Artù e Lancillotto
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Artù e Lancillotto
Dopo aver perso il conto delle giornate passate senza riuscire a ingurgitare nemmeno un tozzo di pane, stanotte una famiglia russa ci ha offerto qualche patata arrosto da mangiare e persino una stanza dove riposare. All’alba abbiamo ripreso la marcia verso est, con l’obiettivo di uscire dalla sacca in cui ci hanno rinchiuso i russi. Nonostante le terribili privazioni a cui ci costringe questa maledetta guerra, mi sento così di buon umore che ho persino voglia di parlare e di scherzare.
“Pietro, le ultime settimane sono state a tal punto… intense, che non siamo più riusciti a terminare la discussione che avevamo iniziato a dicembre a Builowka.”
Il capitano mi guarda in modo strano, sembra che stia cercando di ricordare l’oggetto del dibattito, "Ah sì, ora rammento…” Il suo volto si contrae in quella che pare un’espressione di compatimento. “Edoardo, è davvero dura estirpare in te certe assurde e vuote convinzioni. Mi hai citato alcuni personaggi del passato che sarebbero, a tuo dire, dei paladini della libertà…” Nel proferire tali parole, alza in modo teatrale le braccia al cielo. “… prodi di valore e di purezza d’animo senza pari, uomini che giammai si sono piegati alle avversità della vita e che, al contrario, hanno plasmato a loro piacimento il destino dell’umanità! Vediamo un po’, se ricordo bene, l’ultimo valoroso di cui stavamo parlando era Riccardo Cuor di Leone.” La parola ‘valoroso’, come se con la sua pantomima non mi avesse già dileggiato abbastanza, viene pronunciata con particolare enfasi. Pietro, sempre caustico nei suoi commenti, non cambierà mai.
“Sì, ma quando siamo stati interrotti dall’ennesimo attacco aereo russo, avevi già provveduto a demolirne la figura. Non ho bisogno di sorbirmi la litania per una seconda volta. E dire che, considerando il suo rapporto di odio – amore con il padre Enrico II, credevo ti stesse simpatico… Proviamo con un altro, che ne dici di Spartaco? Di certo sei ferrato sull’argomento, pertanto non mi dilungherò nei dettagli storici. Pastore tracio della tribù dei Maidi, prestò servizio nell’esercito romano, per poi disertare e darsi alla macchia. In seguito, fu fatto schiavo e destinato a combattere come gladiatore. Esasperato dalle condizioni disumane in cui versava, fuggì con un manipolo di schiavi, diventando il promotore prima e l’indiscusso capo poi di una rivolta che, per alcuni anni, mise Roma a dura prova, fino alla battaglia decisiva nei pressi del fiume Sele, in Lucania, dove fu trucidato da, si racconta, un numero soverchiante di legionari. Molti autori concordano nel giudicarlo un ottimo stratega, dotato di notevole forza fisica e coraggio, oltre che di carisma e d’intelligenza non comuni… Chiaro, questa è la versione della storiografia tradizionale, che probabilmente a tuo giudizio è poco attendibile, se non volutamente falsata.”
“No, ti sbagli. Premesso che, in ambito storico, le verità oggettive non esistono, ad eccezione forse di quelle fattuali e comprovate, ritengo che quanto mi hai esposto sia una ricostruzione abbastanza verosimile della saga dello schiavo ribelle.”
Accolgo con sospetto il termine saga, in aperto contrasto con il tono generale delle sue parole. Come spesso accade, non riesco a cogliere fino in fondo i messaggi che Pietro vuole trasmettermi. “E quindi? Mi stai dicendo che, almeno per Spartaco, ciò che penso di lui non è l’opinione di un ingenuo, di un esaltato che si fa abbindolare da tutto ciò che, in qualche maniera, gli conferma le idee bacate che ha in testa?”
Vedo le sue labbra incresparsi in una smorfia di compiacimento, ho come l’impressione che si stia sforzando di trattenere una risata. “Non spostare il centro del discorso, stiamo parlando di Spartaco, non di te… Torniamo all’epopea del gladiatore tracio e concentriamoci per il momento sui fatti storici. Come mi raccontavi, era un soldato che aveva disertato e che era stato poi catturato e condannato a combattere nelle arene romane. Ci sono prove di ciò? No, assolutamente no. Ma supponiamo pure che sia stato un legionario, cosa tutta da dimostrare. Non essendo romano, non avrebbe avuto accesso ai gradi superiori dell’esercito, e quindi sarebbe potuto diventare al massimo un ufficiale subalterno. Quindi, da dove nasceva la sua grande abilità strategica e tattica? È come se qua in Russia, tutto d’un tratto, un sottotenente fosse in grado di stabilire i piani di attacco e di difesa dell’intera Armir. Una capacità innata? Mah… I gladiatori, poi, espertissimi nel combattimento individuale, non avevano la preparazione necessaria per affrontare una battaglia campale. Dotati di armi quali reti, tridenti, spade spesso più lunghe del gladio e come tali inefficaci negli scontri ravvicinati, cosa avrebbero potuto fare contro i fanti pesanti delle legioni romane? Scusa, quando ho giudicato verosimile la ricostruzione che hai fatto prima, sono stato un po’ troppo generoso, oltre che frettoloso. Certo, magari è andata proprio così. O forse no. Chi lo sa? In fin dei conti penso che conoscere la verità non sia nemmeno così importante.”
