Éfesto e Athena
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Éfesto e Athena
Athena era infatti solita chiamare Éfesto Klytotéchnes, “Rinomato Artigiano”, senza farne mistero, perché le sue parole erano scevre da qualunque secondo fine.
Ma nella sua potenza e maestà Éfesto viveva appartato dagli altri dèi: concepito dalla sola Hera per ripagare il consorte dell’adulterio con Metis, era nato zoppo, sì che la madre stessa l’aveva scaraventato giù dall’Olimpo in segno di disprezzo; in seguito, ricevuta Afrodite in moglie, aveva sofferto i ripetuti tradimenti di lei con Ares. Per cotanta umiliazione il prodigioso fabbro aveva deciso di abbandonare l’Olimpo e dedicarsi tutto alla pratica della propria arte, mediante la quale creò tutti gli oggetti che danno lustro al suo nome.
Egli era così cresciuto in maestria ma era poco avvezzo ad altra lode che non fosse la propria: schivato da tutti per la zoppia, sofferente per la mancanza di calore che persino la moglie gli aveva riservato, non poteva credere che la bianca Pallade Athena, signora dei campi di battaglia, protettrice della giustizia, vergine, uno spirito così nobile ed elevato, avesse per lui parole di ammirazione.
Nondimeno, da un lato l’apprezzamento di Athena era genuino, e dall’altro essere oggetto dei pensieri dalla bianca dea era occasione per Éfesto di fantasticare durante i lunghi lavori alla forgia.
Un dì accadde che Athena si era recata presso la fucina del fabbro per chiedere un’arma: gli avrebbe incaricato la realizzazione di una nuova, se non l’avesse trovata, perché riteneva solo lui capace di creare un oggetto degno del suo braccio. Annunciata da una civetta, giunse presso le fucine di Éfesto a Lemnos.
«Éfesto Klytotéchnes, grande tra i fabbri!», lo chiamò. «Io, Pallade Athena, sono qui per chiedere la tua opera!»
Éfesto, che non si aspettava una visita della dea, sentendosi chiamare da quella voce desiderata e con quel nome a lui massimamente gradito, in un solo istante sognò che la sua lunga solitudine fosse terminata e i suoi sogni più sfrenati esauditi. Andò incontro ad Athena e la ricevette con la massima cortesia.
«Bianca dea, mi onori molto con la tua presenza!», la salutò tentando un ossequioso inchino sulle proprie gambe malconce. «Dimmi quale ne è il motivo, perché certamente non può essere la mia opera: non c’è niente, infatti, che quest’umile fabbro possa realizzare che il tuo genio e la tua stessa maestria non possano già”.
«Non dovresti essere così umile, o potente alla forgia», gli instò Athena, «tu che hai infuso in rami di palma e mirto la bellezza dell’oro e la velocità del vento e le hai poste ai piedi di Hermes, tu che hai creato gli archi d’oro e d’argento di Apollon e della sorella Artemis, il carro di Helios, le dimore di tutti noi Olimpici, la portentosa egida del padre Zeus che conosco bene per averla io stessa indossata innumerevoli volte, i meravigliosi gioielli che, indossati da Tetis, suscitarono l’ammirazione di Hera! Tu, capace di infondere vita nella materia inerte, come dimostrano quei mantici che ti assistono infaticabili alla forgia e, come dimenticarlo, il guardiano Talos per Minosse e la sua Creta! Né ti astieni dall’usare la tua arte nel campo della medicina, tu che hai ricostruito in avorio la spalla del titano Pelope!
«Davvero, Éfesto, lascia che siano altri, forse timorosi o forse invidiosi, a usare mezze parole per descrivere la tua prodigiosa capacità. Io che sono dotata di un lucido intelletto e non ho motivo di occultare la verità, so di usare per te il giusto nome, quando ti chiamo Klytotéchnes».
Athena era dea dal parlare diretto e sincero perché le parole contorte sono nemiche della comprensione, ma le sue caddero su un cuore che troppo a lungo era stato privato del conforto di una parola amica, e parvero a Éfesto la tangibile conferma della legittimità di tutti i propri sogni.
