Di Marcello Rizza: Leggendo le ultime righe di Roberto Virdò mi è tornata una poesia di Kavafis: "È che è scesa la notte e i Barbari non arrivano.
E della gente è venuta dalle frontiere dicendo che non ci sono affatto Barbari…
E ora, che sarà di noi senza Barbari?" So che non sto commentando il racconto. Avendo letto la risposta a Roberto dell'autrice la conforto. A leggere Roberto ci si nutre di buona letteratura.

Di Eleonora2: Grazie! Per i complimenti, per l'accoglienza, per le belle parole e per l'attenta lettura. Rappresenti molto in questo bel sito. Non potevo esimermi dal rispondere e non solo per l'apprezzamento, ma perchè hai capito quel che ho voluto passasse. Sei un ottimo lettore, sensibile e capace, adesso andrò a leggere tutte le tue opere. So già di non rimanere delusa.

Di Alberto Marcolli: Commento di un ex editor, quindi necessariamente critico, ma a fin di bene.
I complimenti piacciono a tutti, me compreso, ma spesso non ci aiutano a migliorare il nostro stile.

Uso esagerato del "che" – ben 22 volte su 80 righe!
Bisognerebbe riuscire a rendere più fluida la narrazione, magari accorciando le frasi e utilizzando meglio le virgole.
Provo a fare un esempio:

Frase:
"Un pomeriggio di inverno, al secondo anno di liceo, ricalcavo una cartina geografica col foglio appoggiato al vetro della finestra mentre mia sorella studiava a voce alta letteratura latina. Ad un certo punto mi venne in mente di chiederle "Secondo te, papà non ci ha volute o mamma, semplicemente, non aveva idea di chi fossimo figlie?" Mia sorella non rispose."

Riscrittura:

Era un pomeriggio d'inverno. Frequentavamo entrambe il secondo anno di Liceo. Io ricalcavo una cartina geografica, appoggiata al vetro della finestra di camera nostra, mentre mia sorella studiava, a voce alta, letteratura latina. A un certo punto, mi venne in mente di chiederle: "Secondo te, papà non ci ha volute o mamma, semplicemente, non aveva idea di chi fossimo figlie?" Mia sorella non rispose.

Di Antonella Iacoli: Ciao Eleonora,
mi è piaciuto tutto di questo raccontino pieno di sensibilità, in particolare come scrivi. Spero di poterti leggere ancora,
Antonella.

Di user deleted: È un po' che non mi faccio vivo con un commento su uno dei testi che giornalmente compaiono su BA. Aspetto che peraltro reputo uno dei punti di forza di questo bel sito.
Confesso che se l'ho fatto oggi è stato per la sorpresa provata nel leggere un testo così intrigante. Vorrei esprimere, ma in punta di piedi poiché trattasi della mia modesta opinione (anzi voglio proprio esagerare: modestissima) una nota di merito nei confronti dell'autrice per lo stile, che denota una marcata padronanza di linguaggio gestita con estrema eleganza. Una miscela a dir poco esplosiva, che in qualche modo traccia già una strada di sicuro successo. Il tempo è galantuomo. Complimenti davvero.
Non si può poi trascurare la storia, il cui pregio principale, ma qui parte la tipica s-considerazione, è quello di raccontarci quasi in sordina un fatto eclatante. Perché ciò che ci fa morire o vivere non può che appartenere a noi stessi. Una dimensione intima intrecciata, inquinata, violata da sguardi e dubbi e al contempo protetta da un amore indissolubile.
"Costruzione della mia mente vuole che non ci sia spazio di là dal ponte che possa essere occupato dalla mia persona": meravigliosa riflessione, per quanto mi riguarda il "clou". Mi ha fatto tornare alla mente, con quei salti mnemonici di cui non sapremo mai origine e destinazione, la frase di un filosofo che ovviamente non ricordo (e anzi, nego già tutto): fuggire, dove fuggire? E una volta fuggiti, dove restare?
Piaciuto moltissimo.