Fragile incanto
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Fragile incanto
La camera di consiglio era durata poco. La giuria non aveva avuto problemi a raggiungere un verdetto unanime e ora la giudice Parventis stava per leggere la sentenza.
Charlie Bell, reo confesso, conosceva l’esito. Gli rimaneva solo da scoprire l’entità della pena.
«L’imputato si alzi.»
Obbedì.
Il viso era imperscrutabile, come sempre. Non trapelava nulla. Neppure al momento della confessione aveva permesso alle sue emozioni di venire allo scoperto.
Negli ultimi giorni era tornato spesso agli istanti della violenza, quando la furia omicida si era impossessata di lui, e ogni volta c’era maggior distacco, quasi la realtà non fosse più quella.
L’avvocato lo scosse, facendolo tornare al presente.
«… la corte condanna quindi l’imputato alla pena di anni trenta, da scontarsi…»
Ci fu un brusìo sommesso.
Qualcuno in sala applaudì, ma il martello della giudice riportò tutti al silenzio.
«… inoltre, alla luce dei fatti e visto l’atteggiamento dell’imputato stesso, lo si condanna alla cura quotidiana e perenne di 18 piante di rododendro…»
«Vostro onore…» esclamò stranito l’avvocato di Bell.
«Silenzio! Potrete fare ricorso in seguito.»
Charlie era sempre muto e immobile, una statua.
Parventis riprese la parola: «18 piante, una per ogni anno di età della vittima. Di rododendro, perché ha i fiori fragili, come fragile era il fiore che l’imputato ha strappato…»
«Vostro onore, ma…»
Charlie Bell cominciò a sudare. Ansimò e con un rapido movimento aprì il colletto della camicia. Aveva bisogno d’aria.
L’avvocato lo guardò, sorpreso. Per la prima volta vedeva nel suo assistito dei segni di cedimento.
«…ogni qualvolta vedrà cadere uno di questi fiori sarà per lui come rivedere la scena finale, quando chi lo rifiutò venne preso a forza e poi spezzato…»
Sentì dolore al ventre, come se una mano glielo stringesse forte. Ebbe un singulto.
I presenti in sala ascoltarono esterrefatti la sentenza della giudice. Stava colpendo a fondo.
«…rododendro, perché il nome lo faccia pensare. E magari anche capire.»
Alzò lo sguardo verso l’imputato.
Charlie prese a tremare, gli occhi sbarrati, le pupille dilatate. Qualcosa dentro si era rotto, squarciato da un urlo senza fine. Quanti altri fiori avrebbe dovuto veder cadere per potere ritrovare un po’ di pace?
«Portatelo via» sentenziò la Parventis, «la seduta è tolta.»
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Ho un dubbio su questa frase ma probabilmente mi sbaglio:
“…rododendro, perché il nome lo faccia pensare. E magari anche capire“
Mi stona il lo faccia pensare/lo faccia capire; non so se mi sono spiegata.
In ogni caso mi è piaciuto.
Ps: titolo molto bello
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Re: Commento
voleva essere un gioco di paroleSelene Barblan ha scritto: 22/12/2020, 8:39 Che bella pianta il rododendro, delicata, dai colori vivaci e intensi, una buona metafora. Il racconto mi è piaciuto, breve ma significativo, come sempre scritto bene.
Ho un dubbio su questa frase ma probabilmente mi sbaglio:
“…rododendro, perché il nome lo faccia pensare. E magari anche capire“
Mi stona il lo faccia pensare/lo faccia capire; non so se mi sono spiegata.
In ogni caso mi è piaciuto.
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rododendro = rodo dentro
rodersi dentro non è bello, per niente
grazie dle commento
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Re: Commento
Ecco questo non l’avevo colto, dovrò essere lettrice più attenta. Io però mi riferivo non al gioco di parole legato al nome del fiore ma al fatto che dici “il nome lo faccia pensare” nella seconda frase non sarebbe più giusto dire “E magari gli faccia capire” nel senso che non credo si possa dire il nome lo faccia capire”. Però, ripeto, forse mi sfugge ancora qualcosa o mi sbaglio completamente al riguardo.Fausto Scatoli ha scritto: 22/12/2020, 12:45 voleva essere un gioco di parole
rododendro = rodo dentro
rodersi dentro non è bello, per niente
grazie dle commento
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Re: Commento
no no, puoi avere benissimo ragione, sai?Selene Barblan ha scritto: 22/12/2020, 14:11 Ecco questo non l’avevo colto, dovrò essere lettrice più attenta. Io però mi riferivo non al gioco di parole legato al nome del fiore ma al fatto che dici “il nome lo faccia pensare” nella seconda frase non sarebbe più giusto dire “E magari gli faccia capire” nel senso che non credo si possa dire il nome lo faccia capire”. Però, ripeto, forse mi sfugge ancora qualcosa o mi sbaglio completamente al riguardo.
rivedrò qualcosa, dopo la gara
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C'è da augurarsi che trent'anni siano sufficienti per far capire all'imputato la gravità del suo crimine (coltivazione dei fiori a parte).
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Hai sfruttato al meglio la brevità del testo, quello che c’è basta e avanza a evocare quello che non dici, non aggiungerei neanche una virgola, ottimo.
