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Le altre recensioni o commenti
Di Giancarlo Rizzo: Purtroppo non so scrivere racconti creati dalla mia fantasia. Racconto solo ed esclusivamente quello che vivo e quindi commento secondo il pensiero del momento e sono contento che il pensiero sia " spinoso". Per il resto mi accontento della vostra decisione di condannare l'offesa fisica solo per il fatto che non è possibile giudicare veramente le conseguenze morali essendo queste difficilmente valutabili dall'esterno. Credo anche che la civiltà progressista debba considerare l'argomento con sempre maggiore attenzione: secondo me ci sono tutte le occasioni per approfondire il tema.
Di user deleted: Riassumendo, resto dell'idea che quella fisica colpisce oggettivamente l'essere quindi rispetto a quella morale che può essere affrontata anche soggettivamente, a mio avviso all'immediato è sicuramente più condannabile di quella morale.
Nel lungo termine, chiaramente quindi se la violenza fisica poi non è portata all'estremo, potrebbe avere invece più rilevanza su questa quella psicologica, essendo più difficile da superare nel tempo, il corpo sicuramente per quanto martoriato si può riprendere più velocemente della psiche venuta violentata da un lungo e perpetuato periodo. Di user deleted: Guardate che io non sto dicendo che la violenza morale non sia deprecabile tanto quanto quella fisica, se uno vive tutta la vita nella paura, in fondo sarebbe più auspicabile la morte, che difatti spesso appare come unica via d'uscita, peraltro dopo chissà quanti dolori e tormenti della psiche vissuti, quindi io non sto affatto minimizzando questo. Dico solo che nonostante questo si può sempre avere se non si scelgono drammatiche "vie di fuga" dal dolore, un percorso di riflesdione e presa di coscienza, un percorso riabilitativo della psiche, se non totale almeno parziale, ma nella violenza fisica (che tra l'altro ha in sé anche quella psicologica) se portata agli estremi non c'è poi nessun percorso di salvezza possibile, né per il corpo, né per la psiche.
Di user deleted: Il problema Giancarlo credo sia che troppo spesso si eccede nella violenza fisica, fino a sfociare in cose di cui purtroppo si sente spesso parlare. Inoltre la violenza morale è sempre interpretabile in modo diverso da persone diverse, a meno che non si parli di razzismo o cose simili.
Per via degli eccessi che già esistono questo argomento è un po' un tabù ma mi fa piacere che tu stia tentando di parlarne fuori da stereotipi. Una bella sfida potrebbe essere per te quella di scrivere un racconto di immaginazione che metta in luce i punti di cui parli. Un racconto più lungo intendo. Perché qui non si capisce il contesto e quanto grave sia l'offesa. E non si capisce se non l'ha più fatto perché ha capito o per timore. Timore anche solo del ricordo più che del dolore. Il racconto così com'è è carino, ma non si capisce bene tutto e l'argomento è spinoso. Di user deleted: Si ma se offendi uno moralmente è lui che si suicida (ha comunque una scelta) se lo picchi a morte sei tu che materialmente e praticamente attui la sua dipartita (senza possibile via di ritorno o scelta), direi che tra le due, per quanto entrambe dolorose per chi ne è vittima, ci sia differenza.
Quindi l'offesa morale, può portare al suicidio (come massima conseguenza), oppure se si è moralmente più forti di chi ti offende, anche a nulla che non sia fastidio o irritazione, rabbia o al massimo odio, quello che vuoi, ma comunque superabile. Quella fisica elimina il tuo essere soggettivo, quindi elimina o ferisce oggettivamente tutti a prescindere dal loro essere o sentirsi in causa, ergo per forza di cose più condannabile oggettivamente come offesa recata. Di Giancarlo Rizzo: Credo che la differenza tra l'offesa fisica e quella morale venga giudicata in modo superficiale.
