La signorina
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Per tornare al tuo lavoro mi permetto di suggerirti una riletta per correggere la punteggiatura e mettere qualche paragrafo per facilitare la lettura. Brava!
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Re: Commento
Grazie Fra per il commento, "ma sarebbe servito anche altro, come ausilio. La depressione è una brutta bestia (la conosco e tu hai descritto benissimo cosa comporta), non basta (nella forma importante) la pet therapy, occorrono cure farmacologiche, psicoterapia e rapporti sociali", hai scritto ciò che penso e ciò che volevo trasmettere… la depressione è la malattia dell'occidente grasso, ci hanno tolto la speranza, non si esce dal buio se non si vede altro che buioFraFree ha scritto: ↑28/03/2022, 19:09 Da un lato, mi ha trasmesso tanta tristezza per lei, che ha perso una parte di vita nella depressione. Dall'altro, tanta tenerezza per i gatti, che grazie a lei hanno potuto avere cibo, cure e affetto. Anche loro sono stati importanti per una pseudo ripresa della signorina, ma sarebbe servito anche altro, come ausilio. La depressione è una brutta bestia (la conosco e tu hai descritto benissimo cosa comporta), non basta (nella forma importante) la pet therapy, occorrono cure farmacologiche, psicoterapia e rapporti sociali.
Un buon racconto, supportato da una scrittura corretta e genuina.
Fra
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Re: Commento
Grazie del commento e grazie del consiglio sulla punteggiatura che è un mio grosso difetto, tendo a scrivere come a parlare, se sono motivata vado sino a che ho fiato. Fanno bene al tuo paese a essere attenti ai trattamenti psicoterapeutici perché sono un'arma a doppio taglio, si diventa dipendenti ( i medici ti imbottiscono perché il loro protocollo non richiede di guarirti, ma solo di neutralizzarti, con gli psicofarmaci sei più o meno una carota) e non ne vieni più fuori. Quindi sì ai medicinali perché in certi momenti non se ne può fare a meno ma con molta, moltissima attenzione e attenti al medico perché (purtroppo) non tutti sono validi in un contesto come i nervi e i sensi e i neuroni in cui ancora non si conosce moltoDomenico Gigante ha scritto: ↑29/03/2022, 11:26 Mi ha fatto venire in mente mia suocera. Storie diverse, naturalmente, ma entrambe segnate da un vuoto di relazioni, che cercano di colmare nella maniera sbagliata. Il tuo racconto disseziona la malattia in modo quasi giornalistico, ed in questo è efficace. Purtroppo nel nostro paese c'è ancora una forte resistenza nei confronti dei trattamenti psicoterapeutici (non invece nei confronti dei farmaci, di cui c'è un abuso). Il male della Signorina avrebbe potuto benissimo essere trattato con sedute dallo psicologo.
Per tornare al tuo lavoro mi permetto di suggerirti una riletta per correggere la punteggiatura e mettere qualche paragrafo per facilitare la lettura. Brava!
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Re: La signorina
Grazie, purtroppo è un tema che conosco abbastanza beneAlycetta7 ha scritto: ↑31/03/2022, 17:36 Un racconto che racchiude tante storie di vita come questa, il tuo. Mi ha trasmesso un mix di tristezza e tenerezza, per il decadimento negli anni della signorina e per quel barlume di felicità ritrovata all'arrivo della prima gatta Regina. Sei riuscita a descrivere al meglio le fasi altalenanti della depressione e in generale della vita di una persona sola. Complimenti!
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Re: Commento
Grazie Roberto, il tuo consiglio questa volta lo adotterò, almeno tenterò… altri mi hanno parlato della mia scrittura soffocante, ma è come volessi far sentire la fatica che faccio a scriverlo, infatti ho deciso di non scrivere più romanzi perché troppo a lungo durava la mia dedizione, non si può stare 14 ore al computer, mangiando davanti al video quello che capita e di notte sognare la trama per tre o quattro mesi, ogni romanzo mi è costato un esaurimento nervoso con relativo ricovero.RobertoBecattini ha scritto: ↑31/03/2022, 22:44 Mi ha colpito molto, mi ha intristito, è una storia paradigmatica. Lo stile colloquiale che hai utilizzato lo rende ancora più efficace. Hai descritto bene il processo con cui si diventa gattare, c'è un vuoto affettivo che si cerca di riempire con sempre più animali di cui prendersi cura. Ti devo solo fare un appunto: la lettura è stata faticosa a causa del paragrafo unico. Dovresti spezzare il testo in alcuni punti. Anche la forma è importante.
