LA SCAMPAGNATA
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La scampagnata è davvero un bel libro da leggere. E non solo per una struttura talmente ben congegnata da poterlo paragonare ai migliori esempi di narrativa gialla o noir, ma anche per un'apprezzabile attenzione ai personaggi, ai meccanismi narrativi sapientemente calibrati dall'autore. La vicenda, che si apre con un cadavere in primo piano, si sviluppa poi a una velocità e un ritmo sempre più incalzanti e utilmente sollecitati dal countdown ricordato ad ogni capitolo. I personaggi principali, due trentenni alle prese con responsabilità e problematiche che possono benissimo essere quelle di un'intera generazione, vengono ben presto precipitati in un mondo che da reale (i preparativi per il matrimonio di Gianni, la vita calma e piatta nel rassicurante quartiere di Via dei Fiori) si trasforma in onirico, disturbante e primordiale (il massiccio del Monte Mozzato, i lugubri corridoi del Policlinico Martini, la Festa della Spada) in un Maelström torbido e fangoso in cui a farla da padrona è sempre l'allegoria. Un autore, Campucci, che sa affrontare le problematiche della vita di coppia con un gusto personale e straniante, cinico e spesso crudele, ma a cui di sicuro non fa difetto l'ironia. Sì, perché leggendo La scampagnata si ride anche, finendo per affezionarci alla goffaggine di Gianni e Loris, spesso ritratti in situazioni degne della migliore slapstick comedy. Una menzione a parte per quanto riguarda il finale, davvero incredibile e inaspettato, che lascerà nel lettore la (s)gradevole sensazione di un vero e proprio shock, come un perfetto meccanismo a orologeria che finalmente fa il botto.