Granelli bianchi
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Granelli bianchi
Il maresciallo decise di non farsi prendere dal panico, tornò alle sue cose, sedendosi ritto sulla propria poltrona.
Poco dopo, qualcuno bussò alla porta.
«Avanti.»
Sull'uscio spuntò la faccia dell'appuntato Nardò, un sorriso imbarazzato, balbettando disse: «Signor maresciallo, scusi il disturbo. È appena arrivato, direttamente da Roma, il generale Pietrasanta, comandante del Ros.»
«Fallo entrare, che aspetti.»
Nardò aprì completamente la porta; il generale fece il suo ingresso, mentre Maroni, alzatosi in piedi, eseguì alla perfezione il “saluto ai superiori”.
«Riposo.» Disse automaticamente il generale Pietrasanta.
«A cosa devo la sua visita, generale?» Chiese il maresciallo Maroni cercando di darsi una parvenza serena.
«Maresciallo Maroni, ormai sono tre anni che ricopro la mia carica. Quello che più mi sta a cuore è l'onestà, la giustizia e la lotta contro la criminalità organizzata.»
«Sono tutti ottimi propositi, alla base del nostro mestiere, oserei dire.»
«Appunto. Conosceva il signor Mounier?»
La domanda spiazzò momentaneamente Maroni; dopo qualche istante di esitazione rispose: «Certamente. Tutti conoscevano Mounier in Borgobello.» Quella affermazione gli fece tornare alla mente il fattorino, Cristoforo. Per un attimo si sentì sotto interrogatorio.
«Potrebbe mettere la mano sul fuoco per lui, sulla sua onestà, sulla sua filantropia?» Scandì bene le parole.
«Be', non capisco dove voglia arrivare, generale.»
«Vengo subito al dunque», il generale si posizionò sul bordo della sedia, accavallò le gambe e incrociò le mani sul ginocchio dominante, «noi del Ros indaghiamo da due anni sui traffici di droga intercorsi tra Africa e sud Italia, abbiamo motivo di credere che la figura di Mounier fungesse da cardine per la buona riuscita di tutto.»
«Renard Mounier un narcotrafficante?» Chiese sorpreso il maresciallo.
«Esattamente. Gestiva tutto da Borgobello, sotto il suo naso. Lei credeva veramente, che in vent'anni un piccolo paese potesse diventare una cittadina grazie all'onestà e al lavoro? Tutte quelle aziende servono a riciclare denaro.»
L'espressione del maresciallo divenne arcigna difronte a quella non tanto velata accusa di negligenza.
Alfonso “Fofò” De Rosa, seduto davanti la finestra del suo casolare che dava sull'aia, stava gustando una fetta di formaggio pecorino osservando il cielo stellato. L'auto del suo luogotenente più fidato, Cuore di cane, frenò alzando un polverone. L'uomo scese dal veicolo e con passo svelto si diresse verso l'ingresso. Raggiunta la stanza, si affiancò al boss e disse: «Tutto sistemato, come Vossia ha ordinato. Me ne sono occupato personalmente.»
«Bravo. Se vuoi un lavoro fatto bene, sempre meglio farlo da sé.» Affermò l'uomo compiaciuto «Siediti,» aggiunse «e bevi un po' di vino.»
Giacomo D'Alessandro bussò all'ufficio del suo capo.
«Avanti.»
«Salve Signore, disturbo?»
«Carissimo Giacomo, entra pure. Non disturbi mai. Spero che tu non abbia cattive notizie.»
«No signor Mounier, nessuna cattiva notizia.»
«A cosa devo, dunque, il piacere della tua visita?» Chiese incuriosito il transalpino.
«Be', sono un po' imbarazzato a chiederglielo.»
«Andiamo Giacomo, chiedi pure.»
«Bene. Ecco. In tutti questi anni ho servito la vostra persona in tutto, ho cercato di essere sempre il più leale possibile, ho dedicato molto alle vostre attività e alla vostra sicurezza, ho addestrato personalmente il corpo di guardia, credo di aver fatto un buon lavoro…»
«Non l'ho mai messo in dubbio, sono molto felice del tuo lavoro.» Lo interruppe Mounier.
«Sono lieto di sentirvelo dire, Signore. Per questo volevo chiedervi se fosse possibile concedere ai ragazzi di guardia alla villa un fine settimana libero. Ovviamente non resterebbe da solo, contrariamente alle mie abitudini lavorerò io al posto loro, resterò in villa se fosse necessario.»
Renard Mounier scoppiò in una grossa, soddisfatta risata, bevve un sorso d'acqua e poi disse: «Non ho bisogno nemmeno dei tuoi servigi, cosa potrebbe mai accadermi chiuso nella mia villa? Godetevi questi due giorni di relax.»
«Non vi reca nessun fastidio? Sicuro?»
«Tranquillo, Giacomo. È tutto ok. Anzi, ti dirò di più. Sono felice che tu me lo abbia chiesto, sei un buon capo, hai a cuore i tuoi subordinati. Bravo, è così che si fa.»
D'Alessandro ringraziò Mounier, lo salutò e uscì dall'ufficio. Scrisse un SMS e diede ai suoi sottoposti l'inaspettata notizia.
Scorse lungo la rubrica e fece partire una chiamata. Il telefono squillò diverse volte prima di una risposta.
«Confermato per questo fine settimana.» Disse velocemente Giacomo. L'interlocutore staccò la chiamata senza nulla d'aggiungere.
Durante la sua abituale ronda, tra le varie aziende e fabbriche facenti capo alla Mounier Enterpreises, Giacomo D'Alessandro si fermò difronte una pizzeria d'asporto. I fattorini erano seduti sui loro scooter in attesa delle consegne. L'uomo, con un colpo di clacson, attirò l'attenzione di un ragazzo in particolare.
«Ciao, Giacomo. Hai qualcosa per me?»
«Certo, perché sarei qui altrimenti.» Rispose secco l'uomo.
«Magari ti mancavo.»
«Senti, mocciosetto, non farmi perdere tempo. Domani sera arriverà un ordine, dovrai portarlo a villa Mounier. Lascerai il motorino al cancello, verrai a piedi fino all'ingresso, mi consegnerai la pizza come se non mi conoscessi e te ne andrai. Se mai qualcuno ti dovesse fare delle domande dirai che hai consegnato la pizza a una donna dai capelli rossi, la donna più bella che tu abbia mai visto.»
