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Recensione o commento a: Il gioco - (Racconto Narrativa, Breve) - di Roberto Ballardini:

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Le altre recensioni o commenti
Di Ida Dainese: Sì, Roberto, hai ragione: crede di sconfiggerla, in realtà l'alimenta. In quanto alle opinioni è inevitabile che emergano, chi scrive parla di se stesso, chi legge vede sempre se stesso. Smile
Grazie della stima, mi lusinghi, ma cerco sempre di imparare e, a dir la verità, le Gare ora sono così ricche e impegnative che le temo un po' Laughing
Di Roberto Ballardini: Ottima analisi, Ida, come sempre. Faccio soltanto una puntualizzazione, per quello che è il mio punto di vista sul racconto - che a questo punto vale come quello di qualsiasi lettore - e cioè la seguente: non sconfiggerla, alimentarla. Per quanto mi sforzi di essere imparziale, poi la mia opinione in merito emerge, e credo sia normale.
Mi chiedo perché non partecipi più alle gare. Naturalmente ho notato che la tua partecipazione passata è stata molto intensa e forse è per questo, nel senso di aver già dato. Peccato però.
Di Ida Dainese: Un racconto che ho letto con interesse, perché è ben scritto e ben sviluppato. Mi sono piaciute le descrizioni complesse dei due protagonisti, il rivelarsi, il nascondersi, il mostrarsi diversi, il credere di essere diversi.
Mi è piaciuto come il virtuale crolla al contatto con la realtà, come se tutta la fantasia e l'immaginazione, che di solito arricchiscono la vita reale, si siano rivelate qui nient'altro che piccole, squallide menzogne. L'illusione che sostiene i personaggi all'inizio si nutre dell'idea personale che ognuno si fa dell'altro, si crea un'immagine che non corrisponde al vero e tutto quello che si voleva nascondere, insicurezza, paura, sfiducia, irrompe di colpo alla fine.
La risposta al messaggio di Andromeda è per Charles ammettere che la chat è l'unico modo per sconfiggere la sua solitudine, come se non fosse in grado di reggere alla vita reale.
Di Roberto Ballardini: Per carità. Ho ancora in mente un fatto di cronaca che parlava di un'adolescente credo inglese impegnata in una chat spinta con un emerito sconosciuto (o almeno lo credeva lei) che poi ha deciso di incontrare e si è rivelato suo padre. Un autentico film dell'orrore che il mio animo sensibile (ahahah) non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare, figuriamoci reggere anche soltanto a livello ipotetico. Come ho risposto a Carlo, il mio fine qui non era quello di creare tensione o colpi di scena, ma quello di sviscerare se possibile una storia di ordinaria realtà virtuale, inserendo com'è logico alcuni particolari che ho vissuto realmente. Mi fa ovviamente piacere che il racconto appaia scritto bene, anche perché in alcuni punti ho riscontrato una certa difficoltà a non impapocchiarmi nell'intrico di identità virtuali e a rendere, spero, tutto chiaro e leggibile. Grazie per il passaggio, Andr. Alla prossima.
Di Roberto Ballardini: In effetti, la narrazione della tua disavventura sentimentale ha tutte le caratteristiche di una tragedia, almeno da come la racconti. Scherzi a parte, concordo con te sul fatto che tra virtualità e realtà ci corra un mondo intero. Questo perlomeno ci dice che, per conoscere veramente le persone, non bastano le parole. Abbiamo bisogno di un contatto fisico. Tralasciando gli elementi estetici, che sono assolutamente relativi, ci serve vedere come ridono, come si arrabbiano, quanta pazienza abbiano o meno, ci serve ascoltare la loro voce. E dal punto di vista relazionale, poi (che forse è l'elemento che ha più attinenza con la struttura narrativa di una trama e dei suoi personaggi) ci serve condividere una storia, degli eventi. In questo senso le opinioni non bastano, e nemmeno le battute da chat. Tornando al racconto, credo in effetti che questo appartenga a un altro genere rispetto a quelli che ho pubblicato qui. Non a caso non l'ho inserito nella prima raccolta, proprio perché ha finalità diverse da altri magari più avvincenti (almeno spero). Visto che ormai ho messo da parte qualsiasi velleità autoriale, diciamo che mi capita a volte di usare la scrittura come se muovessi il cubo di Rubik, per risolvere cioè certe contraddizioni che avverto nel mio pensiero. Poi non ci riesco quasi mai, limitandomi come in questo caso a mettere sul piatto della bilancia entrambe le facce della medaglia ma senza pesarle, ma rimane comunque un esercizio molto gratificante, per me. Grazie per il passaggio, Carlo. Il tragico aneddoto di vita virtualereale si è rivelato in realtà molto divertente. Alla prossima.
Di Andr60: Mi associo al commento di Giampiero, nello stigmatizzare gli incontri on line come fonte di brutte sorprese e di incontri (potenzialmente) pericolosi per la propria salute psico-fisica. Probabilmente la mia idiosincrasia ai social è nata vedendone l'uso, con centinaia di boccucce a culo di gallina che ti salutano pensando di essere spiritose. Venendo al racconto, è scritto benissimo come al solito, nella descrizione della psicologia dei personaggi e nello sviluppo (e involuzione) della vicenda.
Se proprio devo essere iper-critico, posso solo fare un'osservazione al finale: mi aspettavo che la misteriosa Veronica fosse la figlia adolescente. Sarebbe stato un doppio colpo di scena, e la premessa per una bomba a orologeria nel rapporto tra i due protagonisti.
Comunque, (altri) complimenti a Roberto Ballardini
Di Giampiero: È solo merito della tua scrittura incisiva se sono riuscito a leggere e apprezzare questo tipo di racconto: “In chat”, volendo fare un paragone, c’era molta più tensione e mi sono potuto “distrarre”. Qui ho dovuto solo “subire”. Il fatto è che io odio in modo sviscerale le chat e le dinamiche psicologiche che ne derivano. L’unica volta in vita mia che ho chattato per abbordare una tipa che in rete si autodefiniva bona, una volta incontrata è stata per me una tragedia greca: brutta come un manico di scopa. Okay, sono indelicato nell'esprimermi verso questa persona, lo riconosco, ma in realtà sto pensando di chiederle un risarcimento per danni psicologici procuratemi. L’esperienza mi ha insegnato una cosa: che dal mondo virtuale a quello reale ci passa l’oceano Atlantico nel mezzo.
Bando all'ironia, diciamo che il racconto in sé ha una morale e, volendo, un colpo di scena interessante. Il che, il mio giudizio da lettore alla fine non può che essere positivo per come l’hai tecnicamente condotto.






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Dedicato a tutti coloro che hanno scoperto di avere un cervello,
che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che
patiscono quell'arrogante formicolio che dalle loro budella
striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani.

A voi, astanti ed esteti dell'arte.

(Sam L. Basie)




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