«Dea dalle bianche membra, che mai degnò uomo del proprio apprezzamento con parole così dolci a udirsi. Figlia del Cronide che aiutai a nascere, ricordo come fosse oggi quel giorno che uscisti dalla sua testa, urlando pronta per la battaglia già armata di tutto punto! Sarei anch’io ipocrita e direi il falso, se non ammettessi che fin da allora anch’io ho ammirato tutte le tue virtù, sebbene segretamente, nella solitudine della forgia».
Poco avvezza all’amore e alle sue vie contorte, Athena ricambiò l’ammirazione di Éfesto con ulteriori lodi.
«La solitudine è una tua scelta! Non è questo il tuo posto, e lo sai bene. Sei un Olimpico, e l’Olimpo è la tua casa! Volentieri sarei venuta alla tua forgia lassù, non meno volentieri che per venire qui, se è per chiederti un frutto della tua mirabile opera!»
«Le tue, bianca dea», le rispose Éfesto, ormai ebbro di desiderio, «sono parole quanto mai dolci per un cuore poco avvezzo a complimenti o lodi. Il mio è il lavoro duro, oscuro e fumigante della fucina che io compio senz’altro riconoscimento attendere che quello delle cose da me create, che esse eseguano a dovere il compito per il quale le ho realizzate».
Svestendo le possenti mani dei pesanti guanti da forgia, il prodigioso fabbro si avvicinò alla giovane, cercando nei glauchi occhi di lei un segno di ciò che mai aveva trovato in quelli della consorte e, giunto a un palmo da lei, osò domandare: «Ma posso chiederti, Signora, se la mia arte meriterebbe di risvegliare una tua più viva attenzione per la mia persona, perché è duro condurre la mia esistenza senza poter condividere con alcuno il piacere per un lavoro d’ingegno ben fatto? Nessuno ignora, infatti, che persino la mia consorte apprezza più volentieri l’energia e il bel corpo del rissoso Ares che la minuzia delle più prodigiose tra le mie opere!»
«Da amica devo risponderti che quanto dici di Afrodite della bella cintura - non le avessi tu mai donato quel portentoso artefatto, le sue malie non sarebbero certo minori - è purtroppo vero, ma questa è la sua natura e io, rispettandola, non desidero guerreggiare con lei.
«Il mio voto di castità mi impedisce di pensare a te, Éfesto, come a più che un meraviglioso artigiano, l’opera del quale ammiro in massimo grado, nell’intimo dei miei pensieri e pubblicamente con parole.
«Ma se fossi libera di esprimere e sentire tutto ciò che Afrodite comanda senza le restrizioni del mio voto, allora sì, Éfesto, la maestria delle tue opere mi avrebbe tutta inebriata per il loro artefice, e io non potrei non cedere alle tue lusinghe, se mai vi ti cimentassi».
Quelle parole vinsero ogni prudenza e riserbo da parte del fabbro, che improvvisamente afferrò Athena per le braccia, approfittò della sorpresa e, coi propri occhi fissi in quelli di lei, la baciò preso dalla passione a lungo covata.
Né Athena si ritrasse: tale era stato il parlare dell’uomo da lei tanto apprezzato che ella cadde preda di un desiderio di unione con quella mente, l’unica tra tutti gli Olimpici che potesse competere in sottigliezza con la propria, e per un po’ credette che con quel contatto avrebbe raggiunto, lei condannata a una vita di castità, la compagnia di un animo affine al proprio.
Tutto depose ai piedi del fabbro: si svestì dell’elmo, gettò lontano lancia e scudo perché Éfesto non era nemico né aggressore, si spogliò del chiton e lo abbracciò cercando una comunione totale con lui, di mente attraverso il corpo. Anche Éfesto desiderava lo stesso, sì che i due si trovarono presto a esplorare luoghi dell’animo umano dove raramente due amanti si sono incontrati, perché la solitudine che cercavano di curare era dell’anima.
Eppure, anche i loro corpi erano partecipi di quell’unione, e la bianca dea sentì crescere il piacere del fabbro, quella che sarebbe stata una violazione della propria natura, perciò cercò di sottrarsi a quell’onta, lottò con tutte le proprie forze, riuscì a divincolarsi dalla poderosa stretta di quell’amplesso divino, e il piacere di Éfesto fu versato sulla gamba di Athena, la quale si deterse con un panno di lana che poi gettò al suolo, per poi andar via senza dire altro.
