Procol Harum
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Procol Harum
- Dove diavolo siamo finiti?- Domandò Keith Reid preoccupato, e provò a consultare la strumentazione che aveva intorno.
- Raggi Gamma! - Urlò Jezahel mentre le sue dita sottili danzavano sui pannelli del Progrock.
- Voglio sapere ora dove siamo - la incalzò Keith con nervosa insistenza.
- Un orizzonte degli eventi… - mormorò Jethro Tull sconvolto.
Da quando erano state ritrovate, sepolte negli oceani ghiacciati di Fleetwood Mac, microscopica luna di Urano, le sonde ELP, come le Sirene che avevano rapito Nettuno, erano servite agli esseri umani per viaggiare nella galassia,
Nessuno sapeva spiegare come potessero funzionare, però funzionavano. Si attivavano in modo automatico quando i tre sedili erano occupati contemporaneamente, nel modo in cui erano state programmate forse un eone prima dalla razza sconosciuta che le aveva progettate: la PFM.
E non c’era modo di ingannarle, né più né meno che impressioni di settembre, loro partivano quando i tre membri dell’equipaggio avevano preso posto.
I fisici discutevano di brane, di multiversi, di worm holes, di delirium, arzigogolate teorie che erano tentativi di spiegare razionalmente la comunicazione e la coesistenza di diverse dimensioni dello spazio-tempo in un solo tempo e in un solo spazio; ma nessuno poteva con certezza affermare come le sonde ELP si muovessero, né perché.
- Non ci siamo ancora dentro - sussurrò Jezahel, che diventò d’una tonalità più bianca del pallido, e alimentò la speranza dei suoi compagni di viaggio.
- Attiviamo il programma di fuga della capsula di discesa - suggerì Jethro Tull, con la voce d’un flauto dolce, e roteò gli occhi in cerca dell’approvazione dei compagni.
- Se abbandoniamo la nave madre perderemo la sicurezza di ritornare alla base Led Zeppelin - obiettò Jezahel. - E moriremo comunque. -
- Ti sbagli. Le statistiche della Corporazione Clash indicano una piccola percentuale di attivazione del programma di ritorno anche nella capsula di discesa… In caso di imprevisti non pronosticabili le direttive della Corporazione consigliano di abbandonare la nave madre e di rifugiarsi in quella sussidiaria - la contraddisse Jethro Tull, nel disperato tentativo di offrire una percentuale accettabile di rischio ai suoi compagni e a se stesso.
- Quali sono le reali probabilità di tornare se lasciamo la nave madre? - Chiese Keith Reid.
- Due per cento - replicò Jezahel, stordita e confusa.
- E se rimanessimo? -
- Se la nave madre non rientra tra dieci minuti le possibilità di sopravvivenza sono pari a zero. -
Il viaggio delle sonde ELP era imprevedibile nella destinazione oltre che nella durata. Nonostante ciò, nel corso di parecchie decadi, erano partite migliaia di missioni. All’inizio erano andati via i migliori e con le migliori intenzioni, ma col tempo gli equipaggi erano stati selezionati con criteri sempre meno rigorosi.
Infine, trascorso quasi un secolo da quella prima partenza, agli Eroi dei primi viaggi si erano sostituiti dei semplici avventurieri in cerca di ricchezza e fama a qualsiasi costo in un punto qualsiasi della galassia. I rischi per chi partiva erano enormi perché i viaggi potevano terminare nei pressi di una stella trasformatasi in gigante rossa, o in un campo di detriti, o disintegrarsi dentro un corpo celeste qualsiasi. O qualcosa poteva andar storto nella discesa su di un pianeta o in mille e mille altre eventualità. Non era insolito neanche che la nave madre ripartisse troppo presto abbandonando la sonda di discesa e il suo equipaggio. Molti uomini e donne avevano fatto quella fine e una nave fantasma era ritornata a Led Zeppelin vuota. Di contro poteva capitare di riportare sulla Terra inimmaginabili tesori scientifici e tecnologici in modo da risolvere per sempre la situazione economica propria e dei propri discendenti.