“Va bene, si tratta di dettagli secondari ai fini della nostra analisi. Ma non potrai negare che Spartaco si sia battuto fino alla morte per i diritti degli oppressi, che volesse a tutti costi estirpare la schiavitù dal mondo di allora”.
“Edoardo, Spartaco, così come gli altri schiavi del suo tempo, molto più prosaicamente si batteva solo per la propria, di libertà. Il gladiatore ribelle voleva tornare in Tracia da uomo libero e vendicarsi delle angherie subite dai romani, non certo riportare la giustizia sulla terra. E peccato che spesso venga taciuto che, per realizzare i suoi fini personali, abbia sottoposto la Campania e la Lucania a ogni tipo di violenza, stupro, massacro. E poi, ciliegina sulla torta, il suo è stato definito da alcuni intellettuali, in totale malafede, come ‘il primo caso esemplare di lotta di classe nell’antichità’… Qua in terra di Russia Spartaco è considerato un eroe leggendario, sai? Molto più che nel resto dell’Europa e del mondo. Già, lui, il protocomunista per eccellenza… Io, più che del comunismo, anche per la sua collocazione geografica, oltre a quella temporale, lo reputerei invece un antesignano di quei briganti che, dopo l’unità d’Italia, misero a ferro e fuoco il nostro meridione.”
Tiro un profondo sospiro. Vorrei controbattere, ma so che sarebbe del tutto inutile. “Cambiamo soggetto, vediamo se hai qualcosa da ridire pure su Carlo Magno… Non solo i suoi successi in campo politico e religioso sono inoppugnabili ma, alla fine del XII secolo, fu addirittura canonizzato dall’antipapa Pasquale III…”
“…Peraltro, più per ripicca nei confronti del legittimo pontefice che per presunti meriti terreni. La sua canonizzazione creò infatti un certo imbarazzo in ambito cristiano, data la sua vita privata non esattamente irreprensibile e la brutalità delle sue campagne militari, e fu dichiarata nulla dal concilio lateranense. Anche in questo caso, in realtà, più per spregio della Chiesa scissionista che per altro.”
“Sì, ma poi fu confermata da papa Gregorio IX.”
“Vero, misteri della fede… Comunque, su una cosa concordo con te, i suoi successi politici e militari sono innegabili. Dopo Alessandro il Macedone, a cui, non a caso, è accomunato dall’epiteto Magno, è stato probabilmente il più grande conquistatore di sempre. Tanto che, nei secoli successivi, fu un susseguirsi di scontri tra fazioni che se ne disputarono l’eredità morale. Per lungo tempo, nel corso del medioevo, fu considerato un santo e un eroe tedesco mentre, a partire dal dodicesimo secolo, fu il turno della dinastia capetingia a volere la propria parte di gloria, facendo di tutto per francesizzarne la figura…”
Un sobbalzo della slitta, dovuto verosimilmente a un dosso, mi riporta d’improvviso alla tragica realtà che stiamo vivendo. Intorno a me una massa di sbandati, soldati italiani, rumeni, ungheresi e tedeschi non più in grado di combattere, si trascina faticosamente nella neve. Le speranze di salvarci sono ormai ridotte al lumicino, siamo pecore smarrite in una steppa infestata da lupi feroci… L’unico appiglio che mi rimane sei tu Pietro, la tua calda voce dona sollievo al mio cuore.
“…Ai tempi delle crociate fu eletto patrono della lotta contro l’Islam. Nelle successive lotte tra potere temporale e spirituale, Federico II rimarcava che Carlo Magno aveva sottomesso al suo volere il papa, laddove Innocenzo III puntualizzava che era stata la Chiesa a proclamarlo imperatore. In sintesi, Carlo Magno costituiva un archetipo sia per i guelfi che per i ghibellini… Qualche fantasioso autore fiorentino del XV secolo gli attribuì persino il ruolo di ‘liberatore dell’Italia’, alludendo al fatto che avrebbe distrutto la monarchia longobarda. Un sillogismo alquanto estroso… In seguito, fu considerato un precursore dell’Umanesimo e del Rinascimento. Nel XVII secolo funse da ispiratore della monarchia assoluta ma poi, alla vigilia della Rivoluzione francese, divenne un modello per riformatori e fisiocratici. Per fartela breve, Edoardo, praticamente da sempre tutti i partiti, repubblicani e monarchici, cattolici e laici, i fautori dello stato di diritto e delle dittature, così come quelli dell’illuminismo e della censura religiosa, reclamano il loro Carlo Magno. Senza dubbio, in assoluto la figura più universale che la storia ricordi…”
“Quanto sei cinico, Pietro. Anch’io non credo a tutto ciò che leggo nei libri o nei giornali, o che ascolto alla radio, così come sono ben consapevole di come le ricostruzioni delle vicende passate siano infarcite di manipolazioni e di strumentalizzazioni di ogni genere, quando non si tratta di mistificazioni vere e proprie. Però mi piace credere che siano esistiti degli eroi senza macchia, dei novelli Don Chisciotte capaci di caricarsi sulle spalle il resto dell’umanità e di salvarla dalla mediocrità a cui sembra essere da sempre predestinata…”
Pietro mi guarda con una strana espressione stampata in viso, come se fosse rimasto folgorato sulla via di Damasco… “Edoardo, ti ringrazio, d’un tratto comprendo fino in fondo il senso dei tuoi discorsi! Sì, Spartaco, Carlo Magno, ora che mi ci fai pensare… Il terzo Reich è così chiamato in relazione al secondo Reich del Kaiser Guglielmo II e soprattutto al primo Reich del figlio di Pipino il Breve. No, la guerra che stiamo combattendo non è semplicemente lo scontro di due ideologie contrapposte, nazismo e comunismo. Così come non è nemmeno la lotta di due popoli per la supremazia nel mondo. No, affonda le radici molto più lontano, agli albori della storia umana!”