Così il seme di Éfesto cadde su Gaia, la Grande Madre Terra, che ne diede frutto: un bambino che fu chiamato Erichthonios.
Grande fu il clamore che si sparse al conoscere il lieto evento, che giunse fino alle orecchie di Athena, colei che, essendo vergine, non era mai stata madre, pur desiderando come tutte le donne conoscere il miracolo della maternità.
Ella viaggiò per mari e per monti e raggiunse il bambino, lo reclamò come proprio e lo educò presso il sacro recinto a lei dedicato: il figlio di Éfesto, il quarto re della città che porta il nome della dea.
In seguito, i due Olimpici ebbero diverse occasioni per commentare quell’episodio, ma le prime volte Éfesto ne sembrava addolorato.
«Grande fabbro, perché sembri sfuggire la mia presenza, da che abbiamo avuto Erichthonios? Erano dunque vuote le parole che mi hai rivolto, di avere in grande apprezzamento la mia stima e la mia compagnia? Non mi è parso così, al contrario! Ma vedo che ora tolleri a malapena la mia vista. Ho fatto qualcosa che ti ha offeso?»
«Davvero sei così a digiuno del cuore e delle sue vie, o bianca dea?», chiese il fabbro al colmo della sorpresa. «Volevo unirmi a te, non avrei avuto alcun obiettivo più alto di questo, ma quando finalmente ti ho avuta per me, mi hai allontanato da te e hai gettato il mio seme al suolo come in segno di disprezzo!»
Al che la dea, rendendosi conto del proprio gesto, rispose: «No, amico, non lasciarti ingannare da una triste apparenza. Non ho gettato il tuo seme al suolo per disprezzo di te, ma perché sapevo che ventre più sicuro e generoso del mio seno guerriero era quello di Gaia che ci ha dato Erichthonios. Avrei mai cresciuto in saggezza e per diventare re della mia città tuo figlio, se non avessi riconosciuto in lui le tue qualità? Éfesto, il mio apprezzamento per te non è scemato, ma io non posso dare la mia virtù a uomo o dio che sia. Se davvero anche tu nutri per me la stima che dicevi, resterai mio amico».
«Ora capisco il tuo gesto», sentenziò il fabbro divino, «e ti chiedo perdono per il mio fraintendimento. Anzi, sono contento che tu mi abbia parlato in questo modo, perché è davvero grande il mio desiderio di stare ancora con te».
«E il mio di stare in tua compagnia, Klytotéchnes, seppure non sarà necessario dare un nuovo re alla mia città ogni volta che ci vedremo», lo irrise la dea, scherzando come raramente le era capitato in passato.
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Adeguato il il linguaggio, sei stato bravo, poco o nulla da segnalarti per la forma. A parte quel gli instò Athena. A mio avviso dovrebbe essere, a seconda del significato che vuoi attribuire al predicato, lo instò Athena o instò Athena.
Gradevole la riproposizione, a modo tuo, del mito della nascita di Erittonio (Erichthonios) mitico re di Atene, generato da Gea (o Gaia e perché Gaia e non Gea? La Grande Madre pre-greca e mediterranea che ogni tanto torna a misurar la mancanza di hybris indoeuropea) dopo lo scontro tra Efesto e Atena: i due Olimpici alla fine si rispettavano.
Splendido quel figlia del Cronide. Riuscita la traslitterazione dal greco, a mio avviso adoperata in modo saggio, dei nomi. Eh, la potenza dei nomi ormai dimenticata dai moderni barbari: indovinato anche l'epiteto di Efesto, l'ottimo conoscitore di tecniche.
Un ottimo lavoro.