Ma mai era capitato di riaffiorare nei pressi di un buco nero.
- Quanto tempo ancora ci rimane? - Keith interrogò Jezahel.
- Cinque minuti, poi l’orizzonte degli eventi ci attrarrà in modo irreversibile e non avremo altra speranza che la discesa nelle sue viscere.-
- Allora aspetteremo l’ultimo istante prima di rifugiarci nella capsula di discesa e di sganciarla dalla nave madre. Ridurremo così i rischi al minimo: forse la razza PFM conosceva già il Buco Nero e la nave tornerà di sicuro indietro all’ultimo momento. Tenetevi pronti! - Ordinò Keith Reid.
La donna si alzò dal suo posto e si arrampicò sulla scaletta che conduceva all’unità gemella.
- Manca un minuto - mormorò Jezahel mentre Jethro Tull prendeva posto accanto a lei. – Ti aspettiamo, Keith. -
- Solo un attimo, finisco di raccogliere questi dati sull’orizzonte degli eventi. Varranno pure qualcosa per qualcuno queste informazioni e noi siamo qui unicamente per il denaro.-
- Il denaro non vale la tua vita - lo supplicò Jezahel.
Il denaro purtroppo è il prezzo della vita di tutti noi, balenò in un lampo a Keith.
E Jezahel aveva appena terminato quella frase quando la nave madre si separò dalla capsula di discesa.
- Keith - urlò Jezahel. - Keith - gridò con quanto fiato aveva in corpo, mentre la capsula sussidiaria con lei dentro veniva catapultata nell’orizzonte degli eventi.
Il consiglio direttivo della Corporazione Clash lo interrogò a lungo. In quasi dieci decadi di viaggi non era mai accaduto che una nave ELP si fermasse nei pressi di un orizzonte degli eventi. E mai era accaduto che la capsula di discesa si separasse automaticamente dalla nave madre e fosse impiegata come una sonda a perdere. Il consiglio pertanto arrivò alla conclusione che se l’equipaggio fosse rimasto all’interno della nave madre si sarebbe salvato ed emanò le opportune linee guida per il futuro. Nessuna colpa venne addebitata all’unico superstite.
Keith Reid tornò alla sua vita che visse agiatamente grazie al copyright sui dati dell’orizzonte degli eventi. Non partecipò ad alcuna altra missione lotteria con le navi ELP. Perché in fondo quelle sonde rappresentavano proprio questo: una lotteria, con la vita come posta e la ricchezza come palio.
Negli anni seguenti gli capitò spesso di riguardare le registrazioni di quel lungo momento, del momento del distacco delle due navi, e sentì mille, centomila, un milione di volte l’urlo di Jezahel che pronunziava il suo nome mentre gli tendeva le braccia in un ultimo infinito abbraccio.
- Babe, I’m gonna leave you – mormorò, mentre un filo di lacrime gli solcavano le gote.
Keith visse a lungo dopo quel viaggio, ma Jezahel sarebbe vissuta in eterno e non sarebbe mai invecchiata.
Sarebbe rimasta là, ai confini dell’orizzonte degli eventi, ad urlare terrorizzata il suo nome, cristallizzata in quell’infinito istante, in quell’addio doloroso che sarebbe durato quanto l’universo stesso.
E quando lui sarebbe morto da secoli, da millenni, da eoni, Jezahel, sua moglie, avrebbe continuato ad amarlo e a maledirlo, ferma in quel medesimo istante lungo quanto l’eternità.
