Etnogenesi

Spazio dedicato alla Gara stagionale di primavera 2024.

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Sondaggio concluso il 20/06/2024, 1:00

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Giovanni p
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Etnogenesi

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Etnogenesi



Gerad guardò fuori dalla finestra.
Faceva un caldo insopportabile, l’umidità s’aggrumava a formare una spessa coltre che inghiottiva l’orizzonte e incollava la pelle ai vestiti.
Sapeva che non sarebbe uscito di casa nemmeno quel giorno, aggrottò la fronte, lo sguardo si fermò sulla carta da parati che copriva la stanza. Ritraeva il planisfero, duecento metri quadri di mondo e non si distingueva nemmeno la giunzione tra un foglio e l’altro neanche si fosse provato con una lente d’ingrandimento. Quando era arrivato in quell’angolo di foresta aveva fatto costruire il suo castello.
E nella sala del planisfero Gerad volle quella parete, un monito, per non lasciar sopire la sua ambizione: mille realtà diverse dalla sua, e incalcolabili possibilità di trovare luoghi da depredare, come aveva fatto con il suo angolo di mondo.
Ma anche l’ambizione aveva dovuto far i conti col tempo, e adesso viveva incollato sopra la sua poltrona, gonfio di cortisone e segnato dal diabete, e quel planisfero serviva solo a ricordargli quanto casa sua fosse lontana.
Era chiuso in casa ormai da una settimana, il castello era enorme, ma anche ben sorvegliato dall’esterno. Non aveva nulla da temere là dentro. Incollato alla sua poltrona guardava la brocca di tè verde che sudava gocce simili a rugiada: aveva sete, ma il solo tenere la tazza in mano lo affaticava. Per fortuna in suo soccorso era venuta Ninive.
Gerard sorrise tenendo le labbra serrate come un bambino imbarazzato, lei lo illuminò col suo candore e lo aiutò a sorseggiare il tè. Prima di andarsene gli comunicò che il signor Finnik chiedeva di parlare con lui. Acconsentì, solo perché sapeva quel che Finnik voleva, e lui aveva bisogno di svagare la mente. Ninive se ne andò facendo sfoggio della sua bellissima schiena nuda, e Gerard non perse nessuno dei suoi movimenti, sorridendo di se stesso e di come alcune cose non finivano mai di riempirgli gli occhi.
Quando sentì arrivare Finnik, dal suo passo agitato che si avvicinava sala dopo sala provò una sensazione di onnipotenza.
- Gerad! Gerad! - Lo vide con la fronte sudata, gli occhi sbarrati, la camicia madida nascosta appena dalla giacca.
Sono nella sala del planisfero, provò a dire, ma la voce gli si seccò nella gola.

La porta si spalancò come se fosse stata colpita da un ariete, nella stanza entrò un omino alto a malapena un metro e sessanta, pallido, emaciato, colle mani tremanti.

-Finnik, non si agiti, fa già un caldo infernale… Che ha da dirmi di tanto indifferibile?

-Un caldo infernale? Lei pensa al caldo?

-A cosa dovrei pensare, Finnik?

-Al fatto che qui rischiamo tutti l’osso del collo, Gerad, lei compreso!

Incollato sopra la sua poltrona Gerad sospirò, mentre Finnik si asciugava il sudore della fronte e del viso con un fazzoletto candido.
E approfittando del silenzio l’uomo gli portò la notizia che lo aveva reso così inquieto.

-Ne hanno appena ammazzati cinque. Il soprastante Levorg, lo conosce, con la sua famiglia! Queste bestie non hanno avuto riguardi neppure per i bambini!

Gli rispose che lo sapeva.

- Come fa a saperlo? È appena successo.

Gli avrebbe voluto dire che tutti loro lo sapevano benissimo, che anche lui, Finnick, lo sapeva, sin da quando era arrivato, che prima o poi questo sarebbe successo.

