LEMONADE
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Ogni lettrice di Regency sa quanto è facile innamorarsi di un eroe maschile.
Ã? inevitabile: da Mr. Darcy in poi ci siamo inebriate, colpite al cuore non solo dalla passione che il protagonista riesce a dimostrare verso il fortunato oggetto del suo desiderio, ma anche dal suo aspetto fisico e dall'innato magnetismo.
In "Lemonade" di Nina Pennacchi, detesterete a tal punto la canaglia Christopher Davenport da divorare le pagine nell'attesa che l'agognata vendetta della protagonista si abbatta su di lui in tutta la sua crudeltà .
Con simili premesse, è d'obbligo cominciare dal principio.
"La limonata è la bevanda più innocua e salutare di ogni sala da ballo" citava il London Magazine nel 1826.
Non per Anna Champion. Non se a causa dell'infernale bevanda finisce, suo malgrado, vittima della vendetta indiretta di Christopher Davenport, una sorta di Heathcliff vendicativo e passionale che anziché valicare i cancelli di Cime Tempestose, varca la soglia della sala da ballo di Coxton al solo scopo di braccare il suo nemico. I suoi tormenti, così come le sue mire, sono note solo a lui, mentre l'autrice apre squarci sul suo passato, incubi inquietanti quanto i sorrisi che l'uomo dispensa per accattivarsi le simpatie del suo acerrimo nemico, dapprima un fantasma poi sempre più vicino.
Ma dove Heathcliff sposa senz'amare Isabella Linton e la sua crudeltà verso di lei non conosce limiti, Christopher Davenport trova il suo limite nella giovane Anna. Perché i baci e le carezze che lui le riserva, dapprima rubati poi via via più appassionati, sono veri a dispetto dell'orgoglio di accompagnarsi a una donna inferiore a lui per bellezza e casata. Perché solo l'orgoglio (sì, di nuovo il maledetto orgoglio) di Anna non le consente di portare a fior di labbra quello che prova per un uomo che lei crede disprezzarla.
Due caratteri forti e oltraggiati uniti fino a un intenso finale liberatorio.