Come una favola
Come una favola
Occhi vispi, intelligenza vivace, procedeva nella vita guidata dalla sua curiosità. A 10 anni, alla testa di un gruppo di coetanei partiva per avventure nei campi vicino a casa, per tornare la sera impolverata e piena di graffi; poi, alla sera dopo il bagno, amava correre per casa senza vestiti addosso, saltando sul letto fino a sfinirsi.
Rivedendo le foto della sua infanzia nel letto d’ospedale, Anna non si capacitava di un destino così crudele. Perché era sopravvissuta all’impatto? Sarebbe stato meglio scomparire nel nulla, piuttosto che soffrire in quel modo, e vedere lo sguardo affranto dei suoi genitori, sentire le parole di incoraggiamento degli amici, che appena usciti dall’ospedale avrebbero ripreso la loro vita di sempre, dimentichi del suo dolore.
Per lei non c’era futuro, allora perché vivere? L’incidente in moto non era avvenuto per colpa sua, un'auto proveniente dal senso opposto di marcia aveva invaso la corsia durante un sorpasso, colpendola. Forse quella sera poteva rientrare prima o accettare il passaggio in auto che Marco le aveva proposto.
Una marea di forse ed un presente a 16 anni con un arto mancante. Le gravissime lesioni non avevano lasciato scelta ai medici: se la sentiva ancora la gamba sinistra, la pianta del piede mancante le prudeva in modo irresistibile. Odiava le stampelle, quando aveva provato a muovere i primi passi, era stata assalita da una rabbia incontenibile, aveva urlato lanciandole lontano mentre le lacrime le scendevano lungo il mento.
Inaspettatamente, una sera di fine estate avvertì una nuova sensazione: era bello essere ancora viva! Saranno stati il profumo dei fiori o le luci del tramonto, ma qualcosa in lei cedette e in quel momento decise che la sua vita era speciale e doveva essere vissuta intensamente.
Se l’amputazione era un urlo costante contro la crudeltà della vita, la protesi era la prova che combattere era possibile. Non solo camminare, lei voleva correre, e correre veloce come prima dell’incidente.
Ne parlò con i medici che la stavano curando: dapprima scettici, diventarono via via più ottimisti davanti alla sua rapida ripresa.
Qualcuno le parlò di Lorenzo, un coach adatto per lei. Il loro primo incontro fu impacciato: lui spaventato dalla nuova esperienza, lei desiderosa al massimo di piacergli. La prova con le diverse protesi fu uno scoglio difficile da superare, il dolore al moncone era insopportabile: fu in quel momento che Lorenzo accettò di seguirla, riconoscendo in lei una persona con la giusta grinta per raggiungere gli obiettivi.
La routine quotidiana di Anna era fatta di farmaci, fisioterapia e sport. La sua prima gara di corsa fu un sabato mattina nel cortile dell’ospedale, dove sfidò suo fratello e un’infermiera: non fu un successo, inciampò dopo qualche metro, ma seppe rialzarsi e terminare il giro mentre una piccola folla l’applaudiva.
Rientrata a casa decise di sfidare i limiti: terminare la scuola e diventare una vera atleta. Il suo istruttore le insegnò la tecnica, l’allenamento e la concentrazione e lei si impegnò a fondo. Sentiva che con l’allenamento il suo umore migliorava, stava crescendo: non poteva tornare a com’era prima dell’incidente, poteva solo essere diversa, anche migliore.
Trascorso un anno si trovò a gareggiare in un vero impianto di atletica e poi, ambiziosa e solare, riuscì a qualificarsi, vincita dopo vincita. I lunghi capelli raccolti, lo smalto colorato e un lieve trucco: le immagini sui giornali locali ritraevano il suo sorriso mentre stringeva la coppa o mostrava la medaglia appena vinta. Alle vittorie si alternarono gare disastrose che le insegnarono ad essere perseverante nei suoi sforzi.
- "Ho capito che dovevo impegnarmi di più e concentrarmi, come continuava a ripetere il mio allenatore”, dichiarò mesi dopo in un’intervista, con a fianco il suo coach Lorenzo che annuiva sorridendo.
Al primo raduno della Nazionale Italiana era felice, pronta a mettercela tutta, come le altre atlete con cui si confrontava. Mancava poco alle Paralimpiadi: ce la poteva fare!
