L'isola invisibile

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'estate 2024.

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Semini
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L'isola invisibile

Messaggio da leggere da Semini »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Questa è una storia per tutti coloro che si sono sentiti soli, anche solo per una volta. Ricordatelo: non lo siete.

In un luogo circondato di mare e di stelle viveva rinchiusa una piccola bambina.
Dalla finestra della sua stanza vedeva solo cielo e sentiva solo odore di salsedine, nelle sue orecchie riecheggiava lo scontrarsi delle onde con la sabbia. Era sola quella bambina e non sapeva cosa fossero le emozioni, perché mai nessuno le aveva insegnato. Se ne stava semplicemente lì, ferma ad aspettare. Ad aspettare cosa? È una domanda a cui nessuno, neanche lei, dava una risposta.

"Potresti anche provare a muoverti" le disse una sera una stella. Si! le stelle le parlavano: uniche spettatrici della sua solitudine.

"Non so cosa sia" rispose la bambina. La stella la guardò con tristezza e dolcezza rispondendo "Cosa non sai?"

"Cosa sto aspettando" disse guardando la stella senza un minimo di emozione in volto.

Era rinchiusa in un luogo dove nessuno l’avrebbe trovata eppure un giorno, che sembrava nato uguale agli altri, qualcosa cambiò: davanti a suoi occhi spenti e poco interessati passò un esserino mai visto prima e i suoi occhi si mossero più del solito, facendole provare una strana sensazione, un'emozione sconosciuta più delle altre: la curiosità.
La bambina si chiese cosa fosse ma fu solo per poco, perché quell’esserino scomparve.
Da quel momento la piccola dagli occhi spenti non fu più la stessa. Ma cosa vide? Non poteva saperlo, era solo una bambina nata in un luogo lontano.
Il giorno seguente si rese conto di voler essere più attenta e passò tutta la giornata con gli occhi spalancati alla ricerca di ciò che aveva perso. Si trovò ad essere pensierosa: "non lo rivedrò più, vero?" "che cos’è quello che sento?" "aspetta, aspetta io sento?". Fu in quel momento che la bambina invisibile scoprì la speranza di un nuovo giorno, di voler capire e curiosare: scoprì da sola di essere una bambina.

"Stelle, lucenti e lontane, aiutatemi, mi ascoltate?" disse la piccola.

"Piccola bambina, fiore mai sbocciato, cosa c’è? Parlaci" rispose una delle stelle più grandi.

"Perché sono chiusa qui dentro?" chiese abbassando la testa.

“Forse dovresti solo guardare oltre il tuo nasino” rispose una delle stelle, sorridendole dolcemente “Guardati attorno, ci sei solo tu, noi e il mare”. La bambina rimase in silenzio guardando il cielo.
Quando un'alta stella la illuminò dicendole: “Segui la luce”.

La bambina capì, alzò il capo e disse: “Non lasciatemi sola”.

Decise che non poteva stare più ferma e si incamminò. Con la luce delle stelle, cercò di vedere quello che anche di giorno non riusciva.
Camminando, camminando però la sua speranza si affievolì. Cercava qualcosa che non conosceva, ma continuava a camminare per vie che non aveva mai percorso. In quelle strade sconosciute inciampò e cadendo conobbe il dolore e la paura, così pianse forte e con disperazione: “Non sapevo che l’acqua potesse uscire dagli occhi e mi fa male” pensò, posando la sua piccola mano sul petto, mentre quelle goccioline scivolavano sempre più sulle guance e il cuore batteva forte. Ed è proprio in quel preciso istante che la rivide: bella e leggera, così elegante ed equilibrata una giovane farfalla le volava intorno. È la stessa che aveva visto giorni prima, continuando a volare l’insetto dalle ali colorate le si posò in viso, la bambina sussultò per un momento ma la farfalla le asciugò le sue dolci lacrime.
E rivolò.

“No, non voglio che voli via!” urlò per poi seguirla.

È come se la farfalla guidasse la bambina in luoghi nuovi mai visti eppure non sentiva più quella paura di prima, anzi correva scrutandola per non perderla. Il giorno nel frattempo arrivava. Ma improvvisamente la bambina si fermò, i suoi occhi erano vivi più che mai attenti a vedere la distesa d'acqua di cui lei, da quando ne ha memoria, sentiva solo l'odore e il rumore: vide il mare ed un calore la pervase. La gioia della vita riprese il comando del suo corpo e la farfalla le si posò sulla sua mano. Poté guardarla meglio: “Cosa cerchi di dirmi?” “Perché in tutto questo tempo sei apparsa solo ora?”, aveva tante domande da porle.
Quando con molta calma la farfalla rispose con poche parole, semplici e chiare:

“Prima non eri pronta a vedere perché io ci sono sempre stata”.

Scossa da ciò che le sue orecchie udirono e da quella piccola vocina si accorse che le sue amiche stelle non c’erano più, e che un esserino così piccolo le stava parlando.
Passarono probabilmente alcune ore ma il tempo per la bambina si era come tipo fermato, si accorse solo che la farfalla improvvisamente volò sul mare, su quella distesa d'acqua luccicante di sole. “Non mi lasciare! Non mi lasciare ancora” urlò e la farfalla si voltò a guardarla sussurrando: “È il momento di volare”.

