Beu
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Beu
Io non ho mai saputo cosa significasse quel nomignolo, sapevo però delle voci inquietanti associate alla figura allampanata e agli abiti dentro i quali Beu pareva potersi ritirare come in un carapace, tanto erano larghi e irrigiditi dai troppi anni e dai pochi lavaggi.
Quelle voci venivano sussurrate a labbra strette dagli altri ragazzi del posto a chi, come me, del posto non era. Dicevano avesse tra i quattordici e i quindici anni e che vivesse con una vecchia contadina, forse una zia, in una catapecchia mezza diroccata, isolata fuori del paese e raggiungibile soltanto con una mulattiera che si arrampicava lungo il torrentello ai margini del bosco.
Soprattutto, dicevano che fosse violento e cattivo, pronto sia a menare le mani ossute con chiunque gli desse fastidio, sia a uccidere con la fionda gli uccelli e qualsiasi altro animale gli capitasse a tiro.
Infine mormoravano che fosse meglio evitarlo se si era da soli in un posto isolato.
Di sicuro, Beu portava uno dei due cognomi che da soli riempivano buona parte dei registri dell'anagrafe del paese. Questo ricorrere di cognomi, testimone dei secolari intrecci di consanguinei in una vallata quasi isolata dal mondo sino al secolo precedente, era verosimilmente all'origine di una vena di follia che, in gradi più o meno visibili, più o meno pericolosi, percorreva una parte consistente della popolazione locale. Almeno questo era ciò che dicevano mia madre e mio padre nelle loro conversazioni a tavola, quando mi raccomandavano di stare attento a non dare troppa confidenza a buona parte delle persone e dei ragazzi che abitavano vicino a noi e che a me, invece, parevano solo brava gente, magari un poco stramba, ma simpatica e certamente gentile.
La guerra, finita da una quindicina d’anni, era ben viva nella mente degli adulti e non tutte le sue cicatrici erano consolidate, tanto che qualche anno dopo, quando il paese oramai faceva parte dei miei ricordi, il suo nome comparve per un certo tempo sui giornali, per oscure storie di omicidi mai risolti legati a presunti tesori nascosti dai partigiani alla fine della guerra; tutte cose che, ripensando al mio solitario aggirarmi per boschi e casolari, mi avevano spinto a riflettere sull'esistenza concreta degli angeli custodi e mi avevano fatto considerare sotto un'altra luce le parole dei miei genitori.
A quel tempo invece ero propenso a dar loro ragione soltanto per ciò che riguardava Beu, che io avevo sempre cercato di evitare, riuscendoci senza particolari difficoltà, almeno sino a un certo giorno.
Era un pomeriggio di autunno quando, sbrigati in fretta i compiti e salutata mia madre, scesi le poche scale di casa per i miei consueti giochi all'aperto.
Al di là della strada, appena fuori della palazzina popolare, mi attendeva il bosco e più tardi, nel posto segreto, tra il castagno scavato dal fulmine e la fontana, la combriccola degli amici.
Non a quell'ora però; mi piacevano i momenti di solitudine e li aspettavo, anzi, li creavo affrettandomi a finire i miei doveri scolastici per essere libero di uscire prima che arrivassero i miei amici.
I compiti alle scuole medie erano una cosa seria, tanto che due o tre ore, tutti i santi giorni, dovevano essere dedicate all'analisi logica, al latino e alla matematica. Poi la sera c'era una poesia da studiare a memoria, o qualche pagina di storia e geografia.
Tuttavia, allora come oggi, era la vita, per mezzo dei più improbabili maestri, a impartire gli insegnamenti fondamentali. Io, mentre imboccavo il sentiero del bosco, ancora non sapevo che ne avrei ricevuto uno che non avrei più dimenticato.
A passo lento mi godevo ogni metro di quella traccia scavata nell’erba, a tratti protetta da un muretto a secco, che dapprima saliva tra fichi selvatici. Meli e ciliegi, per poi inoltrarsi nella frescura del folto.