Sicuramente dipende dal fatto che l'offesa fisica producendo dolore fisico sia più potente di quella morale, probabilmente perché siamo moralmente insensibili! Non solo: l'offesa fisica è propedeutica alla morte e quindi alla fine senza ritorno, e questo spaventa; forse per questo la rende più condannabile. L'offesa morale non uccide, si sopravvive e si spera che rimargini la ferita. Ma forse fa più male di quella fisica e se così fosse allora diventerebbe più condannabile. E poi mentre la fisicità è misurabile, difficile è giudicare quanto soggettivamente la vittima sia stata offesa. Io rivedrei il giudizio con due esempi. Il primo è considerare la tortura fisica: molti sono forti, la subiscono e resistono. Il secondo è la persecuzione intimidatoria dello stalker attraverso offese mediatiche: spesso portano al suicidio. Non credo sia un buon metodo di giudizio quello che si basa solo sulle conseguenze. Eticamente metterei sullo stesso piano il corpo e lo spirito. Di user deleted: Giancarlo mi piace questa tua domanda
"Perché è più "condannabile" il gesto fisico piuttosto che l'offesa morale?" Io credo che il gesto fisico vada sempre condannato. Però troppo spesso ci si dimentica di quello morale. Di user deleted: Uccidono perché i loro stessi impulsi emotivi associati a quelli ormonali, quindi fisici (l'azione stessa) sfuggono al controllo relativo dell'io al momento stesso dell'atto in compimento, quella che tu chiami risposta d'istinto che istinto non è, se lo fosse non ci sarebbe pentimento, in natura i leoni maschi, uccidono tutta la prole del capobranco sconfitto per perpetuare solo il loro lascito, ma dopo non se ne pentono o realizzano di aver commesso un crimine. Relativo perché se io in quel momento subconsciamente non ho stretto la mano, vuol dire che il mio io ancora aveva parte del controllo sull'azione compiuta per esempio. Quindi sono reazioni che definirle istintive è solo per scusa verso se stessi in primis. Dipende solo da quanto si è in quel momento ancora consci, quindi padroni mentalmente di quello che si sta facendo, anche a un livello sub-conscio come nel mio caso. Succede più spesso nei maschi perché penso che il genere femminile abbia più un impulso emotivo verso la conservazione invece (non sempre anche loro su forte impulso di stress come durante il periodo post parto capita che cedono agli stessi impulsi, commettendo infanticidio) della specie, rispetto comunque a quella assunta o pervenuta al genere maschile, che per sua natura (sempre impulsi emotivi e ormonali) tende più ad imporsi sia con gli altri maschi che con le femmine stesse. Quindi adesso che ho spiegato meglio il concetto che cosa cambia?
Di Giancarlo Rizzo: … ma non sempre le cose vanno così lisce, non sempre la mano rimane aperta sulla gola, non sempre ci si ferma ad uno schiaffo sulla vita e la pelle di chi si dice e si crede di amare.
E cosa succede allora quando persone normalmente inserite nella società, se sottoposte a stress uccidono? E molto più in generale perché solitamente sono i maschi che fanno la guerra? Le risposte ovvie le sanno dare tutti. Hai qualcosa di meglio? Di user deleted: Come sai nutro rispetto e stima verso di te Giancarlo, non metto in dubbio minimamente la tua bontà "d'animo" (ormai almeno per me è molto difficile usare questo termine), ne tantomeno su cosa vuol dire a volte in determinati contesti, percependo magari sul momento una ragione totale o comunque molto netta nei nostri intenti durante una discussione con l'altra persona, il possibile cadere preda noi stessi poi da degli impulsi emotivi che mai avremmo neanche creduto risiedere in noi. Quindi condannando il tuo fatto, allo stesso modo del mio gesto, il punto qui, il problema non è solo lo schiaffo o la mano nel mio caso, ma anche e sopratutto in questo caso il solo fatto di concepire in possibile egual misura o equiparare a loro modo un offesa fisica ad una morale, qualsiasi sia poi l'intensità data, ricevuta e posta da entrambe in essere. Non credo che servano trattati o saggi da scrivere su questo. Chiarito questo punto, non è certo per questo che cambio opinione nei tuoi confronti, non ho mai pensato né penso tutt'ora che tu sia un violento o giù di lì, solo che come tutti, me compreso, chiunque nella vita (senza distinzione di sesso, anche se per statistica cambia l'entità e spesso e volentieri proprio in base al sesso come ben sappiamo), può cadere in errore, basta poi però (per quanto difficile da cancellare nel mio caso, tanto come nel tuo) comprendere l'entità stessa di questo errore e accetarne poi le eventuali e possibili conseguenze dirette, del fatto/gesto compiuto. Nel tuo caso per quanto sia le cose si sono sistemate o riassettate nel tempo, nel mio è stato un comprendere che quella determinata persona per quanto potessi esserne legato mi stava portando verso qualcosa che non mi appertiene (non parlo della mano alla gola), ma non sempre le cose vanno così lisce, non sempre la mano rimane aperta sulla gola, non sempre ci si ferma ad uno schiaffo sulla vita e la pelle di chi si dice e si crede di amare.