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Re: Éfesto e Athena
Perché Gaia e non Gea? Perché il lettore "medio" userá /g/ per il primo e /dʓ/ per il secondo, e mentre i suoni delle vocali (e quelli dei dittonghi greci, poi...) sono cambiati notevolmente tra le diverse varianti di greco (la eta o la upsilon sono solo esempi), quelli consonantici sono rimasti più "stabili". Insomma, come traslitterare foneticamente bene Γαῖα sapendo che anticamente era Γῆ, e quindi avrebbe potuto leggersi addirittura /gi:/? Avrei potuto scrivere "Ghea" o, visto il tempo dell'azione, "Ghè" (senza poter allungare il suono), ma chi avrebbe capito di chi parlavo? Gaia è quanto meno già visto e la lingua è, innanzitutto, comunicazione.
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Re: Éfesto e Athena
Ogni tanto incontro un estimatore della lingua greca. La dovrebbero insegnare fine dalla prima elementare al posto della non lingua inglese.Marino Maiorino ha scritto: ↑10/01/2022, 10:14 Grazie mille Namio, il tuo apprezzamento è estremamente gradito.
Perché Gaia e non Gea? Perché il lettore "medio" userá /g/ per il primo e /dʓ/ per il secondo, e mentre i suoni delle vocali (e quelli dei dittonghi greci, poi...) sono cambiati notevolmente tra le diverse varianti di greco (la eta o la upsilon sono solo esempi), quelli consonantici sono rimasti più "stabili". Insomma, come traslitterare foneticamente bene Γαῖα sapendo che anticamente era Γῆ, e quindi avrebbe potuto leggersi addirittura /gi:/? Avrei potuto scrivere "Ghea" o, visto il tempo dell'azione, "Ghè" (senza poter allungare il suono), ma chi avrebbe capito di chi parlavo? Gaia è quanto meno già visto e la lingua è, innanzitutto, comunicazione.
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Poco da dire per me Voto 5 e complimenti
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Re: Éfesto e Athena
Scherzi a parte: formazione scientifica, quindi niente greco a scuola, ottimo insegnante di inglese, pessima di latino...
Come ci sono arrivato (al greco, intendo)? Beh, un po' per forza, volendo sviluppare un mio ciclo su Neapolis, un po' coi "ferri del mestiere" (sono ricercatore, quindi uso gli stessi metodi che applico nel mio campo alla filologia, ovvero farsi sempre una domanda in più quando vedo che non conosco/capisco qualcosa), un po' per autentica passione per le lingue, un po' perché nessuno può dirmi quello che posso o non posso fare ...
Quello di cosa insegnano a scuola è un falso problema: insegnare a pensare è il nocciolo della questione. Possono farlo coi robot, col latino, con le gite fuori porta, con l'analisi degli incarti di caramelle Sperlari. Se le tesi di laurea degli avvocati sono piene di strafalcioni io metterei in discussione il sistema, non quale materia è o meno insegnata.
Nella didattica italiana si fa sempre troppa teoria e poca pratica: gli esercizi sono fini a sé stessi, e così i ragazzi non capiscono mai l'utilità di quello che apprendono (che c'è, ed è quotidiana, ma molti docenti non hanno motivo per fare quel passo in più, loro devono finire il programma ministeriale...).
Un confronto per tutti: l'insegnamento di latino/greco e inglese. Perché sono così pochi i ragazzi che, usciti da un classico/scientifico sanno parlare correntemente in latino come in inglese (vabbè, ora non esageriamo...)? Sono tutte lingue, e muoiono quando non le si parla, non perché qualcuno le definisce "morte". Ma molti docenti di latino e greco vogliono chiudere la grammatica e il programma, mentre quelli di inglese devono confrontarsi con un livello A2/C1 per i loro studenti!
Ecco, tutta lì, la storia. Portassero i ragazzi al MARTA o al MANN, gli facessero leggere epigrafi e vasellame, gli facessero toccare con mano cosa apprendono, preparassero percorsi applicativi quando vanno in visita ai musei, che non siano solo un'occasione per perdere un giorno di scuola!
La scuola, in ogni momento, deve essere formazione del futuro cittadino. Che non si può mai sapere cosa quel cittadino farà, perciò è giusto e corretto prepararlo a TUTTO. Ogni altra soluzione è tarpargli le ali, ridurre le sue opportunità di crescita e formazione culturale, lavorativa e personale!
Ah, già, ma parlo di un Paese dove si può andare allo stadio a vedere il pallone in 50'000, mentre ci sono restrizioni per accedere a musei e teatri...