Il bosco era un castagneto, che già tra le foglie arrossate mostrava i suoi frutti irti di aculei, ma quegli alberi generosi non erano soli nel loro aggrapparsi al monte. In qualche spiazzo, magari accanto al rudere di un'antica legnaia, cespugli di nocciolo offrivano i loro frutti gustosi. Qua e là, appena riuscivano a trovare un ritaglio di cielo libero dalle sagome ingombranti dei castagni e il sole riusciva a penetrare per qualche ora, si affollavano i roveti, ricchi di more succulente. In stagione, i funghi erano un piccolo popolo silenzioso: le russole col loro colore proletario, spesso più ricche di piccole larve che di stopposo tessuto commestibile, i gialli gallinacci riuniti in famiglie numerose, i furbi porcini, rari e ben nascosti ma oggetto di caccia spietata, mentre i larghi cappelli dei prataioli biancheggiavano tra l'erba, là dove il bosco finiva e ricomparivano le fasce scavate da chissà quanti secoli e poi abbandonate, troppa la fatica per raccogliere giusto il prezzo del sudore speso.
E poi c'erano gli animali, gli uccelli su tutti, ma ogni tanto riuscivo a scorgere il movimento furtivo di qualche timido roditore, mentre la volpe non aveva paura di farsi vedere da un ragazzino innocuo e, se la incrociavo, si limitava a trotterellare fuori dal mio sentiero con apparente indifferenza.
Ero in cammino da pochi minuti quando un rumore di cespuglio smosso, poco più in basso, m’incuriosì. Mi affacciai con cautela al margine del sentiero, sperando di avvistare qualche animale; invece scorsi Beu che, la fionda in mano, stava prendendo di mira un grosso merlo posato incautamente sui rami bassi di un albero. Legati per le zampe con uno spago, alcuni uccellini pendevano dalla cintura del ragazzo, ai miei occhi prova evidente tanto della sua buona mira quanto della sua malvagità.
Concentrato sulla sua preda, Beu non mi aveva scorto; la mano destra tirava sempre di più l’elastico della sua arma, certo primitiva ma letale. Al malcapitato merlo restavano pochi secondi di vita.
Io ebbi una reazione tutta d'istinto, senza pensare alle conseguenze: battei le mani con forza e cacciai l'urlo più potente che mi riuscì di mettere insieme. Il merlo, spaventato, volò via scampando alla morte violenta, ma io capii all’istante che avrei dovuto affrontare le conseguenze del mio gesto impulsivo.
Beu, la fionda ancora tesa, mi stava guardando e aveva già spostato la mira verso di me.
- Cosa ti è saltato in mente, pezzo di merda! -
Ero nei guai, non c'era dubbio, avevo disturbato Beu nel suo passatempo e non l'avrei passata liscia. Tanto valeva fingere di non essere spaventato, in fondo ero grande quasi quanto lui.
- Cosa salta in mente a te, ammazzare quei poveri uccellini, è proprio vero quello che dicono di te, sei uno stupido cattivo! -
Ecco, se volevo una sassata in testa ora non me l'avrebbe tolta nessuno, pensai guardando la fionda sempre tesa verso di me. Invece la mano si abbassò, la fionda fu posata in terra e Beu, mentre io me ne stavo immobile aspettando cosa avrebbe fatto, si liberò della cintura con gli uccellini morti.
- La fionda è per le bestie, io ti sistemo con le mani, e non cercare di scappare che ti prendo.-
A scappare non ci pensavo nemmeno: avevo la mia dignità, anche se me la facevo sotto, e poi a botte con altri ragazzi avevo già fatto altre volte. A dire il vero, si era trattato più che altro di un gioco; con quello invece si sarebbe fatto sul serio.