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Commento: La signorina
in questo periodo segnalo due "finalmente" in tre righe.
suggerisco anche le seguenti modifiche:
"Anni e anni di lavoro aspettando la pensione e, quando finalmente era arrivata, sopraggiunse la depressione "
basta così. Il concetto di attesa è già descritto a sufficienza.
"Inizialmente era stata euforica, si sentiva piena di vita, finalmente poteva dedicarsi alle sue passioni, poi piano piano, le abitudini che si era costruita lungo gli anni cominciarono a mancare. "
"Inizialmente l'euforia l'aveva invasa. Piena di vita, era impaziente di dedicarsi alle sue passioni, e mai avrebbe immaginato che quelle abitudini, da lei costruite lungo gli anni, avrebbero cominciato a mancarle. "
Mi fermo qui, ma tutto il testo necessiterebbe di una opportuna revisione. Già altri "bravi autori" ti hanno segnalato:
"correggere la punteggiatura e mettere qualche paragrafo per facilitare la lettura"
"la lettura è stata faticosa a causa del paragrafo unico. Dovresti spezzare il testo in alcuni punti. Anche la forma è importante."
In una tua risposta a un commento, scrivi:
"ho deciso di non scrivere più romanzi perché troppo a lungo durava la mia dedizione, non si può stare 14 ore al computer, mangiando davanti al video quello che capita e di notte sognare la trama per tre o quattro mesi, ogni romanzo mi è costato un esaurimento nervoso con relativo ricovero."
ACCIDENTI!!
Per quanto ne so, scrivere è faticoso, ma anche MOLTO appagante. Serve organizzazione e metodo, ovviamente. Ci sono ottimi corsi di scrittura, ma alla fine ciascuno di noi deve trovare il suo sistema. Il tuo è davvero massacrante e urge cambiare, non smettere. La scrittura è un ottimo rimedio proprio per sconfiggere la depressione di cui parli nel tuo racconto.
Per ora non voto. Mi offro invece per una revisione, suggerendoti una versione più snella che poi svilupperai seguendo i tuoi gusti personali.
Buon lavoro e soprattutto non mollare.
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Re: La signorina
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Re: La signorina
So bene quanto sia importante avere un proprio stile, ed è proprio la mancanza di un mio stile ad aver provocato il rifiuto di tanti miei lavori.
Non so molto di te, ma abbastanza per sapere che questo è il tuo stile faticoso, disarmonico, ossessivo ma tuo.
Forse, avendo te scelto di entrare in questo forum di "bravi autori", mi aspettavo una prosa, non dico asettica, pulita e ordinata (non sarebbe stata adatta all'argomento del racconto) ma meno faticosa questo si.
Personalmente mi hai spiazzato e magari questo era il tuo scopo. La mia offerta per una revisione era un piccolo trucco per avere delle conferme, a parte il fatto che se avessi visto la foto del tuo profilo, tutto questo non sarebbe servito.
Come lettore la dirò come gli inglesi, mia seconda lingua, "like it or lump it".
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Ho letto il tuo racconto perchè nel suo è comunque breve e cattura l'attenzione ma, per dire, uno come Saramago (primo esempio che mi viene in mente) non riesco a seguirlo.