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Re: Procol Harum
Il racconto c'è e ha una sua logica, con un finale non certo divertente. L'orizzonte degli eventi cristallizza l'abbandono di Jezahel nella capsula di discesa, abbandono il quale letteralmente non ha mai fine. Della serie reato permanente. Quanto ai nomi, anziché scervellarmi per inventarne di fantasia che non dicevano nulla a me e a chi leggeva ho attinto a piene mani dal rock progressive degli anni sessanta settanta, l'unico tentativo di trasformare un genere commerciale come il rock in qualcosa di più complesso.
Una sorta di strampalato omaggio, mi rendo conto, con citazioni di gruppi, di componenti di quei gruppi e di qualche pezzo, come il più bianco del pallido o impressioni di settembre. Ma mi rendo conto di aver troppo preteso da me stesso, non leggo fantascienza da decenni e non ascolto progrock da anni.
Ormai vago solitario tra Bach Albinoni e Corelli, non fatemene una colpa: la fantascienza con nomi italiani non funziona proprio.
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Re: Procol Harum
Non sono affatto d'accordo.
Re: Procol Harum
Ah, ma questa è una difesa d'ufficio di NASF!
Comunque la sottoscrivo, e aggiungo che i migliori attuali diffusori di s.f. italiani (genere distopico) sono i nostri virologi da circo. Il termine "diffusori" non è casuale.
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Re: Procol Harum
Era d'obbligo
E poi io stesso ne scrivo, quindi è una garanzia
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Re: Procol Harum
Un grazie di cuore, hai centrato l'obiettivo.
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Re: Procol Harum
Ma voglio fare un ragionamento serio sul tema, seppure credo che non sia la prima volta che approccio l'argomento.
Io credo che il genere letterario fantascienza sia in grave difficoltà e i motivi sono a mio avviso sia culturali, filosofici, che antropologici. Tutti ricordiamo Verne, credo, io l'ho letto quando ero bambino e mi ero entusiasmato leggendo del Nautilus o del viaggio sulla Luna, o del giro del mondo in ottanta giorni. Poi Clarke, Asimov, e tanti altri della prima metà del secolo scorso.
La visione del mondo, per chi ha vissuto tra l'ultima metà del XIX secolo e la prima metà del XX, non poteva fare a meno di considerare la scienza un grande alleato per il progresso dell'umanità, anzi l'unico. Le ferrovie, i piroscafi, il telegrafo, l'energia elettrica, le automobili, poi gli aerei, palazzi sempre più alti, città in crescita, i vaccini, la scienza medica che compiva passi da gigante ogni giorno, la natura finalmente avvinta e piegata ai voleri dell'uomo.
Il grande nemico dell'uomo, la natura, vinta grazie alla scienza e alla tecnica.
Permeata da questo sentimento globale di amore per la scienza, che ha investito ogni nazione della Terra, e ogno popolo, una scienza che ha portato evidenti e innegabili vantaggi all'Uomo, nasce la fantascienza come genere letterario.
Io per primo ho sognato nuovi meravigliosi mondi leggendo Clarke o Herbert, Zelazny o Vance o Delany o Simak. Erano sempre nuovi e meravigliosi mondi e il futuro che attendeva l'umanità era quasi sempre radioso.
La scienza ci aveva anche donato la preveggenza, noi potevamo quasi vedere un futuro sempre migliore: città sulla Luna e su Marte, forse le stelle.
Poi qualcosa si è spezzato, ossia il legame che lega la scienza al progresso. Il futuro si è fatto oscuro, torbido, minaccioso, imperscrutabile, e proprio a causa della scienza. L'olocausto nucleare (chi ricorda l'Eternauta?) catastrofi chimiche, batteriologiche, anche l'IT è diventata minacciosa, anzi la vera minaccia, a partire da Dick per poi passare a Gibson e a tanti altri.
La libertà dell'uomo minacciata dall'invasività della tecnologia, un nuovo grande nemico, come la Natura dei nostri avi.
Quindi la scienza trasformata, non più risorsa ma problema, e il genere fantascienza che rimane a mio avviso spiazzato da questo sviluppo, e legato alle sue radici progressiste e deterministe e impossibilitato quindi ad andare avanti, a esaminare in modo critico lo sviluppo diacronico della storia e del futuro che ci attende e delle cause che stanno producendo questo futuro.
