Band Of Brothers
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Band Of Brothers
“We few, we happy few, we band of brothers”
(Shakespeare, King Henry V )
-Secondo me c'è un filo conduttore che lega “I Feel Love” di Donna Summer a “ I Travel” dei Simple Minds; un intimo legame.
-Ecco che alla fine cerchi sempre di infilare quella merda di “Disco” con la “New Wave”.
-Voi non capite un cazzo, ci sono tre anni di differenza, ma sostanzialmente i pezzi sono simili e conseguenziali.
-Questa dove l'hai sentita, una volta su Radio San Marino? Chi l'ha detta Massimo Buda o Garattoni?
-Me l'ha detta tua sorella una vota mentre mi stava facendo un servizietto in auto fuori dallo Slego. A un certo punto ha alzato la testa e mi ha detto, Non pensi che esista una intima relazione tra “I Feel Love” e “I Travel”? E io le ho detto che ne avremmo parlato dopo, che poi mi ha anche convinto, ma forse perché a quel punto ero ben disposto ad ascoltarla.
-Ahahahaha.
-Vaffanculo.
-Ahahahaha.
Inutile discutere tanto l'unica cosa certa è che la New Wave è morta, Jan Curtis è morto e Robert Smith si sta riducendo una schifezza.
-Anche Bela Lugosi è morto.
-Cazzo. Anche ballare come Jan Curtis è passato di moda.
-Ballare come Jan Curtis è sempre stato un po' presuntuoso. Perfetto, ma presuntuoso. Insomma, non so come dire.
-E allora adesso come vuoi ballare come Bronski Beat?
-Dio, come mi sta sul cazzo Bronsky Beat. Preferisco dire che ballo come Holly Johnson, che poi balla uguale, ma è più figo e poi “ Welcome To The Pleasuredome” è un gran pezzo.
-Che palle con sta “Disco”.
-Non rompete i coglioni che poi adesso è House, e l' House è tosta e in mancanza di meglio l'House va da Dio, meglio di quella “Psichedelia” del cazzo che mettono su adesso allo Slego.
Spesso ci si ritrovava con gli amici in macchina o in un locale a fare questi discorsi. Si stava concludendo un'epoca e ci sentivamo un po' disorientati. Le mode stavano mutando velocemente e anche il modo di girare in un gruppo era cambiato e noi eravamo un gruppo coordinato di quattro amici che si muovevano assieme e che si consideravano una “Band Of Brothers” che poi quando ci mettevamo in “Militar Look” eravamo perfetti. L'idea della “Band Of Brothers” mi era sempre piaciuta come concetto, ma adesso cominciava a “fare acqua” e a essere fuori moda.
-E dire che una delle prime volte che entravo allo Slego c'era “Saponetta” che ballava ubriaco con i pantaloni abbassati e il cazzo di fuori e a quel punto capivo che ero nel posto giusto. Nel posto dove volevo essere in quel momento. “Saponetta” era il mio parametro ecologico che indica la purezza di un luogo un po' come la presenza delle lucciole d'estate o i papaveri in mezzo al grano.
-Cazzo, “Saponetta”, che fine ha fatto quello sballato?
-Adesso invece non sono più sicuro di stare nel posto giusto, mi manca un parametro di riferimento.
-E ve la ricordate quella tipa freak e sballata della “Piazza” che girava allo Slego, come si chiamava, Roby? Una volta fuori dal locale c'era la polizia e lei va lì da loro di sua iniziativa e tira fuori dalla borsa un pezzo di fumo grosso come una mela e dice che lei lo poteva tenere perché glielo aveva detto il tipo del S.E.R.T. di Rimini; e i poliziotti, giuro, l'hanno lasciata andare.