Di Giancarlo Rizzo: Scrivendo il testo intitolato NO, avrei voluto intitolarlo "scarpette rosse".
Immaginate che quello sia il borbottio tra sé e sé di un uomo-maschio, incazzato per il fatto di sentirsi impotente di fronte all'ottusità della moglie-femmina, che non vuole ragionare e che non obbedisce ai suoi voleri. Con un piccolo sforzo di immaginazione, stando all'ultima minaccia, si potrebbe concludere il racconto con la descrizione di un dramma. Tutto dipenderebbe dall'intensità della rabbia e dell'impulso aggressivo dell'uomo, come se una caldaia raggiungesse la pressione esplosiva. Che dire? Lo schiaffo è conseguente a una parola giudicata offensiva. Il NO è una offesa alla potestà maschile. Il maschio è violento e selvaggiamente reagisce. Sto provocando discussioni che dovrebbero tradursi in Saggi per BraviAutori? Di user deleted: Per quanto l'offesa morale sia anch'essa graffiante, penso pure io che quella fisica risulti più grave e molto più graffiante.
Di user deleted: Le parole possono essere solo motivo scatenante di un fatto, ma il fatto è che non è la parola che uccide, ma solo i fatti che ne possono conseguire, la parola, scatena la spada, ma è solo la spada che poi materialmente uccide. Questo non toglie che anche le parole possono portare chi le subisce a chiudersi in se stesso fin anche commettere suicidio, ma quello non è colpa della parola in sé, ma anche e soprattutto dello stato d'essere di chi la subisce. Anche li la parola è solo motivo scatenante, non colpevole però materialmente della violenza fisica che uno può autoinfliggere poi a se stesso.
Di user deleted: Perché Giancarlo, le parole, per quanto siano o possano essere dolorose, scivolano, passano, feriscono, ma non colludono di per loro, se non si condanna l'atto fisico in maniera diversa dalla parola, dopo non ci sarebbe poi più differenza tra un vaffanculo e un pesto sulla faccia.
Di Giancarlo Rizzo: Perché è più "condannabile" il gesto fisico piuttosto che l'offesa morale? Bisognerebbe riequilibrare il concetto di condanna; d'altra parte tutti sanno che la parola uccide quanto la spada…
Di user deleted: Posso comprenderti, una volta dopo un litigio con una mia ex, mentre mi sono sentito vomitare addosso un odio assolutamente immeritato, il tempo che me ne rendessi conto, avevo già la mano al suo collo, non stavo stringendo, ne ho stretto, ma il solo gesto, quell'unica sola volta nella vita che mi è successo di fare qualcosa di molto simile (non nei fatti alla fine, ma nel gesto stesso) comunque ad una violenza su una donna, mi sono sentito non un verme, fece di verme. Non c'è scusa né perdono ad una cosa del genere. Dopo poco ci siamo lasciati, non dovuto a questo fatto, quella volta poi entrambi abbiamo capito e ammesso i nostri errori, ma perché insieme era diventato qualcosa di tossico, un farsi del male a vicenda, nonostante l'alto coinvolgimento da entrambi. Quindi non so, rimangono gesti imperdonabili a mio avviso, io stesso dopo quasi undici anni ancora non me lo perdono né me ne capacito. Quindi comprendo, ma nonostante poi voi due siete riusciti comunque in parte ad assorbirne il fatto, essendo io stesso passato su qualcosa di molto simile come ho detto, non posso fare altro se non condannare comunque, nel fatto stesso di averlo poi compiuto, il tuo gesto Giancarlo.
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che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che
patiscono quell'arrogante formicolio che dalle loro budella
striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani.
A voi, astanti ed esteti dell'arte.
(Sam L. Basie)
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