La pandemia odierna, se vogliamo, è lo specchio di quanto sta accadendo da decenni.
Gli Stati Uniti che accusano la Cina di aver fatto uscire il virus dai loro laboratori di Wuhan(vi ricordate le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein?) e la Cina che accusa gli Stati Uniti di una fuoriscita di materiale batteriologico da una base della Virginia che poi ha infettato il mondo.
Sia come sia, non credo né all'uno né all'altro, e il virus può benissimo essersi sviluppato per vie naturali, ma a causa della crescente occupazione e trasformazione di suolo e alla capacità di spostamento quasi illimitata di merci e persone.
Sia come sia entrambe le parti tacitamente ammettono di lavorare alla costruzione di armi batteriologiche, come di armi nucleari e così via.
Sia da una parte che dall'altra nessun senso etico, nessuna misura, il loro agire è solo il frutto avvelenato di un apparato tecnico scientifico che ha come unico scopo quello di ampliare a dismisura la propria potenza, con la distruzione dell'umanità come mera appendice, puro accidente di percorso.
Se l'olocausto era nucleare ai tempi della guerra con l'Unione Sovietica (vi ricordate Chernobyl? L'Europa è stata a un passo dalla catastofe, evitata grazie a migliaia di poveri soldati mandati a morire sulle macerie del reattore) oggi è batteriologico.
È questa la vera essenza della scienza, il proprio illimitato accrescimento seguendo il motto che tutto ciò che può essere immaginato deve esser prodotto.
Mi si obietterà che i vaccini sono frutto della scienza. È vero, mi sono vaccinato anch'io e grazie alla scienza il disastro sarà evitato, questa è la narrazione corrente.
Ma a quali e quante libertà abbiamo dovuto rinunciare per far fronte a questo pericolo comunque prodotto dalla scienza?
A molte, lo sapete tutti voi, e non sappiamo quante e in che modo ci verranno restituite, se dimezzate, sterilizzate o svanite del tutto.
Fatto questo inciso torno alla fantascienza. A mio avviso il genere ignora del tutto il problema di come si sia evoluta la scienza e attribuisce al cattivo uso della scienza da parte dell'uomo ogni difficoltà, ogni contraddizione. Esistono uomini buoni e uomini cattivi, ma la scienza è neutrale. Un'arma nucleare non fa male a nessuno se non viene adoperata. Come un reattore nucleare. È solo l'uomo, con la sua avidità e cattiveria che provocano danni.
Ma questo non è sempre vero.
La scienza non è neutrale, un'arma nucleare per il solo fatto di esistere costituisce un pericolo, influenza le nostre vite, ci condiziona (la storia umana negli anni della Guerra Fredda lo dimostra) come un reattore nucleare. Fukushima insegna. Sono gli uomini che governano la Terra o è l'apparato tecnico scientifico che mira al proprio autoaccrescimento che lo fa?
Di questi interrogativi sarebbe bene che la fantascienza ne prendesse atto se non vuole rimanere in quel ruolo ancillare nei confronti della scienza qual è stato fin dalla sua nascita.
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Re: Procol Harum
Di certo nessuno può davvero dire di aver letto tutto di un genere, quindi probabilmente ciò che auspichi esiste già su carta e deve solo passare sotto la tua attenzione.
Re: Procol Harum
Concordo con quanto risposto da Massimo più sotto, sul fatto che altri autori più recenti si occupano di questo aspetto, venuto fuori con prepotenza negli ultimi 20 anni. Per combinazione, col trionfo del liberismo economico: la presunta "neutralità" della scienza ormai suona come una barzelletta, tra indici di Borsa e conflitti d'interesse miliardari, dai quali gli "scienziati" (altra grassa risata: Burioni è uno scienziato, secondo voi?) non sono certo immuni.Namio Intile ha scritto: ↑25/06/2021, 11:04 Massimo, quella sulla fantascienza con i nomi italiani che non funziona era solo una battuta.