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Re: Éfesto e Athena
A dire la verità ero un po' titubante a proporre questo scritto perché, in fin dei conti, è solo una rivisitazione di materiale che un vero cultore della materia conosce già.
Mi fa però piacere che, al contrario, per il momento stia riscuotendo consensi.
A presto!
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Commento: Éfesto e Athena
Suggerisco inoltre di terminare eliminando alla fine "lo irrise la dea, scherzando come raramente le era capitato in passato."
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Re: Éfesto e Athena
"bianca" ripetuto molte volte. È linguistico: è come dire "Athena" ogni volta senza usarne il nome. Inoltre l'aggettivo ha diverse valenze semantiche che hanno tutte a che vedere con i suoi attributi, tra i quali la verginità, infine a un lettore odierno richiama il bianco del marmo delle statue. So che è ripetuto molte volte, ma "candido" è legato a concetti successivi (come quello della Madonna o della "innocenza" medievale).
Sull'eliminare la fine... Athena non è mai stata una ragazza dallo scherzo facile: quella frase sta lì per indicare esplicitamente un comportamento atipico per un personaggio ben codificato, e quindi sottolinea alcunché di "anomalo", nella fattispecie la "simpatia" di Athena per Éfesto. Sì, tutta la parte finale del racconto gira proprio intorno a questo punto, ma la narrazione è lì molto cerebrale: lei dice, lui dice e così via. Lo scherzo è invece un momento disteso, rilassato, spontaneo, al limite dell'intimo, tra due personaggi che normalmente non lo sono mai.
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Re: Éfesto e Athena
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Re: Éfesto e Athena
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Re: Éfesto e Athena
Ma NON TUTTE le lingue sono uguali. Alcune hanno una struttura più complessa e una varietà di vocaboli e di espressioni che riflettono la maggiore profondità dei popoli che se ne servono. Non è nata per caso la filosofia in Grecia, perché solo lì esisteva già una lingua che la poteva pensare ed esprimere e permettere determinate speculazioni. E non è casuale neanche lo sviluppo posteriore in Germania: il tedesco è forse l'unica lingua moderna a consentire riflessioni rigorose. Certo la psicologia è nata in Germania, come la fisica teorica, come la musica moderna. Credo che il linguaggio abbia giocato un ruolo fondamentale in questo sviluppo.Marino Maiorino ha scritto: ↑10/01/2022, 17:08 ma io NON sono un estimatore della lingua greca, sono un estimatore di TUTTE le lingue!
La lingua è forse lo specchio di colui che l'adopera.
Perdona il fuori tema, la finisco qui.
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Re: Éfesto e Athena
No, non tutte le lingue sono uguali, né tutti i popoli. Una lingua dà "forma", un "abito" ai pensieri, quindi lingue diverse sono espressione di diversi modi di pensare, sentire... Eppure siamo tutti esseri umani!
In un certo senso, amo la diversità di pensieri.
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Perduta mi credetti | Antologia "Non spingere
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Underearth | Libro, Edizioni La Zisa, 2015
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Re: Éfesto e Athena
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Re: Éfesto e Athena
Linguaggio ricco, adeguato al tema e all'ambientazione. Certo, i tempi mitici ed eroici sono finiti: oggi i tessuti con liquido seminale non generano stirpi né eroi ma solo opportunità a futura memoria, se conservati all'uopo.
Bella prova, complimenti.
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Re: Éfesto e Athena
Piccola nota: non mi hai "Commento"to, ma solo "Re:"sposto, quindi il tuo voto non è valido. Puoi editare la "Re:" e cambiare il titolo in "Commento" a mano.
Un saluto!
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Linguaggio ricco, adeguato al tema e all'ambientazione. Certo, i tempi mitici ed eroici sono finiti: oggi i tessuti con liquido seminale non generano stirpi né eroi ma solo opportunità a futura memoria, se conservati all'uopo.
Bella prova, complimenti.
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detto ciò, questo è scritto davvero bene e, a parte forse qualche ripetizione, non ho osservazioni da fare in merito.
conoscevo la storia ma non la nascita del bambino, che mi è nuova, ma è ignoranza mia e niente altro.
nonostante non sia un genere da me apprezzato merita un bel voto
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Re: Éfesto e Athena
Eh, ripetizioni... Alle volte devo far passare mesi prima di rileggere uno scritto, per sentirlo abbastanza "estraneo" e vedere subito le ripetizioni.
