LA MIA AMICA EBREA
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Sono tanti i libri che affrontano il tema della guerra e della Shoah e non è facile raccontarlo in maniera originale e al tempo stesso storicamente verosimile. L'autrice Rebecca Domino anche questa volta ha svolto prima un buon lavoro di documentazione, in parte riassunto in una piccola appendice finale che aiuta a collocare gli avvenimenti narrati anche dal punto di vista cronologico.
Josepha Faber detta Seffi è una ragazzina tedesca di quindici anni che vive a Wandsbeck, quartiere di Amburgo, insieme ai genitori e al fratello Ralf. Suo padre è un calzolaio, reduce di guerra, che ha perso una gamba sul fronte russo, insieme al suo equilibrio psichico, dicono, e a molte delle sue certezze. È iscritto al partito, ma senza troppa convinzione.
Suo fratello è iscritto alla Gioventù Hitleriana, legge e porta a casa continuamente opuscoli e libri di propaganda nazista, spesso litigando con suo padre per una diversa visione della politica hitleriana. Sua madre cerca di mandare avanti la casa, arrabattandosi con piccoli lavori di sartoria o cucendo in silenzio calzini per i soldati al fronte.
Seffi ha un carattere molto sensibile, "Seffi e le sue lacrime" la canzonano spesso le sue inseparabili amiche Anja, Jutte e Trudi che condividono con lei studi, giochi, passeggiate, i primi amori, l'illusione di riuscire ad avere una vita normale, sempre con la paura che ogni giorno possa essere l'ultimo.
Sogna di fare la scrittrice o l'insegnante come la signorina Abt, che dopo la chiusura delle scuole, tiene ancora lezioni in casa per le ragazze ariane non ancora fuggite in zone più sicure. È cresciuta nella certezza della superiorità della razza ariana, con la convinzione che gli ebrei siano solo un pericoloso veleno. "Il fungo velenoso" recita il titolo di una sorta di fiaba antisemita allora in voga tra i giovani tedeschi, che suo fratello le ha fatto leggere, rimproverandola poi per aver espresso qualche perplessità, per lui Hitler ha sempre ragione e non possono esserci dubbi.
Una sera qualcuno bussa alla porta con concitazione, mettendo tutta la famiglia in apprensione. Tutti sanno che la Gestapo cerca le case degli ebrei per portarli via o per arrestare chiunque abbia commesso qualche crimine. Tutti hanno paura: basta poco, una sola parola fuori posto per finire nella lista dei sospetti.
Dopo molte esitazioni decidono di aprire, trovandosi davanti la signora Binner e due dei suoi figli, tre ebrei in cerca di aiuto. Il signor Faber conosceva il marito della donna, deportato in un campo di concentramento, e rimane perplesso di fronte alla sua richiesta d'aiuto, indeciso sul da farsi, mentre il figlio Ralf lo esorta a cacciarli via, minacciando di denunciarlo alla Gestapo.
Lo scontro è violento, ma il padre è irremovibile nell'offrire qualcosa da mangiare, un pezzo di pane imburrato alla figlia più piccola, svenuta per la fame. Seffi prepara il pane come ordinato da suo padre, ma non sa se ascoltare lui o suo fratello, che ha svolto il ruolo di capofamiglia in sua assenza.
Dopo un momento di forte tensione, Ralf si chiude nella sua stanza minacciando denunce e il signor Faber finge di allontanare i tre fuggiaschi, offrendo loro un rifugio in soffitta, all'insaputa di suo figlio.
Seffi e sua madre, per quanto titubanti, accettano di aiutarlo, portando ogni tanto di nascosto un po' di cibo (tre fette di pane imburrato).
Piano piano tra Josepha e Rina, sua coetanea, nasce un dialogo; Seffi comincia ad avere dei dubbi. Non comprende quali siano le ragioni di tanto odio verso gli ebrei, come tanti tedeschi non sa cosa avvenga realmente nei campi di concentramento, però considera gli ebrei una razza inferiore e non riesce ancora a concepire la possibilità che si possa essere loro amici.
In soffitta Josepha conserva i suoi vecchi libri e inizialmente non sopporta l'idea che la ragazzina ebrea possa toccarli, leggerli; poi la comune passione per la lettura le farà avvicinare, facendole scoprire la loro difficile vita, costretti da un anno a nascondersi come topi, senza mai poter vedere il cielo, fino a sentirsi responsabile della loro sorte, della loro salvezza.
Non posso certo riassumere in poche parole le vicende narrate in questo bel libro che ha il pregio di mostrare un lato poco conosciuto della guerra, il volto buono di una parte del popolo tedesco, di chi ha aiutato anche solo poche persone, spesso pagando duramente la propria generosità.
È un libro da leggere, una storia scorrevole che alterna momenti di spensieratezza e paura, amicizia e incomprensioni, speranza e dolore, che fa riflettere su come a volte le nostre presunte certezze si basino solo su pregiudizi e scarsa conoscenza del'altro.