«Ma perché mai qualcuno dovrebbe…»
«Non ti pago per i tuoi perché. Credo che un lavoro così facile non te l'abbia mai assegnato, giusto?»
«Giusto. Meglio degli atti vandalici o delle finte risse in luoghi improbabili.»
«Non fare domande e fai esattamente come ti dico. C'è qualcosa di grosso in ballo. Intesi?»
«Va bene.»
«Per i soldi aspetta la mia chiamata, come al solito. Saranno abbondanti, mi puoi credere.»
Cristoforo fantasticava già su come avrebbe potuto spenderli.
La sera successiva Giacomo D'Alessandro entrò in villa da uno degli ingressi secondari, ordinò la pizza tramite la APP di consegna a domicilio, e lento si intrufolò dentro l'abitazione. Il capo della sicurezza aveva accesso ai codici di disattivazione degli allarmi.
Le luci erano spente, con estrema attenzione, si diresse verso l'armadietto delle armi. Il tintinnio delle chiavi spezzò per un attimo il silenzio. D'Alessandro si bloccò, tese le orecchie: nessun passo o rumore da parte di Mounier. Cercò di fare meno rumore possibile, aprì il lucchetto, impugnò il fucile e richiuse tutto.
Raggiunto il piano superiore, con in pugno la lupara rivolta verso il basso, D'Alessandro camminò lento, quasi in punta di piedi, alla ricerca del suo datore di lavoro. Tutte le stanza erano buie, tranne l'ultima. Intravide sotto la porta una luce fioca: era lo studio personale del francese.
Giacomo D'Alessandro bussò e attese. Nessuna risposta, nessun rumore di passi. All'improvviso un clic, il pomello d'oro roteò. D'Alessandro portò il calcio dell'arma sulla spalla. Renard Mounier, aperta la porta, trasalì. Il pallore del volto manifestava la sua momentanea paura.
«Giacomo. Accomodati.» Disse Mounier mentre stava per voltarsi.
«Non vi girate, Signore. Mostratemi le mani.»
«Non chiamarmi Signore. È evidente, che non sono più il tuo capo. Già da un pezzo.» Rispose alzando le mani all'altezza del volto.
D'Alessandro fece un cenno con il fucile. Mounier iniziò a indietreggiare lentamente.
«Sedetevi.» Ordinò il capo della sicurezza.
Preso posto dietro la sua scrivania, Mounier disse: «Giacomo, sei ancora in tempo per fermarti.»
«Ormai è troppo tardi.»
«Non è mai tardi, tutto ha un tempo. Questo è il tempo della ragione, da parte tua, e della clemenza da parte mia. Versati da bere, parliamone.»
«Non bevo, grazie. C'è poco da parlare. Devo eseguire gli ordini il prima possibile. Siamo ai saluti, Mounier.»
«Veramente?»
«Sì.»
«Credi che quel vecchio ti ricompensi? Sentiamo, cosa ti ha promesso? Quanto vale la mia vita?»
«Non sono qui per parlare, non posso perdere altro tempo.»
«Giacomo. Non so cosa ti abbiano raccontato, francamente non m'importa nemmeno. Una cosa però voglio dirtela: tu, per lui, vali meno di zero. Il vigliacco prova a mettermi i bastoni fra le ruote da decenni ormai, non mi ha mai nemmeno scalfito. Questo lo rende nervoso, lo so per certo. L'unico modo che aveva per attaccarmi era dall'interno e tu ci sei cascato, ti sei fatto abbindolare. Ti hanno almeno detto il motivo?»
«Un soldato non ha bisogno di motivi.»
«Un soldato? A questo ti sei ridotto? Tu eri un mio generale, mi hai tradito per declassarti a semplice soldato? È questa la tua massima ambizione? Essere un semplice gregario?»
«Voi non sapete nulla di me. Voi non siete un mio conterraneo, siete un forestiero, vi siete appropriato di quello che spettava, di diritto, a noi.»
«Te l'hanno fatto bene il lavaggio del cervello. Senza questo estraneo, oggi, Borgobello sarebbe ancora un piccolo paese di campagna, nessuno saprebbe della sua esistenza, nessuno investirebbe miliardi di euro su questo territorio. Tutto ciò è avvenuto grazie a me.»
«Basta con questo vanesio parlare. Non siete nessuno, soltanto uno che presta il proprio nome.»
«Be', adesso sei ingiusto, tanto quanto il tuo “boss”. Non credo che a Palermo la pensino così. Tu credi veramente che un povero vecchio possa mettersi contro l'intero mandamento siciliano? Nossignore. Non finirà bene. Non sottovalutate nemmeno i malgasci, quei neri sanno essere brutali se vogliono, sono barbari, abituati a muoversi nella giungla.»
«Non temiamo nessuno. Che vengano pure. Luridi porci.»
«Hai pensato bene alla sorte di Borgobello? Dici di amare la tua città, che è vostra di diritto, ma avete riflettuto sulle conseguenze? Da domani tutte le aziende saranno bloccate a causa della mia morte, ci saranno delle indagini, purtroppo verranno fuori cose spiacevoli sul mio conto, le fabbriche saranno sequestrate, i tuoi concittadini perderanno il lavoro, la città cadrà in rovina. Questa sarà solo colpa tua. Non stai aiutando nessuno, non ti stai riprendendo quello che è tuo, anzi, stai per distruggerlo.»
D'Alessandro lanciò uno sguardo veloce all'orologio appeso alla parete difronte, posizionò meglio il fucile, con il pollice tolse la sicura.
Renard Mounier per la prima volta nella sua vita provò un senso di rammarico. I soldi per cui aveva tanto lottato, faticato, corrotto e ucciso, adesso, non gli stavano dando nessun aiuto, lo stavano tradendo, inconsapevoli colpevoli di quel efferato omicidio. Adesso, avrebbe voluto passare più tempo con la gente, crearsi delle nuove amicizie, riassaporare l'amore di una donna, tutte cose considerate futili, di gran lunga meno preziose di quei granelli bianchi che faceva muovere a suo piacimento in giro per il mondo, fonte di guadagno, sostentamento e sfarzo fine a se stesso. Adesso capiva cosa si fosse perso, che quella vita, forse, non aveva avuto nessun senso, non ne era valsa la pena viverla.
