Etnogenesi
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Re: Etnogenesi
Commento
Ci sono numerosi refusi e consiglio all'Autore una revisione attenta del testo.
Voto 3, saluti
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Un racconto che racconta una storia raccontata. I colonizzatori ed occupanti di territori altrui sono maestri e non sempre usano mezzi e modi come quelli descritti qui.
Guardandoci intorno… oggi… ne abbiamo esempi in atto… anzi… in atto da quasi 80 anni con mezzi che non si possono proprio definire etnogenesi ma etnoestinzione sì.
Jacopo
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Re: Commento
Buongiorno, JacopoJacopo Serafinelli ha scritto: ↑17/04/2024, 18:46 @Giovanni p
Un racconto che racconta una storia raccontata. I colonizzatori ed occupanti di territori altrui sono maestri e non sempre usano mezzi e modi come quelli descritti qui.
Guardandoci intorno… oggi… ne abbiamo esempi in atto… anzi… in atto da quasi 80 anni con mezzi che non si possono proprio definire etnogenesi ma etnoestinzione sì.
Jacopo
grazie per avermi letto.
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Re: Commento
Buongiorno,
grazie per aver letto il racconto, proverò a rileggerlo.
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"(Sapevamo) benissimo, e lo (sapevamo) prima di arrivare, che saremmo stati una minoranza contro moltissimi indigeni. Avevamo dalla nostra i soldi e per fortuna ce li (abbiamo) ancora, anzi quelli li (abbiamo) moltiplicati. (Sapevamo) anche che nel nord del continente sarebbe saltata in aria la situazione e che ci sarebbero state delle rivolte, come (sapevamo) che i rivoltosi del nord pregano lo stesso dio di quelli che (abbiamo) sotto la nostra influenza, quindi era plausibile che i più giovani di questi avrebbero preso spunto da loro per rivoltarsi contro di noi. D'altronde la religione è anche un mezzo di aggregazione."
Quattro "sapevamo", tre volte "abbiamo" (+ altre cosette che non vanno) e tutti molto vicini tra loro (ridondanza) e un incalzare delle frasi poco armonioso: tipico del linguaggio parlato, ma in un racconto va sempre "addolcito" questo aspetto.
Mi permetto, senza presunzione, di riscriverla:
"Sapevamo benissimo, prima ancora di arrivare, che saremmo stati in minoranza rispetto agli indigeni. Avevamo però dalla nostra parte il denaro e per fortuna ce n'è ancora, anzi, lo abbiamo moltiplicato. E ci era altrettanto chiaro che nel nord del continente la situazione sarebbe esplosa con delle rivolte, poiché le persone che ci abitano adorano lo stesso dio di quelli a sud sotto il nostro controllo, quindi era plausibile che i più giovani si sarebbero ispirati a loro per ribellarsi. D'altronde la religione è sempre un pretesto per unire le genti."
Suona meglio, no? Stessi concetti, ma più coincisa e usando meno parole. Poi il testo è tuo, e se lo riscrivi tu, ti riesce ancora meglio. Il mio vuole essere solo un esempio a cosa intendevo.
Non ti conosco molto, Giovanni P, ma rispetto a l’altro racconto “Marchesi etc.”, in cui mi eri sembrato bravo a costruire dialoghi e pure la parte non “dialogica” era molto buona. Qui, invece, c’è molto da rivedere: per via di tante “cose” che sembrano come scritte di fretta, probabilmente. C’è inoltre da rilevare una costante, e qui mi riferisco alla punteggiatura, data la quasi sempre mancanza di virgole sui vocativi, temporali, temporali avverbiali, nell’uso dei tempi verbali indefiniti: perché sarà vero che la punteggiatura è una questione di stile dell’autore, ma è nella stessa misura vero che quando si va a creare una proposizione, dislocata che sia o anche ellittica del soggetto o di altro, regola vuole che le virgole, punti… o altro si usino.
