Il venditore di rose
Il venditore di rose
Quel giovane uomo dai tratti orientali mi colpì per la rassegnazione della sua andatura. Era completamente vestito di nero, con un paio consunto di sandali ai piedi e la fronte imperlata di sudore.
Il braccio ciondolante teneva un mazzo di rose e ad ogni passo urtava la gamba stanca. A un certo punto si fermò, prese una bottiglietta d’acqua dalla tasca dei pantaloni e bevve avidamente. Era visibilmente stanco.
Dopo qualche secondo ripartì.
Mi trovavo seduta sotto un lampione dalla luce rossastra, centro di gravità per decine di zanzare e falene in quella caldissima notte di fine estate.
I locali si stavano svuotando e la gente si era riversata all’esterno, intasando le strade intorno.
Il venditore di rose arrivò vicino alla mia panchina e con delicatezza mi offrì un fiore. Il gesto mi colse di sorpresa, agitandomi non poco perché volevo subito ricambiarlo. Cercai una moneta che faticavo a trovare. Lui subito mi bloccò, dicendomi che non voleva nulla.
“Quante rose hai venduto stasera?”
“Due.”
“E ieri?”
“Tre.”
Lo guardai con tutta la comprensione che mi era possibile, si capiva lontano un miglio che era una persona non insistente, che aveva speso tempo e fatica per raccogliere quasi nulla.
All’improvviso mi venne in mente una piccola delicata follia. Gli fissai appuntamento per il giorno dopo alle sette, dicendo che avevo forse trovato un modo per aiutarlo.
“Chi sei? La Fata Turchina?” mi chiese.
“Uh uh, la Fata Turchina! Mi fai tornare bimba con questi ricordi. E coma mai mi chiami così?”
“Sto leggendo il libro di Pinocchio a mio figlio. Si è innamorato della Fata Turchina.”
“Allora anch’io ti voglio diventare amica. Come ti chiami?”
“Abhay. Vuol dire senza paura.”
“Bene Abhay, domani alle sette, qui in questo punto. Mi raccomando, non mancare.”
L’uomo giunse le mani e riprese il suo cammino.
Il giorno dopo arrivai alla panchina dieci minuti prima dell’orario. Abhay era già lì. Gli diedi un blocchetto di piccoli fogli spiegando brevemente la mia idea. L’uomo mi guardò con curiosità, annuì, mi ringraziò e prese la strada verso il centro. Era sabato sera e il flusso di persone cominciava a essere sostenuto.
Io rimasi seduta sulla panchina ancora un po', poi mi alzai.
Camminavo lentamente osservando la lunga fila di ristoranti pieni di gente, famiglie, colleghi di lavoro, amici. Intuivo le coppie alla loro prima uscita, dove spesso la donna rimaneva sulle proprie posizioni lasciando all’uomo l’onere di esporsi. Cercavo sempre durante quelle passeggiate di cogliere attimi fuggenti di gentilezza, gesti semplici, istintivi, che denotassero un animo nobile e incline alla generosità. Volevo mantenere sempre viva la fiamma che scaldava il mio pensiero, mantenendo intatta la capacità di sorprendermi.
Così, fantasticando tra me e me, rividi il venditore di rose.
Si era fermato davanti a una giovane coppia. Il ragazzo leggermente infastidito dalla sua presenza dava segni di nervosismo. Abhay alzò l’indice, per chiedere un attimo di pazienza, e si rivolse alla ragazza passandole un biglietto.
Lei, sorpresa e divertita da quel fuori programma, lesse il biglietto. Il suo sguardo subito si raddolcì e un dito, leggero, corse sotto l’occhio a fermare una piccola lacrima vagabonda. Con gli occhi lucidi guardò dolcemente il compagno e gli passò il biglietto. Lui dopo averlo letto, mentre il venditore di rose posava un fiore sul tavolo, prese un paio di monete e gliele mise nella mano.
Io sorrisi mentre riprendevo il mio cammino. Nel dare un ultimo sguardo a quella giovane coppia riuscii a intercettare gli occhi neri del venditore di rose. Nel vedermi, portò le mani alla sommità del capo per poi discendere lungo il collo, come a mimare lunghi capelli femminili. Il suo labiale pronunciò Fata Turchina. Io sorrisi, e per qualche minuto credetti di esserlo veramente.
Chissà che questo piccolo stratagemma possa aiutare quest’uomo a raccogliere un po’ di denaro per la sua famiglia e continui a trovare il tempo per leggere altre favole al suo bambino. E chissà che tanti ragazzi e uomini e donne leggendo quelle poche righe trovino un valore a una vita che corre.
Cosa c’era scritto su quel biglietto?
Una frase di Antoine de Saint-Exupery: è il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.
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Leggo le teorie della scrittura immersiva, ma non saprei se sono valide o meno. Generalmente me ne frego e quindi puoi farlo anche tu.
La modernità della situazione contrasta con l'antico lemme lemme.
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Commento Il venditore di rose
E coma mai mi chiami così?
Gli fissai appuntamento
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camminava lemme lemme – forma arcaica, cambiarla?
Volevo mantenere sempre viva la fiamma che scaldava il mio pensiero, mantenendo intatta la capacità di sorprendermi --- mantenere --- mantenendo
Io sorrisi mentre riprendevo … Io sorrisi, e per qualche minuto – due volte "io sorrisi" – meglio usare un sinonimo.
Sette avverbi in …mente – se possibile ridurli.
Siamo sicuri che leggere la frase: “è il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante” riesca a far scendere una lacrima “vagabonda”? Speriamo. Sarebbe bellissimo.
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Commento: Il venditore di rose
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Il racconto, che in un certo senso mi è piaciuto, credo voglia essere una favola moderna. Chi ha scritto ha saputo imprimere nel racconto la delicatezza dei personaggi e delle situazioni. Ma devo dire che viene mostrato poco. Abhay è descritto in modo troppo minimale quando invece è un personaggio ricco di spunti, soprattutto quando racconta di Pinocchio. Bella la citazione di Saint-Exupery.
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Re: Il venditore di rose
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e lo è anche e soprattutto per quella lacrima dovuta a una frase cui segue poi il bel comportamento del ragazzo.
difficile possa accadere davvero nel nostro mondo attuale.
refusi e forme da correggere te le hanno segnalate, quindi mi limito a dire che si legge volentieri, porta un bel messaggio.

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Re: Il venditore di rose
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La situazione che hai creato è già di per sé emotivamente sensibile, poi hai saputo tenere accesa la curiosità fino all'ultima riga, infine quella riga è davvero ben scelta che chiudere degnamente un racconto anche assai più profondo di questo.
Brava, brava, brava! Mi è piaciuto davvero!


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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.