UNO, NESSUNO E CENTOMILA
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Questo e l'ultimo romanzo del grande scrittore, un viaggio nelle più profonde sensazioni umane, pieno di comicità amara e perdutamente ipnotico. Perché "uno, nessuno e centomila"? Perché tirando le somme è quello che siamo: "uno", come individuo e come ci vediamo noi stessi; "nessuno", perché anche questa è una realtà dell'essere umano: essere nessuno fra tanti; "centomila", è un valore aleatorio che indica il numero di "noi stessi" che vedono le persone, quelle che ci conoscono e non. E su questo fondamentale modo di osservare l'essere vivente che si fonda tutto il romanzo, seguendo la singolare pazzia di Vitangelo Moscarda, dal momento in cui un giorno, sua moglie, gli fa notare un piccolo difetto fisico.
«Avevo ventotto anni e sempre fin allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente.»
Così inizia tutto, con una semplice constatazione. Il ragazzo, ricco e dalla vita sempre agiata, vedeva in se stesso un uomo perfetto, senza difetto alcuno. Quando poi scopre che nella realtà difetti ne ha, e anche più di uno, allora inizia a chiedersi quanti "io" esistono nella realtà, di sicuro più d'uno: quello che noi crediamo di essere e tutti quelli che gli altri vedono dal di fuori. Tenta inizialmente di "scoprire" e "vedere" quello che gli altri vedono in lui, un'escalation che lo porterà a rasentare la pazzia, finché alla fine ci viene da chiederci chi sia il pazzo veramente: chi vede all'improvviso la realtà com'è fatta, o chi ci sguazza dentro senza accorgersi di quello che accade intorno.