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Recensione o commento a: I non luoghi (a morire) - (Poesia Umorismo, Brevissimo) - di Domenico Gigante:

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Le altre recensioni o commenti
Di Domenico Gigante: Ti ringrazio per la sincerità
Penso che la sua natura sia sempre quella di una poesia, anche nel suo modo un po' criptico di alludere ad una realtà sociale.
Grazie ancora!
Di Giancarlo Rizzo: No. La poesia non mi è piaciuta dal punto di vista poetico. Per il tema che proponi non c'è bisogno di chiamarla poesia; ma siccome l'hai catalogata nell'umorismo, ti perdono.
La composizione è elaborata e anche un po' criptica e dici cose vere. ma l'avrei messa in "altro". Comunque bravo.
Di Domenico Gigante: Ciao Giancarlo! Vedo che le riflessioni di Gabriele suscitano giustamente un dibattito. Spero che la mia poesia ti sia piaciuta. Grazie del tuo passaggio!
Di Domenico Gigante: Grazie Gabriele! Aggiungo a quello che giustamente hai scritto che viviamo in una società che sembra essersi assuefatta all'idea che l'ascesa umana è conclusa e che siamo giunti ad un epoca millenaria quasi da fine della storia, eppure tutto questo è costruito sul consumo incessante, sui bisogni mai soddisfatti e continuamente ravvivati, sull'effimero e caduco. Insomma tutto il contrario di ciò che si va proclamando. Siamo nell'instabilità più drammatica (e non è solo questione di crisi economica), ma ci pensiamo eterni.
Un abbraccio grande!
Di Domenico Gigante: Grazie Mauro! Penso tu abbia ragione. Il grigiore è dato soprattutto dalla nostra condizione ormai naturale di consumatori (consumatori di beni e di tempo libero) in luoghi anonimi e tutti uguali. In questo giace la nostra perdita di senso che si tramuta in ricerca affannosa di soddisfare qualcosa attraverso il possesso/consumo, invece che con l'atto creativo. Succubi di una religione che vive della nostra costante insoddisfazione, primo motore del consumo.
Di Domenico Gigante: Ciao Giovann! Ti ringrazio per il paragone con Battiato, autore che ammiro e stimo moltissimo per la bellezza dei testi. Spero vivamente che i miei versi valgano qualcosa, anche se ho forti dubbi. Cmq nel mio piccolo ne sono soddisfatto e già questo mi conforta.
Un abbraccio!
Di Giovann: Buongiorno

La tua composizione mo ricorda Battiato, pessimista ma lucida, ricca senza essere pesante.
Quello che scrivi non è mai banale Domenico, ti faccio i miei complimenti. Purtroppo sono ancora lontano dal mondo della poesia, spero di poter imparare ad esprimermi così anche io.
Di user deleted: Vero, condivido la tua precisazione, ma essa è sempre derivata dalla comprensione che si ha di sé, automaticamente poi rapportata come tu hai sottolineato sia poi all'interno come all'esterno (o a prescindere) di un determinato sistema. Dove l'esterno di un determinato sistema altro non è che la stessa rappresentazione e consapevolezza di sé, dovuta e relativa alla propria comprensione.
Di Giancarlo Rizzo: "Non potendo esserci realisticamente una involuzione tecnica culturale di una società, l'unico approccio per arginare il problema è di tipo umanistico. Cioè la comprensione del singolo di ciò che esso è e di ciò che esso si rappresenta o si vuole rappresentare all'interno di un determinato sistema."
Io vorrei dire: la comprensione del singolo di ciò che esso è al di fuori, o meglio a prescindere dal sistema a cui appartiene.
Di user deleted: Volevo aggiungere in continuo al discorso aperto in precedenza che questa è la normale evoluzione dello stato della condizione umana se essa viene costruita sull'avere piuttosto che sulla ricerca dell'essere, quindi della e sulla propria personale comprensione di essere. È perfettamente normale che con l'evoluzione tecnologica portata dalla nostra comprensione tecnica siamo giunti a questo punto. La vera soluzione (personale non certo di sistema) del problema quindi, non è da cercare in un determinato modello politico/economico o in una attenuazione di questo, non cambia nulla né con un modello di tipo comunista né tantomeno come la realtà evidenzia, con l'utilizzo di uno capitalista, non cambia né in una democrazia, o pseudo democrazia, come non cambierebbe certamente nulla in una dittatura. Non potendo esserci realisticamente una involuzione tecnica culturale di una società (almeno non in Occidente), cosa che comunque non risolverebbe nulla, ma sposterebbe solo semmai il fulcro reale del problema, l'unico approccio di arginazione e riconoscimento dello stesso è quindi solo di tipo umanistico. Cioè la comprensione del singolo di ciò che esso è e di ciò che esso si rappresenta o si vuole rappresentare all'interno di un determinato sistema.
Di Mauro Conti: Ciao Domenico. Un bel componimento che mi ha suscitato un "tiepidume emozionale". Chiedo venia sin da subito per il termine inventato ma in ogni caso comprensibile. Leggendo il testo ho provato una sorta di grigia rassegnazione della condizione umana per come è inteso l'uso del tempo nella vita. Ci si perde nel lavoro e nelle preoccupazioni di tutti i giorni, senza potersi liberare. A me è piaciuta.
Di user deleted: I non luoghi, o forse più che non luoghi, le non persone che, non avendo ormai più bisogni primari da soddisfare tramite le proprie risorse o energie personali che non siano solo di natura pecuniaria, si rifugiano nel superfluo, nel dispensabile, nell'opulenza, nel mostrare e nell'apparire, diventato ormai socialmente riconosciuto come il passaporto, il lasciapassare indispensabile per la propria elevatura e statura di un riconoscimento sociale. Viviamo immersi in un mondo usa e getta, dove niente è o risulta più duraturo, niente ci da più quindi sicurezza, un punto relativamente fermo (famiglia, valori, ecc) su cui poi in seguito edificare la comprensione di noi stessi ed in relazione a questa, anche di ciò che la circonda, se non anch'essa data, e ormai posta, su un continuo aggiornamento o ricambio della stessa, senza però nessun vero senso comprensivo rilevante dato e realmente riposto in essa. Quindi per logica stiamo diventando sempre di più, generazione dopo generazione a nostra volta, solo prodotti ad uso e consumo del nostro stesso modello di vita socioculturale adottato, persone usa e getta in mano alla stessa tecnica da noi posta come piano regolatore su e di ogni aspetto della nostra esistenza, e quindi al mantenimento della stessa. Ottimo tema, la tua poesia pone una visione realistica della società.
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