Di user deleted: Il disagio, tragicamente consapevole, attraversa prospettive rovesciate o contrapposte, ne descrive frammenti quotidiani infelici (l'alienazione domestica) e l'isolato controcanto ("da lontano… qualcuno intonava una serenata…") di chi resta nella vita marginale.
La salvezza potrebbe essere la strada, se non attraversasse microcosmi dilaniati ("un sottofondo d'amore e conati") dove le coppie litigano "perché lui aveva impostato male il condizionatore". Ma ad essere additato è chi, suo malgrado, dalla finestra della strada vede e registra i microcosmi impazziti ("È lui… lo scrittore, come si chiama…"); subito dopo, l'imprecazione forse interiorizzata segna un confine insuperabile tra gli stereotipi di persone alienate nelle case-prigioni e l'assetato di vita (o alcolista di vita) che vorrebbe "sparire come il canto dei grilli prima dell'alba". Il resto della vita è, forzatamente, non tanto la ricerca di una collocazione possibile in un mondo disarticolato quanto la ricerca di un senso autorigenerante malgrado esso.
Questa poesia è una lucida e al tempo stesso lirica presa d'atto del non senso che struttura (o meglio de-struttura) le società contemporanee. Sembra lo sguardo di un Whitman pessimista che costruisce il testo secondo modalità dialettiche leopardiane, senza tuttavia voler indossare la 'livrea' dello scrittore.
Il tono è dunque apparentemente dimesso e antiretorico ma non può inibire alcune evidenti espressioni liriche, già sottolineate, per l'autenticità esistenziale e moderna dei temi. Per tutte queste ragioni ritengo che "Il resto della vita" sia una poesia intensa, che induce a meditare. Una bella poesia.