Uno sparo deciso spappolò il volto del magnate transalpino. Il corpo si accasciò sulla scrivania d'ebano coperto dalla vestaglia di seta.
D'Alessandro non toccò nulla, scese nuovamente al piano inferiore. Qualcuno suonò il campanello. L'uomo diede uno sguardo al videocitofono, con il cuore in gola. Un sospiro di sollievo: era il fattorino con la pizza.
Lo attese sull'entrata principale, si fece dare il box, senza nemmeno una parola si voltò e di gran carriera si diresse verso la cabina di controllo.
Cristoforo, ignaro di tutto, s'incamminò a brevi passi verso il cancello, che stava già per richiudersi; iniziò a correre, per un soffio riuscì a uscire. Lo scooter era ancora acceso, un amico lo aspettava in sella con uno spinello in bocca. Il fattorino diede due boccate, afferrò il manubrio e diede gas.
Finito di manomettere i video di sorveglianza, D'Alessandro uscì dall'ingresso secondario.
Alla guida della sua auto, vide una prostituta sul bordo della strada, si accostò, aprì il cristallo e solo quando la donna appoggiò i gomiti sulla guida del finestrino le porse lo scatolo della pizza. La donna lo afferrò istintivamente. D'Alessandro ripartì in direzione dell'acciaieria.
Trovato posto nel parcheggio riservato ai dipendenti, entrò nell'edificio con in mano un borsone nero. Tramite corridoi secondari riuscì agilmente ad avere accesso al forno. Con il volto rosso, riflesso dell'incandescente fuoco, osservò l'arma del delitto sciogliersi.
La sera successiva l'omicidio di Renard Mounier, Cuore di cane parcheggiò l'auto davanti la villa comunale della città. Poco dopo l'ingresso, nell'oscurità, D'Alessandro lo attendeva. Il luogotenente del boss gli porse un filo frizione.
Il fattorino li aspettava sul lato est della villa.
Dieci minuti più tardi, un solo uomo fece ritorno: Cuore di cane.
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Detto questo, che è solo la mia poco autorevole opinione, la forma è buona e anche i dialoghi.
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Il fatto è comprensibile, visto che pochi di loro muoiono di vecchiaia.
E se il francese ha fatto un errore così marchiano beh, allora se lo è meritato di finire così.
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Tornando alla trama, adesso sappiamo che De Rosa, un boss locale, incarica il suo fidato luogotenente Cuore di cane affinché commissioni al D’Alessandro l’omicidio di Mounier, e poi l’uccida per non lasciare tracce. D’Alessandro esegue e cancella il video di sorveglianza nella parte in cui viene ripreso, per poi venire a sua volta ucciso. Ok, ma perché ordinare la pizza a Cristoforo che poi deve dire alle autorità che ad aprirgli è stata una gran gnocca? A cosa serve? Così ce n’è un altro da uccidere e il circolazione rimangono due potenziali testimoni, ovvero l’amico in moto di Cristoforo e la prostituta che potrebbe riconoscere il D’Alessandro che le ha dato la pizza che è sparita dalla scena del crimine.
Per cui, molto modestamente mi sento di darti qualche consiglio. O scrivi un racconto di questo tipo solo dopo aver architettato una trama credibile e bene o male originale (niente mancini, orologi che si rompono con l’ora segnata e gemelli identici), oppure te ne fotti della trama e scrivi direttamente un noir d’azione o psicologico (cosa che sai senz’altro fare) che descriva ad esempio un litigio fra rapinatori, piuttosto che una vendetta a lungo covata, oppure la faticosa giornata di un killer professionista, o altro di questo genere. Così non correrai il rischio di impantanarti in qualcosa di improbabile o imperfetto.
Sempre con grande simpatia e, visto che ti conosco da tanto, quasi incredulità per gli enormi progressi che hai compiuto nello scrivere.
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Ciao Roberto.Roberto Ballardini ha scritto: ↑25/03/2020, 10:32 Il racconto si legge bene, fino alla fine, però lo sviluppo mi lascia qualche dubbio, perlopiù inerenti il format. Capisco che la parte iniziale, il dialogo tra il maresciallo e il generale, ineccepibile, serva a delineare il contesto ambientale e sociale in cui si svolge la storia, ma dare corpo a questo scopo a due personaggi ben definiti, con i quali da lettore empatizzo all'istante, per poi doverli abbandonare poche righe dopo per dover ri-empatizzare con altri personaggi, mi lascia qualche perplessità. Successivamente, trattandosi di una storia incentrata su mafia e narcotraffico ma ancora di più trattandosi di un racconto breve, mi sarei aspettato da Mounier, in punto di morte, qualcosa che graffiasse di più di un mea culpa che, dato il personaggio, mi suona un po' retorico. In uno sviluppo più lungo, magari lo si sarebbe potuto preparare e sortire un effetto diverso. Così a bruciapelo, mi sembra più un'iniezione di buonismo poco efficace. Anche l'avvicendamento successivo di vittime e sicari mi pare non renda al meglio in così poco spazio.
Detto questo, che è solo la mia poco autorevole opinione, la forma è buona e anche i dialoghi.
Non so se tu abbia letto il racconto della gara precedente, probabilmente no, perché l'inizio del racconto in pratica si riallaccia a quello precedente dove troviamo il maresciallo Maroni in una situazione di stallo. Non riesce ancora a venire a capo della faccenda, cosa molto grave per il ruolo che ricopre; in tutti quegli anni non aveva mai sospettato di traffici illeciti da parte del Mounier. Come autore però sono contento di essere stato in grado di averti fatto empatizzare con due personaggi in così poche righe e di averli anche ben definiti.
Per quanto riguarda il "mea culpa" in realtà non c'è, o perlomeno non era mia intenzione. Lui teneva alla sua vita e al suo denaro, essendo un tipo da sfarzi (esempio: il pomello della porta in oro), e stava cercando di salvarsi la pelle, se ci fosse riuscito non avrebbe avuto sicuramente nessuna clemenza.