-Che poi a me l'idea di musica New Wave piaceva come concetto. Se ti chiedevano che musica ascoltavi tu dicevi, Io ascolto New Wave, mica dicevi che ascoltavi musica Rock New Wave. Il termine rock era scomparso, un po' come era scomparso in precedenza il termine Roll in Rock And Roll. Dal punto di vista evolutivo era un miracolo. Che poi adesso ti dicono che devo andare al Velvet, che è il tempio del rock, ma siamo matti ho passato tutta la vita per cercare di essere alternativo, underground, new wave e adesso mi vogliono infilare nel culo “Il Tempio Del Rock”? Tanto valeva andare a tutti i concerti di Gianna Nannini o Edoardo Bennato, mischiarsi a quella gente e dire, Io sono un tipo rock. Ma vaffanculo, come se girassi in macchina con le cassette di Little Tony.
-Ahahahaha.
-Dio mio, Gianna Nannini no. Ti prego
-Che poi ai concerti allo Slego ci siamo sempre andati. Non vedo il problema. Erano pure Rock-Band.
-In Effetti mi sono sempre chiesto i primi tempi allo Slego quando venivano delle band sconosciute se eravamo noi ad andare a vedere loro o erano loro a venire a vedere noi.
Si andava avanti così per ore a parlare di quello che piaceva e di quello che non piaceva; di come dovevano essere le cose o di come non dovevano essere le cose. Di una cosa ero certo, a me dei concerti dal vivo fregava poco, ci andavo, ma mi fregava poco. Non mi piacevano gli strumenti musicali in genere. Con i Kraftwerk, quelli sì che mi sarebbe piaciuto un casino andarli a vedere, si era superato il concetto che per far musica si avesse bisogno di strumenti musicali classici da rock band; con i video musicali poi, anche la necessità di vedere i musicisti in azione non era più necessaria e nei video più belli chi suonava non si vedeva quasi più. Insomma a me bastava e avanzava solo il D.J. Che poi secondo me la musica ha solo una funzione di contorno alla vita, dovrebbe apparire dal nulla quando c'è bisogno un po' come nei film musicali. Anzi mi sarebbe piaciuto che la vita fosse come un film musicale, tu vai per la tua strada e se fai qualcosa di veramente “cool” parte la musica e ti metti a cantare; se esci con la tua banda di amici e sei veramente giusto la vita ti premia e parte l'overture di “West-Side-Story”. Se hai bisogno di una donna lo dici cantando con gli amici come fa Walter Matthau in “Hello Dolly”, semplice no? Naturalmente questi pensieri li tenevo per me, mica volevo passar da matto, ma ci ho sempre creduto fermamente.
Quella volta all'Aleph c'era il concerto dei Gaznevada e ricordo che io e il cantante indossavamo la stessa camicia che avevo preso giorni prima al New Order a Riccione. Chissà dove è finita quella camicia; chissà dove sono finiti i Gaznevada, ma soprattutto dove cazzo sono andato a finire io? La mia anima intendo che poi lo sapevo dove ero fisicamente, ero di nuovo all'Aleph nello stesso angolo dove mi mettevo con gli amici quando eravamo una “Band Of Brothers” ed eravamo fighi e trendy in “militar look”. Solo che adesso sono da solo, sono passati un po' di anni e il posto non si chiama più Aleph, Ma Ethos ed è un gran bel posto e gran bella musica, musica House adesso e secondo me più underground e tendenziosa perfino del Cocoricò. Magari uguale , ma qui mi sembra che suoni un po' meglio. Del resto succedeva così anche ai tempi dell'Aleph, lo stesso pezzo sembrava suonasse meglio qui che allo Slego. Magia del posto, che vi devo dire. Appoggiato al bancone del bar guardo la gente ballare, mi piace stare a guardarla, gran bella gente anche quei personaggi che fanno l'immagine del locale. Solo che la notte per me è diventata troppo spendacciona, troppo pesantemente drogata e troppo frocia, decisamente troppo frocia. La “Band Of Brothers” qui non avrebbe senso, non avrebbe più senso e non avrebbe funzionato. Ho qualche riserva sulla moda per i vocalist, ma la musica qui ti prende, ti prende la ripetitività degli accordi "House" e ti prendono i registri dei bassi che li senti battere alla bocca dello stomaco con effetti fisici sconosciuti al tempo della New Wave. Davvero gran bella musica.