-Cosa vogliono da noi, questi selvaggi. Siamo qui per estrarre manganese e per trasformare la foresta in terreno agricolo. Cosa che loro non sono in grado di fare. Noi portiamo il benessere e la civiltà. Il progresso. Ma questi ingrati non se ne rendono conto. O, almeno, tutto procedeva a gonfie vele fintantoché non hanno avuto il bell’esempio di quei pecorai a nord. E adesso pensano di imitarli, e di ammazzarci tutti come bestie!

-Ascolta, Finnik, noi…

-Noi niente! Noi niente, Gerad!

Era esausto, la tensione lo aveva consumato, e si vedeva.

- Noi rischiamo di morirci qui, ammazzati come topi! Questi sono tanti, sono troppi, e ci detestano, ci odiano! Ci ammazzerebbero tutti. Rivogliono la loro inutile foresta? Che se la ripiglino. Non ci rimane che scappare.
Gerad provò a calmarlo e gli disse che lui lo sapeva benissimo, prima di arrivare, che sarebbero stati una minoranza contro una maggioranza di gente ostile.

-Abbiamo dalla nostra la legge e i soldi, le armi e la proprietà. E soprattutto abbiamo l’astuzia che loro non hanno.
Pensi che non fossi consapevole che lo sfruttamento indiscriminato prima o poi avrebbe causato delle rivolte?

-Lo sapevi tu, Gerad, io mi sono occupato soltanto di farti diventare ancora più ricco, ho pensato alla gestione delle miniere, alla deforestazione, a far lavorare i fittavoli e a riscuotere i fitti. Ma non ci voglio rimettere la testa, ho fatto venire la mia famiglia in questo posto dimenticato da Dio.

Gerad lo guardò divertito.
Finnick provò a calmarsi e gli chiese allora quale fosse la soluzione.

-La soluzione è la creatività - rispose Gerad con aria bonaria.

-Sono troppo ansioso per capire simili fantasie.

-Ma non sono fantasie, Finnik, questa è realtà: da anni è in gestazione e io me ne assumo la paternità.

-Parla come un oracolo, Gerad!

-Etnogenesi, ovvero la creazione di una etnia. Noi abbiamo rubato la terra a questi numerosissimi indigeni, abbiamo fatto loro promesse che non sono state mantenute. E adesso sono arrabbiati, sono diventati sanguinari, ma sono uniti tra di loro solo dall’odio nei nostri confronti. In questo paese che abbiamo occupato esisteva, prima del nostro arrivo, un gruppo dominante con cui abbiamo fatto accordi e che ora si è rivoltato. Ma non sono i soli. Quando siamo arrivati esisteva una popolazione da loro ritenuta una sorta di paria e tenuta ai margini. Certo, tra di loro parlano la stessa lingua, hanno lo stesso colore della pelle, credono nelle identiche divinità ancestrali, ma una élite si era affermata a scapito della maggioranza. E questo loro non lo dimenticano, non dimenticano la loro arroganza, le angherie, la sottomissione. Ti assicuro, odiano più loro che noi. Così ho inviato dei missionari allo scopo di convertirli e istruirli ai nostri valori. Noi creeremo un’etnia, li faremo sentire superiori, investiti dell’autorità divina, e in forza di questa superiorità combatteranno i loro fratelli per noi. Li abbiamo resi nobili, Finnick, e presto colpiranno i nostri nemici.

-Nobilitare queste bestie?

-Gli uomini hanno nobilitato bestie per tutto il corso della storia: cavalli, cani o gatti, o altri uomini come loro. Riusciremo a innalzare pure loro, diremo che discendono dall’eroe ancestrale, dalla divinità fattasi uomo. Anzi, non glielo diremo e basta, ma gli faremo credere che sia vero. Perché loro sono un popolo evoluto, un popolo che merita di governare al nostro fianco su chiunque, soprattutto sui loro fratelli.

-Quindi – disse Finnik tradendo con una smorfia la propria soddisfazione - faremo credere a questi deficienti trogloditi che noi siamo qua per loro.