Ma voglio fare un ragionamento serio sul tema, seppure credo che non sia la prima volta che approccio l'argomento.
Io credo che il genere letterario fantascienza sia in grave difficoltà e i motivi sono a mio avviso sia culturali, filosofici, che antropologici. Tutti ricordiamo Verne, credo, io l'ho letto quando ero bambino e mi ero entusiasmato leggendo del Nautilus o del viaggio sulla Luna, o del giro del mondo in ottanta giorni. Poi Clarke, Asimov, e tanti altri della prima metà del secolo scorso.
La visione del mondo, per chi ha vissuto tra l'ultima metà del XIX secolo e la prima metà del XX, non poteva fare a meno di considerare la scienza un grande alleato per il progresso dell'umanità, anzi l'unico. Le ferrovie, i piroscafi, il telegrafo, l'energia elettrica, le automobili, poi gli aerei, palazzi sempre più alti, città in crescita, i vaccini, la scienza medica che compiva passi da gigante ogni giorno, la natura finalmente avvinta e piegata ai voleri dell'uomo.
Il grande nemico dell'uomo, la natura, vinta grazie alla scienza e alla tecnica.
Permeata da questo sentimento globale di amore per la scienza, che ha investito ogni nazione della Terra, e ogno popolo, una scienza che ha portato evidenti e innegabili vantaggi all'Uomo, nasce la fantascienza come genere letterario.
Io per primo ho sognato nuovi meravigliosi mondi leggendo Clarke o Herbert, Zelazny o Vance o Delany o Simak. Erano sempre nuovi e meravigliosi mondi e il futuro che attendeva l'umanità era quasi sempre radioso.
La scienza ci aveva anche donato la preveggenza, noi potevamo quasi vedere un futuro sempre migliore: città sulla Luna e su Marte, forse le stelle.
Poi qualcosa si è spezzato, ossia il legame che lega la scienza al progresso. Il futuro si è fatto oscuro, torbido, minaccioso, imperscrutabile, e proprio a causa della scienza. L'olocausto nucleare (chi ricorda l'Eternauta?) catastrofi chimiche, batteriologiche, anche l'IT è diventata minacciosa, anzi la vera minaccia, a partire da Dick per poi passare a Gibson e a tanti altri.
La libertà dell'uomo minacciata dall'invasività della tecnologia, un nuovo grande nemico, come la Natura dei nostri avi.
Quindi la scienza trasformata, non più risorsa ma problema, e il genere fantascienza che rimane a mio avviso spiazzato da questo sviluppo, e legato alle sue radici progressiste e deterministe e impossibilitato quindi ad andare avanti, a esaminare in modo critico lo sviluppo diacronico della storia e del futuro che ci attende e delle cause che stanno producendo questo futuro.
La pandemia odierna, se vogliamo, è lo specchio di quanto sta accadendo da decenni.
Gli Stati Uniti che accusano la Cina di aver fatto uscire il virus dai loro laboratori di Wuhan(vi ricordate le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein?) e la Cina che accusa gli Stati Uniti di una fuoriscita di materiale batteriologico da una base della Virginia che poi ha infettato il mondo.
Sia come sia, non credo né all'uno né all'altro, e il virus può benissimo essersi sviluppato per vie naturali, ma a causa della crescente occupazione e trasformazione di suolo e alla capacità di spostamento quasi illimitata di merci e persone.
Sia come sia entrambe le parti tacitamente ammettono di lavorare alla costruzione di armi batteriologiche, come di armi nucleari e così via.
Sia da una parte che dall'altra nessun senso etico, nessuna misura, il loro agire è solo il frutto avvelenato di un apparato tecnico scientifico che ha come unico scopo quello di ampliare a dismisura la propria potenza, con la distruzione dell'umanità come mera appendice, puro accidente di percorso.
