Mia
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Comunque più a nessuno importava di loro e dei rumori molesti, tanto meno a lei; pochi erano i cittadini rimasti in quella manciata di case che costeggiavano la via, la maggior parte erano vecchie fattorie, abbastanza lontane da non dover sopportare l’odore di vacche e maiali.
Ad ogni modo non voleva pensare al vicinato e alla sua vita antisociale. Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente. Di lì a poco avrebbe piovuto, si sentiva chiaramente l’odore dell’erba umida e in lontananza si scorgeva qualche nuvola grigia. Il calore del sole cominciava a indebolirsi e la calura estiva era decisamente più sopportabile ora.
Un brivido la fece sobbalzare per un attimo e la ferita alla gamba la svegliò da un piacevole intorpidimento. Probabilmente si era appisolata per qualche minuto. Aprì gli occhi e si perse a fissare la macchia di caffè che disegnava una sorta di stivale tra i fiori stampati del vestito in cotone.
-Mi scusi!
Una voce tuonò da destra e la fece rizzare in piedi ignorando il dolore alla gamba.
Un uomo sui trent’anni, di bell’aspetto, vestito di tutto punto, pulito e profumato le era apparso all’improvviso come una visione.
Imbarazzata si sistemò il vestito sgualcito che era rimasto leggermente sollevato sopra le ginocchia. Non potè fare a meno di notare lo sguardo compiaciuto di lui e questo la infastidì, ma allo stesso tempo la fece avvampare come un’adolescente.
Non era abituata ad avere visite e, soprattutto, non era avvezza al sostenere lo sguardo di un uomo.
Dopo la morte della madre avrebbe potuto riprendersi la sua vita, riafferrare i suoi sogni, che erano ancora là, a portata di mano; sarebbe bastato allungare il braccio e sarebbe riuscita a raggiungerli e afferrarli. Ma era troppo stanca, dopo una vita passata ad accudire una madre depressa e schizofrenica non era più capace di vivere e non era nemmeno sicura di volerlo imparare. In fondo stava bene così, seduta sotto il suo portico a respirare la polvere e a guardare i campi; questo era ciò che voleva e che la faceva stare bene.
L’uomo la fissava incuriosito. Poi piegò di lato la testa e il suo sguardo si fermò sul seno prosperoso. Istintivamente Mia lo coprì con la mano sinistra e ancora una volta avvampò.
Raccolse quel po’ di coraggio che ancora possedeva e con un filo di voce domandò al porco:
- Cosa vuole?
La testa iniziava a girarle e le mancava il respiro. Forse un attacco di panico.
L’uomo strappò un filo d’erba dal cortile e iniziò a masticarne il gambo poi, dopo aver sputato un grumo verde, sentenziò:
-È un bel posto questo, tranquillo, forse anche troppo. Non hai paura a vivere qui da sola?
A Mia si raggelò il sangue. Quelle parole le rimbombarono martellanti nella testa “Come fa a sapere che vivo sola!”
In quel momento davanti agli occhi si susseguirono immagini atroci di donne stuprate, sgozzate, brutalmente seviziate. Il cuore accelerò i suoi battiti mentre le gambe iniziarono a tremare. La mandibola contratta incorniciava un viso paonazzo e deformato dalla paura. Il sudore le macchiò l’abito e un rivolo d’urina discese lungo la gamba destra fino alle mattonelle in porfido. Il terrore l’aveva paralizzata. Solo la mente galoppava divorando immagini e parole: “Ricordati bambina mia che nessuno ti ama, nessuno ti considera e se lo fa è per avere qualcosa in cambio”. La testa pareva esploderle. “ Non fidarti di nessuno, sono tutti lupi travestiti da agnello, non abbassare mai la guardia perché alla prima occasione ti divoreranno”. Per anni aveva cercato di scrollarsi di dosso quelle che lei riteneva parti di una mente malata, ma ora era innegabile che la mamma avesse ragione.
*****
L’uomo sputò un grumo d’erba che sapeva di grano e polvere. Fissò quella ragazza strampalata che aveva di fronte: sporca, trasandata, forse malata; non aveva potuto non notare quella macchia a forma di stivale all’altezza del seno.