- “Dai Anna, vai, vai! - le urlavano dagli spalti, e lei con tenacia accumulava trofei che l’avrebbero portata a gareggiare ai massimi livelli.
Nonostante tanta dedizione e sacrificio non mancarono i momenti di sfiducia e di delusione cocente: la fatica era insopportabile, le ulcere al moncone la tormentavano, l’impegno fisico e mentale richiesti la schiacciavano, ma il sostegno e la vicinanza delle persone e l’affetto dei genitori le testimoniavano che le sue non erano solo illusioni. Lei era forte, forte, forte!
L’emozione la travolse nel leggere la mail ufficiale del Comitato Paralimpico: si complimentavano con lei per i suoi risultati e la convocavano a partecipare ai Giochi.
Furono le amiche ad accompagnarla all’aeroporto: strillando di gioia si sbracciarono per salutarla fino a che non si imbarcò diretta oltreoceano per affrontare le più famose atlete a livello mondiale.
Era ancora molto giovane e si impegnò con tutta sé stessa nelle eliminatorie.
- “Corri, Anna, corri!”, il grido della folla la accompagnò durante tutte le sue prove nell’arena.
Contrariamente ai pronostici, si ritrovò a superare molte concorrenti: non sperava in un podio, ma si trovò ad affrontare la gara più importante.
Era la finale, volava leggera sulla pista, non esistevano più una gamba sana e una amputata, lei prendeva velocità con tutto il corpo, respirava e diventava aria proiettata verso la meta.
Arrivata al traguardo si lasciò cadere, sfinita: alzando gli occhi incredula lesse il suo nome sul tabellone, era il primo! Scoppiò a ridere, e la risata la portò alle lacrime, e le lacrime trascinarono altre lacrime. Rideva e piangeva ancora quando Lorenzo andò ad abbracciarla, la sua gioia coinvolse il pubblico nello stadio e venne ripresa sugli schermi di tutto il mondo quando sul podio le infilarono al collo la medaglia d’oro. Era piena di orgoglio, il suo cuore esultava: neanche ventenne, con la sua tenacia aveva trasformato la dura realtà in una favola a lieto fine.
Racconto dedicato ad Ambra Sabatini, a cui va tutta la mia ammirazione.
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Commento Come una favola
presente a 16 anni con un arto --- meglio… sedici anni
insegnarono ad essere --- meglio… insegnarono a essere
Non è un racconto di narrativa classica ma piuttosto una cronaca giornalistica, ben scritta e con il giusto ritmo. Il lieto fine è nell'aria fin dall'inizio, ma non guasta, anzi. Un po' di sano ottimismo è necessario in questi tempi tribolati, non trovi?
Re: Come una favola
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Re: Come una favola
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e una storia di perseveranza e fiducia in se stessi.
non è scritto benissimo, molte frasi potrebbero venire migliorate e acquisterebbero parecchio, però il senso del racconto è bello e dona un po' di ottimismo, che non guasta mai.
lettura gradevole, comunque.
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Gli italiani adorano le agiografie, sin dal Medioevo, e anche oggi, in questa moderna età di mezzo, la nostra televisione sembra non saper produrre e proporre altro, laiche o religiose che siano. Ovunque magnifici esempi di comportamento e abnegazione o d'inventiva e genialità. Un'agiografia, purtroppo la tua (e pertanto scontato il finale sin dalle prime battute), e non un'agiologia, che forse avrei più gradito.
Il nome del santo, d'altra parte, l'hai rivelato tu con un poscritto al racconto, da solo non ci sarei mai arrivato. Non hai voluto lasciare nulla all'immaginazione, o al caso: tratto da una storia vera, potresti aggiungere al finale.
Quanto alla forma, non ho appunti rilevanti da farti e non li faccio. Il testo è espresso in un buon italiano ed è corretto l'uso dei tempi verbali. Quindi brava.
Per lo stile hai optato la scarna, e fredda, cronaca giornalistica, priva di dialoghi, senza personaggi a parte la solitaria protagonista in grado di superare belluinamente, disvelati scoramento e dubbi, qualsivoglia difficoltà. Dando per scontata la compartecipazione emotiva forse perché sufficiente l'ectesìa dell'invalidità per convertire ogni scetticismo in una magnifica epiclesi. Le acclamazioni del pubblico festante nel finale accompagnano, come una involontaria ecolalia, le catartiche gesta della santa eroina.