Devo lavorarci su, indubbiamente, al di là di questo racconto!
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Re: Éfesto e Athena
In realtà ho solo romanzato un po': prima ho raccolto il materiale delle diverse tradizioni, poi ho cercato di sintetizzare in una forma accettabile.
Grazie per l'apprezzamento, un saluto!
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Re: Éfesto e Athena
Cercherò di coinvolgerti di più alla prossima occasione e, senz'altro, farò tesoro delle tue indicazioni.
Non bisogna piacere a tutti, ma non è peccato cercare di migliorarsi.
A presto
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Sul racconto che dire? È stato, ripeto, un bel viaggio nella memoria, che ha avuto il pregio di non farmi sentire davanti ad uno schermo a leggere delle parole, ma accanto ad un aedo che narra le gesta degli dei e degli eroi.
Complimenti! E il voto è di conseguenza: 5.
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Re: Éfesto e Athena
;p
Grazie mille (nod)
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Re: Éfesto e Athena
Anch'io non sono un gran fan dell'andare a capo durante un dialogo, ma i personaggi hanno anche loro i loro passaggi da un argomento a un altro, e in quel caso forzare tutto quello che dicono in un solo paragrafo appiattirebbe le espressioni.
Potrei certamente interporre una descrizione tra frase e frase nello stesso paragrafo ma questi sono racconti brevi, non un romanzo, dove hai modo di sviluppare tutta la personalità dei personaggi: qui allungherei i tempi oltre la pazienza dei più.
Inoltre, diventerebbe un'autentica sceneggiatura... Il che mi fa pensare che... ti dirò, signor "Grigio barbaglio", l'unico sforzo in più che mi richiederebbe è di immaginazione!
"Elen sìla lumenn' omentielvo"
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Il riscontro dei vari argomenti rendono merito a un racconto che in me non suscita entusiasmo.
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Re: Éfesto e Athena
Spero di riuscire ad accendere il tuo entusiasmo in futuro.
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Calendario BraviAutori.it "Year-end writer" 2019 - (in bianco e nero)
A cura di Tullio Aragona.
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Gara d'inverno 2022/2023 - Immaginazione Artificiale - e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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La Gara 62 - La famiglia
A cura di Massimo Tivoli.
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La Paura fa 90
90 racconti da 666 parole
Questo libro è una raccolta dei migliori testi che hanno partecipato alla selezione per l'antologia La Paura fa 90. Ci sono 90 racconti da non più di 666 parole. A chiudere l'antologia c'è un bellissimo racconto del maestro dell'horror Danilo Arona. Leggete questa antologia con cautela e a piccole dosi, perché altrimenti correte il rischio di avere terribili incubi!
A cura di Alessandro Napolitano e Massimo Baglione.
Contiene opere di: Maria Arca, Pia Barletta, Ariase Barretta, Cristiana Bartolini, Eva Bassa, Maria Cristina Biasoli, Patrizia Birtolo, Andrea Borla, Michele Campagna, Massimiliano Campo , Claudio Candia, Carmine Cantile, Riccardo Carli Ballola, Matteo Carriero, Polissena Cerolini, Tommaso Chimenti, Leonardo Colombi, Alessandro M. Colombo, Lorenzo Coltellacci, Lorenzo Crescentini, Igor De Amicis, Diego Di Dio, Angela Di Salvo, Stefano di Stasio, Bruno Elpis, Valeria Esposito, Dante Esti, Greta Fantini, Emilio Floretto Sergi, Caterina Franciosi, Mario Frigerio, Riccardo Fumagalli, Franco Fusè, Matteo Gambaro, Roberto Gatto, Gianluca Gendusa, Giorgia Rebecca Gironi, Vincenza Giubilei, Emiliano Gotelli, Fabio Granella, Mauro Gualtieri, Roberto Guarnieri, Giuseppe Guerrini, Joshi Spawnbrød, Margherita Lamatrice, Igor Lampis, Tania Maffei, Giuseppe Mallozzi, Stefano Mallus, Matteo Mancini, Claudia Mancosu, Azzurra Mangani, Andrea Marà, Manuela Mariani, Lorenzo Marone, Marco Marulli, Miriam Mastrovito, Elisa Matteini, Raffaella Munno, Alessandro Napolitano, Roberto Napolitano, Giuseppe Novellino, Sergio Oricci, Amigdala Pala, Alex Panigada, Federico Pergolini, Maria Lidia Petrulli, Daniele Picciuti, Sonia Piras, Gian Filippo Pizzo, Lorenzo Pompeo, Massimiliano Prandini, Marco Ricciardi, Tiziana Ritacco, Angelo Rosselli, Filippo Santaniello, Gianluca Santini, Emma Saponaro, Francesco Scardone, Giacomo Scotti, Ser Stefano, Antonella Spennacchio, Ilaria Spes, Antonietta Terzano, Angela Maria Tiberi, Anna Toro, Alberto Tristano, Giuseppe Troccoli, Cosimo Vitiello, Alain Voudì, Danilo Arona.