Poi mi arriva il saluto di un tipo che non vedevo da un sacco di tempo che mi viene lì con un sorriso strachimico e mi abbraccia, proprio mi abbraccia come se fossi stato il suo migliore amico. Ai tempi dello Slego scopavamo a fasi alterne con la stessa ragazza, lo sapevamo entrambi ,ma non eravamo mai diventati particolarmente amici. Un saluto e via. Già quella volta era uno sballato e suonato e qualche preoccupazione che mi passasse qualche regalino attraverso le cosce della comune amica mi aveva impensierito più volte. Adesso però era veramente in orbita, mi prende per mano e mi porta in bagno e senza dire niente prepara due righe di coca lunghe un metro e me la offre. Dopo aver tirato mi dice, Molto buona vero? Sai, te lo volevo dire da tempo che mi hai sempre fatto invidia perché tutte le volte che scopavo con la nostra amica mi diceva che tu avevi il cazzo molto più grosso del mio. Cazzo, rispondo io sia per la notizia che non avevo mai saputo, sia per la botta che mi aveva dato quel tiro di coca. Cazzo, ripeto più volte. Lui mi sorride e mi dà un lungo bacio in bocca con la lingua e con la mano si infila dentro i miei pantaloni forse per verificare se quello che le raccontava la nostra amica fosse stato vero. Meglio che andiamo a ballare, gli dico io. Certo, tanto la notte è ancora lunga e ho altra coca, mi dice lui. Usciti dal bagno ci separiamo io torno al bar e mi prendo un gin-lemon per smorzare il sapore della coca in gola e nel naso e anche per togliermi il sapore di quel bacio. Per un bel po' di tempo riesco solo a sorseggiare dal bicchiere e ripetere tra me e me, cazzo, cazzo, cazzo. Tutti i ragionamenti della serata erano stati inutili perché alla fine sembra che conti sempre la misura del tuo cazzo. Ma forse lui era il mio nuovo “saponetta”, il parametro per farmi capire che ero di nuovo nel posto giusto al momento giusto. La musica pompava di brutto e io ero in orbita, veramente in orbita. Il D.J. fa partire “All Around The World” di Lisa Stanfield in una versione remix House che me la fa sembrare la canzone più bella del mondo, la canzone più bella che abbia mai sentito in tutta la mia vita. Chiudo gli occhi e comincio a muovermi a tempo. Sì, sì. Sono di nuovo nel posto giusto nel momento giusto. Vaffanculo lo Slego, L'Aleph, la New Wave e anche alla mia amata “Band Of Brothers”. E siccome questo è il 31 dicembre 1989 e io sono qui all'Ethos, ora più che mai vaffanculo anche a questi anni '80 che sono finalmente finiti.
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Re: Band Of Brothers
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Re: Band Of Brothers
Sì, metti il link se vuoi.Macrelli Piero ha scritto: ↑25/02/2020, 7:11Ad esempio in calce a tutti i racconti mettevo i link a you tube relativi alle canzoni citate (tipo la registrazione musicale del capodanno citato) e non so se qui si può fare. Ciao.
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Re: Band Of Brothers
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Mi è piaciuto, bravo.
Ti segnalo qualche refuso: “una vota”, “cone Jan Curtis”, “frichettona”, “vocalists”, “sorseggiate da bicchiere”; “tendenzioni” non lo so, magari può essere accettato come slang per “trendy”.
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Re: Band Of Brothers
Commento: Band Of Brothers
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vuoi per il fatto che non mi intendo di quel tipo di musica, vuoi negli anni 80 ero impegnato in ben altre cose che andare a concerti di quel genere, non sono riuscito a entrare per niente in sintonia con la narrazione.
per quanto riguarda il linguaggio, direi che è appropriato per il periodo e l'argomento, quindi lo accetto.