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Re: Commento
Grazie Temistocle e grazie agli altri commentatori, non mi ero resa conto di quanto fosse difficile leggere i miei scritti. Ne terrò conto. Il mio scrivere così fitto, mi deriva da due autori che amo Joyce ed Eco e anche per il fatto che la maggioranza degli scritti per i quotidiani e riviste on line richiedono, frasi brevi e paragrafi quasi inesistenti, nonché il grassetto per le parole chiave, perché il lettore, in particolare quello in Rete, è considerato pigro, disattento e con poca cultura… così ho acquistato quasi inconsapevolmente, per gli scritti "liberi", questi paragrafi lunghissimi, da diventare unici, come hai scritto giustamente, per ribellione al pregiudizio che Internet non possa essere cultura seria, ottima e col cuore… solo con voi Bravi Autori mi sono resa conto che esagero, davvero ho esagerato… grazie milleTemistocle ha scritto: ↑06/04/2022, 16:35 Il tema è importante (lo conosco bene anche io) e la narrazione lo asseconda, ma… un paragrafo unico è impossibile da leggere, almeno per me!
Ho letto il tuo racconto perchè nel suo è comunque breve e cattura l'attenzione ma, per dire, uno come Saramago (primo esempio che mi viene in mente) non riesco a seguirlo.
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Il tocco o la spinta, verso il vero abisso o verso la possibile risalita da esso, non può venire dagli altri, perché gli altri in certi momenti anche se ne siamo totalmente immersi, semplicemente non esistono. Il tocco iniziale o finale, di salvezza o di condanna quindi, per essere percepito reale, può venire in entrambi i casi solo da noi stessi (questo vale chiaramente e soprattutto anche nel e per chiedere aiuto). Hai detto bene è la paura di affrontare se stessi è quello che frega, il non volersi guardare nel profondo oggi, per non sentirsi male domani, aspettando quindi un oggi che diventerà sempre, per forza di cose, domani. Questo insieme all'egoismo di crederci sempre e solo noi in grado di dare o rendere conto a noi stessi, la paura di mostrare agli altri la fragilità stessa che ci divora dentro e accettare/mostrare così i nostri stessi limiti, questo è in termini pugilistici un uno due difficile da incassare e spesso se la guardia non è alta, non ci si rialza più purtroppo.
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Re: Commento
Ciao Gabriele, il racconto non è il mio vissuto. Ma la storia di una persona che ho conosciuto e che da insegnante è diventata una "gattara". Cambio i nomi, romanzo un poco e racconto il malessere di noi occidentali, tramite me stessa ( ho decine di racconti sulla mia depressione e anche romanzi) e le persone che incontro, che mi colpiscono per il loro dolore sordo. Tra l'altro volevo con questo racconto, evidenziare che per quanto gli animali ci diano molto non possono "guarirci" perché sono causa di ulteriore alienazione, almeno io la penso così. Per gran parte della mia vita sono vissuta in campagna e ho raccolto i cani e i gatti abbandonati, quando non andavano di moda, quindi amo gli animali, ma ora non ne ho neanche uno, perché soffro a vedere i cani vestiti, ingioiellati, a spasso in passeggino e i gatti al guinzaglio, li trovo come dire, alienati pure loro, e allo stesso tempo, in altre parti del mondo i bambini muoiono di fame. La mia depressione nasce da questo non senso che è diventata la vita, io non mi ci trovo, non riesco ad adattarmi, fingo di essere 'adeguata' e scrivo per non adeguarmi ad un mondo che rapisce i bambini poveri per portare via a loro gli organi…Gabriele Pecci ha scritto: ↑08/04/2022, 14:46 Ciao, Paola, inutile dire ottimo racconto, si percepisce a pelle che quello che hai scritto in parte è parte del tuo vissuto, come lo è del mio e di molti altri, ognuno secondo propria misura. Forse io non sono mai stato totalmente avvolto dalla o peggio nella depressione, forse nel mio caso era stato un lasciarsi andare consapevole di me stesso, un portarmi consapevolmente al limite. Ho passato più di un anno e mezzo (niente quindi al racconto da te scritto), seduto allo stesso pub, quasi ogni sera a bere e guardare passare me stesso e gli altri vicino. Ecco io non mi sono isolato, io ero solo in mezzo agli altri, parlavo, mi confrontavo, raccontavo e sentivo storie, conoscevo gente, ma in fondo niente mi toccava davvero, ero un muro. Ecco questo è il punto focale il tocco.
