Alla colonna

Grazie ancora, Ida, per l'attenta analisi che riservi a qualcosa che, come già ho accennato la volta scorsa, per me è una continua scoperta. Mi riferisco alla poesia. Nelle mie intenzioni iniziali aveva un altro titolo, doveva chiamarsi "La fede del titano" ed essere meno religiosamente connotata alla vita di San Sebastiano, ma col senno di poi ho pensato di rimodellarla su di lui e non più su Prometeo. Il nodo centrale è sicuramente il riscatto, ho immaginato un San Sebastiano che anziché spirare - dopo innumerevoli angherie - riesce a vivere più a lungo dei suoni nemici e vendicarsi "vivendo bene", cioè costruendo le tombe di chi gli ha cagionato del male grazie al legno di ogni freccia che lo ha colpito nel corso di un martirio infinito. San Sebastiano perciò è rimasto non solo in quanto facilmente assimilabile dall'immaginazione del lettore, ma soprattutto per una sorta di intrinseco eroismo che nell'iconografia occidentale può essere adombrata solo da composizioni che si rifanno alla mitologia classica. Volevo fosse un monito a non inginocchiarsi davanti alla sofferenza, a prescindere dall'entità di quest'ultima, e a tenere sempre la testa alta.