-Non proprio, Finnik, noi saremo i loro padri, gli faremo credere di dover tutto a noi. Nessuno figlio disubbidisce al padre, neanche se lo sfrutta. Nessun figlio si ribella al padre, neanche se lo picchia. Loro in qualità di nostri figli uccideranno i loro fratelli, e lo faranno credendo di fare la cosa giusta.
Ultima modifica di Giovanni p il 25/05/2024, 11:49, modificato 2 volte in totale.
Giovanni p
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Re: Etnogenesi

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Buongiorno a tutti, questa storia è stata ricavata dagli esercizi dell'Officina del racconto.
Andr60
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Messaggio da leggere da Andr60 »

Una storia antica quanto i Romani (e oltre), che ai giorni nostri si chiamerebbe rivoluzione colorata o arcobaleno :)
Ci sono numerosi refusi e consiglio all'Autore una revisione attenta del testo.
Voto 3, saluti
Jacopo Serafinelli
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Messaggio da leggere da Jacopo Serafinelli »

@Giovanni p
Un racconto che racconta una storia raccontata. I colonizzatori ed occupanti di territori altrui sono maestri e non sempre usano mezzi e modi come quelli descritti qui.
Guardandoci intorno… oggi… ne abbiamo esempi in atto… anzi… in atto da quasi 80 anni con mezzi che non si possono proprio definire etnogenesi ma etnoestinzione sì.
Jacopo
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Giovanni p »

Jacopo Serafinelli ha scritto: 17/04/2024, 18:46 @Giovanni p
Un racconto che racconta una storia raccontata. I colonizzatori ed occupanti di territori altrui sono maestri e non sempre usano mezzi e modi come quelli descritti qui.
Guardandoci intorno… oggi… ne abbiamo esempi in atto… anzi… in atto da quasi 80 anni con mezzi che non si possono proprio definire etnogenesi ma etnoestinzione sì.
Jacopo
Buongiorno, Jacopo

grazie per avermi letto.
Giovanni p
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Giovanni p »

Andr60 ha scritto: 17/04/2024, 16:50 Una storia antica quanto i Romani (e oltre), che ai giorni nostri si chiamerebbe rivoluzione colorata o arcobaleno :)
Ci sono numerosi refusi e consiglio all'Autore una revisione attenta del testo.
Voto 3, saluti
Buongiorno,

grazie per aver letto il racconto, proverò a rileggerlo.
Yakamoz
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Letto! Il racconto non è malaccio come idea. Ma poi nella sua messa su carta/video non è scritto altrettanto bene. Si nota - e come non notarlo? - una notevole (minimo 40) mancanza di punteggiatura e troppe "ripetizione", esempio dal testo:

"(Sapevamo) benissimo, e lo (sapevamo) prima di arrivare, che saremmo stati una minoranza contro moltissimi indigeni. Avevamo dalla nostra i soldi e per fortuna ce li (abbiamo) ancora, anzi quelli li (abbiamo) moltiplicati. (Sapevamo) anche che nel nord del continente sarebbe saltata in aria la situazione e che ci sarebbero state delle rivolte, come (sapevamo) che i rivoltosi del nord pregano lo stesso dio di quelli che (abbiamo) sotto la nostra influenza, quindi era plausibile che i più giovani di questi avrebbero preso spunto da loro per rivoltarsi contro di noi. D'altronde la religione è anche un mezzo di aggregazione."

Quattro "sapevamo", tre volte "abbiamo" (+ altre cosette che non vanno) e tutti molto vicini tra loro (ridondanza) e un incalzare delle frasi poco armonioso: tipico del linguaggio parlato, ma in un racconto va sempre "addolcito" questo aspetto.

Mi permetto, senza presunzione, di riscriverla:

"Sapevamo benissimo, prima ancora di arrivare, che saremmo stati in minoranza rispetto agli indigeni. Avevamo però dalla nostra parte il denaro e per fortuna ce n'è ancora, anzi, lo abbiamo moltiplicato. E ci era altrettanto chiaro che nel nord del continente la situazione sarebbe esplosa con delle rivolte, poiché le persone che ci abitano adorano lo stesso dio di quelli a sud sotto il nostro controllo, quindi era plausibile che i più giovani si sarebbero ispirati a loro per ribellarsi. D'altronde la religione è sempre un pretesto per unire le genti."