ci sono alcuni refusi, ma li hanno già segnalati
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Finita la seconda lettura mi sono reso conto che non ho capito nulla meglio, e che non ho capito niente in più, infatti la prima impressione che ho avuto è stata quella di leggere l'incipit di una sceneggiatura da film, la scena iniziale, una cosa alla trainspotting per intenderci quindi mi sono immaginato il tuo alter ego seduto al bar di questo locale immerso nei suoi pensieri, rivivendo tutto quello che hai raccontato, venendo poi catapultato nella realtà dal neo "Saponetta" e pronto a godersi il nuovo decennio, conscio di voler rimanere nel suo stato di Peter Pan, perché è solo, non più con la band, gli altri tre forse si sono inborghesiti, avranno messo su famiglia, non lo so e non ce lo dici, e con un continuo sicuramente intenso e altalenante.
Ora, se dovessi andare a guardare questo film in base a ciò che ho percepito, io sinceramente non lo andrei a guardare, perché sarebbe un qualcosa di già visto e rivisto. Il tuo però è un racconto su BraviAutori, la lettura mi è risultata difficile perché sono nato a fine degli anni '80, quindi sono cresciuto con la musica '90 e '00, per il linguaggio molto colorito, che non per forza è una cosa negativa, è semplicemente un mio gusto personale, infine non mi sono potuto immedesimare del tutto per il semplice fatto, anche, se anni '80, '90, '00 o '10 non sono tipo da discoteche, o da ambienti descritti nel racconto.
Dopo tutto questo pippone di spiegazione, per quanto riguarda il testo in se rivedrei un po' la punteggiatura nei vari discorsi diretti e indiretti, le virgolettature, mi spiego meglio: credo che dopo il trattino nel discorso diretto vada messo uno spazio, e il discorso avvenuto nel bagno con il conoscente vada virgolettato.
In fine, posso dire che, per quel che ne sappia, hai descritto bene il periodo e la confusione apparente del lettore è dovuta alla non conoscenza del tema e in minima parte alla dinamicità del testo che alterna momenti scoppiettanti a profonde riflessioni personali, con un susseguirsi di climax ascendenti e discendenti.
A rileggerci
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Se non si è capito questo ho sbagliato a scrivere il racconto così come ho fatto.
Il linguaggio crudo e volgare mi è sembrato giustificato e necessario.
Le citazioni musicali (molte, ma non troppe) funzionali all'economia del racconto sarebbero potute essere di completa fantasia e non reali come sono. Il lettore non ha la necessità di conoscerle per leggere il racconto come non ha la necessità di sapere che la poltrona dove siede sia una "barcelona" o meno. Se riesce a riposare va bene comunque.
Per la formattazione del testo e refusi avete ragione. Sto cercando di memorizzare le numerose regole e i vari stili, ma nel frattempo mi deve andare bene così altrimenti non comincerei mai a scrivere in attesa di uno stile formalmente perfetto.
Ho comunque delle preferenze. Nel discorso diretto usare il trattino e se il dialogo è concitato evito di intercalare con i vari "disse" o "rispose" e specificare, se non necessario alla comprensione, chi, dei vari personaggi sta parlando. All'interno di una parte descrittiva, invece, inserisco un eventuale piccolo discorso diretto con una virgola seguita da una maiuscola che mi sembra bello snello e originale.
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Re: commento
Ciao, non volevo assolutamente infastidirti o venirti contro. Io quando leggo lo faccio con piacere e mi piace imparare anche dalle cose che leggo: dal tuo racconto ho conosciuto critici musicali e cantanti/gruppi che non conoscevo, quindi te ne sono grato, perché il mio bagaglio culturale si è arricchito.Macrelli Piero ha scritto: ↑01/03/2020, 20:50 Sacro è il giudizio dei lettori e chi si espone a scrivere ne deve accettare le critiche. Quello che mi rende perplesso è il dubbio di non aver esposto bene la mia storia. Le mie intenzioni letterarie si trovano nella sinossi che qui vi espongo: La storia narrata in prima persona vuole raccontare le vicende di un trentenne che si ritrova nel locale che ora ha cambiato nome e stile perché sono passati dieci anni. I ricordi servono ad arredare una epoca che vuole essere descritta bene e non genericamente delineata. Il protagonista non sa bene se rimpiangere quei tempi o biasimarli e comunque si fa trascinare dagli eventi in maniera disincantata e delusa e chiude il decennio con un amaro disgusto.