Il tocco o la spinta, verso il vero abisso o verso la possibile risalita da esso, non può venire dagli altri, perché gli altri in certi momenti anche se ne siamo totalmente immersi, semplicemente non esistono. Il tocco iniziale o finale, di salvezza o di condanna quindi, per essere percepito reale, può venire in entrambi i casi solo da noi stessi (questo vale chiaramente e soprattutto anche nel e per chiedere aiuto). Hai detto bene è la paura di affrontare se stessi è quello che frega, il non volersi guardare nel profondo oggi, per non sentirsi male domani, aspettando quindi un oggi che diventerà sempre, per forza di cose, domani. Questo insieme all'egoismo di crederci sempre e solo noi in grado di dare o rendere conto a noi stessi, la paura di mostrare agli altri la fragilità stessa che ci divora dentro e accettare/mostrare così i nostri stessi limiti, questo è in termini pugilistici un uno due difficile da incassare e spesso se la guardia non è alta, non ci si rialza più purtroppo.
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Re: La signorina
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Colpa mia. Sono stato coinvolto dalle teorie narrative della scrittura immersiva, trasparente; mi tormenta il Show Don't Tell e ogni mia lettura viene influenzata da questo.
Però non sono sicuro che questo sia l'unico modo di scrivere e l'autrice ha un suo legittimo stile che seguo perché proprio contrario al mio.
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Re: Commento
Grazie Piero, che dirti? Il Show Don't Tell, già non mi piace perché è in inglese, lo traduco con mostrare immagini. Sono sommersa da mail che mi inviano corsi creativi di scrittura, non li banno per cortesia, ma trovo ridicolo che si possa insegnare la creatività che già lo scriverlo è un ossimoro. Nello scrivere, a volte mostro, altre volte no, perché il tutto (almeno per me) deve essere finalizzato a ciò che ho nella testa, nell'idea, nel pensiero. Mi trovo invece molto bene qui, sono capitata per caso, ma ci sto bene. Gli autori leggono e commentano "davvero" e ho trovato scrittori non banali, non automatizzati, perché li sento sinceri nello scrivere. Ora vado a leggerti così comprendo meglio ciò che vuoi dire con… Show Don't TellMacrelli Piero ha scritto: ↑09/04/2022, 6:56 Testo formalmente corretto e la storia è ben raccontata in maniera (si può dire?) didascalica. Ma è tutta raccontata e non ci mostra nulla della signorina.
Colpa mia. Sono stato coinvolto dalle teorie narrative della scrittura immersiva, trasparente; mi tormenta il Show Don't Tell e ogni mia lettura viene influenzata da questo.
Però non sono sicuro che questo sia l'unico modo di scrivere e l'autrice ha un suo legittimo stile che seguo perché proprio contrario al mio.
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Inoltre, a me piacciono i gatti, i cani e i passeri, quindi simpatizzo per la protagonista.
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uff... un lungo, lento scivolamento verso la fine, quello che probabilmente accomuna le vite di tante persone (non necessariamente tutte donne) che siamo soliti chiamare "gattare".
Ci fai ripercorrere la loro vita in un mondo nel quale devi essere socialmente impeccabile e avere una rete di contatti sociali. Qui la protagonista diventa gattara, ma qualunque altro barbone con un cane, o anche senza, può ritrovarcisi: il giorno prima sei manager d'impresa, impiegato di concetto, ricercatore aerospaziale, e il giorno dopo non vali più niente ai tuoi stessi occhi in una società che ti considera per quanto produci. Con l'aggravante di aver eliminato qualunque altro valore (ricordo che il mio maestro elementare o il prof. d'inglese del liceo, severissimi, eravamo felici di andare a trovarli decenni dopo il loro pensionamento).
Mi è costato un po' leggerlo: graficamente hai condensato tutto in un'unico paragrafo senza soluzione di continuità, e anche se fosse stampato sarebbe difficile tenere il punto, figurati scrollando!
Al principio ripeti la spiegazione del fatto che si costringa a mettere la sveglia, così come più avanti ripeti della sua residenza in Romagna. L'impressione è che tu l'abbia buttato giù di getto senza neanche rileggerlo, ed è un peccato perché comunica emozioni molto forti.
Oso suggerire una pettinata.