Senza fretta, Beu si arrampicò sino al sentiero dove l'aspettavo. Non l'avevo mai visto da vicino, sino allora me lo avevano solo indicato gli altri ragazzi mentre passava silenzioso vicino a dove stavamo giocando: " Stai alla larga, è Beu, quello è cattivo e picchia forte".
Ora Beu era lì, davanti a me, eravamo soli e lui mi sovrastava di almeno dieci centimetri. Mi colpì, oltre all'altezza, la sua magrezza, il viso dagli occhi sporgenti e lo sguardo sfuggente.
Pur non fissandomi direttamente, riusciva a dare l'impressione minacciosa di un animale selvatico pronto ad assalire chiunque. E, infatti, mi fu addosso senza proferire un'altra parola.
Avvinghiati, rotolammo giù dal fianco erboso della fascia per fermarci in quella sottostante. Il caso volle che al termine della ruzzolata io mi trovassi sopra di lui, e ne approfittai subito per afferrargli le braccia e cercare di immobilizzarlo. Ricordo che, pur nella concitazione del momento, rimasi stupito da quanto magre, ossute fossero quelle braccia: con la mano riuscivo quasi a stringerle per intero.
Lui cercava di liberarsi dal mio peso, ma già allora ero ben piazzato se non grassoccio e Beu si stancò subito; era tutto nervi, ma evidentemente in quel corpo scheletrico di muscoli ce n'erano pochi.
Io ero stupito, avevo vinto troppo facilmente: il temutissimo Beu era sdraiato sotto di me, e non cercava più di liberarsi. Non seppi resistere alla tentazione di fare il gradasso, in fondo lui mi aveva assalito e ora si era arreso.
Lo guardai negli occhi e gli dissi con fare minaccioso: - Non ti azzardare più ad ammazzare gli uccellini, loro stanno bene dove sono, tu sei cattivo.-
Per la prima volta anche Beu mi guardò dritto negli occhi.
Avevo evitato una dura lezione fisica, ma rapido e tagliente come una rasoiata mi arrivò l’insegnamento. Beu, con una specie di sussurro mi rispose:
- Tu non capisci, noi abbiamo fame.
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c'è solo un errore: "tra fichi selvatici. Meli e ciliegi" ma credo sia di battitura e ci voleva la virgola al posto del punto.
altra nota, ci sono delle frasi un po' troppo lunghe e andrebbero smezzate, però la punteggiatura è corretta.
per il resto, la storia è molto bella e ben presentata, ottime le descrizioni a ogni livello.
davvero un ottimo lavoro
complimenti.
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Il testo ha un sapore quasi deamicisiano: l'ho pensato con il riferimento alle parole dei genitori e agli inattesi maestri di vita, che poi emergono come una staffilata nella battuta finale.
Molto belle anche le descrizioni e credo che occorra conoscere molto bene i boschi per farle così bene.
Tra testo didascalico e reminiscenze di De Amicis, pur apprezzando la correttezza del testo e la cruda verità della battuta finale, non è un racconto che mi ha coinvolto. Diciamo che sono rimasta silente spettatrice nel bosco, mentre per me nella lettura l'immedesimazione è la cosa più importante.
In ogni caso, complimenti.
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Nel complesso un bel lavoro ma quello che mi ha lasciato l'amarognolo (non l'amaro) in bocca è stato il finale. Non saprei come dirlo, non mi ha "appagato". Tutta questa (ottima) preparazione alla lotta, il ragazzino disagiato e tutto il resto per chiuderlo cosi'…
Può essere solo una sensazione mia comunque.
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Re: Beu
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Re: Commento
Mauro, grazie per i complimenti e per la critica, che merita certamente una risposta.Mauro Conti ha scritto: ↑08/10/2020, 21:19 .... ma quello che mi ha lasciato l'amarognolo (non l'amaro) in bocca è stato il finale. Non saprei come dirlo, non mi ha "appagato". Tutta questa (ottima) preparazione alla lotta, il ragazzino disagiato e tutto il resto per chiuderlo cosi'…
Può essere solo una sensazione mia comunque.