Io per mia fortuna, e spero che non mi succederà mai, non ho mai avuto un fucile puntato contro, quindi ho cercato di immaginare cosa avrebbe potuto provare un uomo del suo calibro e la cosa più ovvia, e forse scontata, che mi sia venuta in mente è stata quella di ripercorrere velocemente gli scatti della sua vita; il tentavio di raggirare il capo della sicurezza non stava andando a buon fine, dunque rassegnatosi alla sua condizione, viene fuori un senso di rammarico. Se questo sia sfociato nel buonismo me ne rattristo perché non era assolutamente mia intenzione, quindi probabilmente è un punto da rivedere.
Il successivo avvicendamento di vittime e sicari altro non è che la spiegazione del delitto avvenuto nel racconto precedente.
Infine sono contento che i dialoghi tu li abbia trovati buoni, è una parte della mia scrittura che ho sempre dovuto e voluto migliorare, quindi vuol dire che sono sulla buona strada.
Grazie per essere passato e per aver lasciato questo commento.
Le opinioni sono sempre autorevoli, prima di essere un autore, aspirante scrittore, sono un lettore, e di quelli esigenti pure, infatti quando scrivo la domanda che mi pongo sempre è: Se lo avesse scritto qualcun altro lo troverei interessante? Quali parti vanno bene e quali sono noiose, superflue?
Purtroppo però non sempre ci riesco, autocorregersi è una delle più grandi difficoltà, a mio avviso, nel mondo della scrittura.
A presto.
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Re: Commento
Ciao Andr.Andr60 ha scritto: ↑26/03/2020, 9:18 Seconda (e ultima?) parte di un racconto ben scritto, e con dialoghi efficaci. L'unico appunto che posso muovere è che, dall'alto della mia esperienza sull'argomento (due stagioni intere della serie Narcos, tutti i sabati su Rai4), un boss del narcotraffico vive attorniato da un nugolo di guardie del corpo e non se ne separa mai.
Il fatto è comprensibile, visto che pochi di loro muoiono di vecchiaia.
E se il francese ha fatto un errore così marchiano beh, allora se lo è meritato di finire così.
Sì, ultima parte. Da ora in poi questi personaggi spunteranno solo quando mi deciderò a scrivere la serie di romanzi dedicati a Borgobello che hanno una loro sommaria stuttura nella mia testa.
Come già detto, mi fa veramente piacere che, chi mi legge trovi i dialoghi efficaci, mi è sempre stato difficile riuscire a renderli "reali".
Ci sono cose non spiegate, dovuto al fatto che le gare sono strutturate per racconti brevi e questi personaggi fanno parte di un universo molto grande, e che quindi, ovviamente, il lettore non può sapere.
Una di queste è la struttura della sicurezza del Mounier. Praticamente, quello che ho in mente al momento è che questa sicurezza sarebbe alla stregua di una forza paramilitare, quindi uomini e donne addestrati secondo gli standard militari e pronti a dare la vita per il loro capo. Il nugolo di guardie del corpo quel giorno era stato lasciato a casa appositamente dal capo della sicurezza per poter compiere il suo tradimento; questo è l'unico motivo per cui non ne aveva. Inoltre, Mounier, credeva di essere intoccabile ed erroneamente si fidava dei suoi uomini, perché li pagava profumatamente. Volevo sottolineare questo fatto con il primo dialogo avvenuto tra Mounier e D'Alessandro, dove credevo fosse evidente la fiducia dell'uomo verso il capo della sicurezza, ma forse non ci sono riuscito.
Alla fine del tutto, probabilmente, amotivo della sua presunzione e spocchiosità, mi sa che se lo sia proprio meritato di finire così.
Grazie per la lettura e per il commento.
A presto.
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Re: Commento
Ciao Giorgio.Giorgio Leone ha scritto: ↑27/03/2020, 14:09 Caro Eliseo, ora che ho letto il prequel esplicativo al tuo precedente racconto, non posso che ribadire quanto già rilevato in precedenza. Metti molta più attenzione e intelligenza nella parte "estetica" dei tuoi racconti, che nello studio della trama la quale, in un "giallo", è però basilare anche perché i lettori di questo genere sono attenti, pignoli, smaliziati e non perdonano. Il testo è veramente scritto bene, proprio come l'altro, e non c'è che da farti i complimenti. Però la storia è la seguente. Un mafioso francese, invece di starsene a Marsiglia, stabilisce il suo quartier generale in uno sconosciuto paesotto siciliano e reinveste i proventi della droga – addirittura miliardi di euro - proprio in aziende “vere” di Rogobello create ad hoc per riciclare, prima delle quali una fabbrica di gesso. Il paese prospera e diviene una fiorente cittadina, ma le forze dell'ordine non si accorgono di nulla, né vengono allertate dai Ros che da solo da due anni indagano. Non solo ciò è poco credibile, ma anche le aziende lo sono in quanto il riciclaggio avviene notoriamente tramite ristoranti, alberghi, casino, supermercati, prostituzione, gioco d’azzardo, lotterie, corse di cani e cavalli, compravendita di immobili, società offshore, banche compiacenti, truffe fiscali, nonché un’infinità di escamotage finanziari e assicurativi, società di comodo e fantasma, investimenti e disinvestimenti in oggetti d’arte, ecc. Le fabbriche che esistono realmente e portano benessere non sono contemplate nel novero, se non come copertura.
Tornando alla trama, adesso sappiamo che De Rosa, un boss locale, incarica il suo fidato luogotenente Cuore di cane affinché commissioni al D’Alessandro l’omicidio di Mounier, e poi l’uccida per non lasciare tracce. D’Alessandro esegue e cancella il video di sorveglianza nella parte in cui viene ripreso, per poi venire a sua volta ucciso. Ok, ma perché ordinare la pizza a Cristoforo che poi deve dire alle autorità che ad aprirgli è stata una gran gnocca? A cosa serve? Così ce n’è un altro da uccidere e il circolazione rimangono due potenziali testimoni, ovvero l’amico in moto di Cristoforo e la prostituta che potrebbe riconoscere il D’Alessandro che le ha dato la pizza che è sparita dalla scena del crimine.