Tira le briglie al mulo che traina la slitta, il docile animale rallenta l’andatura e infine si ferma. Alcuni soldati ungheresi ci scansano, borbottando qualcosa, probabilmente delle imprecazioni. Batte il tacco, braccio destro teso in avanti, quasi ci fosse di fronte a lui un imperatore romano. “Ave Cesare, porteremo la civiltà tra i popoli barbari, inferiori a noi nelle leggi, nei costumi, nell’arte e nel combattimento. Questi rozzi esseri balbuzienti, Staliniani-Spartachisti che infangano il nome delle nostre SS, le Schutz-Staffeln! Alla guerra seguirà la pace, che sarà caratterizzata da un nuovo ordine internazionale, e le città di Roma e Berlino finalmente torneranno a rivestire il ruolo che meritano, quello di centro dell’universo!” Scoppia in una risata, mentre con una mano dà una pacca sul deretano del mulo, che riprende la marcia.
“Pietro, dimmi la verità, sotto la tua scorza di uomo duro e puro, deluso dalla vita e dagli esseri umani, che crede che le imprese degli antichi condottieri siano solo polvere negli occhi, c’è la speranza di ritrovare, anche se soltanto per pochi istanti, l’animo di un sognatore? Dimmi, per favore, che c’è almeno un personaggio del passato per cui provi un’ammirazione sviscerata, che ti fa vibrare di fiero orgoglio quando pensi a lui. Perché, se così non fosse, saresti davvero irrecuperabile…”
Il viso di Pietro torna serio. “Edoardo, certo che c’è un uomo che stimo con tutto me stesso, un eroe le cui gesta dovrebbero avere un’eco eterna nei libri di storia.”
“Caspita, questa proprio non me l’aspettavo. Non credo alle mie orecchie. E chi sarebbe codesto deus ex machina? Considerando la disillusione che mediamente ti contraddistingue, deve trattarsi di un individuo dalle qualità a dir poco eccezionali. Ovviamente non vale rispondere che ti stai riferendo a tuo padre.”
“Anzi, Edoardo, ti darò non uno, ma ben due nomi, stavolta voglio proprio stupirti. E no, non sto parlando di mio padre, anche se ci tengo a precisare che, in buona parte, è grazie a lui se stimo così profondamente questi due cavalieri erranti, che considero senza riserve miei maestri di vita.
“E allora forza, illuminami, non sto più nella pelle…”
“Squillino le trombe e rullino i tamburi, i due superuomini sono rispettivamente… Artù e Ancillotto!”
Rimango esterrefatto, tutto mi sarei aspettato, tranne due personalità al confine tra mito e realtà… Non riesco a trattenere le risate: “Ahahah, Pietro, chi l’avrebbe detto! Per carità, c’è chi sostiene che re Artù sia stato un sovrano romano - britannico che avrebbe combattuto contro gli invasori anglo-sassoni agli inizi del VI secolo, però la maggior parte degli studiosi contemporanei sono alquanto scettici in merito alla storicità della sua figura. Immagino che tuo padre, che fu non solo un ardito ufficiale dell’esercito regio, ma anche un prolifico autore di biografie di personaggi famosi, abbia scritto un libro su di lui, e che tu sia rimasto folgorato dalle vicende di quest’uomo straordinario. Peccato però che si tratti di poco di più di una leggenda, per non parlare di Lancillotto, il più celebre tra i guerrieri al suo servizio…”
“Edoardo, che accidenti stai farfugliando?”
“Cosa sto farfugliando io? Sei tu che hai tirato fuori il mito dei cavalieri della Tavola Rotonda.”
“Se mi avessi ascoltato con più attenzione, avresti evitato di giungere a delle deduzioni così sconclusionate. Io mi riferivo innanzitutto ad Arturo Toscanini, a cui Gabriele d’Annunzio diede il soprannome di Artù… Sicuramente conosci il popolare direttore d’orchestra, ma forse non sai che è stato un fervente ed eroico patriota. Nel corso della prima guerra mondiale, si esibì in una serie di concerti di propaganda e di beneficenza per allietare gli animi dei combattenti. Toscanini non è solo un artista impareggiabile, capace di direzioni d’orchestra memorabili, ma anche un uomo coraggioso, carismatico, che si è sempre comportato in modo coerente con le proprie idee. Dal temperamento tempestoso, è stato spesso considerato un ribelle, ma in realtà tale aspetto del suo carattere riflette semplicemente la sua personale concezione della vita: una cosa per lui è bianca o nera, non esistono le sfumature grigie… Così all’inizio fu un acceso sostenitore del fascismo, per poi diventarne un irriducibile avversario quando il regime prese una piega che lui evidentemente non condivideva. Nel 1926 rispose un secco no a Mussolini che lo aveva convocato a Roma per eseguire ‘Giovinezza’... Ah, quanto ammiro coloro che non si piegano alle scelte di comodo, e ciò a prescindere dalla parte per cui sono schierati... È vero, conosco bene le vicende di Artù grazie a mio padre, che partecipò, da spettatore ovviamente, al celeberrimo concerto da lui diretto sul Monte Santo il 26 agosto 1917. Durante quei giorni di fine estate ebbe l’occasione di fraternizzare con il talentuoso artista. Mio padre mi parlò spesso di lui, esaltandolo come persona e come patriota. Un uomo che allo scoppio della guerra non aveva esitato a tornare dagli Stati Uniti per mettersi a disposizione della madrepatria. E se il suo dovere consisteva nel dirigere una banda a pochi metri dalle trincee austriache, beh, lui di certo non si tirava indietro. Edoardo, si può essere un eroe senza necessariamente impugnare un fucile o una spada. E prima non ho pronunciato il nome Lancillotto, bensì Ancillotto… Giovanni Ancillotto, formidabile asso dell’aviazione militare italiana!” Pietro accompagna l’affermazione con un eloquente gesto delle mani.
