Guarnieri, Andrea Leonelli, Tullio Aragona, Luigi Bonaro, Umberto Pasqui, Antonella Provenzano, Davide Manenti, Mara Bomben, Marco Montozzi, Stefano D'Angelo, Amos Manuel Laurent, Daniela Piccoli, Marco Vecchi, Claudio Lei, Luca Carmelo Carpita, Veronica Di Geronimo, Riccardo Sartori, Andrea Andolfatto, Armando d'Amaro, Concita Imperatrice, Severino Forini, Eliseo Palumbo, Diego Cocco, Roberta Eman.
Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
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Kriminal.e è una raccolta di testi gialli "evoluti", che contengono cioè elementi tecnologici legati all'elettronica moderna.
Copertina di Diego Capani.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Tullio Aragona, Nunzio Campanelli, Lorella Fanotti, Lodovico Ferrari, Emanuele Finardi, Concita Imperatrice, Angelo Manarola, Francesca Paolucci, Umberto Pasqui, Antonella Pighin, Alessandro Renna, Enrico Teodorani.
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