Voto 3 (perché è un testo da editare)
Tante belle cose, Giovanni P
Antonio
Commento
In questo punto mi sono bloccato, perché scrivi:
“Quando arrivò su quel pezzo di foresta e fece costruire la sua magione Gerad volle quel planisfero sulla parete per ricordargli che esistono mille realtà da depredare, ma ora che vive incollato sulla sua poltrona di pelle gonfio di cortisone e segnato dal diabete quella carta da parati serve solo a ricordargli quanto casa sua sia lontana.”
Io mi sono domandato a quale foresta si riferisce? Sono tornato indietro a rileggere: nisba, non c’è alcun riferimento oggettivo. Quindi “quel pezzo di foresta” è riferibile senz’altro al planisfero di cui comunque il lettore non sa nulla circa che cosa raffiguri. Planisfero: Rappresentazione cartografica in piano di tutta la superficie terrestre, a piccolissima scala; anal. : p. celeste, quella relativa alla volta celeste.
Quindi “quel pezzo di foresta” non rende l’idea di nulla, quantomeno perché non è pertinente alla scena che hai proposto nel testo. E ti faccio notare che è la scena madre.
Poi continui: “incollato sulla sua poltrona di pelle gonfio di cortisone”;
e poco più sotto: “Incollato alla sua poltrona guardava la brocca”.
Qui, il lettore che è in me ha protestato. Fine della puntata. Testo da rivedere. UN saluto. Però io non regalo i voti, per me è un racconto assolutamente negativo. quindi voto basso: 1.
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Re: Commento
Giampiero ha scritto: ↑01/05/2024, 9:04 Visto che qui si gioca a fare l'editor di turno, gioco anch'io:
In questo punto mi sono bloccato, perché scrivi:
“Quando arrivò su quel pezzo di foresta e fece costruire la sua magione Gerad volle quel planisfero sulla parete per ricordargli che esistono mille realtà da depredare, ma ora che vive incollato sulla sua poltrona di pelle gonfio di cortisone e segnato dal diabete quella carta da parati serve solo a ricordargli quanto casa sua sia lontana.”
Io mi sono domandato a quale foresta si riferisce? Sono tornato indietro a rileggere: nisba, non c’è alcun riferimento oggettivo. Quindi “quel pezzo di foresta” è riferibile senz’altro al planisfero di cui comunque il lettore non sa nulla circa che cosa raffiguri. Planisfero: Rappresentazione cartografica in piano di tutta la superficie terrestre, a piccolissima scala; anal. : p. celeste, quella relativa alla volta celeste.
Quindi “quel pezzo di foresta” non rende l’idea di nulla, quantomeno perché non è pertinente alla scena che hai proposto nel testo. E ti faccio notare che è la scena madre.
Poi continui: “incollato sulla sua poltrona di pelle gonfio di cortisone”;
e poco più sotto: “Incollato alla sua poltrona guardava la brocca”.
Qui, il lettore che è in me ha protestato. Fine della puntata. Testo da rivedere. UN saluto. Però io non regalo i voti, per me è un racconto assolutamente negativo. quindi voto basso: 1.
Caro Giampiero, io non gioco a fare l'editor, io mi impegno a leggere racconti e dare consigli che credo siano utili, come hanno fatto altri con me.
A differenza tua io ho sempre ringraziato chi mi ha aiutato anche bastonandomi, perché è così che si migliora.
Hai fatto un commento totalmente inutile, ti sei voluto attaccare a qualcosa per tirarmi giù e ora sei contento, che ti devo dire...contento te contenti tutti.
Mi dispiace aver perso tempo con te e il tuo racconto, credevo di poterti aiutare, ma fidati non succederà mai più che io rilegga qualcosa di tuo.
La scrittura è qualcosa di bello e se vuoi di serio, spero che tu riesca a capirlo.