“A soli 21 anni Nane, così si faceva chiamare dagli amici, era già un pilota provetto e, nel novembre del 1917, quando fu trasferito alla 77ma squadriglia, divenne un intrepido cacciatore di Drachen, i palloni frenati austro-ungarici. Ci voleva del gran fegato per abbatterli, perché i palloni da osservazione erano fortemente difesi dalla contraerea. Pensa che a Rustignè d’Oderzo ne attaccò uno con una tale veemenza, da attraversarlo dopo averlo incendiato e uscendo dalla nuvola d’idrogeno miracolosamente indenne, con i brandelli dell’aerostato ancora attaccati al velivolo. Mio padre osservò la scena dal basso di una trincea, rimanendo a bocca aperta. Non puoi immaginare quante volte e con quale trasporto mi abbia narrato tale aneddoto. Per questa azione D’Annunzio lo soprannominò ‘ala incombusta’. Nel corso della Grande Guerra, collezionò ben 11 vittorie, entrando così nel novero dei 10 migliori assi italiani. Nel 1924 purtroppo perì in seguito a un incidente stradale.” Per un attimo mi sembra di scorgere un velo di tristezza sul viso di Pietro. “E sì, ho conosciuto questi due uomini dalla personalità trascinante grazie a mio padre, ma stavolta non si trattava, come nel caso delle tante biografie da lui scritte, di vuote agiografie, bensì di tragici episodi di vita vissuta…”
Tutto ad un tratto Pietro s’interrompe, ferma la slitta, lo sguardo puntato verso l’orizzonte. “Siamo arrivati alla resa dei conti”, mormora con tono grave. Davanti a noi, a qualche chilometro di distanza, si stagliano due colline rotondeggianti poste a semicerchio intorno a un grosso abitato. In mezzo alle due alture, in posizione trasversale rispetto al nostro cammino di marcia, non si può non notare un profondo avvallamento. Proprio lì, in corrispondenza del sottopassaggio ferroviario, gli alpini si stanno immolando a centinaia nel tentativo di aprire una breccia nella sacca. In corrispondenza dello snodo ferroviario ai piedi delle colline, i pochi reparti ancora in grado di combattere lanciano gli ultimi disperati assalti al nemico, che purtroppo riesce a rintuzzare ogni tentativo di aprire una breccia, respingendoci inesorabilmente indietro. Rimaniamo così, immobili e ammutoliti, ad assistere a quel sinistro spettacolo, in attesa che si compia il nostro destino.
Dopo alcune ore di scontri raccapriccianti, le sorti della battaglia sembrano ormai decise: non riusciremo a sfondare, i sacrifici fatti finora sono stati illusori, vani, inutili… All’improvviso un semovente tedesco si fa largo tra la folla, sulla torretta il generale Reverberi grida “Avanti Tridentina! Avanti! Di là c’è l’Italia…”, solo per una fortunata coincidenza la mia slitta non ne viene travolta.
“Allora, Edoardo, forza, deciditi!”
“Cosa intendi?” Pietro è sempre al mio fianco.
“Scegliti, come ho fatto io, un eroe in carne e ossa. Ne sei circondato, non hai che l’imbarazzo della scelta…”
Mi guardo intorno: alle urla dell’alto ufficiale, i nostri paiono rianimarsi. Gruppi di soldati ci superano di corsa a destra e sinistra, sono quel che rimane dei battaglioni Edolo, Vestone, Tirano e Val Chiese. Mentre il loro generale li chiama a raccolta, gesticolando furiosamente, serrano le fila e si portano in cima alla colonna, trascinandosi dietro le poche armi individuali e collettive rimaste efficienti.
Mi volto verso Pietro per rispondere alla sua domanda, ma lui non c’è più. Un presentimento mi fa rabbrividire. Lo cerco con lo sguardo, angosciato. Eccolo là, è a una ventina di metri di distanza da me, si muove velocemente in direzione della stazione ferroviaria.