Suona meglio, no? Stessi concetti, ma più coincisa e usando meno parole. Poi il testo è tuo, e se lo riscrivi tu, ti riesce ancora meglio. Il mio vuole essere solo un esempio a cosa intendevo.

Non ti conosco molto, Giovanni P, ma rispetto a l’altro racconto “Marchesi etc.”, in cui mi eri sembrato bravo a costruire dialoghi e pure la parte non “dialogica” era molto buona. Qui, invece, c’è molto da rivedere: per via di tante “cose” che sembrano come scritte di fretta, probabilmente. C’è inoltre da rilevare una costante, e qui mi riferisco alla punteggiatura, data la quasi sempre mancanza di virgole sui vocativi, temporali, temporali avverbiali, nell’uso dei tempi verbali indefiniti: perché sarà vero che la punteggiatura è una questione di stile dell’autore, ma è nella stessa misura vero che quando si va a creare una proposizione, dislocata che sia o anche ellittica del soggetto o di altro, regola vuole che le virgole, punti… o altro si usino.


Voto 3 (perché è un testo da editare)

Tante belle cose, Giovanni P

Antonio
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Visto che qui si gioca a fare l'editor di turno, gioco anch'io:

In questo punto mi sono bloccato, perché scrivi:
“Quando arrivò su quel pezzo di foresta e fece costruire la sua magione Gerad volle quel planisfero sulla parete per ricordargli che esistono mille realtà da depredare, ma ora che vive incollato sulla sua poltrona di pelle gonfio di cortisone e segnato dal diabete quella carta da parati serve solo a ricordargli quanto casa sua sia lontana.”

Io mi sono domandato a quale foresta si riferisce? Sono tornato indietro a rileggere: nisba, non c’è alcun riferimento oggettivo. Quindi “quel pezzo di foresta” è riferibile senz’altro al planisfero di cui comunque il lettore non sa nulla circa che cosa raffiguri. Planisfero: Rappresentazione cartografica in piano di tutta la superficie terrestre, a piccolissima scala; anal. : p. celeste, quella relativa alla volta celeste.

Quindi “quel pezzo di foresta” non rende l’idea di nulla, quantomeno perché non è pertinente alla scena che hai proposto nel testo. E ti faccio notare che è la scena madre.
Poi continui: “incollato sulla sua poltrona di pelle gonfio di cortisone”;
e poco più sotto: “Incollato alla sua poltrona guardava la brocca”.

Qui, il lettore che è in me ha protestato. Fine della puntata. Testo da rivedere. UN saluto. Però io non regalo i voti, per me è un racconto assolutamente negativo. quindi voto basso: 1.
La paura è un cavallo con le ali: una volta lanciato al galoppo perde il contatto con il suolo e incomincia a volare.
Giovanni p
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Giampiero ha scritto: 01/05/2024, 9:04 Visto che qui si gioca a fare l'editor di turno, gioco anch'io:

In questo punto mi sono bloccato, perché scrivi:
“Quando arrivò su quel pezzo di foresta e fece costruire la sua magione Gerad volle quel planisfero sulla parete per ricordargli che esistono mille realtà da depredare, ma ora che vive incollato sulla sua poltrona di pelle gonfio di cortisone e segnato dal diabete quella carta da parati serve solo a ricordargli quanto casa sua sia lontana.”

Io mi sono domandato a quale foresta si riferisce? Sono tornato indietro a rileggere: nisba, non c’è alcun riferimento oggettivo. Quindi “quel pezzo di foresta” è riferibile senz’altro al planisfero di cui comunque il lettore non sa nulla circa che cosa raffiguri. Planisfero: Rappresentazione cartografica in piano di tutta la superficie terrestre, a piccolissima scala; anal. : p. celeste, quella relativa alla volta celeste.