Per cui, molto modestamente mi sento di darti qualche consiglio. O scrivi un racconto di questo tipo solo dopo aver architettato una trama credibile e bene o male originale (niente mancini, orologi che si rompono con l’ora segnata e gemelli identici), oppure te ne fotti della trama e scrivi direttamente un noir d’azione o psicologico (cosa che sai senz’altro fare) che descriva ad esempio un litigio fra rapinatori, piuttosto che una vendetta a lungo covata, oppure la faticosa giornata di un killer professionista, o altro di questo genere. Così non correrai il rischio di impantanarti in qualcosa di improbabile o imperfetto.
Sempre con grande simpatia e, visto che ti conosco da tanto, quasi incredulità per gli enormi progressi che hai compiuto nello scrivere.
Io sono uno di quelli che a volte vengono definiti: perfezionisti. Non ho ancora capito se sia un pregio o un difetto, tuttavia è così, sia nella scrittura, come nel lavoro, come nella vita quotidiana.
Quando scrivo parto sempre dalla pagina ben strutturata con il rientro della prima riga di ogni paragarafo, il giusto carattere e la giusta dimensione, uso subito le caporali, insomma alla fine del racconto devo solo rileggerlo per trovare eventuali errori di battitura o grammaticali. Spesso infatti mi blocco pure in determinati passaggi e non penso: vabè intanto lo scrivo così, poi lo rileggo e vediamo; non lo faccio perchè quel determinato punto, se non mi piace subito, lo troverò brutto pure alla rilettura, trovandomi costretto ad eliminarlo e in caso a cambiare tutta la storia o parte di essa, creando poi papocchi e bruttezze. Il caos non mi piace, il disordine molto meno e queste cose sfociano spesso in un senso di "niente sottocontrollo" mentre a me piace avere sempre un quadro chiaro e tutto sotto controllo, quindi detto questo è vero, hai ragione, do molta importanza al fattore estetico delle cose che scrivo.
La trama in questo caso ha molti buchi per il semplice fatto che il racconto di questa gara, in teoria non doveva esistere. Nella gara precendente, avendo inserito personaggi che vorrei usare in un contesto molto più ampio, volevo lasciare un senso di mistero, a tratti diciamo di curiosità. In alcuni non sono riuscito, in molti invece sì, quindi visto il "successo" del racconto precedente ho voluto dare delle risposte alle domande sorte, ma forse non sono stato abbastanza bravo perché ne sono sorte altre, di domande, e sono venuti fuori diversi buchi di trama, oppure è dovuto al fatto che molte cose non possono essere ben spiegate dato il limite dei caratteri, confondendo così il lettore.
Quando ho letto Marsiglia mi sono indispettito, perché il Mounier sarebbe veramente originario di marsiglia, quindi troppo scontato, involontariamente mi hai dato uno spunto per migliorare la storia originale.
Le aziende. Per quando riguarda il crime (giallo/noir/thriller che sia) lo apprezzo molto soprattuto nei film e nelle serie Tv, e onestamente mi sono rotto dei casino, delle prostitute e di tutte le "classiche" vie per riciclare il denaro, quindi ho immaginato un nuovo metodo, che sarebbe quello di creare aziende pulite; ora per quanto possa puzzare il fatto che un francese dal nulla arriva e crea un impero, è più credibile che lo abbia fatto con il duro lavoro e con dei giusti investimenti, piuttosto che stare tutto il giorno a bighellonare e chiedere il pizzo spaccando bottiglie di vetro sulla testa dei poveri baristi. Forse l'idea non funziona, però credo che lavorandoci bene sopra, potrei venirne a capo e uscire dal classico cliché. Se così non fosse, quantomeno ci avrò provato.
Il fattorino era uno scagnozzo del D'Alessandro, gli serviva come scudo, per così dire. Il D'Alessandro doveva essere insospettabile, quindi voleva far ricadere la colpa su un terzo, scelta però poco intelligente. La prostituta non era un testimone perché non era nei pressi della villa, inoltre il capo della sicurezza, come se nulla fosse, si fece vedere in giro, come a crearsi un alibi. Per la pizza sparita dalla scena del crimine, in effetti non ci avevo pensato, questo è stato un grosso errore.
Infine ti dico che mi ha fatto molto piacere il tuo commento, è stato fonte di spunti e riflessioni. Ti sono grato per le ultime parole spese, credo che sia gratificante, per un autore, vedere riconosciuti i miglioramenti degli ultimi sei anni (che a pensarci bene sono molti, però se c'è voluto tutto questo tempo per raggiungere una certa maturità nello scrivere un motivo ci sarà stato, spero che non debbano passarne altri sei prima di riuscire a pubblicare o autopubblicare qualcosa di mio).
Attendo il tuo racconto per questa gara.
A presto
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A ogni modo, Giorgio ha ragione quando scrive che i lettori dei gialli sono pignoli e attenti ai particolari, perché io leggo gialli da una vita e appena ne comincio uno provo subito a indovinare il chi e il come e mi intestardisco sui particolari. Ma se nell'impresa ormai sono diventato abilissimo (e quindi immagino subito il chi e il come) a meno che l'autore non bari (ma in quel caso lo mando a quel paese), più difficile è la costruzione dei personaggi e degli ambienti.
Non so se hai mai letto Simenon o Vazquez Montalban (da cui Camilleri ha attinto a piene mani, cognome compreso, che non è un omaggio alla nostra Montalbano Elicona, ma a Vazquez Montalban e al suo Pepe Carvalho), ma se ti capita fallo.
E soprattutto prendi i gialli di Fruttero & Lucentini. La donna della domenica, A che punto è la notte, Enigma in luogo di mare, sono dei capolavori non solo del genere. La costruzione di personaggi come il commissario Santamaria o il maresciallo Butti sono insuperabili e quando hai finito di leggere ti mancano e invidi chi non ha ancora letto quelle pagine.
Quanto al tuo racconto, hai voluto chiarire ciò che era rimasto oscuro: e questo va bene. Per inciso se è vero che il denaro sporco deve essere riciclato, e di solito ciò avviene con le modalità indicate da Giorgio, sarà anche vero che il denaro riciclato debba poi essere investito. Qui la fantasia si può più sbizzarrire.
Il tuo racconto, dicevo, comincia in modo impagabile: "Eleganti auto nere ben lucidate, dai vetri oscurati, non sono mai ambasciatrici di buone notizie. Il maresciallo Primo Maroni ne ebbe conferma pochi istanti dopo aver visto, attraverso la finestra del suo ufficio, un uomo in alta uniforme intento a richiudere lo sportello posteriore dell'auto."
