L'ALBERGO DELLE DONNE TRISTI
-
clicca l'immagine per andare al negozio suggerito
-
o cerca su
Google
In una una delle quarantadue isole di cui è composto l'arcipelago di Chiloè nel sud del Cile, un posto di cui l'autrice riesce a farci cogliere i colori, i suoni e i particolari odori in dettagliate descrizioni inusuali soprattutto per noi europei, si trova un particolare "Albergo" detto il DOLCE RIFUGIO DELL'ANIMA dove, per tre mesi consecutivi, si ritrovano venti donne totalmente diverse fra loro, legate da un unico denominatore comune: la sofferenza della vita e il loro diverso modo di subirla, accettarla o combatterla.
L'albergo è di proprietà di Elena, donna forte ed equilibrata, di estrazione ricca e borghese,
che della militanza politica di sinistra ha fatto la sua vita anche se poi se ne è allontanata Medico, specializzata in psichiatria dopo aver svolto per anni il lavoro nei consultori popolari ha poi deciso comunque di continuare ad aiutare le donne più indifese.
Elena seleziona le sue "ospiti" (che non vengono mai chiamate né pazienti, né clienti) tenendo solo conto delle sofferenze patite e non guarda mai né la provenienza geografica né lo status sociale né la posizione economica procedendo essa stessa con i propri fondi per quelle che non possono pagare. Il suo obiettivo è guarirle non cambiarle fornendo loro aiuto e consolazione senza giudizi o rimproveri.
Qui, le ospiti dell'albergo raccontano in modo spontaneo e complice le loro storie fatte di sogni irrealizzati, affetti ormai estranei, amori autolesionistici o impossibili senza aspettarsi mai da parte delle altre giudizi o rimproveri ma anzi sicure di essere sempre comprese e accettate per quello che sono. Belli i dialoghi, le chiacchierate dolci e intime che rivelano una confidenza insperata dovuta forse al clima di intimità che si crea nell'albergo dove i problemi reali sembrano lontani.
Le ospiti che arrivano all'albergo sono donne che hanno deciso di non fare più da padri ai loro mariti o di essere da questi considerate come figlie e sono invece andate alla ricerca di un rapporto paritario dal quale sono uscite però emotivamente ferite in preda a una grande solitudine.
Il messggio del libro è comunque chiaro. Nelle sofferenze della vita si perde la stima di sé stesse, non si crede più nelle proprie potenzialità e capacità fino a che qualcuno non le fa risaltare agli occhi increduli. Una speranza rimane sempre, anche quando ci si sente sfiniti, inutili, incapaci di dare amore e di riceverne.
C'è sempre un "mazzo di chiavi" che apre le porte alla vita, a nuovi amori.
Qualcuno e qualcosa c'è. Basta sapere cercare la "Patria" dove si darà riposo alle sofferenze già vissute. Si deve solo decidere di ricominciare a "vivere".