Presa da un impeto di coraggio la bambina si lanciò. Immersa nell'acqua chiuse gli occhi per riaprirli veramente.
La farfalla, psiche e cura, salvò quella bambina invisibile, nascosta nell’isola invisibile, e la riportò in vita dandole di nuovo il respiro che solo in acqua ritrovò.
La bambina in verità era rinchiusa sì, ma nella sua testa. Solo con il coraggio e l’aiuto poté tornare a sentire il calore e a vedere la bellezza della vita.
Jacopo Serafinelli
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Messaggio da leggere da Jacopo Serafinelli »

@Semini
Racconto leggero, favolistico. Lo trovo distaccato da quella che è la realtà dove la solitudine esiste… "eccome"!
Magari fosse facile uscire dai gusci che ci isolano con le sole parole dette da qualcuno… farfalla o persona che sia.
Come storia da dire ai bambini funzionerebbe come una bugia detta a fin di bene!
Quel che dice la farfalla mi fa pensare alle frasi che si ascoltano nelle sedute dallo/a psicologo/a… :-)
Jacopo
Raffaella
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Messaggio da leggere da Raffaella »

Stupenda, meravigliosa, non lo penso come Jacopo, anzi per niente ogni persona fa la propria strada, ha le proprie decisioni le proprie idee, quindi la bimba deve prima imparare, la prima cosa imparare dalla natura che ci circonda. Secondo me è Divina. Il mio voto è 5.
Ombrone
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Messaggio da leggere da Ombrone »

racconto di ispirazione favolistica, che perà in alcuni punti mi sembra contrastare volte con lo stile e con il vocabolario che è più semplice.
In dei momenti spieghi troppo e lascerei comunicare le emozioni e significati dai gesti e dalle azioni della bambina.
Cosi come il finale che giustamente da la morale, ma è un po' brusco e toglie molta della magia che volevi creare
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Marino Maiorino
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Racconto di crescita interiore - e chi non ne ha bisogno? - sulla solitudine.
La lezione sembra essere che si è soli finché ci si rinchiude in sé stessi.
Vero, direi, ma aprirsi è darsi l'opportunità, passo necessario, non smettere di essere soli.
Considero però che la bambina trova la propria strada grazie agli altri, fin da quando le prime stelle, e poi la farfalla, le parlano: nel tuo racconto la spinta continua a essere data dall'esterno. Non è sbagliato, ma in un certo senso togli forza alla morale, che dovrebbe essere "cominciare da sé".
Qualche consecutio fuori posto, piccole cose da limare qui e lì, ma nel complesso una gradevole favola, quasi infantile (e non è un peccato) nel tono e nella narrazione.
A rileggerti presto.
«Amare, sia per il corpo che per l'anima, significa creare nella bellezza» - Diotima

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Yakamoz
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Messaggio da leggere da Yakamoz »

È una favola che ha come tema: "la solitudine vista come ottundimento delle emozioni", che come "motivo" per scrivere una favola è un po' insolito/particolare. A essere sincero, mi dà più l'idea di una bimba che soffre di "autismo" piuttosto che di solitudine vera: quando proprio non hai nessuno attorno. Ma è anche vero che pure trovandosi in uno stadio con 60.000 persone, tipo il S. Paolo Maradona di Napoli (ho fuso un po' i nomi), ci si può sentire soli lo stesso. Perché esiste sempre un'ambiguità in ciò che proviamo dentro, nel profondo: ambiguità dei sentimenti, la definirei io. A Napoli si dice (ma pure a Salerno) "sul com a 'nu cane" (solo come un cane). "Compagni dei cani", dice Pasolini in una poesia, ma in realtà voleva dire "simili ai cani". Poveri cani!

Tutto questo giro di parole l'ho fatto per far intendere che nel mio immaginario ci vedo più un cane (anche l'uomo-cane del circo Barnum) come immagine di solitudine, invece di una bimba. La favola di per sé è carina: rivela emotività e fantasia. Diciamo anche, come aspetto un po' negativo, che la scrittura è abbastanza acerba. Ma si può crescere, no? "Nisciun nasce imparato!" (nessuno nasce sapendo già le cose): la conoscenza, anche delle cose più prossime a noi, è sempre un percorso. Ci sta pure nel racconto, a parte i verbi ballerini, qualche incoerenza logica quando si dice che la curiosità è un'emozione: la curiosità è istinto e non emozione. Un istinto, appunto, che può portare a scoprire delle emozioni.

Porto un esempio irreale, di mia fantasia: un ministro bruttarello che assume una segretaria/collaboratrice stangona, biondona e coscettona, magari campana ed esperta di Pompei (una "pompeiana esperta", come potrebbe dire Paolo - Mielis o Bonolis? Purtroppo non mi ricordo tanto bene come si chiama) e un bel giorno le dice: "Cara, sarei piuttosto curioso di vederti in costume!" E lei, per compiacerlo, essendo lui un pezzo grosso, si mette in bikini; e lui, quando la vede in due pezzi, spalanca tanto d'occhi (come la bimba della pubblicità dei Teneroni) e si emoziona molto molto (moltissimissimo!), in realtà si "arrapa", ma arraparsi pure è un'emozione, no? Divago, scusa, Semini.

Ritorniamo al tuo racconto/favola che ha un finale un po' prevedibile: però se la bimba nel racconto già parte sola e poi la facciamo finire pure male, non è più una favola, diventa una tragedia! Diciamo, concludendo, che hai buone idee non supportate da una scrittura "adeguata". Ma continua, leggendo gli altri e scrivendo, non demordere, e sicuramente migliorerai! "Camminando prendo forza", recita un adagio.

Ciao, Semini

Antonio

Voto 4/5 (non tanto per il racconto che è da riscrivere (editing), ma per l'intelligenza emotiva che rivela)
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