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Le altre recensioni o commenti
Di Luzant: Grazie della recensione, Roberto. A questo racconto tengo particolarmente per diversi motivi. E' stato il primo di molti, dopo un lungo iato, ed è il lavoro che considero come base di partenza per ogni futuro progetto, cioè lo sento il punto di non ritorno. Mi sono ripromesso di non scendere mai, al netto degli imprevisti, sotto questo standard di lavoro (ovviamente quando non ho limiti di battute). Tornando all'abuso dei generi, sì, il tema zombie è assolutamente abusato, così tanto che ormai è addirittura oltre il cliché. Eppure i buchi ci sono sempre, e proprio dalle crepe nel genere - senza stravolgere troppo un codice di stilemi e figure che è un canone solido - ho provato a dare un fondamento "davvero" più scientifico alla non-morte, soprattutto perché poco prima di iniziare il racconto ho scoperto, a posteriori, di aver sofferto di binge-eating. Quindi ho voluto doppiare la mia malattia sia a livello letterario che reale, producendo questo. In moltissime opere a tema zombie la "malattia" o "piaga", che dir si voglia, resta nell'ambito clinico senza che si scenda nel dettaglio, ed è qui che ho voluto provare a superare il già fatto. Volevo una fame che fosse malattia, e piaga, per davvero, e soprattutto che partisse dallo stomaco e non dalla testa. Perché non c'è niente di peggio che distruggersi (dimagrendo in modo errato) mentre si è convinti di auto-migliorarsi.
Di Roberto Bonfanti: Non è facile scrivere un racconto su un tema largamente sfruttato dalla narrativa e dal cinema. Non lo è perché si rischia di cadere nell’imitazione, nel ricalcare schemi già visti. L’autore dribbla il problema con uno stile avvincente e lontano dalla banalità, usa stereotipi ben conosciuti: la provincia americana, il giovane coroner solitario e dall’infanzia difficile, lo sceriffo alcolista e ottuso… prende, cioè, elementi facilmente riconoscibili e li gestisce con maestria, insinuando qua e là indizi, suggerendo ipotesi appena accennate sulla vera natura della vicenda, fino all’inquietante conclusione. Da lì potrebbe partire un nuovo “film”, che ogni lettore può girare nella sua mente.
La fame del titolo e ricorrente nella storia, declinabile in varie prospettive, ha un che di ancestrale e, allo stesso tempo, molto oscuro. Disegno notevole dei personaggi e dei dialoghi, anche i feticci di un certo immaginario a stelle e strisce sono usati con coerenza per definire un’ambientazione iper-realistica, per creare un microcosmo di normalità dove inserire l’elemento destabilizzante. Bella prova. Di MariaCristina: mi ha lasciata col fiato sospeso fino alla fine.... un brivido veramente sentito. Complimenti per la pubblicazione da parte del gruppo. Merita davvero
Di Luzant: Grazie mille, Maria Cristina! Mi fa molto piacere, tengo particolarmente a questo racconto, perché è anche diventato una canzone (è stato romanzato dai Parsec, un gruppo noiserock bolognese) e sarà inserito in un album che uscirà verso fine anno. C'è qualcosa nel racconto che hai trovato fuori posto o che avresti fatto diversamente?
Di MariaCristina: Fameeeeeeeeee fantastico. l'ho divorato fino in fondo
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Dedicato a tutti coloro che hanno scoperto di avere un cervello,
che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che
patiscono quell'arrogante formicolio che dalle loro budella
striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani.
A voi, astanti ed esteti dell'arte.
(Sam L. Basie)
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