Quindi “quel pezzo di foresta” non rende l’idea di nulla, quantomeno perché non è pertinente alla scena che hai proposto nel testo. E ti faccio notare che è la scena madre.
Poi continui: “incollato sulla sua poltrona di pelle gonfio di cortisone”;
e poco più sotto: “Incollato alla sua poltrona guardava la brocca”.

Qui, il lettore che è in me ha protestato. Fine della puntata. Testo da rivedere. UN saluto. Però io non regalo i voti, per me è un racconto assolutamente negativo. quindi voto basso: 1.

Caro Giampiero, io non gioco a fare l'editor, io mi impegno a leggere racconti e dare consigli che credo siano utili, come hanno fatto altri con me.
A differenza tua io ho sempre ringraziato chi mi ha aiutato anche bastonandomi, perché è così che si migliora.
Hai fatto un commento totalmente inutile, ti sei voluto attaccare a qualcosa per tirarmi giù e ora sei contento, che ti devo dire...contento te contenti tutti.
Mi dispiace aver perso tempo con te e il tuo racconto, credevo di poterti aiutare, ma fidati non succederà mai più che io rilegga qualcosa di tuo.
La scrittura è qualcosa di bello e se vuoi di serio, spero che tu riesca a capirlo.

Buona gara
Giovanni p
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Re: Commento

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Yakamoz ha scritto: 22/04/2024, 13:53 Letto! Il racconto non è malaccio come idea. Ma poi nella sua messa su carta/video non è scritto altrettanto bene. Si nota - e come non notarlo? - una notevole (minimo 40) mancanza di punteggiatura e troppe "ripetizione", esempio dal testo:

"(Sapevamo) benissimo, e lo (sapevamo) prima di arrivare, che saremmo stati una minoranza contro moltissimi indigeni. Avevamo dalla nostra i soldi e per fortuna ce li (abbiamo) ancora, anzi quelli li (abbiamo) moltiplicati. (Sapevamo) anche che nel nord del continente sarebbe saltata in aria la situazione e che ci sarebbero state delle rivolte, come (sapevamo) che i rivoltosi del nord pregano lo stesso dio di quelli che (abbiamo) sotto la nostra influenza, quindi era plausibile che i più giovani di questi avrebbero preso spunto da loro per rivoltarsi contro di noi. D'altronde la religione è anche un mezzo di aggregazione."

Quattro "sapevamo", tre volte "abbiamo" (+ altre cosette che non vanno) e tutti molto vicini tra loro (ridondanza) e un incalzare delle frasi poco armonioso: tipico del linguaggio parlato, ma in un racconto va sempre "addolcito" questo aspetto.

Mi permetto, senza presunzione, di riscriverla:

"Sapevamo benissimo, prima ancora di arrivare, che saremmo stati in minoranza rispetto agli indigeni. Avevamo però dalla nostra parte il denaro e per fortuna ce n'è ancora, anzi, lo abbiamo moltiplicato. E ci era altrettanto chiaro che nel nord del continente la situazione sarebbe esplosa con delle rivolte, poiché le persone che ci abitano adorano lo stesso dio di quelli a sud sotto il nostro controllo, quindi era plausibile che i più giovani si sarebbero ispirati a loro per ribellarsi. D'altronde la religione è sempre un pretesto per unire le genti."

Suona meglio, no? Stessi concetti, ma più coincisa e usando meno parole. Poi il testo è tuo, e se lo riscrivi tu, ti riesce ancora meglio. Il mio vuole essere solo un esempio a cosa intendevo.

Non ti conosco molto, Giovanni P, ma rispetto a l’altro racconto “Marchesi etc.”, in cui mi eri sembrato bravo a costruire dialoghi e pure la parte non “dialogica” era molto buona. Qui, invece, c’è molto da rivedere: per via di tante “cose” che sembrano come scritte di fretta, probabilmente. C’è inoltre da rilevare una costante, e qui mi riferisco alla punteggiatura, data la quasi sempre mancanza di virgole sui vocativi, temporali, temporali avverbiali, nell’uso dei tempi verbali indefiniti: perché sarà vero che la punteggiatura è una questione di stile dell’autore, ma è nella stessa misura vero che quando si va a creare una proposizione, dislocata che sia o anche ellittica del soggetto o di altro, regola vuole che le virgole, punti… o altro si usino.


