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E
Regolamento de
Namio Intile
Paola Tassinari
Francesco Pino
Nunzio Campanelli
Eleonora2
Domenico Gigante
Gabriele Pecci
Laura Traverso
Roberto Bonfanti
Piramide
Giuseppe Gianpaolo C…
una produzione
Sostieni la nostra p…

 

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presenta


Endecasillabo di un iMpostore


e le altre poesie


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ebook del GrandPrix poetico stagionale d'autunno 2022


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Ebook del GrandPrix poetico stagionale d'autunno 2022


A cura di Massimo Baglione.


illustrazione di copertina: Old man (free internet picture).


Nota: le opere qui pubblicate sono le prime 10 classificate e hanno subìto un blando editing formale rispetto ai testi originali nel forum di BraviAutori.it dedicato ai GrandPrix poetici stagionali.


Nota: la classifica qui pubblicata fa riferimento al periodo in cui si è svolto questo concorso. Se dalla pubblicazione dell'ebook a oggi qualche iscritto al sito ha cancellato il proprio account, le graduatorie odierne potrebbero differire.


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Regolamento dei GrandPrix Poetici Stagionali di BraviAutori.it


I GrandPrix poetici stagionali sono concorsi a partecipazione libera, gratuiti, dove chiunque può mettersi alla prova divertendosi, conoscendosi e, perché no, anche imparando qualcosa.

I migliori testi di ogni GrandPrix poetico saranno pubblicati in un  ebook gratuito.


Per il regolamento completo: www.braviautori.it/grandprix?mode=istruzioni


Per visionare la pagina riassuntiva con i totali parziali dei voti espressi, clicca qui.


Per la pagina del forum dove si svolgono i GrandPrix poetici stagionali, clicca qui.



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Namio Intile

(vincitore del GrandPrix d'autunno, 2022)


Endecasillabo di un impostore


Non colpisce quella posa matura

calice di una vita scolorata

E trovo ipocrita quel rossore

se a giudizio evanescenti trame

affabulano miraggi Disegual

l'arrovellato intento di fingere

armonici intagli Sopra verghe

d'avellano rammemora il nido

e il sorriso ha visto piangere

le tue lacrime bugiarde Nega ora

il soliloquio mimetico del tuo

infingere Che s'è fatto roccia e

muro invalicabile ai miei vagiti

Se tale l'amor preferisco odiare

per soffocare nella nostalgia

brumosa plaga della mia vecchiaia



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Paola Tassinari


Le ginestre


La prima volta che le vidi

stordita di intenso profumo

di vento, di sole, di altezze

capii che erano loro, il passero

la siepe, il sabato, le illusioni

infrante, sì belle e gialle e tristi nuvole,

come il tempo che scorre e si perde.

Dove sei tu ora, cuore solitario e assetato

d'infinito, che non hai colto, perché l'hai reso terreno?

Tu lo avevi e lo sentivi dentro e l'hai cercato nonostante la

tua filosofale e bella mente ti dicesse, non c'è nulla di sensato

se non un motore partito che continua nel suo moto remoto.

Ma tu dentro ce lo avevi l'infinito, la luce, l'amore e anelavi

e cercavi fuori ciò che era dentro, dovevi amarti

col tuo infinito amore che è quello di Dio, dentro lo avevi.

Chi t'ha dato fratellanza non t'amava, era per scopo e tu

lo sapevi e ti ingozzavi di confetti e di gelati e la tua testa

s'è preso il Ranieri per la scienza, che superba e sciocca

s'adongia con le lonze. E le tue debolezze? Sempre

il Ranieri le ha messe in piazza, antesignano

dei fratelli e delle marie odierne che s'abbuffano

e si snudano non di vesti ma di santificati vizi.

Chi ha questo amore divino medita e s'arrovella

sui sensi onesti e giusti, sulla pietade, or ti dico che

la tua umana eroica fratellanza, che credevi possibile

puff puff, svanita, perciò anche il motore remoto che

gli illuministi han messo in moto puff puff, può svanire

nelle tenebre e le fole antiche tornare a illuminare il cuore.

Le genti non son come la tua ginestra, fan questo e

quello così tanto per fare oppure son forti e belve

in vita come la matrigna quando s'arrabbia,

non vedo dignità, né umiltà e sai adesso ti

amano e ti studiano, a Recanati non più sassi e lazzi,

ma fiori, onori, ammiratori, amori, sei il poeta tricolor,

ma credi che seguano le tue ginestre e le operette?



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Francesco Pino


L'amante innamorato


Mostra la tua pelle e accarezzami il volto,

da molto ormai non svestiamo l’uniforme.

Abnorme questo giorno caccerà la routine,

anche bestemmiando amo le tue forme

e la ruga che esalta il tuo viso.


Le orme dei tuoi passi in fuga…

Se ci fosse un paradiso

sarei già lì a riscattare i crediti.

Ma colleziono fremiti di disperazione,

estrema unzione quotidiana,

estatica alienazione.


Lasciami affogare in un ultimo bicchiere

le chimere di questi mesi tristi,

i mesti abbracci di questa follia sfiancante.

Io, mendicante del tuo amore,

marinaio senza mare,

volgare medico del tuo pianto,

affranto sostituto, rassegnato consolatore.


Muore nell’ascensore, dietro un altro bacio,

il mio cuore da pachiderma paziente.

Non c’è niente che possa mutare il fato.

Condannato ad amare nel ruolo d’amante,

di quest’ultimo istante serberò la contrazione.

Dalla sua combustione, dall’ultima carezza,

l’amarezza di un addio come liberazione.