“Pietro, maledizione a te, torna qua!” Nella concitazione del momento cado a terra, ancora non riesco a muovere le gambe, mi trascino con le braccia per qualche metro, ma subito sento le forze che mi vengono a mancare. “Sei uno sporco bugiardo, uno spergiuro!” Quando, alcune settimane fa, sono crollato esausto nella neve, mentre un principio di congelamento mi stava lentamente paralizzando le gambe, mi hai caricato di peso su una slitta. Io, in preda al più totale sconforto, ti supplicavo di abbandonarmi al mio destino, dicendoti che ormai non c’era più speranza per me, ma mi hai prima dato un sonoro ceffone, poi mi hai abbracciato, promettendo che ci avresti pensato tu a riportarmi sano e salvo in Italia… Sbatto un pugno sul terreno ghiacciato, sento una fitta arrivare fino alla spalla. “Pietro, torna qua, volevo chiederti cosa ne pensi di William Wallace, hai capito di chi parlo, no? Un campione di virtù che ha dedicato tutta la sua vita a lottare per l’indipendenza della sua amata Scozia dal giogo della corona inglese, fino a quando fu catturato e atrocemente giustiziato. E poi di El Cid, Scanderberg, Giovanna D’Arco, Lawrence d’Arabia…” Mi concentro per trovare qualche altro personaggio di cui Pietro non potrà confutare il valore. “Ma certo, come ho fatto a dimenticarmi di lui, Garibaldi! Pietro, voglio proprio vedere se hai la lingua così lunga da bistrattare anche l’eroe dei due mondi…” Scuoto la testa. Che ingenuo che sono, ovvio che sì, ne passeresti al setaccio le vicende di cui è stato protagonista, fino a far emergere quelle più controverse, mi par di sentire la tua voce… ‘E i fatti di Bronte? Ci stendiamo sopra un velo pietoso, come ha fatto la maggior parte dei nostri connazionali?’
Lo vedo unirsi a un gruppo di alpini e, sotto i colpi dei mortai russi, a fucile imbracciato, correre verso il tunnel ferroviario. Non riesco più a trattenere le lacrime, che copiose mi rigano le guance del viso. “Pietro, ho un’ultima cosa da dirti, ascoltami ti prego, ho fatto la mia scelta. Hai capito? Ho fatto la mia scelta!” Urlo più forte che posso. Ma è fiato sprecato: le mie parole si perdono nel frastuono che riecheggia, insopportabile e incessante, nei cieli sopra Nikolajewka.
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Ma anche qui a mio avviso eccedi e accosti due erosimi differenti: l' eroismo di Ancillotto e di Carlo Magno viaggiano su piani differenti, come quello di Reverberi e del secondo Garibaldi, quello dei Mille, Un conto è l'eroismo sul terreno, un conto il calcolo strategico di re e leader politici. Ci vuole coraggio per entrambi, ma un coraggio diverso, in contesti diversi seppure simili.
Ho apprezzato le note su Carlo Magno, il padre dell'Europa moderna, e quelle sui fatti di Bronte. Misconosciuti i fatti di Bronte, scrissi tempo fa una recensione alla pellicola omonima su soggetto di Sciascia. Deve essere su BA da qualche parte nella sezione cinema.
Più che Garibaldi fu la figura di Bixio a mostrarsi per quel che era. E pensare che ogni città d'Italia ha una via intitolata a lui.
Ritorno al racconto. L'intreccio tra la storia di Edoardo e Pietro e la linea che tracci con il loro dialogo a mio avviso indebolisce entrambi, li rende meno forti e non il contrario. Pare inverosimile nelle circostanze e troppo metaforico a un tempo il racconto principale ed eccessivamente didattico quella sorta di metaracconto, il dialogo, che poi è un dialogo mascherato perché è una sorta di lungo monologo o excursus storico.
Pregevole l'intento dunque, forse meno l'efficacia.
Dal punto di vista formale di segnalo solo quell'avevo perso iniziale. Dato che tutto il racconto è poi al presente potresti cambiarlo con un dopo aver perso.
Mi permetto di segnalarti la storia di Euno nella prima guerra servile, che si svolse per intero in Sicilia. La storia di una ribellione che si trasformò nel tentativo della Sicilia di sottrarsi al giogo di Roma e dopo tanti scontri vinti si concluse con la battaglia di Enna in cui morirono oltre ventimila siciliani e la rivolta venne schiacciata nel sangue. La prima di innumerevoli altre. Da quel momento la Sicilia scomparve dai radar della storia per tornarvi quasi mille anni dopo.
Singolare che si ricordi sempre Spartaco e mai Euno.
Enna lo celebra con un bronzo proprio all'ingresso del Castello di Lombardia, la vecchia rocca di Cerere. Il resto d'Italia non sa chi sia.
Un ottimo racconto, sempre bello leggerti.
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Vero anche che Carlo Magno ha ispirato molta gente non sempre raccomandabile, come le Waffen SS francesi: ma si sa, è il destino degli eroi...
Leggo sempre con piacere i racconti storici di Messedaglia, e anche i commenti di Namio (lo confesso, Euno mi era ignoto).
Però, caro Namio, ti posso assicurare che le vie non sono intitolate a Bixio, bensì a Biperio
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Re: Commento
Buongiorno Namio,Namio Intile ha scritto: 25/07/2022, 11:15 Ciao, Messedaglia. Un bel racconto forse troppo ambizioso nell'impianto. Mi spiego: l'ambientazione è quella della battaglia di Nikolae'vka o come tu la scrivi. Siamo a gennaio del 1943 e il Corpo d'Armata Alpino tenta di spezzare la sacca in cui si è venuto a trovare dopo il crollo del fronte del Don. Moriranno a migliaia nel tentativo, di oltre 60000 ne torneranno a casa diecimila o poco più. Il generale Reverberi compirà il miracolo e con l'unico tank rimasto spronerà migliaia di uomini a resistere e combattere per poter tornare a casa. Medaglia d'oro al valor militare. I fatti sono stati anche raccontati da Rigoni Stern nel Sergente della Neve. Ambizioso perché già ce n'era abbastanza per scrivere una storia in un racconto tutto sommato breve. Ma tu hai voluto trattare l'eroico slancio di quei cinque battaglioni alpini accompagnandolo, e accostandolo, nel dialogo tra i due ufficiali protagonisti, agli identici slanci delle figure eroiche del passato, a cominciare da Spartaco.