Voto 3 (perché è un testo da editare)

Tante belle cose, Giovanni P

Antonio

Buongiorno,

come marchesi e mezzadri questo racconto esce da un laboratorio, solo che stavolta non sono stato a capace a creare l'atmosfera giusta.
Ho provato ad espandere il racconto, ma risultava addirittura peggio.
Sul testo da editare mi scuso, ma ho problemi a vedere k refusi.

Grazie comunque per avermi letto e in bocca al lupo.
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Giampiero ha scritto: 01/05/2024, 9:04 Visto che qui si gioca a fare l'editor di turno...
Per cortesia, evitiamo questi inutili e sfiancanti avvii di battibecchi.
In questo sito si pubblicano opere, e qualcuno a voglia di leggerle e commentarle. Nel caso delle Gare e dei Grandprix, commenare è pure obbligatorio per parteciparvi.
Chi le opere le pubblica deve accettare qualsiasi commento e critica (sempre nei limiti della decenza e del regolamento), altrimenti questo sito non è il posto giusto dove esporre le proprie cose.
E anzi: ringraziamole quelle persone che hanno voglia di star qui a commentare invece che di star sui social a cazzeggiare.
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Re: Etnogenesi

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Ciao Giovanni P, grazie degli auguri. Capita comunque di non riuscire a "rappresentare bene" in un racconto quello che si aveva in mente. Scrivere è come scattare una foto del proprio pensiero: a volte l'immagine è nitida e cristallina, altre volte invece è un po' sfocata. Succede a tutti! Io per primo. Anzi, più sbaglio e più imparo, luogo comune ma vero. Scusa se mi sono permesso di riscrivere parte del tuo testo, ma era per farti capire a cosa intendevo. Io non mi elevo a giudice di nessuno, per carità. E in merito a questo passaggio che ti ho scritto:

"Data la quasi sempre mancanza di virgole sui vocativi, temporali, temporali avverbiali, nell'uso dei tempi verbali indefiniti: perché sarà vero che la punteggiatura è una questione di stile dell'autore, ma è nella stessa misura vero che quando si va a creare una proposizione, dislocata che sia o anche ellittica del soggetto o di altro, regola vuole che le virgole, punti… o altro si usino", è una frase che diceva a me, e a tutti, la Prof di italiano alle superiori. Ho solo riportato quello che ricordo. E se lo diceva lei che insegnava in un Liceo…

A rileggerci, Giovanni P

Ti auguro di trascorrere una bella giornata,

Antonio
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Re: Etnogenesi

Messaggio da leggere da Giovanni p »

Yakamoz ha scritto: 02/05/2024, 10:28 Ciao Giovanni P, grazie degli auguri. Capita comunque di non riuscire a "rappresentare bene" in un racconto quello che si aveva in mente. Scrivere è come scattare una foto del proprio pensiero: a volte l'immagine è nitida e cristallina, altre volte invece è un po' sfocata. Succede a tutti! Io per primo. Anzi, più sbaglio e più imparo, luogo comune ma vero. Scusa se mi sono permesso di riscrivere parte del tuo testo, ma era per farti capire a cosa intendevo. Io non mi elevo a giudice di nessuno, per carità. E in merito a questo passaggio che ti ho scritto:

"Data la quasi sempre mancanza di virgole sui vocativi, temporali, temporali avverbiali, nell'uso dei tempi verbali indefiniti: perché sarà vero che la punteggiatura è una questione di stile dell'autore, ma è nella stessa misura vero che quando si va a creare una proposizione, dislocata che sia o anche ellittica del soggetto o di altro, regola vuole che le virgole, punti… o altro si usino", è una frase che diceva a me, e a tutti, la Prof di italiano alle superiori. Ho solo riportato quello che ricordo. E se lo diceva lei che insegnava in un Liceo…