Aveva percorso circa seicento chilometri per arrivare a Monte dei Conti, un paesino di trecento anime, alla ricerca di una sorella di cui ignorava l’esistenza, almeno fino ad una settimana prima.
Aveva sempre condotto una vita sregolata, fatta di vizi, avidità, lusso e droga. Ma dopo quella scoperta aveva deciso di dare un colpo di spugna.
Guardò la ragazza in modo miserevole; vide l’urina che le scendeva lungo la gamba e per la prima volta provò un sentimento che non gli apparteneva: compassione. Si avvicinò di qualche passo, voleva stringerla, rassicurarla e raccontarle tutto, condividere con lei la sua felicità.
Ma ogni passo che lui faceva in avanti lei ne faceva due indietro. Avanzò tendendo le mani e gesticolando per farle capire che andava tutto bene, che non c’era nulla da temere. Era evidente che fosse spaventata.
*****
Mia vide l’uomo avanzare, vide le sue luride mani che si avvicinavano. Capì subito che se non avesse fatto qualcosa quelle mani sarebbero finite sul suo collo e l’avrebbero stretto fino a farle perdere i sensi e poi si sarebbero intrufolate dappertutto, in ogni anfratto del suo corpo. Lo sapeva bene lei, molte volte la mamma l’aveva messa in guardia. Non poteva permetterlo.
Indietreggiò fino a che non si ritrovò con le spalle al muro, accanto al traballante tavolino d’abete.
Iniziò a boccheggiare come fosse in carenza d’ossigeno. Una lacrima scese e si disperse tra i capelli appiccicati al collo. I muscoli contratti le procuravano un dolore intenso ma, a stento, riuscì ad afferrare uno dei ferri da maglia posati sul tavolino.
Un tuono avvisò che il temporale si stava avvicinando. Qualche goccia pesante di pioggia iniziò a macchiare la terra misto ghiaia della strada. Un odore ancor più forte di polvere si sollevò e una folata di vento fresco le scostò i capelli dal viso.
Accadde tutto in un attimo. All’improvviso ritrovò una forza e una rabbia nascosta che da anni aspettava di esplodere. Con un balzo fu sull’uomo che non ebbe il tempo di fare alcun movimento. Si aggrappò alle spalle di Mia per qualche secondo; la bocca deformata da un ghigno e un rantolo uscì strozzato prima di crollare a terra come un sacco trascinandosi giù anche lei.
Una pozza di sangue si stava formando sulle mattonelle chiare e mischiando con la chiazza di urina. Mia, seduta a terra, guardò la macchia che si allargava sempre più e quell’uomo accasciato con il ferro conficcato nel petto. Trovò che avesse un qualcosa di comico e irriverente nella sua espressione di morte ed esplose in una fragorosa risata. Provò delicatamente a spingerlo, ma non si mosse.
Con passo pesante entrò in casa e scese in cantina a cercare della candeggina per pulire il porfido, se non si affrettava il sangue si sarebbe rappreso e la macchia sarebbe rimasta lì per sempre. La tensione ora si era affievolita, si sentiva bene, rilassata, felice. Cercò tra i barattoli di vernice canticchiando un vecchio motivetto di quando era bambina. Trovò il flacone pieno per metà.
Continuando a canticchiare andò verso il congelatore; avrebbe cucinato costolette d’agnello per cena. Posò la bottiglia di candeggina e aprì la porta del grande congelatore a pozzetto. Una piacevole ondata di gelo la rinfrescò. Portò l’indice alla bocca come faceva da bambina quando suo padre le nascondeva qualche piccolo regalo. Sperava di trovare le costolette senza dover spostare quel grosso ingombro che nascondeva la visuale. Si chinò, spostò il grande sacchetto e vide che il piccolo imballo di carne stava proprio sotto. Si chinò un po’ di più per acquistare forza nelle braccia. Spinse l’intralcio sulla destra e si trovò a fissare gli occhi vitrei di sua madre.
Le sorrise e le accarezzò la testa attraverso la plastica ghiacciata. Poi, sempre canticchiando, risalì le scale; posò la cena nel lavandino ed uscì in veranda per pulire.