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Nunzio Campanelli


Notturno


Latrato di cane all'orizzonte

stempera lentamente

nella notturna staffetta

di suoni portati dal vento.


Basterebbe un piccolo solco

dove interrare dei semi

ma continuo a sognare inferni

per fermare l'attimo del sonno.


Resta l'ordinaria storia

c'è ancora il vento, fuori

sento le urla lontane.

Forse domani piove.



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Eleonora2


Rumori


Aspetta che l’acqua marina,

toccata dal vento,

si depositi in sale

Ossalidi nascono

Il giardino trabocca

Angeli cadono

Nuvole nere si sgonfiano

in ghiaccio

Ogni cambio di scena

è sorpresa

o soltanto rumore

del tempo che viene



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Domenico Gigante


Voglio essere elogiato


(All'impostore Emile Cioran con insincera gratitudine e a

Charles Baudelaire con sfacciata ammirazione dedico

 questo sonetto sconnesso e bugiardo)


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Francisco Goya, "Saturno devorando a su hijo", 1821-1823

Olio su tela, Museo del Prado, Madrid


Sto qui ritto sul cassero, carte gonfie come vele

dei miei vuoti pensieri - per sempre ricchi e inutili.

Inquieto del mio valore - con le mie stesse unghie

scorticato come un tronco - imploro un po' di gloria.


Non chiedo forse niente più che di essere elogiato.

Una sfumatura di supplica - mio lettore - di certo

non può esserti sfuggita - l'insistita acclamazione

è il compagno sospirato sul bordo dei mie versi.


Grigio sollievo alla coscienza l'insolente certezza

di una malattia universale - se Dio ne è indenne,

è perché alla Creazione mancarono dei testimoni.


L'adulazione - caro lettore - è il piatto infetto

che mi nutre. E questa vivanda fatale tu di sicuro

la conosci. Ipocrita lettore - mio simile - fratello!



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Gabriele Pecci


Plik


Plik

lik

ik

k,


di solito, spesso,

è proprio

così che funziona,

succede, può capitare,

quando singole azioni

tendono a scontrarsi,

su predeterminati

fatti,


plik

lik

ik

k,


può essere un angolo

sporgente, l'inchiostro

asciugato nella penna,

oppure

una banalissima perdita,

il tormento assordante,

di una singola

goccia che cade,


plik

lik

ik

k.


Basta veramente poco,

qualcosa, di assolutamente

insignificante, qualcosa,

su cui mai avremmo posto

tale, immotivata, fiducia


plik

lik

ik

k,


da pensare di avervi

potuto osservare, in piena,

mancata, nitida, chiarezza,

l'universo implodere.


Plik

lik

ik

k.



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Laura Traverso


Ritornare


È inutile mentirsi, non sono adatta

alla vita comunitaria. Sarò una solitaria?

O forse solo un'impaurita della vita.  


Ho voglia dei miei spazi

Ho voglia di tacere, di non sorridere a dovere

Cosa devo fare? Forse non più ritornare.


Sono stanca di fingere allegria

Mentre il mio cuore trema dal dolore

Perché non riesco a stare? Vorrei solo ritornare.



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Roberto Bonfanti


Naufraghi


Su tutto una coltre di nebbia

annulla le differenze

fra lo ieri e il domani

e non c'è un faro

a indicarci la rotta

o a cancellare il sorriso

dalle nostre labbra

un attimo prima

di infrangerci sulla scogliera



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Piramide


Fuoco amaro


Ricordi la neve cadere dal cielo?

L’ignoto della guerra cominciava

da quel bianco veleno,

le chiacchiere al fuoco

fra parlate straniere,

le alte montagne fissare in eterno

l’uomo danzare sulla cresta del male.


Ragazzi mandati in una notte all’inferno,

un incubo ghiacciato

che futile appariva  

a voi soldati viaggiatori,

forse un po’ sognatori.


Ricordi il taccuino del tuo amico poeta?

Scrivevate le stesse cose,

separati da anni di lotte

come due fratelli arrabbiati

vi guardavate.


Faceste pace

sullo sparo di un fucile.

Nati da una stessa mamma,

riposate nelle stesse tombe

che decisero le sorti

della nostra civiltà,

che tacite smentirono

la supposta vacuità

della terra che difendeste.


Rimase alla fine un vuoto silenzio

e il lungo squillo di una tromba

prima che ricominciasse

il fuoco rosso e amaro

o il fischio di un’altra bomba.

E mentre fuori spirava bufera

quei corpi caduti d’inverno una sera

erano cinti da una sola bandiera.



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Giuseppe Gianpaolo Casarini


Nell'autunno del bosco della vita


In autunno nel bosco parte si spegne

parte si ravviva perdono alcuni degli alberi

le foglie in altri queste sui rami ferme fisse

mutano i colori colori accesi di bacche

rosso fuoco  si accendono a dar luce

tra arbusti secchi spenti mutano le vite

cambiano i rumori spuntano i  funghi

tra le morte foglie chi va in letargo

chi ancor si muove degli uccelli rompe

il silenzio solo il verso del cuculo visione

cambio e mi guardo attorno e a esplorare

vado quel che accade nell’autunno del bosco

della nostra vita in  parte muoiono le speranze

crescono  in parte nell’animo i rimpianti

nell’album dei ricordi visi noti spenti nomi

dimenticati che parlano invece e rivivere fanno

un perduto passato e dentro noi le forze vanno

calando e i malanni del corpo della mente

alcuni si fan sentire altri vanno a morire


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una produzione


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