Ben riuscito, a mio avviso, l'accostamento tra cattive notizie e quel tipo di auto.
Però, che un generale si scomodi per un maresciallo è poco credibile. Tutt'al più a fare la lavata di capo al maresciallo ci va il comandante della Compagnia, che ha il grado di capitano.
Dicevo, ti sei voluto concentrare sulle spiegazioni, ma hai tralasciato la parte più riuscita del primo racconto e anche di questo racconto: la presenza del maresciallo Primo Maroni, con la sua semplicità, il suo temperamento, la sua umanità, le sue debolezze.
Il giallo adotta di solito il PdV del detective e segue il dipanarsi del racconto con gli occhi del protagonista. Questa volta tu l'hai messo da parte il protagonista, e ti sei immedesimato con Mounier (che è un cattivo niente male pure lui, con le sue ragioni, le sue spiegazioni), ma questo tradimento ha degli effetti sull'economia del racconto.
Se devi scriverne un altro giallo, una serie di Borgobello per esempio, riparti da Primo Maroni, o da un personaggio con cui è facile provare empatia, descrivi la gente, i posti, il cattivo di turno, ma il tuo protagonista non l'abbandonare mai.
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Ora mi capisci che muovere il vertice del ROS fino a Borgobello non è cosa che possa passare inosservata, oltre ad essere assai improbabile.
La pizza in effetti D'alessandro, munito di guanti avrebbe dovuto lasciarla in prossimità del punto in cui l'assassino avrebbe aperto il fuoco. Ma qui sorge un problema, perché se Cristoforo (il fattorino) avesse suonato il campanello il piano si sarebbe complicato non poco, quindi il fattorino avrebbe dovuto giungere solo ed in silenzio presso la villa, consegnare la pizza a D'alessandro che lo attendeva in silenzio e poi da li il tutto poteva andare come descritto. Anche se le riprese in questa fase già avrebbero dovuto essere disattivate, o essere attive solo sulla parte esterna al cancello senza inquadrature sul campanello.
In ogni caso la seconda parte mi è piaciuta molto, quindi per me voto massimo comunque.
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Ciao Namio.Namio Intile ha scritto: ↑03/04/2020, 16:08 Ciao, Eliseo. Hai continuato la serie vedo, e credo che tu abbia fatto bene. Solo scrivendo gialli si impara a scrivere gialli.
A ogni modo, Giorgio ha ragione quando scrive che i lettori dei gialli sono pignoli e attenti ai particolari, perché io leggo gialli da una vita e appena ne comincio uno provo subito a indovinare il chi e il come e mi intestardisco sui particolari. Ma se nell'impresa ormai sono diventato abilissimo (e quindi immagino subito il chi e il come) a meno che l'autore non bari (ma in quel caso lo mando a quel paese), più difficile è la costruzione dei personaggi e degli ambienti.
Non so se hai mai letto Simenon o Vazquez Montalban (da cui Camilleri ha attinto a piene mani, cognome compreso, che non è un omaggio alla nostra Montalbano Elicona, ma a Vazquez Montalban e al suo Pepe Carvalho), ma se ti capita fallo.
E soprattutto prendi i gialli di Fruttero & Lucentini. La donna della domenica, A che punto è la notte, Enigma in luogo di mare, sono dei capolavori non solo del genere. La costruzione di personaggi come il commissario Santamaria o il maresciallo Butti sono insuperabili e quando hai finito di leggere ti mancano e invidi chi non ha ancora letto quelle pagine.
Quanto al tuo racconto, hai voluto chiarire ciò che era rimasto oscuro: e questo va bene. Per inciso se è vero che il denaro sporco deve essere riciclato, e di solito ciò avviene con le modalità indicate da Giorgio, sarà anche vero che il denaro riciclato debba poi essere investito. Qui la fantasia si può più sbizzarrire.
Il tuo racconto, dicevo, comincia in modo impagabile: "Eleganti auto nere ben lucidate, dai vetri oscurati, non sono mai ambasciatrici di buone notizie. Il maresciallo Primo Maroni ne ebbe conferma pochi istanti dopo aver visto, attraverso la finestra del suo ufficio, un uomo in alta uniforme intento a richiudere lo sportello posteriore dell'auto."
Ben riuscito, a mio avviso, l'accostamento tra cattive notizie e quel tipo di auto.
Però, che un generale si scomodi per un maresciallo è poco credibile. Tutt'al più a fare la lavata di capo al maresciallo ci va il comandante della Compagnia, che ha il grado di capitano.
Dicevo, ti sei voluto concentrare sulle spiegazioni, ma hai tralasciato la parte più riuscita del primo racconto e anche di questo racconto: la presenza del maresciallo Primo Maroni, con la sua semplicità, il suo temperamento, la sua umanità, le sue debolezze.
Il giallo adotta di solito il PdV del detective e segue il dipanarsi del racconto con gli occhi del protagonista. Questa volta tu l'hai messo da parte il protagonista, e ti sei immedesimato con Mounier (che è un cattivo niente male pure lui, con le sue ragioni, le sue spiegazioni), ma questo tradimento ha degli effetti sull'economia del racconto.
Se devi scriverne un altro giallo, una serie di Borgobello per esempio, riparti da Primo Maroni, o da un personaggio con cui è facile provare empatia, descrivi la gente, i posti, il cattivo di turno, ma il tuo protagonista non l'abbandonare mai.
Un caro saluto
Ho continuato la seri sì, considerato il "successo" del racconto precedente. In molti erano sorti dei dubbi, delle domande, quindi ho ritenuto doveroso dare delle risposte.
Scrivere un giallo, onestamente, non è mai rientrato nelle mie intenzioni, perché l'ho trovato sempre molto difficile, con troppo lavoro e impegno per riuscire a creare delle storie decenti. Il racconto della scorsa gara, anch'esso non voleva essere un giallo, avevo pensato più che altro a un semplice racconto noir, però alla fine ha preso le sembianze del giallo all'italiana. Il racconto attuale invece, come detto doveva essere una semplice risposta alle varie domande sorte, forse avrei dovuto farlo in un altro modo, non so, usare un altro approccio, magari continuando un'indagine, ma non credo assolutamente di essere in grado di scrivere un racconto giallo coerente nell'arco di "soli" 25mila caratteri. Tuttavia, i vostri commenti mi hanno spronato ed esortato, magari potrebbe essere questa la mia strada, d'altronde un personaggio che riesce a catturare il lettore ce l'ho, e non ti nascondo che ho iniziato a buttare giù una piccola trama, per partecipare a un concorso giallo, con scadenza il 31 Dicembre, se mai riuscirò a finirlo te ne farò avere una copia prima di mandarlo, il tuo parere per me conta molto, ti stimo.