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Re: Commento
Grazie Marino, sì ho esagerato col paragrafo unico, anzi "exagerato", ciò nasce dal fatto che ho scritto per dei quotidiani on line che mi richiedevano come paragrafi solo delle brevi frasi. Un tipo di facile scrittura che detesto. Un tipo di scrittura scolastico. Prendo atto della critica, tutti quanti i commentatori hanno ribadito la mia "prolissità ipotattica" e così ho pubblicato su Bravi Autori il mio romanzo d'esordio corretto col consiglio della vostra critica. Tuttavia ho letto in questi giorni il primo romanzo di Ken Follet e l'ho trovato giustamente idoneo a una facile lettura quasi paratattico nella brevitas, ma non mi è piaciuto mi è sembrato un romanzo Harmony, tanto carini ma si dimenticano in un attimo. Chissà forse Follet per poter editare il primo romanzo si è adeguato a ciò che gli ha consigliato l'editore.Marino Maiorino ha scritto: ↑18/04/2022, 7:51 Buon giorno Paola,
uff… un lungo, lento scivolamento verso la fine, quello che probabilmente accomuna le vite di tante persone (non necessariamente tutte donne) che siamo soliti chiamare "gattare".
Ci fai ripercorrere la loro vita in un mondo nel quale devi essere socialmente impeccabile e avere una rete di contatti sociali. Qui la protagonista diventa gattara, ma qualunque altro barbone con un cane, o anche senza, può ritrovarcisi: il giorno prima sei manager d'impresa, impiegato di concetto, ricercatore aerospaziale, e il giorno dopo non vali più niente ai tuoi stessi occhi in una società che ti considera per quanto produci. Con l'aggravante di aver eliminato qualunque altro valore (ricordo che il mio maestro elementare o il prof. d'inglese del liceo, severissimi, eravamo felici di andare a trovarli decenni dopo il loro pensionamento).
Mi è costato un po' leggerlo: graficamente hai condensato tutto in un'unico paragrafo senza soluzione di continuità, e anche se fosse stampato sarebbe difficile tenere il punto, figurati scrollando!
Al principio ripeti la spiegazione del fatto che si costringa a mettere la sveglia, così come più avanti ripeti della sua residenza in Romagna. L'impressione è che tu l'abbia buttato giù di getto senza neanche rileggerlo, ed è un peccato perché comunica emozioni molto forti.
Oso suggerire una pettinata.
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Re: La signorina
Ken Follett {o meglio, il suo editore) ha probabilmente ghostwriter che lavorano per lui.
Con questo voglio dire che non sappiamo le scelte editoriali (cosa ben diversa da quelle letterarie) che sono dietro a ciò che vediamo prodotto da certi nomi.
Ma noi siamo Braviautori!
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Commento a La signorina
L'argomento trattato - la depressione è una malattia - non merita un racconto così breve. Questo è solo il mio parere. Ho dato 3.
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Re: Commento a La signorina
Infatti io scrivo con coinvolgimento, mi immedesimo, purtroppo so scrivere solo così, grazie per avermi letto.Eleonora2 ha scritto: ↑30/04/2022, 16:48 Ho letto il testo parecchie volte e mi sono accorta cosa ha colpito la mia attenzione! Parlo sempre per me e in qualità di lettrice, hai parlato di questa donna e della sua condizione descrivendo - così mi è sembrato - le tue opinioni.Mi spiego meglio. L'impressione, mia, è stata di molto coinvolgimento, di troppo coinvolgimento.
L'argomento trattato - la depressione è una malattia - non merita un racconto così breve. Questo è solo il mio parere. Ho dato 3.