Purtroppo nessuna soterìa fa capolino dall'analisi del racconto, né la cronaca è riuscita a elicitare un qualsiasi coinvolgimento.
A rileggerti
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Re: Come una favola
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Mi è mancata un po' l'introspezione, mi hai fatto vivere la cronaca più che degli stati emozionali, ma è questione di "pesi" piuttosto che di contenuti, quindi una valutazione molto soggettiva. Brava!
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Re: Commento
grazie Marino, sono contenta che il racconto ti sia piaciuto. Forse non ti sei accorto ma hai scritto un commento con meno di 200 battute, così il tuo voto non è valido....potresti per favore riscriverlo?Marino Maiorino ha scritto: 10/01/2022, 18:15 Nulla da dire, scritto davvero bene!
Mi è mancata un po' l'introspezione, ho vissuto più la cronaca, ma è questione di "pesi" piuttosto che di contenuti, quindi una valutazione molto soggettiva. Brava!
Re: Commento
grazie Andr60, sono contenta che il racconto ti sia piaciuto. Forse non ti sei accorto ma hai scritto un commento con meno di 200 battute, così il tuo voto non è valido....potresti per favore riscriverlo?Andr60 ha scritto: 01/01/2022, 21:07 Una storia che si legge come una favola, anche se sappiamo che alcune favole, per fortuna, si realizzano davvero. E che sia di buon augurio per tutti, per un anno migliore di quello appena trascorso.
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Re: Commento
Ahia, cavolo, non avevo fatto caso a questo meccanismo, che ora mi fa riconsiderare alcune cose scritte in passato!ElianaF ha scritto: 21/01/2022, 17:44 grazie Marino, sono contenta che il racconto ti sia piaciuto. Forse non ti sei accorto ma hai scritto un commento con meno di 200 battute, così il tuo voto non è valido....potresti per favore riscriverlo?
Mi spiego: se c'è qualcosa che mi piace così com'è, perché dovrei dilungarmi più di tanto?
Grazie per avermi fatto suonare l'allarme, corro subito ai ripari!
E quante scuse dovrò!!!
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Re: Come una favola
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Re: Come una favola
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Grazie Domenico per il tuo commento, ho scelto volutamente un tono giornalistico, volevo raccontare i fatti in modo lineare come avviene nelle favole.Domenico Gigante ha scritto: 26/01/2022, 14:38 Cara Eliana, ti ringrazio per il tuo bel racconto. Ho dato come voto un "si lascia leggere", perché - come altri - l'ho trovato molto scorrevole nella lettura, ma un po' "giornalistico" e poco racconto. Forse un po' più di approfondimento psicologico non guastava. Mi ha molto colpito, invece, l'evidente familiarità che hai con le problematiche fisiche che causano le protesi e le difficoltà che incontra un paratleta. Mi incuriosisce sapere da cosa ti derivano. Qual è la tua storia.
Non ho mai conosciuto un atleta paralimpico, diciamo che ho studiato per scrivere il racconto.
Re: Come una favola
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Bello il tema, una storia di riscatto e di volontà, il messaggio è forte, chiaro e condivisibile.
C’è poco racconto e molta buona prosa giornalistica.
Leggendo “Paralimpico” mi è venuta una curiosità: ricordo che un tempo si diceva “Paraolimpico” e “Paraolimpiadi”, così ho fatto una breve ricerca e ho scoperto che la forma attuale, la più diffusa e usata anche nelle comunicazioni ufficiali, deriva dall’inglese “Paralympic”; a mio avviso era meglio mantenere il termine originale, non intendo nel tuo racconto, ma in assoluto.
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"La spina infinita" è stato scritto quasi vent'anni fa, quando svolgevo il mio servizio militare obbligatorio, la cosiddetta "naja". In origine era una raccolta di lettere, poi pian piano ho integrato il tutto cercando di dare un senso all'intera opera. Quasi tutto il racconto analizza il servizio di leva, e si chiude con una riflessione, aggiunta recentemente, che riconsidera il tema trattato da un punto di vista più realistico e maturo.
Di Mario Stallone
A cura di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.