Il generale è spuntato non tanto per andare a reguardire Maroni, quanto per sottolineare l'importanza del personaggio Mounier, uno di quelli che fa tremare i ministeri se solo volese, ma evidentemente, essendo un punto su cui in tanti mi avete ripreso, non l'ho saputo spiegare bene.
La frase di apertura è stato il pezzo che ho impiegato di più a crivere, volevo un ingresso ad effetto e sono contento di esserci riuscito.
Tornando ai tuoi consigli di lettura posso solo dirti, che nonostante da scrittore non mi sarei mai sognato, fino ad adesso, di scrivere gialli, da lettore ne ho letto qualcuno e nella fatti specie Hercules Poirot, qualcosa su Scherlock, e naturalmente Montalbano. Dopo aver letto il tuo commento ho scaricato sul mio kindle La donna della domenica e lo sto divorando, leggerò anche gli altri, soprattuto Maigret.
Grazie come sempre per l'attenta lettura e per gli utili consigli.
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Re: Commento
Ciao Teseo.Teseo Tesei ha scritto: ↑04/04/2020, 19:29 Grazie Eliseo per averci regalato questa seconda parte, a me è piaciuto molto. Si, è vero, ci sono alcuni particolari che andrebbero sistemati. Ad esempio: Il comandante del ROS (generale di Divisione o di Brigata) è il solo generale presente in tutto il raggruppamento, il suo vice per capirci è un colonnello.
Ora mi capisci che muovere il vertice del ROS fino a Borgobello non è cosa che possa passare inosservata, oltre ad essere assai improbabile.
La pizza in effetti D'alessandro, munito di guanti avrebbe dovuto lasciarla in prossimità del punto in cui l'assassino avrebbe aperto il fuoco. Ma qui sorge un problema, perché se Cristoforo (il fattorino) avesse suonato il campanello il piano si sarebbe complicato non poco, quindi il fattorino avrebbe dovuto giungere solo ed in silenzio presso la villa, consegnare la pizza a D'alessandro che lo attendeva in silenzio e poi da li il tutto poteva andare come descritto. Anche se le riprese in questa fase già avrebbero dovuto essere disattivate, o essere attive solo sulla parte esterna al cancello senza inquadrature sul campanello.
In ogni caso la seconda parte mi è piaciuta molto, quindi per me voto massimo comunque.
Grazie a te per la lettura e per la puntuale tirata d'orecchie, un vero toccasana.
Il ROS è saltato fuori proprio dal tuo commento al racconto della gara precedente dove scrivesti qualcosa tipo: "questo è pane per i denti della DIA" quindi essendo un carabiniere il mio personaggio principale ho virato sul ROS, la fonte di ispirazione sei stato tu, ma io magari non l'ho saputa gestire al meglio. Mi documenterò meglio la prosisma volta.
La parte del fattorino è tutto un ingarbugliamento venuto fuori fin dall'inizio del primo racconto, è stato il punto debole di tutta la storia, o comunque tra i punti deboli quello più incisivo e che ha fatto storcere il naso.
Comunque felice che tutto sommato tu lo abbia trovato interessante e ti sia piaciuto.
A presto
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Re: Commento
Ciao.Speranza ha scritto: ↑05/04/2020, 20:45 Che dire! Scritto davvero molto molto bene. Il racconto mi ha rapita e coinvolta da subito, già dalle prime righe. L'unico appunto che potrei fare è che ho dovuto rileggere un paio di volte il finale, perché non è stato di facile comprensione (ma questo probabilmente è stato un problema mio). Nient'altro da dire. Ineccepibile tutto il resto.
Grazie per la lettura, felice che ti sia piciuto.
Per quanto riguarda il finale posso solo riportarti al racconto della gara precedente, così credo che possa essere, forse, un po' più chiaro.
Questo è il link: https://www.braviautori.it/forum/viewto ... 145&t=5739
Alla prossima
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Re: Granelli bianchi
Francamente come giallista preferisco lui a Camilleri.
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Al netto di tutti i consigli e le critiche che ti hanno già fatto trovo che il racconto, da considerare un tutt’uno con la prima parte, sia bello: incuriosisce, ha una sua complessità nella costruzione, è ben scritto, in sintesi mi è piaciuto.
L’unica cosa che mi ha un po’ deluso è la marginalità della figura di Maroni, avrei voluto che avesse un ruolo più attivo nelle indagini del caso che, così come sembra, è destinato a rimanere insoluto.
Hai spostato l’attenzione su Mounier e D’Alessandro, mentre il maresciallo potrebbe diventare, secondo me, il personaggio più interessante, anche in vista di sviluppi futuri.
Comunque bravo.
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Re: Commento
Ciao Roberto. Mi sa che avete tutti ragione, avrei dovuto concentrarmi sul mio maresciallo, che non credevo potesse riscontrare cos´tanta simpatia e "successo"Roberto Bonfanti ha scritto: ↑24/04/2020, 7:09 Comincio dall’inizio: l’incipit è molto azzeccato, lo trovo veramente d’effetto.
Al netto di tutti i consigli e le critiche che ti hanno già fatto trovo che il racconto, da considerare un tutt’uno con la prima parte, sia bello: incuriosisce, ha una sua complessità nella costruzione, è ben scritto, in sintesi mi è piaciuto.
L’unica cosa che mi ha un po’ deluso è la marginalità della figura di Maroni, avrei voluto che avesse un ruolo più attivo nelle indagini del caso che, così come sembra, è destinato a rimanere insoluto.
Hai spostato l’attenzione su Mounier e D’Alessandro, mentre il maresciallo potrebbe diventare, secondo me, il personaggio più interessante, anche in vista di sviluppi futuri.