69 Orizzontale: l'Antologia erotica
Oltre 300 pagine di ottimo erotismo sotto forma di racconti, poesie e illustrazioni. Contiene un racconto della scrittrice Valeria Ferracuti e disegni di Furio Bomben. Ogni testo è abbinato a una domanda in formato "settimana enigmistica" che testerà l'attenzione del lettore. La dura selezione alla quale sono stati sottoposti i partecipanti, garantisce al libro una qualità che raramente è stata raggiunta in passato.
A cura di Massimo Baglione, Angela Di Salvo e Alessandro Napolitano;
in collaborazione con Valeria Ferracuti di mysecretdiary.it;
copertina di Roberta Guardascione;
illustrazioni aggiuntive realizzate da Furio Bomben;
strisce enigmistiche di Diego Capani.
Contiene opere di: Allison Bersani, Gabriella Pison, Gianni Giovannone, Serena Rosata, Simone De Andreis Gerini, Thierry59, Grey Delacroix, Giovanni Altieri, Marina Priorini, Antonella Rita Provenzano, Furio Bomben, Alessandra Gaggioli, Marina Casali, Mew Notice, Enrica Restelli, Valter Padovani, Alessandro Moschini, Tullio Aragona, Elena Girotti, Edoardo Baietti, Gilbert Paraschiva, Gianluigi Redaelli, Connie Furnari, Flavia Ippolito, Mariella Scarano, Piergiorgio Annicchiarico, Poly, Alessio Boni, Carmine Rosano, Alberto Tristano, Barbara Bertucci, Armando D'Amaro, Livin Derevel, Stefano Masetti, Alfio Faedi, Giovanni Gentile, Bruno Elpis, Riccardo Carli Ballola, Roberta Eman, Anna Pisani, Ser Stefano, Riccardo Sartori, Giovanna Amoroso, Jen Ricci, Michele Cogni, Paolo Ferruccio Cuniberti, Claudio Gavina, Valeria Ferracuti.
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I sogni di Titano
Il "cubo sognatore" su Titano aveva rivelato una verità sconvolgente sull'Umanità, sulla Galassia e, in definitiva, sull'intero Universo, una verità capace di suscitare interrogativi sufficienti per una vita intera. Come poteva essere bonariamente digerito il concetto che la nostra civiltà, la nostra tecnologia e tutto ciò che riguardava l'Umanità… non esisteva?
"Siamo solo… i sogni di Titano", aveva riportato il comandante Sylvia Harrison dopo il primo contatto col cubo, ma in che modo avrebbe potuto l'orgoglio dell'Uomo accettarlo? Ovviamente, l'insaziabile sete di conoscenza dell'Essere umano anelava delle risposte, e la sua naturale curiosità non poteva che spingerlo alla ricerca dell'origine del cubo e delle ragioni della sua peculiare funzione.
Gli autori GLAUCO De BONA (vincitore del Premio Urania 2013) e MASSIMO BAGLIONE (amministratore di BraviAutori.it) vi presentano una versione alternativa del "Tutto" che vi lascerà senza parole. Di Glauco De Bona e Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.