Se l'olocausto era nucleare ai tempi della guerra con l'Unione Sovietica (vi ricordate Chernobyl? L'Europa è stata a un passo dalla catastofe, evitata grazie a migliaia di poveri soldati mandati a morire sulle macerie del reattore) oggi è batteriologico.
È questa la vera essenza della scienza, il proprio illimitato accrescimento seguendo il motto che tutto ciò che può essere immaginato deve esser prodotto.
Mi si obietterà che i vaccini sono frutto della scienza. È vero, mi sono vaccinato anch'io e grazie alla scienza il disastro sarà evitato, questa è la narrazione corrente.
Ma a quali e quante libertà abbiamo dovuto rinunciare per far fronte a questo pericolo comunque prodotto dalla scienza?
A molte, lo sapete tutti voi, e non sappiamo quante e in che modo ci verranno restituite, se dimezzate, sterilizzate o svanite del tutto.
Fatto questo inciso torno alla fantascienza. A mio avviso il genere ignora del tutto il problema di come si sia evoluta la scienza e attribuisce al cattivo uso della scienza da parte dell'uomo ogni difficoltà, ogni contraddizione. Esistono uomini buoni e uomini cattivi, ma la scienza è neutrale. Un'arma nucleare non fa male a nessuno se non viene adoperata. Come un reattore nucleare. È solo l'uomo, con la sua avidità e cattiveria che provocano danni.
Ma questo non è sempre vero.
La scienza non è neutrale, un'arma nucleare per il solo fatto di esistere costituisce un pericolo, influenza le nostre vite, ci condiziona (la storia umana negli anni della Guerra Fredda lo dimostra) come un reattore nucleare. Fukushima insegna. Sono gli uomini che governano la Terra o è l'apparato tecnico scientifico che mira al proprio autoaccrescimento che lo fa?
Di questi interrogativi sarebbe bene che la fantascienza ne prendesse atto se non vuole rimanere in quel ruolo ancillare nei confronti della scienza qual è stato fin dalla sua nascita.
Il vero problema della s.f. odierna (specie di quella distopica) è come fare a scrivere un romanzo sull'argomento, che sia interessante e credibile, quando la realtà è molto più distopica dell'immaginazione?
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L’immagine finale mi ha fatto ricordare uno dei film di Superman, se non sbaglio, dove, credo, uno dei cattivi (?) viene intrappolato in una sorta di vetro bidimensionale e scaraventato per l’eternità. Non c’è immagine, ai miei occhi, più terribile. Neanche la prospettiva di liberazione grazie alla morte… .
Ti segnalo una virgola al posto del punto che ti deve essere sfuggita dopo “galassia”.
Riguardo il voto: sono un po’ in difficoltà. A livello oggettivo penso sia un ottimo racconto. Sei una garanzia di scrittura eccellente e anche in termini di originalità e di ricercatezza il livello è sempre molto alto.
Come impatto emotivo e piacere di lettura devo dire che ho preferito altri tuoi racconti.
Facendo una somma e calcolando che il finale mi ha comunque smosso qualcosa dentro mi sono decisa per un 5.
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trovo parecchie similitudini con questa storia, gradevole e di pregevole fattura, che riporta alla luce i nomi di tanti personaggi musicali che ho apprezzato a suo tempo.
ben scritto, scorrevole ed emblematico.
ottimo lavoro, come sempre.
p.s. concordo con Massimo Baglione, anche i nomi italiani possono stare in fs.
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La Fantascienza non è tra i miei generi preferiti. Quando vedo Fantascienza cerco qualcos'altro. Torniamo al testo. Il racconto è corretto, scritto in bella forma, i dialoghi al posto giusto danno un bel ritmo, lo scritto ben fatto, di qualità, il finale, anche se si intuisce, chiude il cerchio. I riferimenti musicali poi sono più di un nome (vedi titolo). Proprio per questo, mi aspetto altro. Il testo non mi ha lasciato niente. Su questo, credo, dovrai lavorare: sul trasmettere, sull'empatia con almeno uno dei personaggi. Ho dato un 3 per la forma. Hai detto di affrontare un cambio di rotta, nella scrittura, o ho capito male ? A presto. Buona domenica.