Tutto il racconto è in effetti una preparazione al finale, che con la sua crudezza, una vera sferzata, si contrappone all'atmosfera di tranquillità e normalità nella quale ho voluto immergere il lettore. Può certamente non piacere, e non è una cosa imprevista, ma è stata l'idea guida nella scrittura del racconto.
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Come alcuni, sono rimasto un po' deluso dal finale (anche se capisco l'intento dell'autore).
Da una veloce indagine sul web, pare che i merli arrosto siano molto buoni (soprattutto se cucinati con il lardo), tuttavia mi lascia perplesso il fatto che Beu debba essere costretto a cacciare animali nel bosco per sfamare se stesso e la zia: i pacchi della Caritas sono sempre in agguato, e gli assistenti sociali sono inesorabili.
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Re: Beu
Quanto al tuo suggerimento sulle virgole, ti ringrazio e faro' una prova di lettura; se la cosa funziona vedro'' di metterla in pratica.
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Re: Commento
Caro andr, il racconto è ambientato in un paesino sugli appennini fine anni '50- Non a caso, ci ho davvero vissuto, e ti assicuro che gli assistenti sociali nei dintorni non si sapeva nemmeno cosa fossero. Quanto alla Caritas, c'era solo un buon prete all'antica che si preoccupava più di censurare i baci nei film proiettati al cinema parrocchiale, piuttosto che di assistere un peccatore incallito quale aveva la fama di essere il ragazzo.
Grazie per il commento e per le osservazioni, sempre gradite.
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Re: Beu
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Re: Commento
Grazie Selene, spero ti piacera' qualche altra cosa che ho scritto ma, in caso contrario, aspetto con lo stesso piacere anche le tue osservazioni.Selene Barblan ha scritto: ↑22/10/2020, 13:47 Davvero molto, molto bello; dalle descrizioni, allo sfondo quasi horror, al messaggio finale che arriva anche piuttosto inaspettato e per questo colpisce ancora di più, senza risultare “pesante”. Mi è piaciuto molto.
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Re: Beu
Grazie! Devo dire che ci hai azzeccato: sono sempre stato un accanito lettore ma anche spettatore di sceneggiati e film e credo che il mio modo di scrivere, specie se ambiento le storie in quegli anni, certamente ne ha risentito, nel bene e forse nel male... ai lettori l'ardua sentenzaRobediKarta ha scritto: ↑02/11/2020, 22:31 Ottime descrizioni e mi piace l'atmosfera creata. E bello il finale, inaspettato solo a causa dell'ottusità della gente del paese che non vuole vedere l'amara verità. E' fortemente evocativo di film del neorealismo e sceneggiati tv degli anni 70-80 tratti da opere letterarie. Non so perché, ma non l'ho solo letto, l'ho anche "visto" questo racconto. Non mi succede sempre.
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Re: Commento
Grazie per il voto ma soprattutto grazie per esserti immersa nello spirito del mio racconto. Tra le altre cose, Beu era veramente come lo ho descritto, non è un personaggio di fantasia quindi mi è stato facile tratteggiarlo con realismo e un pizzico di rimpianto per quegli anni, dove Beu rappresentava il massimo dei pericoli cui un ragazzo poteva andare incontro... altri tempi.Laura Traverso ha scritto: ↑21/10/2020, 16:54 Massimo dei voti a questo bel racconto intriso di poesia e di malinconia. Ho trovato perfetta la stesura del testo. Molto coinvolgenti e veritiere le descrizioni del bosco con tutti i suoi abitanti, vegetali e non. Secondo me, perfette anche le virgole che trovo sistemate in maniera appropriata al discorso scritto. Certo è che la strage dei volatili mi ha fatto stare male ma ho compreso il povero e reietto Beu: al quale la vita non ha fatto sconti...