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Ti faccio un paio di appunti formali: quel diciotto scritto a cifre, anche a inizio discorso. E quel valenza di fragile incanto. Perché valenza? Oltre a essere un termine desueto significa ciò che vale, valoroso. Per come l'hai adoperato tu il fragile incanto è invece un soprannome, un nomignolo, un appellativo, e via discorrendo.
Nella sostanza, provo a esser breve, mi pare che vi sia un gradino piuttosto alto nel racconto. Quello tra l'atteggiamento di Charlie Bell, l'omicida tutto d'un pezzo, secondo la descrizione dell'avvocato, che non batte ciglio neanche dopo aver sentito della condanna a trent'anni, e il Charlie Bell timoroso e quasi pentito dopo aver sentito della pena accessoria consistente nella cura delle diciotto piante di rododendro, una per ogni anno della povera vittima.
Ma, è qui arriva il mio dubbio, perché questo riferimento, come quello alla specie della pianta, avrebbe dovuto cambiar qualcosa in lui? Qual è stata la scintilla?
L'autore, tu, non lo dice e lo lascia all'immaginazione del lettore, lo evoca ma non lo materializza.
Per questo ho scritto in principio surreale. Spesso l'atmosfera onirica, immaginaria, kafkiana, permette all'autore il giusto distacco, di guardare la sua opera da spettatore. Spettatore è chi guarda da lontano.
A parte questo mio dubbio si tratta di un ottimo pezzo, Fausto.
Solo una curiosità, perché quel nome? Parventis.
Ti rinnovo gli auguri per una buona fine d'anno e un miglior inizio.
E spero che il tuo SPS non chiuda come fin troppe volte preannunciato.
Commento: Fragile incanto
Il nome del fiore è evocativo, anche se volendo ben vedere è una pianta tuttaltro che fragile....
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Cio' non significa che sia scritto male, tutt'altro , hai tutta la mia invidia perchè io, di solito, impiego una decina di righe per dire "buongiorno", Bella idea aver scelto il rododendro come metafora, la trovo insolita e molto pertinente.
I miei sinceri complimenti e voto alto
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Racconto essenziale e denso, nocciolo di una storia di contorno lasciata al lettore da immaginare. Questo stile asciutto è deciso, come una freccia sul bersaglio: un assassino, un crimine, un fiore. Però sentiamo tutto il sottofondo, la voce del giudice, il fiato sospeso della gente, la ragazza morta, i cespugli di rododendro, i petali leggeri nel vento.
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Déjà vu - il rivissuto mancato
antologia poetica di AA.VV.
Talvolta, a causa di dinamiche non sempre esplicabili, uno strano meccanismo nella nostra mente ci illude di aver già assistito a una scena che, in realtà, la si sta vivendo solo ora. Il dèjà vu diventa così una fotocopia mentale di quell'attimo, un incontro del pensiero con se stesso.
Chi non ha mai pensato (o realmente vissuto) un'istantanea della propria vita, gli stessi gesti e le stesse parole senza rimanerne perplesso e affascinato? Chi non lo ha mai rievocato come un sogno o, perché no, come un incubo a occhi aperti?
Ventitrè autori si sono cimentati nel descrivere le loro idee di déjà vu in chiave poetica.
A cura di Francesco Zanni Bertelli.
Contiene opere di: Alberto Barina, Angela Catalini, Enrico Arlandini, Enrico Teodorani, Fausto Scatoli, Federico Caruso, Francesca Rosaria Riso, Francesca Gabriel, Francesca Paolucci, Gabriella Pison, Gianluigi Redaelli, Giovanni Teresi, Giuseppe Patti, Ida Dainese, Laura Usai, Massimo Baglione, Massimo Tivoli, Pasquale Aversano, Patrizia Benetti, Pietro Antonio Sanzeri, Silvia Ovis, Umberto Pasqui, Francesco Zanni Bertelli.
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Museo letterario
Antologia di opere letterarie ispirate dai capolavori dell'arte
Unire la scrittura all'immagine è un'esperienza antica, che qui vuole riproporsi in un singolare "Museo Letterario". L'alfabeto stesso deriva da antiche forme usate per rappresentare animali o cose, quindi tutta la letteratura è un punto di vista sulla realtà, per così dire, filtrato attraverso la sensibilità artistica connaturata in ogni uomo. In quest'antologia, diversi scrittori si sono cimentati nel raccontare una storia ispirata da un famoso capolavoro dell'Arte a loro scelta.
A cura di Umberto Pasqui e Massimo Baglione.
Introduzione del Prof. Marco Vallicelli.
Copertina di Giorgio Pondi.
Contiene opere di: Claudia Cuomo, Enrico Arlandini, Sandra Ludovici, Eleonora Lupi, Francesca Santucci, Antonio Amodio, Isabella Galeotti, Tiziano Legati, Angelo Manarola, Pasquale Aversano, Giorgio Leone, Alberto Tivoli, Anna Rita Foschini, Annamaria Vernuccio, William Grifò, Maria Rosaria Spirito, Cristina Giuntini, Marina Paolucci, Rosanna Fontana, Umberto Pasqui.
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