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Commento a Procol Harum
Frase agli inizi del racconto:
“Da quando erano state ritrovate, sepolte negli oceani ghiacciati di Fleetwood Mac, microscopica luna di Urano, le sonde ELP, come le Sirene che avevano rapito Nettuno, erano servite agli esseri umani per viaggiare nella galassia.”
D’accordo che nella fantascienza tutto può accadere, ma se queste sonde erano “sepolte” in un oceano ghiacciato e, in quanto a tecnologia spaziale, gli umani erano ancora a livello “primitivo”, ovvero quello odierno, almeno spiegare come siano riusciti a disseppellirle sotto kilometri di ghiaccio non al nostro polo sud, ma su una microscopica luna di Urano, sarebbe dovuto.
Frase successiva:
“Si attivavano in modo automatico quando i tre sedili erano occupati contemporaneamente, nel modo in cui erano state programmate forse un eone prima dalla razza sconosciuta che le aveva progettate: la PFM.”
Non capisco bene. Da dizionario un eone sarebbe un intermediario fra Dio e il mondo. Non so se esprime correttamente ciò si intende dire, ma secondo me la frase sarebbe più chiara così:
erano state progettate e programmate forse da un eone prima della razza sconosciuta che le aveva poi utilizzate: la PFM.”
Oppure
erano state programmate forse da un eone, prima della razza sconosciuta che le aveva progettate: la PFM.”
Frase successiva:
“nel corso di parecchie decadi, erano partite migliaia di missioni”
Caspita! Ma quante erano queste sonde ritrovate su questa microscopica luna di Urano? Oppure gli umani avevano imparato a costruirle da soli?
L’idea di citare i nomi dei complessi musicali degli anni 60/70 a me sembra molto originale, ma non sono un lettore accanito di fantascienza
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La parte che apprezzo di più è senza dubbio il finale.
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Che dire, mi hai fatto ricordare unnsacco di splendidi brani e grandissimi artisti (i miei preferiti ci sono quasi tutti!)
Buona anche la descrizione del Buco Nero.
Unica pecca del racconto? Ad un certo punto nella parte centrale mo sono un po'perso.
Per il resto, complimenti!
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Haiku - il giro del mondo in 17 sillabe
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L'arca di Noel
Da decenni proviamo a metterci al riparo dagli impatti meteoritici di livello estintivo, ma cosa accadrebbe se invece scoprissimo che è addirittura un altro mondo a venirci addosso? Come ci comporteremmo in attesa della catastrofe? Potremmo scappare sulla Luna? Su Marte? Oppure dove?
E chi? E come?
L'avventura post-apocalittica ad alta tensione qui narrata proverà a rispondere a questi interrogativi.
Di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Metropolis
antologia di opere ispirate da un ambiente metropolitano
Cosa succede in città? - Sì, è il titolo di una nota canzone, ma è anche la piazza principale in cui gli autori, mossi dal flash-mob del nostro concorso letterario, si sono dati appuntamento per raccontarci le loro fantasie metropolitane.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Gianluigi Nardo, Andrea Pozzali, Antonella Jacoli, Roberto Virdo', Francesco Pino, Giulia Rosati, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Ibbor OB, Umberto Pasqui, Annamaria Ricco, Eliana Farotto, Maria Spanu, Eliseo Palumbo, Andrea Teodorani, Stefania Paganelli, Alessandro Mazzi, Lidia Napoli, F. T. Leo, Selene Barblan, Stefano Bovi, Alessia Piemonte, Ida Dainese, Giovanni Di Monte.
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