L’uomo era sempre lì, immobile.
Pensò che l’indomani sarebbe dovuta andare ad acquistare un altro freezer e questo pensiero la spaventò a morte, ma non ci voleva pensare ora.
Si sedette sul vecchio dondolo a guardare il cielo plumbeo e la pioggia che ora scendeva copiosa. Cominciavano a formarsi le prime pozzanghere e i lampi parevano spezzare il cielo in tanti pezzi luminosi.
Ancora una volta inspirò profondamente e chiuse gli occhi. La pioggia, come una coltre, aveva nascosto l’odore di polvere.
La gamba ora non le doleva più, sicuramente l’indomani il tempo sarebbe stato bello.
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Consiglio alla protagonista di tenere pronta una roncola, che nella cucina di una schizofrenica può sempre servire.
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Un'unica piccolissima frase da rivedere: " Con un balzo fu sull’uomo che non ebbe il tempo di fare alcun movimento. Si aggrappò alle spalle di Mia per qualche secondo" se il punto di vista qui è quello di Mia la seconda frase è da rivedere.
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Re: Mia
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Un racconto gradevole e ben scritto, non era facile con un tema del genere, con forse solo qualche ingenuità lessicale (antisociale, avvezza) ad appesantire il testo. Nulla da segnalarti dal punto di vista formale.
Quanto al racconto in sé, forse è troppo carico di fatti e coincidenze e forzature che lo rendono poco vero: la madre depressa e schizofrenica, la protagonista sola e pure lei malata, la casa isolata, il fratello sconosciuto che torna e quella frase che pronuncia pure un poco equivoca che scatena la furia di Mia, un uomo adulto e pieno di forze sopraffatto da una ragazza esile e non proprio ben messa.
Quanto alla malattia (o al disagio) che descrivi, quella di Mia, visto quella gamba ferita che citi e quell'omicidio commesso nel finale, mi sembra un disturbo di una personalità borderline. Poco importa.
A ogni modo, nonostante tutto riesci a descrivere e a far sentire vero il disagio di lei, la sensazione di oppressione e di non aver via d'uscita, e a giustificare l'atto finale. Questo disagio, questa solitudine riesci a farla emergere ed è il vero punto di forza del racconto.
Un buon lavoro
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Mi è piaciuta la distinzione dei due punti di vista anche se mi ha fatto storcere il naso come si sia presentato il fratello, a meno che non sia una distorsione del personaggio Mia dovuta alla sua schizzofrenia, in quel caso allora mi piace molto come idea.
Non so perché ma quel: "Sperava di trovare le costolette senza dover spostare quel grosso ingombro" mi ha fatto subito pensare che ci fosse un cadavere nel congelatore, forse per la reazione avuta dopo il misfatto, come se fosse abituata, ecco.
Comunque sia voto positivo. Bella prova
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mi è piaciuto molto li ritmo: la partenza lenta, con la descrizione del luogo, del tempo, l'odore dell'erba. Il ritmo poi sale con la focale che si sposta sui personaggi. Ecco, l'unica cosa che non mi è piaciuta molto è la descrizione dello stato d'animo dell'uomo ("...voleva stringerla, rassicurarla e raccontarle tutto, condividere con lei la sua felicità..."). Chiaro che l'intento era quello di fare entrare in scena l'equivoco tra i due, però ho trovato eccessivamente improbabile questo trasporto.
Per me voto 4
A rileggerci
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Tutte cose minime, in ogni caso.
Venendo alla storia, le descrizion sono belle ed efficaci. Riesci a far vedere quello che accade, e questo è un bel punto in più. Anche a livello emozionale funziona bene, tanto che la follia della protagonista è palpabile.
L'unica cosa che non mi piace è la storia in sé, ma è una pura questione di gusti.
Bel lavoro.
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Ottimi il finale e le immagini che aprono e chiudono il racconto, malinconiche e poetiche, perfette per circoscrivere le ossessioni di Mia.
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Intervista su BraviAutori.it: https://www.braviautori.it/forum/viewto ... =76&t=5384
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Leggendo i commenti mi sono trovato a riflettere anche io su cosa avrei cambiato per raffinare il meccanismo narrativo.