Ma anche qui a mio avviso eccedi e accosti due erosimi differenti: l' eroismo di Ancillotto e di Carlo Magno viaggiano su piani differenti, come quello di Reverberi e del secondo Garibaldi, quello dei Mille, Un conto è l'eroismo sul terreno, un conto il calcolo strategico di re e leader politici. Ci vuole coraggio per entrambi, ma un coraggio diverso, in contesti diversi seppure simili.
Ho apprezzato le note su Carlo Magno, il padre dell'Europa moderna, e quelle sui fatti di Bronte. Misconosciuti i fatti di Bronte, scrissi tempo fa una recensione alla pellicola omonima su soggetto di Sciascia. Deve essere su BA da qualche parte nella sezione cinema.
Più che Garibaldi fu la figura di Bixio a mostrarsi per quel che era. E pensare che ogni città d'Italia ha una via intitolata a lui.
Ritorno al racconto. L'intreccio tra la storia di Edoardo e Pietro e la linea che tracci con il loro dialogo a mio avviso indebolisce entrambi, li rende meno forti e non il contrario. Pare inverosimile nelle circostanze e troppo metaforico a un tempo il racconto principale ed eccessivamente didattico quella sorta di metaracconto, il dialogo, che poi è un dialogo mascherato perché è una sorta di lungo monologo o excursus storico.
Pregevole l'intento dunque, forse meno l'efficacia.
Dal punto di vista formale di segnalo solo quell'avevo perso iniziale. Dato che tutto il racconto è poi al presente potresti cambiarlo con un dopo aver perso.
Mi permetto di segnalarti la storia di Euno nella prima guerra servile, che si svolse per intero in Sicilia. La storia di una ribellione che si trasformò nel tentativo della Sicilia di sottrarsi al giogo di Roma e dopo tanti scontri vinti si concluse con la battaglia di Enna in cui morirono oltre ventimila siciliani e la rivolta venne schiacciata nel sangue. La prima di innumerevoli altre. Da quel momento la Sicilia scomparve dai radar della storia per tornarvi quasi mille anni dopo.
Singolare che si ricordi sempre Spartaco e mai Euno.
Enna lo celebra con un bronzo proprio all'ingresso del Castello di Lombardia, la vecchia rocca di Cerere. Il resto d'Italia non sa chi sia.
Un ottimo racconto, sempre bello leggerti.
grazie per il suggerimento, correggo la prima frase, che a dir la verità non mi piaceva (troppo lunga), così tra l’altro la accorcio un po’.
Vero, l’intento è un po’ (troppo) ambizioso, ma chiarisco quanto segue: inizialmente, in realtà, volevo ambientare la storia nei giorni che seguono la battaglia di Nikolajewka, quando la colonna era fuori dalla sacca e vicina alla salvezza, in un contesto più rilassato (si fa per dire…), e l’obiettivo era semplicemente quello di mostrare la vuotezza ( e comunque l’assurdità e l’inutilità di esprimere un giudizio etico / morale al riguardo) delle descrizioni che sono giunte a noi dei condottieri antichi, soprattutto se le confrontiamo con le tragedie come quelle vissute dai nostri soldati dell’Armir. Poi però mi sono detto: Reverberi (nel libro “A Nikolajewka c’ero anch’io”, decine se non centinaia di reduci lo esaltano come uomo e come soldato) e tanti altri alpini di quella spedizione, che eroi, anche quelli non in senso stretto, anche solo per le sofferenze che hanno dovuto patire. E così ho cambiato la struttura del racconto.
Tra i miei intenti non c’era invece la volontà di accostare la differente tipologia di leadership tra coloro che combattono sul campo e quello dei leader politici che, sono d’accordo con te, sono completamente diverse. A proposito, anni fa ho letto al riguardo un libro davvero avvincente, “la maschera del comando” di John Keegan, che presenta stili di leadership diversi (la leadership eroica di Alessandro Magno, Wellington, l’antieroe, Grant, la leadership lontana dal campo di battaglia e il falso eroismo di Hitler). Se non lo hai già fatto ti consiglio vivamente di leggerlo.
Ho letto la tua recensione sui fatti di Bronte e la storia di Euno, entrambe molto interessanti e significative: la storiografia tradizionale decide, a suo piacimento, cosa tramandarci e cosa no…
Grazie, infine, per l’accurata e generosa recensione.
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Re: Commento
Ciao Andr60, sì l'excursus storico è effettivamente un po' artificioso, magari potevo motivarlo di più presentandolo come mezzo di fuga dalla realtà per Edoardo, mentre a Pietro serve invece per tenere alto il morale del suo protetto: questi due aspetti sono appena abbozzati nel racconto.Andr60 ha scritto: 25/07/2022, 16:09 Anche a me l'excursus storico tra i due soldati appare artificioso, durante una marcia forzata e sotto il fuoco nemico, pur essendo interessante e stimolante per il lettore; ad esempio, mi è venuto in mente Enrico Toti, che era pure disabile: oggi sarebbe una manna, in tempo di politically correctness.
Vero anche che Carlo Magno ha ispirato molta gente non sempre raccomandabile, come le Waffen SS francesi: ma si sa, è il destino degli eroi...