Se non si è capito questo ho sbagliato a scrivere il racconto così come ho fatto.
Il linguaggio crudo e volgare mi è sembrato giustificato e necessario.
Le citazioni musicali (molte, ma non troppe) funzionali all'economia del racconto sarebbero potute essere di completa fantasia e non reali come sono. Il lettore non ha la necessità di conoscerle per leggere il racconto come non ha la necessità di sapere che la poltrona dove siede sia una "barcelona" o meno. Se riesce a riposare va bene comunque.
Per la formattazione del testo e refusi avete ragione. Sto cercando di memorizzare le numerose regole e i vari stili, ma nel frattempo mi deve andare bene così altrimenti non comincerei mai a scrivere in attesa di uno stile formalmente perfetto.
Ho comunque delle preferenze. Nel discorso diretto usare il trattino e se il dialogo è concitato evito di intercalare con i vari "disse" o "rispose" e specificare, se non necessario alla comprensione, chi, dei vari personaggi sta parlando. All'interno di una parte descrittiva, invece, inserisco un eventuale piccolo discorso diretto con una virgola seguita da una maiuscola che mi sembra bello snello e originale.
Per quanto riguarda la breve sinossi che hai fatto, hai spiegato per bene il racconto e il disgusto finale c'è, sicuramente, infatti ho definito il protagonista solo e da un continuo intenso ed altalenante.
per lo stile con il tempo troverai il tuo, basta crederci e non demordere, scusami se sono sembrato duro nel commento ma non era mia intenzione, sono stato frainteso.
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GrandPrix d'autunno 2023 - Giulia - e le altre poesie
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A Quattro mani
antologia di opere scritte a più mani
Una collaborazione, di qualunque natura essa sia, diventa uno stimolo, la fusione di peculiarità ben definite, la concretizzazione di un'intesa, la meraviglia di scoprire quel qualcosa che individualmente non si sarebbe mai potuta fare. È una prova, una necessità di miglioramento, il superamento dei propri limiti stilistici o di quei blocchi creativi che sovente ci pongono di fronte a un disarmante "foglio bianco". Gli autori di questa antologia ci hanno voluto provare.
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Downgrade
Riduzione di complessità - il libro Downpunk
è probabilmente il primo libro del genere Downpunk, ma forse è meglio dire che il genere Downpunk è nato con questo libro. Sam L. Basie, autore ingiustamente sconosciuto, presenta una visione dell'immediato futuro che ci lascerà a bocca aperta. In un futuro dove l'individuo è perennemente connesso alla globalità tanto da renderlo succube grazie alla sua immediatezza, è l'Umanità intera a operare su se stessa una "riduzione di complessità", operazione resa necessaria per riportare l'Uomo a una condizione di vita più semplice, più naturale e più... umana. Nel libro, l'autore afferma che "anche solo una volta all'anno, l'Essere umano ha bisogno di arrangiarsi, per sentirsi vivo e per dare un senso alla propria vita", ma in un mondo dove tutto ciò gli è negato dall'estremo benessere e dall'estrema tecnologia, le menti si sviluppano in maniera assai precaria e desolante, e qualsiasi inconveniente possa capitare diventerà un dramma esistenziale.
Di Sam L. Basie
A cura di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Storie Gotiche, del Terrore e del Mistero
antologia di opere ispirate alla paura dell'ignoto
Nella ricerca di un tema che potesse risultare gradito a più autori, ci è sembrato infine appropriato proporre un'antologia di opere il cui fattor comune fosse il brivido. Un termine per molti versi ingannevole, almeno quanto lo sono certe credenze e immagini che la ragione volutamente ignora, o perfino deride. Eppure, l'ignoto ci aspetta al varco, silenzioso e paziente, per catapultarci nello strapiombo degli incubi o nel vortice di ansie e desideri repressi.
A cura di Roberto Virdo'.
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