L'introduzione del fratello la integrerei di più nel testo e mi chiedo se sia necessario rivelare il grado di parentela o lasciarlo come ipotesi tragica. Magari farei partire il racconto, con la scusa di dover descrivere l'ambiente, con l'arrivo del fratello nei pressi della casa, un po' come l'inizio de "La Notte Dei Morti Viventi".
Non mi sembra necessario descrivere la malattia della madre, ma preferirei insinuare, in qualche modo, il dubbio di chi sia pazzo.
Eliminerei la descrizione di dover spostare "quel grosso ingombro" che rovina un po' la sorpresa.
Mi sono permesso questo mio commento perché credo sia lo scopo dei nostri confronti. Bel racconto.
- Ida Daneri
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Davvero brava l'autrice a creare un mondo e la conseguente aspettativa del lettore; perfetto l'intermezzo con il punto di vista dell'uomo, l'unico equilibrato, spazzato subito via dal punto di vista dominante, che trascina con sé il lettore, anche se ormai il lettore (per lo meno quello scafato) sa che non è più quello il punto di vista corretto da seguire. Ciò che il lettore non immagina, però, è il finale, che va oltre ogni mmaginabile straniamento (salvo per gli esperti lettori che, in quel freeezer, la macabra sorpesa ormai se l'aspettano). ma l'acquisto del nuovo freeezer è una vera chicca.
Bravissima! Voto 5
Solo un piccolissimo errore, che rilevo affinchè non disturbi la perfezione del resto: "in quella manciata di case che costeggiavano la via" c'è un errore di concordanza. Il soggetto è "la manciata" (singolare) e non "le case" (plurale), quindi la voce verbale corretta è "costeggiava".
- Teseo Tesei
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E per fortuna che la strada svoltava poco prima di raggiungere casa di Mia.
Per fortuna poi che pochi erano i cittadini rimasti in quella manciata di case che costeggiavano la via e sempre fortunatamente la maggior parte erano vecchie fattorie, abbastanza lontane da non dover sopportare l’odore di vacche e maiali, piuttosto che versi, urla o scenari "poco normali".
Antisociale per eccellenza e con nessuna velleità di attaccar bottone con il vicinato, Mia stava bene così ... tra le sue ossessioni e patologie mentali, ormai assopite.
Poi arriva questo estraneo e le sue fobie risvegliano tutto.
Mia torna ad essere quel che già in passato è stata: una pazza assassina.
Ad esser sincero non mi piace il nome associato a questa donna malata.
Mia è di origini ebraiche ed è la variante di Maria.
Simbolo di speranza, fede, purezza etc. che stride con il personaggio.
Non è certamente scritto male, è una brutta storia, sebbene a peggiori e con simili personaggi mi è capitato di incrociare la strada.
Personalmente mi sono fatto l'idea che certi racconti, specie quando trasmessi in TV sotto forma di film o di sola cronaca, possano suggerire a soggetti malati ed instabili il modus operandi ispirando il loro futuro agire criminale.
Nei casi incrociati questo è successo indubbiamente.
Per questa ragione non apprezzo questo genere di racconto, dove la volontà di ispirare un criminale con la propria fantasia è quasi sempre lontanissima dello scrittore, sceneggiatore etc.
Non apprezzo neppure la pubblica cronaca relativa i suicidi: specie nella meticolosa ed invasiva descrizione di "ragioni" e modalità di auto-accoppamento.
Diventare ignari strumenti del male è spiacevole per tutti, almeno per i sani di mente.
Purtroppo lo spirito di emulazione è sempre in agguato.
Voto sospeso.
Oggi non sono in vena.
https://www.youtube.com/watch?v=HTRHL3yEcVk
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Giudizio Ardito - A.D. - Apocalypse Day
A cura di Arditoeufemismo.