Buona gara
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Re: Commento
Yakamoz ha scritto: ↑22/04/2024, 13:53 Letto! Il racconto non è malaccio come idea. Ma poi nella sua messa su carta/video non è scritto altrettanto bene. Si nota - e come non notarlo? - una notevole (minimo 40) mancanza di punteggiatura e troppe "ripetizione", esempio dal testo:
"(Sapevamo) benissimo, e lo (sapevamo) prima di arrivare, che saremmo stati una minoranza contro moltissimi indigeni. Avevamo dalla nostra i soldi e per fortuna ce li (abbiamo) ancora, anzi quelli li (abbiamo) moltiplicati. (Sapevamo) anche che nel nord del continente sarebbe saltata in aria la situazione e che ci sarebbero state delle rivolte, come (sapevamo) che i rivoltosi del nord pregano lo stesso dio di quelli che (abbiamo) sotto la nostra influenza, quindi era plausibile che i più giovani di questi avrebbero preso spunto da loro per rivoltarsi contro di noi. D'altronde la religione è anche un mezzo di aggregazione."
Quattro "sapevamo", tre volte "abbiamo" (+ altre cosette che non vanno) e tutti molto vicini tra loro (ridondanza) e un incalzare delle frasi poco armonioso: tipico del linguaggio parlato, ma in un racconto va sempre "addolcito" questo aspetto.
Mi permetto, senza presunzione, di riscriverla:
"Sapevamo benissimo, prima ancora di arrivare, che saremmo stati in minoranza rispetto agli indigeni. Avevamo però dalla nostra parte il denaro e per fortuna ce n'è ancora, anzi, lo abbiamo moltiplicato. E ci era altrettanto chiaro che nel nord del continente la situazione sarebbe esplosa con delle rivolte, poiché le persone che ci abitano adorano lo stesso dio di quelli a sud sotto il nostro controllo, quindi era plausibile che i più giovani si sarebbero ispirati a loro per ribellarsi. D'altronde la religione è sempre un pretesto per unire le genti."
Suona meglio, no? Stessi concetti, ma più coincisa e usando meno parole. Poi il testo è tuo, e se lo riscrivi tu, ti riesce ancora meglio. Il mio vuole essere solo un esempio a cosa intendevo.
Non ti conosco molto, Giovanni P, ma rispetto a l’altro racconto “Marchesi etc.”, in cui mi eri sembrato bravo a costruire dialoghi e pure la parte non “dialogica” era molto buona. Qui, invece, c’è molto da rivedere: per via di tante “cose” che sembrano come scritte di fretta, probabilmente. C’è inoltre da rilevare una costante, e qui mi riferisco alla punteggiatura, data la quasi sempre mancanza di virgole sui vocativi, temporali, temporali avverbiali, nell’uso dei tempi verbali indefiniti: perché sarà vero che la punteggiatura è una questione di stile dell’autore, ma è nella stessa misura vero che quando si va a creare una proposizione, dislocata che sia o anche ellittica del soggetto o di altro, regola vuole che le virgole, punti… o altro si usino.
Voto 3 (perché è un testo da editare)
Tante belle cose, Giovanni P
Antonio
Buongiorno,
come marchesi e mezzadri questo racconto esce da un laboratorio, solo che stavolta non sono stato a capace a creare l'atmosfera giusta.
Ho provato ad espandere il racconto, ma risultava addirittura peggio.
Sul testo da editare mi scuso, ma ho problemi a vedere k refusi.
Grazie comunque per avermi letto e in bocca al lupo.
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Re: Commento
Per cortesia, evitiamo questi inutili e sfiancanti avvii di battibecchi.
In questo sito si pubblicano opere, e qualcuno a voglia di leggerle e commentarle. Nel caso delle Gare e dei Grandprix, commenare è pure obbligatorio per parteciparvi.
Chi le opere le pubblica deve accettare qualsiasi commento e critica (sempre nei limiti della decenza e del regolamento), altrimenti questo sito non è il posto giusto dove esporre le proprie cose.
E anzi: ringraziamole quelle persone che hanno voglia di star qui a commentare invece che di star sui social a cazzeggiare.