A rileggerci, Giovanni P

Ti auguro di trascorrere una bella giornata,

Antonio
Ciao Antonio,

per quanto riguarda il testo virgolettato non ci ho capito nulla :)

Comunque grazie ancora per avermi letto!
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Terribile! E ovviamente ottimo!
Praticamente, quello che stiamo facendo in mezzo mondo. Ma quando gli indigeni si renderanno conto di essere stati raggirati...
Oddio, in realtà anche noi siamo già stati raggirati, ma non ce ne ricordiamo più.
Detto questo, devo dire che prima di riuscire a entrare nel racconto ho trovato difficile e fastidiosa la punteggiatura, e qualche refuso: un Gerad è diventato Gerard e non usi spesso le virgole dove le avrei volentieri viste.
Ciò detto, incrociamo le dita e che la ragionevolezza prevalga su tutto, in questo momento così difficile. Non voglio pensare all'altro esito...
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Messaggio da leggere da Giovanni p »

Marino Maiorino ha scritto: 25/05/2024, 11:01 Terribile! E ovviamente ottimo!
Praticamente, quello che stiamo facendo in mezzo mondo. Ma quando gli indigeni si renderanno conto di essere stati raggirati...
Oddio, in realtà anche noi siamo già stati raggirati, ma non ce ne ricordiamo più.
Detto questo, devo dire che prima di riuscire a entrare nel racconto ho trovato difficile e fastidiosa la punteggiatura, e qualche refuso: un Gerad è diventato Gerard e non usi spesso le virgole dove le avrei volentieri viste.
Ciò detto, incrociamo le dita e che la ragionevolezza prevalga su tutto, in questo momento così difficile. Non voglio pensare all'altro esito...

Purtroppo si, e per come la penso io, nemmeno per guadagnarci a livello sociale.
Mi spiego peggio, il mio bisnonno (a causa di alcuni diverbi con la classe dirigente del suo momento) fu spedito a fare le guerre d'Africa e poi in Albania e Grecia.
Quando fu costituito "L'impero italiano", la popolazione non ebbe nessun beneficio, anzi.
Furono depredati e violentati popoli lontani per gonfiare le tasche di pochi e riempire i cimiteri di tutta Italia. Il colonialismo vuol dire guerra, guerra che costa tasse ai poveri diavoli costretti a finanziarla contro la loro volontà, quindi una vita più difficile, fatta di rinunce e compromessi obbligati.
Il mio pensiero sul colonialismo è semplice, fa male a chi lo subisce, ma fa male anche al popolo che lo perpetra, considerando che in Africa, Grecia o Albania si può andare tranquillamente da ospiti, e non per forza da invasori.
Giovanni p
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Re: Etnogenesi

Messaggio da leggere da Giovanni p »

grazie mille per il commento, Marino.
E' sempre bello leggerti.
Con l'occasione ringrazio anche Namio che mi ha aiutato a sistemare il testo.
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Ciao Giovanni, la storia è... vecchia come il mondo, ma non per questo meno interessante. Hai fatto un'analisi ben descritta dell'essere umano, qui parli di indigeni preda dei colonizzatori/sfruttatori, ma in ogni epoca e ambiente sociale si può assistere alla sopraffazione gli uni sugli altri; forse in maniera più "sofisticata" ma non meno subdola e meschina. Anche noi, nell'occidente così "civilizzato" siamo poveri schiavi alla mercé di chi, con tanto di bei discorsi e assurde leggi ci manipola e schiavizza (basta andare indietro di un paio d'anni per vedere cosa sono riusciti a fare...). Comunque, a parte i refusi già segnalati, guardo alla sostanza del tuo racconto, a ciò che hai voluto dire e sottolineare, e ritengo, il ripasso, cosa buona e giusta. Voto 4
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commento Etnogenesi