Leggo sempre con piacere i racconti storici di Messedaglia, e anche i commenti di Namio (lo confesso, Euno mi era ignoto).
Però, caro Namio, ti posso assicurare che le vie non sono intitolate a Bixio, bensì a Biperio
Biperio: mi hai fatto tornare alla mente un vecchio ricordo di scuola quando il mio professore di storia (una vera enciclopedia vivente, e oltretutto siciliano, non posso non accostare la sua figura a quella di Namio...) ci raccontò che, in precedenza, durante un esame a uno studente che non aveva mai frequentato la scuola ma che aveva studiato sempre da solo a casa (onestamente non ricordo i dettagli della situazione), lo studente in questione aveva citato spesso questo fantomatico Biperio, e il mio professore, che non sapeva che esistesse questo modo di violentare la lingua italiana, solo alla fine dell'interrogazione capì che il povero studente si riferiva al celebre luogotenente di Garibaldi. Per dovere di cronaca, preciso che il ragazzo in questione fu promosso, a parte l'inciampo linguistico (di cui non si poteva fargliene una colpa) si dimostrò molto preparato sull'argomento.
MI fa molto piacere che tu legga con piacere i miei racconti storici, è un piacere reciproco
E naturalmente grazie per il commento e il voto generoso!
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Bellissimo racconto che nella sua complessità istruisce il lettore (almeno io ho scoperto qualche personaggio interessante come Nane) e a momenti lo disorienta.
A me è piaciuto molto quindi voto 5
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Re: Commento
Ciao Bravoautore, penso che, nei racconti lunghi e corti, entrambi difficili da scrivere, si seguano semplicemente due strade diverse: nei primi c'è materiale a tonnellate su cui si può potenzialmente lavorare, e quindi bisogna cercare di tagliare, per non tediare troppo il lettore (in questo caso a dir la verità sono andato un po' oltre la soglia di caratteri entro cui volevo rimanere, ma tant'è...), nei secondi bisogna invece cercare di espandere quella che è all'inizio solo un'ispirazione, fino a creare un qualcosa che stia in piedi e sia accattivante per chi legge.Bravoautore ha scritto: 26/07/2022, 7:49 I racconti lunghi richiedono uno "sforzati",una ricerca di coerenza e armonia nella trama come pure un definire e seguire i personaggi da non sottovalutare.
Lo dico senza criticare,è così!
Perciò,scriverne uno a tema storico e proporre paralleli ed emozioni è impresa da considerare.
Grazie per aver letto e commentato il mio racconto.
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Re: Commento
Grazie mille Giovanni p, troppo buono!Giovanni p ha scritto: 30/07/2022, 9:21 Buongiorno Messadaglia
Bellissimo racconto che nella sua complessità istruisce il lettore (almeno io ho scoperto qualche personaggio interessante come Nane) e a momenti lo disorienta.
A me è piaciuto molto quindi voto 5
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Re: Commento
Grazie mille Eleonora, avevo il timore che questo racconto potesse risultare tedioso per chi non ha particolare interesse per gli argomenti di tipo storico. Rispetto alla stesura originaria ho cercato di renderlo, per quanto possibile, coinvolgente. Grazie ancora!Eleonora2 ha scritto: 30/07/2022, 13:28 BRAVO. Non scelgo romanzi storici. Mi piace questo testo per come l'hai sviluppato e condotto. Scritto bene e bella la trama. Non possiedo le competenze di storia per giudicarlo in altro modo ma mi ha tenuta incollata e la lettura, oltre a procedere spedita, mi ha interessata. Ho votato con un 5.
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In ogni caso, mi piace perché è un'idea originale.
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Re: Commento
Grazie RobertDL per aver letto e commentato il mio racconto!RobertoDL ha scritto: 04/08/2022, 10:46 I due militari, in marcia verso il nemico, che parlano di personaggi storici. Forse per farsi coraggio in vista dello scontro col nemico? O per sfuggire dalla realtà?
In ogni caso, mi piace perché è un'idea originale.
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Re: Artù e Lancillotto
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Re: Artù e Lancillotto
IL 22 giugno 1954, stroncato da un infarto che ne provocò la caduta dalle scale della sua abitazione di via De Amicis a Milano, moriva il Generale Luigi Reverberi che nel 1942, al comando della gloriosa Divisione Alpina "Tridentina", nella battaglia di Nikolaevka, riuscì a salvare e riportare in Patria parte dei suoi alpini. Per questo gli fu conferita la Medaglia d'oro al Valor Militare.
«Comandante della Tridentina ha preparato, forgiato e guidato sagaciamente in Russia con la mente e con l'esempio i suoi reggimenti che vi guadagnarono a riconoscimento del comune eroismo medaglia d'oro al Valor Militare. Nel tragico ripiegamento del Don, dopo tredici combattimenti vittoriosi, a Nikolajewka il nemico notevolmente superiore in uomini e mezzi, fortemente sistemato su posizione vantaggiosa, deciso a non lasciar passare, resisteva ai numerosi, cruenti nostri tentativi. Intuito essere questione di vita o di morte per tutti, il Comandante nel momento critico, decisivo, si offre al gesto risolutivo. Alla testa di un manipolo di animosi, balza su un carro armato e si lancia leoninamente, nella furia della rabbiosa reazione nemica, sull'ostacolo, incitando con la voce e il gesto la colonna che, elettrizzata dall'esempio eroico, lo segue entusiasticamente a valanga coronando con una fulgida vittoria il successo della giornata ed il felice compimento del movimento. Esempio luminoso di generosa offerta, eletta coscienza di capo, eroico valore di soldato. Nikolajewka (fronte russo), agosto 1942-gennaio 1943.»