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Re: Commento
Perché scrivere su questo sito? Ma per trovare lettori come te, che comprendono ciò che voglio dire, non è una cosa scritta tanto per dire, sono nauseata dall'ambito ufficiale della letteratura e dell'arte visiva, dove tutto è a pagamento, non per editare ma per la pubblicità, autori che si mantengono con la pittura e la scrittura ma si prostituiscono continuamente per questo privilegio, in questo ambiente partecipo qualche volta, ma non è il mio fine, lo uso solo per avere il target ufficiale da artista, poi pubblico qua e là, dove trovo ospitalità, gratuitamente i miei lavori per trovare lettori a cui interessa il mio messaggio. Questo mi interessa promuovere il mio messaggio: di un nuovo ritorno all'ordine, alla moderazione, al mos maiorum, al credere che non siamo solo polvere, che Dio è risorto di nuovo… grazie scrittore della domenica, da una del lunedì…Scrittore della domenica ha scritto: ↑04/05/2022, 13:14 A me è piaciuto il tuo racconto. E mi sono piaciute anche le spiegazioni che hai dato, in particolare condivido l'osservazione sul fatto che sembra assurdo insegnare la creatività. Ma su questo forse qualcuno più esperto di me ha magari qualche osservazione che potrebbe illuminarmi.
Tornando al racconto, trovo molto ben descritto il passaggio in cui i gatti sembrano inizialmente la salvezza ma si rivelano poi la trappola che porta al precipizio. Non mi fermerei alla triste cronaca di una gattara, perchè può essere vista anche come una metafora ben più ampia.
Sono incerto se darti 4, che detto così suona male per una professoressa, o se premiare la genuinità con un 5. Direi che dello stile ne avete già ampiamente parlato e forse puoi decidere se rivedere qualcosa, ma il passaggio di cui ho detto, che trovo cruciale, è scritto molto bene secondo me. In realtà lo stile in questo particolare caso si adatta molto bene al personaggio raccontato. Per cui per me è 5 dai.
Una mia curiosità, perchè scrivere su questo sito attendendo commenti se si è convinti del proprio stile inusuale? È una domanda un po' provocatoria fatta perchè mi piacerebbe leggere la risposta.
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Un vantaggio della situazione odierna in UE è che presto due problemi di salute pubblica come obesità e depressione saranno brillantemente risolti: dai documentari dell'Italia durante la II guerra mondiale, tutti erano tutti molto magri e avevano altro a cui pensare che dar da mangiare ai gatti. Ad esempio, a come rimediare i pasti, dopo che i gatti erano finiti.
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Grazie, simpatico commento, sottilmente ironico-funereoAndr60 ha scritto: ↑06/05/2022, 14:21 Mi è piaciuto, una cronistoria di come si diventa gattare dopo una vita dedicata al lavoro ma senza coltivare interessi al di fuori di quell'ambiente. Se si vive isolati e si ha un carattere introverso, la depressione è un rischio da non sottovalutare per chi affronta un'altra fase della propria vita.
Un vantaggio della situazione odierna in UE è che presto due problemi di salute pubblica come obesità e depressione saranno brillantemente risolti: dai documentari dell'Italia durante la II guerra mondiale, tutti erano tutti molto magri e avevano altro a cui pensare che dar da mangiare ai gatti. Ad esempio, a come rimediare i pasti, dopo che i gatti erano finiti.
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Re: Commento
Grazie per il commento. Nonostante il mio amore per gli animali, ritengo che oggi, in certi casi si possa scivolare in "patologie", quando i nostri amici a quattro zampe diventano dei surrogati, qualcosa per riempire il vuoto dei valori esistenziali odierni. Poi vi sono psicanalisti che aborrono il termine "patologia" abolendo pure il termine di "paziente", usando la parola "cliente", ciò non toglie che tanti sono "patologicamente" inadatti a questa società di oggi, perché mascherata dal buonismo, e con quest'ultimo non ti puoi arrabbiare, soccombi, perché non sai, non puoi, difenderti da chi ti porge una faccia d'amico gentile, allora ci si rivolge agli animali, che danno tanto, tantissimo, ma non risolvono il problema di fondo, questo volevo dire col racconto.Bravoautore ha scritto: ↑09/05/2022, 5:14 I gatti possono dare a una persona piú di quanto gli esseri umani
riescano a fare, cosí i cavalli, i cani e la naturain generake.
Il racconto mostra senza accenti dramnatici o svenevolezze una solitudine che solo in parte puó essere definita " patologica".