Re: Etnogenesi
"Data la quasi sempre mancanza di virgole sui vocativi, temporali, temporali avverbiali, nell'uso dei tempi verbali indefiniti: perché sarà vero che la punteggiatura è una questione di stile dell'autore, ma è nella stessa misura vero che quando si va a creare una proposizione, dislocata che sia o anche ellittica del soggetto o di altro, regola vuole che le virgole, punti… o altro si usino", è una frase che diceva a me, e a tutti, la Prof di italiano alle superiori. Ho solo riportato quello che ricordo. E se lo diceva lei che insegnava in un Liceo…
A rileggerci, Giovanni P
Ti auguro di trascorrere una bella giornata,
Antonio
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Re: Etnogenesi
Ciao Antonio,Yakamoz ha scritto: ↑02/05/2024, 10:28 Ciao Giovanni P, grazie degli auguri. Capita comunque di non riuscire a "rappresentare bene" in un racconto quello che si aveva in mente. Scrivere è come scattare una foto del proprio pensiero: a volte l'immagine è nitida e cristallina, altre volte invece è un po' sfocata. Succede a tutti! Io per primo. Anzi, più sbaglio e più imparo, luogo comune ma vero. Scusa se mi sono permesso di riscrivere parte del tuo testo, ma era per farti capire a cosa intendevo. Io non mi elevo a giudice di nessuno, per carità. E in merito a questo passaggio che ti ho scritto:
"Data la quasi sempre mancanza di virgole sui vocativi, temporali, temporali avverbiali, nell'uso dei tempi verbali indefiniti: perché sarà vero che la punteggiatura è una questione di stile dell'autore, ma è nella stessa misura vero che quando si va a creare una proposizione, dislocata che sia o anche ellittica del soggetto o di altro, regola vuole che le virgole, punti… o altro si usino", è una frase che diceva a me, e a tutti, la Prof di italiano alle superiori. Ho solo riportato quello che ricordo. E se lo diceva lei che insegnava in un Liceo…
A rileggerci, Giovanni P
Ti auguro di trascorrere una bella giornata,
Antonio
per quanto riguarda il testo virgolettato non ci ho capito nulla
Comunque grazie ancora per avermi letto!
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Praticamente, quello che stiamo facendo in mezzo mondo. Ma quando gli indigeni si renderanno conto di essere stati raggirati...
Oddio, in realtà anche noi siamo già stati raggirati, ma non ce ne ricordiamo più.
Detto questo, devo dire che prima di riuscire a entrare nel racconto ho trovato difficile e fastidiosa la punteggiatura, e qualche refuso: un Gerad è diventato Gerard e non usi spesso le virgole dove le avrei volentieri viste.
Ciò detto, incrociamo le dita e che la ragionevolezza prevalga su tutto, in questo momento così difficile. Non voglio pensare all'altro esito...
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Marino Maiorino ha scritto: ↑25/05/2024, 11:01 Terribile! E ovviamente ottimo!
Praticamente, quello che stiamo facendo in mezzo mondo. Ma quando gli indigeni si renderanno conto di essere stati raggirati...
Oddio, in realtà anche noi siamo già stati raggirati, ma non ce ne ricordiamo più.
Detto questo, devo dire che prima di riuscire a entrare nel racconto ho trovato difficile e fastidiosa la punteggiatura, e qualche refuso: un Gerad è diventato Gerard e non usi spesso le virgole dove le avrei volentieri viste.
Ciò detto, incrociamo le dita e che la ragionevolezza prevalga su tutto, in questo momento così difficile. Non voglio pensare all'altro esito...
Purtroppo si, e per come la penso io, nemmeno per guadagnarci a livello sociale.
Mi spiego peggio, il mio bisnonno (a causa di alcuni diverbi con la classe dirigente del suo momento) fu spedito a fare le guerre d'Africa e poi in Albania e Grecia.
Quando fu costituito "L'impero italiano", la popolazione non ebbe nessun beneficio, anzi.