Reverberi è sepolto nella tomba di famiglia presso il cimitero di Montecchio Emilia.
Questa foto lo ritrae accanto al caro Don Gnocchi in partenza per il Fronte Russo.
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Scrittura di livello e conoscenza storica fanno sì che i tuoi racconti siano sempre molto interessanti.
Questa frase: “il primo caso esemplare di classe nell’antichità”… mi sembra manchi qualcosa, forse “il primo caso esemplare di eroe di classe nell’antichità”?
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Re: Commento
Ciao Domenico, grazie per aver evidenziato pregi e difetti del brano. Sì, confermo che nei miei racconti tendo a descrivere delle situazioni surreali, un po’ perché mi piace, ma anche perché rendere una situazione, soprattutto quelle relative a epoche diverse dalla nostra, realistica, immergendola completamente nel contesto di riferimento, come fate per esempio tu e Namio, è per me un’impresa irrealizzabile. Ancora grazie e ciao!Domenico Gigante ha scritto: 04/09/2022, 15:33 Caro Messedaglie! Torni nuovamente sull'Armir, dopo una parentesi più fiabesca. Il racconto fila ed è scritto molto bene. Il raffronto tra i personaggi storici - che la storiografia del passato (è il caso di Carlo Magno) ha fatto assurgere al rango di weltanschauung di una o l'altra fazione - e la massa più o meno anonima (personalmente non conoscevo la storia di Reverberi e degli alpini) che la storia la fa e la subisce veramente con e sulla propria pelle mi pare centrato. Nonostante la vicenda abbia un che di surreale (una specie di Barbero - ma un po' scolastico - in marcia dal Don verso l'Italia con un carico di senso critico e conoscenze storiografiche un po' anacronistiche), il racconto ha una sua efficacia nel colpire l'attenzione. In specie nel finale. Un abbraccio!
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Re: Commento
Ciao Roberto, hai proprio ragione, in quella frase manca qualcosa, in origine era:” il primo caso esemplare di lotta di classe nell’antichità”! Ho provveduto a correggere il refuso, grazie per l’osservazione e per il bel commento!Roberto Bonfanti ha scritto: 17/09/2022, 11:59 All’inizio sembra poco realistico che nei momenti cruciali della campagna di Russia due ufficiali si dilettino a fare il “processo” a vari personaggi storici, poi la lucidità e la personalità dell’analisi rende piacevole la sospensione dell’incredulità. In quest’ottica funziona anche il gioco dell’assonanza Artù e (L)Ancillotto, pur se qui concordo con Namio, secondo me Carlo Magno (o Spartaco) e Toscanini fanno due sport diversi.
Scrittura di livello e conoscenza storica fanno sì che i tuoi racconti siano sempre molto interessanti.
Questa frase: “il primo caso esemplare di classe nell’antichità”… mi sembra manchi qualcosa, forse “il primo caso esemplare di eroe di classe nell’antichità”?
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Masquerade
antologia AA.VV. di opere ispirate alla maschera nella sua valenza storica, simbolica e psicologica
A cura di Roberto Virdo' e Annamaria Ricco.
Contiene opere di: Silvia Saullo, Sandro Ferraro, Luca Cenni, Gabriele Pagani, Paolo Durando, Eliana Farotto, Marina Lolli, Nicolandrea Riccio, Francesca Paolucci, Marcello Rizza, Laura Traverso, Nuovoautore, Ida Daneri, Mario Malgieri, Paola Tassinari, Remo Badoer, Maria Cristina Tacchini, Alex Montrasio, Monica Galli, Namio Intile, Franco Giori.
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BiciAutori - racconti in bicicletta
Trentun paia di gambe hanno pedalato con la loro fantasia per guidarci nel puro piacere di sedersi su una bicicletta ed essere spensierati, felici e amanti della Natura.
A cura di Massimo Baglione.
Copertina e logo di Diego Capani.
Contiene opere di: Alessandro Domenici, Angelo Manarola, Bruno Elpis, Cataldo Balducci, Concita Imperatrice, Cristina Cornelio, Cristoforo De Vivo, Eliseo Palumbo, Enrico Teodorani, Ettore Capitani, Francesco Paolo Catanzaro, Germana Meli (gemadame), Giovanni Bettini, Giuseppe Virnicchi, Graziano Zambarda, Iunio Marcello Clementi, Lodovico Ferrari, Lorenzo Dalle Ave, Lorenzo Pompeo, Patrizia Benetti, Raffaella Ferrari, Rebecca Gamucci, Rosario Di Donato, Salvatore Stefanelli, Sara Gambazza, Sandra Ludovici, Sonia Piras, Stefano Corazzini, Umberto Pasqui, Valerio Franchina, Vivì.
La spina infinita
"La spina infinita" è stato scritto quasi vent'anni fa, quando svolgevo il mio servizio militare obbligatorio, la cosiddetta "naja". In origine era una raccolta di lettere, poi pian piano ho integrato il tutto cercando di dare un senso all'intera opera. Quasi tutto il racconto analizza il servizio di leva, e si chiude con una riflessione, aggiunta recentemente, che riconsidera il tema trattato da un punto di vista più realistico e maturo.
Di Mario Stallone
A cura di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.