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

Ciao,
arrivo buon ultimo e mi limito perciò al commento della bella idea che hai avuto. Concordo al 100% con il commento di Laura e non ho molto da aggiungere, se non che i nodi sono arrivati al pettine tutti insieme, e c'è poco da scherzare. Ciò che mi preoccupa maggiormente è la drammatica divisione in blocchi armati e contrapposti che ormai si sta delineando nel mondo. Se anche la ricerca scientifica dovesse scoprire il sistema per produrre energia pulita, l'unica che salverebbe il pianeta della catastrofe, saremo intelligenti a sufficienza per capire che una simile conquista deve essere messa a disposizione di tutta l'umanità?
voto 4
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Cuori di fiele

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antologia di opere ispirate all'ineluttabile tormento

A cura di Roberto Virdo'.

Contiene opere di: Marcello Rizza, Ida Daneri, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Mario Flammia, Francesca La Froscia, Ibbor OB, Alessandro Mazzi, Marco Fusi, Peter Hubscher, Marco Pugacioff, Giacomo Baù, Essea, Francesco Pino, Franco Giori, Umberto Pasqui, Giacomo Maccari, Annamaria Ricco, Monica Galli, Nicolandrea Riccio, Andrea Teodorani, Andr60.

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B.A.L.I.A.

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Buona Alternativa alla Lunga e Illogica Anzianità

Siamo nel 2106. BALIA accudisce gli uomini con una logica precisa e spietata, in un mondo da lei plasmato in cui le persone nascono e crescono in un contesto utopico di spensieratezza e di bel vivere. BALIA decide sul controllo delle nascite e sulle misure sanitarie da adottare per mantenere azzerato l'incremento demografico e allungare inverosimilmente la vita di coloro che ha più a cuore: gli anziani.
Esiste tuttavia una fetta di Umanità che rifiuta questa utopia, in quanto la ritiene una distopia grave e pericolosa.
BALIA ha nascosto il Passato ai suoi Assistiti, ma qualcuno di questi ha conservato i propri ricordi in un diario e decide di trascriverli in una rischiosa autobiografia. Potranno, questi ricordi, ripristinare negli Assistiti quell'orgoglio di vivere ormai sopito? E a che prezzo?
Di Ida Dainese e Massimo Baglione.

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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.



Rosso permissivo

Rosso permissivo

Una bambina e alcune persone subiscono una crudele e folle violenza. Cosa potrebbe fare una donna per vendicarsi e scongiurare la possibilità che anche sua figlia cada vittima dei carnefici? Lo scopriremo in questo racconto, dato che il rosso ce lo permette.

Copertina di Roberta Guardascione
A cura di Massimo Baglione.

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Alcuni esempi di nostri ebook gratuiti:


La Gara 57 - Imbranati

La Gara 57 - Imbranati

(dicembre 2015, 27 pagine, 3,39 MB)

Autori partecipanti: nwLodovico, nwGiorgio Leone, nwAngelo Manarola, nwFederico Pani, nwAlberto Tivoli, Skyla, nwMarina Paolucci, nwEliseo Palumbo,
A cura di Carlocelenza.
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Calendario BraviAutori.it "Year-end writer" 2019 - (a colori)

Calendario BraviAutori.it "Year-end writer" 2019 - (a colori)

(edizione 2019, 4,37 MB)

Autori partecipanti: nwGiorgio Leone, nwPatrizia Chini, nwPaola Salzano, Sandra Ludovici, nwLodovico, nwAngela Catalini, nwLaura Traverso, nwMassimo Melis, nwMarco Bertoli, nwIda Dainese, nwLiliana Tuozzo, nwRoberto Bonfanti, nwDaniela Rossi,
A cura di Tullio Aragona.
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La Gara 53 - Metamorfosi

La Gara 53 - Metamorfosi

(luglio 2015, 26 pagine, 662,06 KB)

Autori partecipanti: nwPatrizia Chini, nwGloria D. Fedi, nwGiorgio Leone, nwAurora Cecchini, nwAlberto Tivoli, Angela 73,
A cura di Laura Chi (con la supervisione di Giorgio Leone).
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