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Le altre recensioni o commenti
Di Giampiero: Nei miei ricordi da ragazzino il tema dell’emarginazione è la prima esperienza di vita che ho subito captato e registrato, praticamente me ne sono ricordato scrivendo la favola. C’era questa famiglia poverissima, con una cucciolata di figli allo sbando, un padre ubriacone e la madre priva di una gamba. Andando a scuola io li incrociavo sempre per strada…
Ho invece riscritto la favola dopo aver letto il bellissimo romanzo fantasy di Silvana De Mari, “L’ultimo elfo” (che consiglio di leggere a chi ha soprattutto un animo sensibile), e ho scoperto un’autrice italiana davvero non brava, bravissima. Abbiamo la tendenza, noi lettori dell’ultima ora, a omaggiare gli autori stranieri (vedi Neil Gaiman che mi tange non più di tanto) ma spesso non ci rendiamo conto che i veri talenti li abbiamo qui in casa. Grazie del passaggio, Ida, il mio “sguardo” purtroppo ha fatto i conti con la realtà che ho conosciuto e che continuo a riscontrare da adulto. Di Ida Dainese: La fiaba è graziosa, i bambini si identificano subito col piccolo protagonista e, più che compatirlo per le sue disgrazie, gli invidiano quell'amico misterioso, quelle promesse, quel futuro luminoso. Gli adulti, che invece hanno più esperienza di questo mondo, non restano indifferenti all'ingiustizia, alla sfortuna, all'emarginazione di un innocente indifeso. Lo sguardo esce malinconico dal lieto fine della storia, assaporando tutto l'amaro di un'insufficiente consolazione.
Di Giampiero: Ti consiglio di cimentarti, Roberto, scoprirai un mondo che, percependo nella tua scrittura anche la sensibilità di autore che ti pervade a 360 gradi, non potrà che appassionarti. Questa favola l’ho riscritta di sana pianta proprio qualche giorno fa (in tre giorni, e grazie a questo sito che mi ispira, mi sprona), con la consapevolezza che la scrittura dalla prima stesura (esattamente 10 anni fa) è maturata un po’ (almeno voglio sperare).
Roberto, temo purtroppo che di Ciccetto ce ne siano molti nella vita reale, questo racconto è infatti ispirato, tratto in parte dalla realtà poi da me estremizzata, metaforizzata. Ho già detto che detesto scrivere di storie tristi: rileggendo e soprattutto riscrivendo, mi lascia l’amaro dentro. Ma ormai è fatta. Avevo dei grossi dubbi sulla riscrittura, si vede che l’oggettiva di me stesso non riesco a coglierla a pieno in fase di work in progress. Quindi sono felice che ti sia piaciuto. Di Roberto Ballardini: Piaciuta molto. Credo di non aver mai preso seriamente le favole come genere narrativo, forse perché non mi è mai capitato di leggere di prima mano quelle classiche (a pensarci ora spesso deliziosamente crudeli e sinistre) e perché quel poco di narrativa per bambini con cui ho avuto a che fare mi è sempre parso inutilmente grazioso e speranzoso. A leggere la tua mi fa venire una gran voglia di cimentarmici. A parte il soggetto, molto buono e ben organizzato, mi è parso importante quel nesso metaforico tra fantasia e vita reale che qui è ben delineato e che probabilmente, fin da quelle più antiche, è la vera ragion d'essere di qualsiasi favola. A questo proposito mi sorge anche un dubbio, che credo fosse già presente nella mia testa. Sotto l'apparenza della normalità, quanti Ciccetto vivono nella nostra realtà quotidiana? Forse abbastanza da diventare essi stessi la nostra realtà quotidiana?
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A voi, astanti ed esteti dell'arte.
(Sam L. Basie)
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