Furono depredati e violentati popoli lontani per gonfiare le tasche di pochi e riempire i cimiteri di tutta Italia. Il colonialismo vuol dire guerra, guerra che costa tasse ai poveri diavoli costretti a finanziarla contro la loro volontà, quindi una vita più difficile, fatta di rinunce e compromessi obbligati.
Il mio pensiero sul colonialismo è semplice, fa male a chi lo subisce, ma fa male anche al popolo che lo perpetra, considerando che in Africa, Grecia o Albania si può andare tranquillamente da ospiti, e non per forza da invasori.
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Re: Etnogenesi
E' sempre bello leggerti.
Con l'occasione ringrazio anche Namio che mi ha aiutato a sistemare il testo.
- Laura Traverso
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commento
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commento Etnogenesi
arrivo buon ultimo e mi limito perciò al commento della bella idea che hai avuto. Concordo al 100% con il commento di Laura e non ho molto da aggiungere, se non che i nodi sono arrivati al pettine tutti insieme, e c'è poco da scherzare. Ciò che mi preoccupa maggiormente è la drammatica divisione in blocchi armati e contrapposti che ormai si sta delineando nel mondo. Se anche la ricerca scientifica dovesse scoprire il sistema per produrre energia pulita, l'unica che salverebbe il pianeta della catastrofe, saremo intelligenti a sufficienza per capire che una simile conquista deve essere messa a disposizione di tutta l'umanità?
voto 4
A Quattro mani
antologia di opere scritte a più mani
Una collaborazione, di qualunque natura essa sia, diventa uno stimolo, la fusione di peculiarità ben definite, la concretizzazione di un'intesa, la meraviglia di scoprire quel qualcosa che individualmente non si sarebbe mai potuta fare. È una prova, una necessità di miglioramento, il superamento dei propri limiti stilistici o di quei blocchi creativi che sovente ci pongono di fronte a un disarmante "foglio bianco". Gli autori di questa antologia ci hanno voluto provare.
A cura di Massimo Baglione.
Copertina di Antonio Abbruzzese.
Contiene opere di: Chiara Masiero, Mauro Cancian, Stefania Fiorin, Anna Rita Foschini, Ida Dainese, Alberto Tivoli, Marina Paolucci, Maria Rosaria Spirito, Marina Den Lille Havfrue, Cristina Giuntini, David Bergamaschi, Giuseppe Gallato, Maria Elena Lorefice.
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L'arca di Noel
Da decenni proviamo a metterci al riparo dagli impatti meteoritici di livello estintivo, ma cosa accadrebbe se invece scoprissimo che è addirittura un altro mondo a venirci addosso? Come ci comporteremmo in attesa della catastrofe? Potremmo scappare sulla Luna? Su Marte? Oppure dove?
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
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collana antologica multigenere di racconti brevi
BReVI AUTORI è una collana di libri multigenere, ad ampio spettro letterario. I quasi cento brevi racconti pubblicati in ogni volume sono suddivisi usando il seguente schema ternario:
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La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Ida Dainese, Daniele Missiroli, Fausto Scatoli, Angela Di Salvo, Francesco Gallina, Thomas M. Pitt, Milena Contini, Massimo Tivoli, Franca Scapellato, Vittorio Del Ponte, Enrico Teodorani, Umberto Pasqui, Selene Barblan, Antonella Jacoli, Renzo Maltoni, Giuseppe Gallato, Mirta D, Fabio Maltese, Francesca Paolucci, Marco Bertoli, Maria Rosaria Del Ciello, Alberto Tivoli, Debora Aprile, Giorgio Leone, Luca Valmont, Letteria Tomasello, Alberto Marcolli, Annamaria Vernuccio, Juri Zanin, Linda Fantoni, Federico Casadei, Giovanna Evangelista, Maria Elena Lorefice, Alessandro Faustini, Marilina Daniele, Francesco Zanni Bertelli, Annarita Petrino, Roberto Paradiso, Alessandro Dalla Lana, Laura Traverso, Antonio Mattera, Iunio Marcello Clementi, Federick Nowir, Sandra Ludovici.
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