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La Gara 17 - Non è vero ma ci credo
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La Gara 15 - Risorse a piccoli sorsi
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Le radici del Terrore
Antologia di opere ispirate agli scritti e all'universo lovecraftiano
Questa antologia nasce dalla sinergia tra le associazioni culturali BraviAutori ed Electric Sheep Comics con lo scopo di rendere omaggio alle opere e all'universo immaginifico di Howard Phillips Lovecraft. Le ventitrì opere selezionate hanno come riferimento la narrativa "lovecraftiana" incentrata sui racconti del ciclo di Cthulhu, già fonte di ispirazione non solo per scrittori affermati come Stephen King, ma anche in produzioni cinematografiche, musicali e fumettistiche. Il motivo di tanto successo è da ricercare in quell'universo incredibile e "indicibile", fatto di personaggi e creature che trascendono il Tempo e sono una rappresentazione dell'Essere umano e delle paure che lo circondano: l'ignoto e l'infinito, entrambi letti come metafore dell'inconscio.
A cura di Massimo Baglione e Roberto Napolitano.
Copertina di Gino Andrea Carosini.
Contiene opere di: Silvano Calligari, Enrico Teodorani, Rona, Lellinux, Marcello Colombo, Sonja Radaelli, Pasquale Aversano, Adrio the boss, Benedetta Melandri, Roberta Lilliu, Umberto Pasqui, Eliseo Palumbo, Carmine Cantile, Andrea Casella, Elena Giannottu, Andrea Teodorani, Sandra Ludovici, Eva Bassa, Angela Catalini, Francesca Di Silvio, Anna Rita Foschini, Antonella Cavallo, Arianna Restelli.
Special guests: gli illustratori americani e spagnolo Harry O. Morris, Joe Vigil and Enrique Badìa Romero.
Vedi ANTEPRIMA (2,02 MB scaricato 259 volte).
BReVI AUTORI - volume 4
collana antologica multigenere di racconti brevi
BReVI AUTORI è una collana di libri multigenere, ad ampio spettro letterario. I quasi cento brevi racconti pubblicati in ogni volume sono suddivisi usando il seguente schema ternario:
Fantascienza + Fantasy + Horror
Noir + Drammatico + Psicologico
Rosa + Erotico + Narrativa generale
La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Ida Dainese, Angela Catalini, Mirta D, Umberto Pasqui, Verdiana Maggiorelli, Francesco Gallina, Francesca Santucci, Sandra Ludovici, Antonio Mattera, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Laura Traverso, Romina Bramanti, Alberto Tivoli, Fausto Scatoli, Cinzia Iacono, Marilina Daniele, Francesca Rosaria Riso, Francesca Gabriel, Isabella Galeotti, Arcangelo Galante, Massimo Tivoli, Giuseppe Patti, SmilingRedSkeleton, Alessio Del Debbio, Marco Bertoli, Simone Volponi, Tiziano Legati, Francesco Foddis, Maurizio Donazzon, Giovanni Teresi, Sandro Pellerito, Ilaria Motta.
Vedi ANTEPRIMA (730,53 KB scaricato 101 volte).
Dieci
antologia di opere ispirate dal numero dieci, in omaggio al decimo compleanno dell'associazione culturale BraviAutori.it
Non amiamo l'auto-celebrazione, tuttavia ci è piaciuto festeggiare il nostro decimo compleanno invitando gli autori a partecipare alla composizione di un'antologia di opere di genere libero che avessero come traccia il numero 10. Ventidue autori hanno accettato l'invito e ciò che ci hanno regalato è stato confezionato in queste pagine.
Con la presente antologia abbiamo voluto ringraziare tutti i collaboratori, gli autori e i visitatori che hanno contribuito a rendere BraviAutori.it ciò che è oggi, e che continuerà a essere finché potrà.
A cura di Massimo Baglione.
Copertina di Giuseppe Gallato.
Contiene opere di: Ferruccio Frontini, Giuseppe Gallato, Mirta D, Salvatore Stefanelli, Gabriella Pison, Alberto Tivoli, Massimo Tivoli, Francesca Gabriel, Francesca Santucci, Enrico Teodorani, Gabriele Ludovici, Martina Del Negro, Alessandro Borghesi, Cristina Giuntini, Umberto Pasqui, Marezia Ori, Fausto Scatoli, Arcangelo Galante, Giorgio Leone, Fabio Maltese, Selene Barblan, Marco Bertoli.
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