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Re: commento
Premesso che non ho nulla da insegnare a nessuno, ti ringrazio per il voto e i per il commento. Sì, il finale è volutamente duro, come dura la vita di Beu e dura la lezione che mi ha impartito. Abbiamo molta strada da fare ancora prima di poter giudicare chi ci sta vicino.Stefyp ha scritto: ↑11/11/2020, 19:10 Davvero un ottimo lavoro. Merita la prima posizione e io darò il mio 5 per consolidarla. Il finale per me va bene così com'è, duro e spiazzante. Tutto quel che c'era da dire era già stato detto prima. Ottimo anche lo stile. Uno di quei racconti che leggo e rileggo per imparare.
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Re: Commento
Grazie Liliana. Quanto al romanzo, mi hanno praticamente svezzato a romanzi, quelli per i ragazzi all'inizio, e ne ho assorbito la necessita' di dettagliare senza fronzoli, e questo pare si senta. Un saluto e alla prossima, speroLiliana Tuozzo ha scritto: ↑05/11/2020, 15:55 Sembra la pagina di un romanzo. Ricco di descrizioni accurate sul dopoguerra, bello nelle descrizioni del paesaggio in cui il lettore può immergersi. Un po' avaro di dialoghi che però non penalizzano molto il tuo fluido narrare. Complimenti, un bel lavoro.
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Re: Beu
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Re: Beu
Ben caratterizzato il personaggio Beu che agisce in un contesto di privazioni, tanto da essere considerato il cattivo o il matto del villaggio.
La descrizione paesaggistica dettagliata, rigogliosa e a tratti poetica, contrasta con la magrezza del ragazzo dovuta alla fame, esaltandone ancora di più la condizione di povertà.
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La Gara 47 - Virus
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Cuori di fiele
antologia di opere ispirate all'ineluttabile tormento
A cura di Roberto Virdo'.
Contiene opere di: Marcello Rizza, Ida Daneri, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Mario Flammia, Francesca La Froscia, Ibbor OB, Alessandro Mazzi, Marco Fusi, Peter Hubscher, Marco Pugacioff, Giacomo Baù, Essea, Francesco Pino, Franco Giori, Umberto Pasqui, Giacomo Maccari, Annamaria Ricco, Monica Galli, Nicolandrea Riccio, Andrea Teodorani, Andr60.
Vedi ANTEPRIMA (428,62 KB scaricato 64 volte).
Intellinfinito
Questo libro è il seguito di "Un passo indietro". Come il primo, è autoconclusivo.
"Esistevano davvero, gli dèi. Ma non erano dèi. Non lo erano stati per un'oscura volontà divina, ma lo erano semplicemente diventati mediante un'accanita volontà terrena di sopravvivenza".
L'Evoluzione umana (e non) come non l'avete mai immaginata.
Un romanzo postumano e transumano che vi mostrerà un futuro che forse non tarderà a divenire.
Di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
I sogni di Titano
Il "cubo sognatore" su Titano aveva rivelato una verità sconvolgente sull'Umanità, sulla Galassia e, in definitiva, sull'intero Universo, una verità capace di suscitare interrogativi sufficienti per una vita intera. Come poteva essere bonariamente digerito il concetto che la nostra civiltà, la nostra tecnologia e tutto ciò che riguardava l'Umanità… non esisteva?
"Siamo solo… i sogni di Titano", aveva riportato il comandante Sylvia Harrison dopo il primo contatto col cubo, ma in che modo avrebbe potuto l'orgoglio dell'Uomo accettarlo? Ovviamente, l'insaziabile sete di conoscenza dell'Essere umano anelava delle risposte, e la sua naturale curiosità non poteva che spingerlo alla ricerca dell'origine del cubo e delle ragioni della sua peculiare funzione.
Gli autori GLAUCO De BONA (vincitore del Premio Urania 2013) e MASSIMO BAGLIONE (amministratore di BraviAutori.it) vi presentano una versione alternativa del "Tutto" che vi lascerà senza parole. Di Glauco De Bona e Massimo Baglione.
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