Comunque bravo.
A tal proposito ho deciso, infatti, di scrivere qualcosa di lungo su di lui, per adesso gli ingranaggi del cervello elaborano lentamente, quindi non prestissimo, ma spero il prima possibile salterä fuori un giallo con lui protagonista, o un noir, o un thriller, vedremo.
grazie per lßapprezzamento e per il tempo dedicatomi, a presto
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Re: Commento
Ciao e grayie per il commento.Stefyp ha scritto: ↑06/04/2020, 15:46 Questo racconto completa in qualche modo il precedente, non completa ovviamente la storia per la quale quindi aspettiamo un proseguimento, magari nella gara estiva. Come ti ho già detto in "inverno" io personalmente ritengo difficilissimo scrivere libri gialli, penso ci voglia molto, molto lavoro di gavetta. In questo racconto si nota che parecchio ne è già stato fatto. I consigli che ti sono stati dati in precedenza li condivido, io non avrei saputo esprimerli con così tanta chiarezza, ma rispecchiano quello che confusamente avrei voluto dire io. Il racconto è molto scorrevole e l'ho letto in un soffio. Alla prossima puntata. Ci conto!
Sono contento che la lettura sia stata gradevole e che ti sia piaciuto, per quanto riguarda la gavetta, be', diciamo che ho solo letto qualhe giallo, qua e là, scritti mai, nemmeno racconti brevi, quindi se ho fatto entro vuol dire che forse ho trovato la mia direzione, staremo a vedere
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Re: Commento
Ciao.Selene Barblan ha scritto: ↑06/04/2020, 13:15 Il racconto è scorrevole e ben scritto; la sensazione che ho avuto, però, è stata di rileggere qualcosa che avevo già letto. Personalmente non mi convince come, in questo racconto, spieghi i misteri del racconto precedente. Globalmente rimane però piacevole da leggere, per me è un 3.
Be' diciamo che i personaggi sono gli stessi, ma si sono mossi nel passato della storia precedente, quindi già si sapeva chi fosse morto e come, non so se sono scaduto nella ripetizione, di certo è un brutto colpo leggerlo perché cerco sempre di essere il più originale possibile, comunque grazie per il commento e per il tempo dedicatomi.
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commento
belle le descrizioni, soprattutto a livello scenografico. riesci a mostrare quanto accade, quindi sei bravo.
forse è un po' smagliata la trama, ma basta poco a ricucire e tu ne sei in grado senza problemi.
ho trovato un paio di refusi: difronte, e lo scatolo della pizza.
perbacco, in un film o telefilm parlato in lingua, lo scatolo andrebbe benone, qui non so
bravo
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Ciao Fausto, grazie per l'apprezzamento, mi da uno stimolo in più nel migliorarmi.Fausto Scatoli ha scritto: ↑08/05/2020, 11:57 bella prova, che si ricollega al racconto della gara precedente. anzi, lo precede, visto che è un prequel.
belle le descrizioni, soprattutto a livello scenografico. riesci a mostrare quanto accade, quindi sei bravo.
forse è un po' smagliata la trama, ma basta poco a ricucire e tu ne sei in grado senza problemi.
ho trovato un paio di refusi: difronte, e lo scatolo della pizza.
perbacco, in un film o telefilm parlato in lingua, lo scatolo andrebbe benone, qui non so
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difronte si scrive staccato: di fronte.L'espressione del maresciallo divenne arcigna difronte a quella non tanto velata accusa di negligenza.
[…]
D'Alessandro lanciò uno sguardo veloce all'orologio appeso alla parete difronte,
Sintassi e punteggiatura di questa frase sono molto fantasiose.Le luci erano spente, con estrema attenzione, si diresse verso l'armadietto delle armi.
Tutte le stanza erano buie, tranne l'ultima.
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La storia é il prequel della precedente gara.Ida-59 ha scritto: ↑06/06/2020, 17:07 Mah… forse non ho capito io, forse non è spiegato bene o forse serviva un racconto più lungo per spiegare tutti i dettagli. Mi chiedo cosa c'entri la parte inizale con il resto e sento invece la mancanza di altre spiegazioni basilari. Poi, io non sono un'esperta di gialli e thriller, quindi non aggiungo altro, ma la storia non mi ha convinto.
difronte si scrive staccato: di fronte.
Sintassi e punteggiatura di questa frase sono molto fantasiose.
Difronte non si perché ultimamente mi viene di scriverlo unito, ci starò più attento.
La punteggiatura della frase presa in esame in effetti va rivista
A presto e grazie per il tempo dedicatomi
Buona giornata e buon fine settimana
A Quattro mani
antologia di opere scritte a più mani
Una collaborazione, di qualunque natura essa sia, diventa uno stimolo, la fusione di peculiarità ben definite, la concretizzazione di un'intesa, la meraviglia di scoprire quel qualcosa che individualmente non si sarebbe mai potuta fare. È una prova, una necessità di miglioramento, il superamento dei propri limiti stilistici o di quei blocchi creativi che sovente ci pongono di fronte a un disarmante "foglio bianco". Gli autori di questa antologia ci hanno voluto provare.
A cura di Massimo Baglione.
Copertina di Antonio Abbruzzese.
Contiene opere di: Chiara Masiero, Mauro Cancian, Stefania Fiorin, Anna Rita Foschini, Ida Dainese, Alberto Tivoli, Marina Paolucci, Maria Rosaria Spirito, Marina Den Lille Havfrue, Cristina Giuntini, David Bergamaschi, Giuseppe Gallato, Maria Elena Lorefice.
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Downgrade
Riduzione di complessità - il libro Downpunk
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Di Sam L. Basie
A cura di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Storie Gotiche, del Terrore e del Mistero
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Contiene opere di: Ida Dainese, Francesca Paolucci, Marcello Rizza, Fausto Scatoli, Annamaria Ricco, Francesco Cau, Valentino Poppi, Mario Flammia, Essea, Umberto Pasqui, Enrico Teodorani, Roberto Masini, Maria Perrella, Giacomo Baù, Eliseo Palumbo, Selene Barblan, Stefano Bovi, Ibbor OB, Andrea Teodorani, Simona Geninazza, Lidia Napoli, Mario Malgieri, Michele Silvi, Ida Daneri, Alessandro Mazzi.
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