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Sat 13 July, 18:19:18
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Recensione o commento a: La conoscenza - (Aforisma Filosofia, Brevissimo) - di Rossella D'Ambrosio:

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Di user deleted: Anche io Rossella vivevo poco fa con lo stesso principio, esattamente le parole da te espresse sul finire del commento. Poi però mi sono chiesto ragionando sul perché di questo, non legato al volere una risposta a queste domande, ma il perché mi pongo le domande stesse se così fosse. Se fosse solo questo un senso per noi, senza senso quindi, senza risposta a noi comprensibile, non essendo noi Dio, perché allora ci continuiamo a chiedere i perché esistenziali? Prima mi rispondevo infatti con la fede, credo in Dio, credo in un anima, credo che sarà fatta la sua volontà. Questo può già essere un giusto senso e ha una sua logica basata sulla fede. Però poi a volere essere onesti e sinceri, cosa mi portava e spingeva a credere veramente a questo? Sempre un egoismo di fondo, la voglia e bisogno di continuare in essere la mia essenza, ma se è l'egoismo che spinge alla fede, allora non c'è il divino, ma solo umano senso di paura che alberga nel profondo di noi, nel volere perciò cercare questa possibile e da me sentita tale e a mio modo vissuta in passato, via di fuga. Allora mi sono chiesto il perché avessi bisogno di questo egoismo di fondo, diventato poi nel tempo un sentimento di fede in altro per accettare la morte o viverla come un passaggio verso altro appunto, da qui poi è cambiato tutto, il perché dei libri, la fede, e quindi l'io che portava tramite sua illusione a credere a questo, solo per avere anche un dubbio di poter salvare o quantomeno accettare coscientemente in essere la propria dipartita.

Questo mi ha portato a non avere bisogno della fede per determinare l'esistenza di Dio, ma se esso è può essere comunque solo fuori da me, per i motivi appena descritti. Quindi eliminando il tocco divino rimane solo la vita stessa come per qualsiasi altra forma di vita, di cui noi però tramite coscienza della stessa in essere, possiamo anche averne data comprensione, ecco quindi il senso e lo scopo. Senza paura accettando la morte per quello che è, la fine della esistenza, ciò che in realtà rende e da un senso a tutta la vita stessa, senza egoismi, senza speranze illusorie da questo dettate, ma semplicemente la verità e la libertà di esprimere al meglio delle mie possibilità ciò che sono su ciò che comprendo di essere, racchiuso nel tempo e nello spazio a me determinato di farlo.
Di Rossella D'Ambrosio: Sono contenta Giancarlo, contenta di questo spazio di confronto e discussione.
Di Giancarlo Rizzo: Quella mia espressione era scritta prima dell'ultimo tuo commento ed era una battuta sarcastica diretta al buon pensare, alle riflessioni logiche, ai "ragionamenti".
Ma l'ultimo commento, in risposta a Gabriele mi ha rincuorato perché lo condivido.
Di Rossella D'Ambrosio: Giancarlo mi creda per vivere, e vivere autenticamente ogni tanto bisogna elevarsi al di sopra della terra che calpestiamo. Non mi definirei come Lei dice, anzi… A volte la riflessione richiedere una virtualizzazione dalla fatticità, e quindi elevarsi al di sopra della dimesione "sensibile".
Di Rossella D'Ambrosio: Gentile Gabriele grazie per la tua attenzione. Beh sono d'accordo con te sulla prima parte del tuo commento quando confermi la necessità di una presa di coscienza dei nostri limiti in campo gnoseologico. Tuttavia quando tu parli di Anima, Dio, Spirito, io non credo in una assoluta e netta dicotomia tra il mondo il fenomenico per così dire che rappresenta il campo di tutte le esperienze possibili e un qualcosa (sia esso uno spirito, Dio, una legge naturale/divina) che permea nel mondo. Piuttosto quindi che porre una netta separazione o cadere in qualche dualismo, più che stabilire dicotomie io stabilirei differenziazioni. Ipotizziamo che vi sia uno spirito costitutivo del mondo, ecco io potrei dire di non poterlo conoscere e oggettivare come appunto oggetto della mia attenzione e percezione, tuttavia io vivo di tale spirito che permea nell'orizzonte nel quale io sono "gettato" e nel quale mi determino ogni volta e dal quale sono determinato.
Di Giancarlo Rizzo: Vi ammiro : siete proprio gente con i piedi per terra e la testa sul collo.
Di user deleted: Sono d'accordo con il tuo aforisma, per conoscere veramente noi stessi dobbiamo essere consci dei limiti in noi posti. Questo non toglie la possibilità data possibile ad ognuno di noi e in toto come specie di ampliare sempre maggiormente la nostra coscienza e conoscenza data e posta dentro questi stessi limiti esistenziali. In parole povere tutto quello racchiuso in questa realtà o universo visibile è a noi pienamente accessibile in coscienza e conoscenza in essere e divenire. Tutto ciò che invece risulta fuori di esso, compresi quindi tutti i concetti attributivi, cioè i vari sentimenti ed emozioni di nostra appartenenza che diamo a questi, risultanti poi totalmente inutili per lo più, se non solo per avere una possibilità di dialogo su di essi a noi comprensibile, oppure riporre in essi, le nostre stesse speranze/dubbi/fedi, come i concetti di infinito, eterno, Dio, anima, spirito, nulla ecc. sono tutti a noi completamente estranei.

Sono tutti al di fuori del nostro limite, per noi quindi completamente irraggiungibili e quindi assolutamente incomprensibili al nostro essere finiti, dentro una realtà di tipo finito.

Ottimo aforisma.
Di Rossella D'Ambrosio: Chissà Giancarlo, chissà… Questa è una delle tante ricercate verità che a noi uomini non è dato scoprire almeno non qui, non ora.
Di Giancarlo Rizzo: Certo siamo di fronte a concetti delicati e difficili: delicati per il come cercare e difficili per il cosa cercare; ma altrettanto certa per me è l'esigenza di andare diritto verso il "trascendente il mondo terreno" senza avere paura di trovarmi contro un muro. Penso che se esiste l'esigenza è perché c'è la soluzione.
Di Rossella D'Ambrosio: Quando parlo di Forma intendo che nell'indagine conoscitiva condotta dall'uomo si rende necessaria una premessa: tracciare i confini della conoscenza umana e quindi circoscrivere l'ambito delle conoscenze che l'uomo può cogliere in base agli strumenti a sua disposizione. Si ricorre anche per le scienze in generale ad una definizione formale dell'ambito di propria indagine. Intendo quindi per Forma non "cosa" si conosce, ma "come" avviene la conoscenza per cui credo che sia proprio questo il punto di partenza necessario di indagine conoscitiva condotta dall'uomo. In virtù di tale consapevolezza ritengo che la conoscenza sia autentica quando tiene conto dei limiti della ragione unana. L'unico forse la cui conoscenza è assoluta, sottratta all'orizzonte spazio-temporale non può che essere trascendente al mondo terreno ed inoltre privo di determinazioni. Ma quest'ultima è solo una considerazione che per quanto riguarda il mio pensiero, non sono ancora pronta a sviluppare. La ringrazio gentile Giancarlo per l'attenzione che sempre pone ai miei pensieri.
Di Giancarlo Rizzo: Giusta forma? Chi decide la giustezza della forma?
Conoscenza autentica? Chi stabilisce l'autenticità?

Presupporre un CHI mi procura un senso di orrore.
Se CHI fossi io non avrei più bisogno di pretendere la Verità.

Grazie, Rossella, per la "scossa".






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