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La storia riprende una sorta di cliché letterario con l'insegnante signorina, o zitella, che alla fine della sua vita lavorativa non riesce più a dar un senso alla propria esistenza. Beh, direi che è normale. Ne ho conosciute insegnanti signorine che si sono date ai viaggi o all'assitenza materiale dei numerosi e spesso farabutti/e nipoti, o a feste e attività con amiche di pari solitudine. E altre che sono diventate gattare. Le più sole e problematiche in apparenza, forse solo le più lucide. È una storia di solitudine la tua, della tua protagonista senza nome, che pare non debba nemmeno possederlo un nome, è una storia di una sconfitta personale vista con occhi comuni, ed è una storia di disagio, perché la solitudine innesca la depressione che spesso è il sintomo di qualche problema più profondo. Alla fine la protagonista muore senza lasciare traccia di sé se non nei suoi amati gatti.
Nel finale del racconto la voce narrante si perde un po' nelle considerazioni personali dell'autrice, la quale nel finale entra proprio a gamba tesa avvertendo il lettore che i mici stanno e bene e si trovano al gattile comunale in attesa di adozione. Mi fa piacere, ma nel racconto l'avrei evitato. Proverei dunque a rivedere l'intera parte finale, a renderla più impersonale.
Un buon lavoro, tenero e gradevole.
A rileggerti.
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Il tuo bel racconto mi ha subito trascinata e suscitato in me la curiosità di sapere come sarebbe andata a finire questa coinvolgente, anche se triste, storia.
Dal mio punto di vista, hai saputo descrivere con maestria il profilo caratteriale di questa signorina, l'evoluzione della sua storia di depressione con accurati dettagli nei quali, purtroppo, molte persone potrebbero ritrovarsi.
Il personaggio mi genera molta tenerezza.
Questo suo perfezionismo ed eccessiva inflessibilità con sè stessa dei tempi "attivi" mascherano tanta solitudine. Finito il lavoro, rimane purtroppo questo vuoto esistenziale, se non lo si è saputo riempire con hobby o passioni personali che sarebbero serviti da salvagente una volta in pensione.
Situazione che purtroppo si riscontra nella vita di tanti e che porta inevitabilmente a depressione o a malattie fisiche.
I gatti sembrano una prima ancora di salvezza, ma probabilmente nel suo Essere più profondo restano tormenti irrisolti.
Per quanto riguarda la forma, avrei anch'io aggiunto qualche paragrafo.
A un primo colpo d'occhio il testo appare ammassato e questo potrebbe scoraggiare qualcuno ad intraprenderne la lettura. E sarebbe un peccato, in quanto il tuo racconto è sicuramente meritevole di attenzione, come tutte le storie di vita.
Ancora brava. Ciao
La Gara 38 - Sorpresa!
A cura di Lodovico.
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La Gara 51 - 50 sfumature
A cura di ser Stefano.
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La Gara 9 - Un racconto per un cortometraggio
A cura di Alessandro Napolitano.
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Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
I sette vizi capitali
antologia AA.VV. di opere ispirate alle inclinazioni profonde, morali e comportamentali dell'anima umana
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Marco Bertoli, Federico Mauri, Emilia Pietropaolo, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Umberto Pasqui, Lidia Napoli, Alessandro Mazzi, Monica Galli, Andrea Teodorani, Laura Traverso, Nicolandrea Riccio, F. T. Leo, Francesco Pino, Franco Giori, Valentino Poppi, Stefania Paganelli, Selene Barblan, Caterina Petrini, Fausto Scatoli, Andr60, Eliana Farotto.
Vedi ANTEPRIMA (535,81 KB scaricato 120 volte).
Mai Più
Antologia di opere grafiche e letterarie aventi per tema il concetto del MAI PIÙ in memoria del centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, di AA.VV.
Nel 2018 cade il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, perciò abbiamo voluto celebrare quella follia del Genere umano con un'antologia di opere grafiche e letterarie di genere libero aventi per tema il concetto del "mai più".
Copertina di Pierluigi Sferrella.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Ida Dainese, Alessandro Carnier, Romano Lenzi, Francesca Paolucci, Pasquale Aversano, Luisa Catapano, Massimo Melis, Alessandro Zanacchi, Furio Bomben, Pierluigi Sferrella, Enrico Teodorani, Laura Traverso, F. T. Leo, Cristina Giuntini, Gabriele Laghi e Mara Bomben.