Marchesi e mezzadri
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Marchesi e mezzadri
Belotti, attese con le mani in mano una risposta mentre il marchese Francesco Giacomo Roy da Serravalle fissava il grano verde ondeggiare teneramente al vento. Dalla finestra del suo studio si potevano ammirare le colline più belle della zona, accoccolate come dei gatti che dormono. Quel grano era il vanto della sua provincia, riempiva gli occhi a tutti quelli che percorrevano le strade candide che si snodavano fra le colline, alzandosi e precipitando a perdita d’occhio verso la vallata dove alcune casupole, squallide e scalcinate, ricordavano più delle famiglie di funghi in un bosco che dei veri centri abitati. Laggiù, sotto quei tetti fatiscenti, tre generazioni di essere umani abitavano numerosi in poche stanze in una promiscuità squallida. Le donne più anziane si occupavano dei bambini che erano molti e gli uomini, per quanto vecchi fossero, lavoravano tutto il giorno nei campi per far sì che il grano del marchese fosse il più fitto del centro Italia. Le donne giovani aiutavano come potevano nei campi i loro padri, fratelli e mariti, distruggendosi schiena e mani.
- Belotti, vuoi siete uno svizzero in terra italica – dissi il marchese voltandosi - un tesoro prezioso per un modesto possidente come me.
Belotti chinò la testa con profonda modestia, senza però accogliere nel suo animo quelle parole.
- La chiamavo perché ho bisogno di consultarmi con voi, ci sono alcune questioni economiche che mi disturbano il sonno.
A quelle parole le mani di Belotti si fecero umide.
- Questioni economiche, signor marchese?
- Non si allarmi buon Belotti – disse il marchese sedendosi alla sua scrivania di ebano – non siamo ancora sul lastrico!
Belotti colse il tono ironico del marchese e sorrise benevolo stando attento a non sconfinare nella condiscendenza.
- Vede Belotti, i tempi cambiano, le persone cambiano e persino il denaro cambia, questo lei lo capisce vero?
Belotti annuì, ma nella sua testa si agitavano i pensieri più gravi, anche se il marchese sembrava tranquillo la sua posizione poteva essere a rischio. A lui era concesso di vivere nella cascina dei casieri, dove sua moglie e i suoi figli non avrebbero mai conosciuto il lavoro nei campi svolto dai poveri diavoli con metodi settecenteschi e paghe che prevedevano unicamente la sussistenza. La posizione di Belotti era arpionata da questo con tutte le sue forze, l’unico modo per concedere ai suoi due figli una vita umile e non misera.
- Come saprà, con i cambiamenti che ci sono stati, un paolo non vale più un paolo da quando c’è la lira.
- Signor marchese – incalzò con tono basso Belotti mentre guardava la scrivania scura – io posso giustificarmi.
Il marchese guardò la testa di Belotti, quasi ormai calva e sorrise aspettando le sue giustificazioni.
- Ho investito buona parte dei suoi titoli in obbligazioni britanniche, ho fatto cambi di valute in franchi svizzeri e ho commerciato in pietre preziose tutte le entrate non registrate, il suo patrimonio è intatto ve lo posso garantire.
La faccia di Belotti si alzò, era pallido e aveva gli occhi lucidi. I marchese gli sorrise con benevolenza, poi disse mentre la luce del giorno a le sue spalle lo illuminava:
- Belotti… ma che mi combina?
Questo non rispose, il marchese scosse la testa sorridendo e aggiunse:
- Io non sono qua per rimproverarla, io non dubito del suo lavoro che per me è preziosissimo. Io ho bisogno del suo aiuto.
Belotti sentì il sudore inzuppargli la schiena, la sua camicia fortunatamente era coperta da un pesante capotto scuro che portava anche in quei giorni di primavera.
- Sono al vostro servizio, marchese.- disse abbassando di nuovo la testa.
Il marchese si alzò e tornò a guardare fuori dall’enorme finestra che dava sulle sue proprietà. I suoi lineamenti erano distesi, ma i suoi occhi puntavano qualcosa che poteva scorgere appena dalla sua finestra.
- Come sono messe le mie polizze assicurative? chiese il marchese senza voltarsi.
- Perfettamente, signor marchese. Le ho revisionate tutte!
- Anche quelle dei campi?
- Soprattutto quelle dei campi, signor marchese!
- Anche quelle sulla mia tenuta?
- Certamente, signor marchese!
- Anche quelle della diga?
Quella domanda risultò strana a Belotti, si agitò, ma poi rispose:
- Certamente, signor marchese. Ma è mio dovere ricordarle che la polizza sulla diga non è tutta a carico vostro, ma anche a…
- A carico dello stato- disse voltandosi il marchese – giusto?
Belotti annuì nervosamente.
- Per fortuna ci capisco ancora qualcosa – aggiunse il marchese sorridendo – vero, Belotti?
Il tono gioviale lo mise in profondo imbarazzo, si limitò ad annuire di nuovo nella maniera più ossequiosa possibile. Il marchese si rimise alla sua scrivania scivolando come un felino.
- Vede Belotti, come saprà io viaggio molto.
Belotti annuì con il solito nervosismo.
- E viaggiare apre la mente, espande gli orizzonti.
- Si, signor marchese.
- Io appartengo ad un’antica famiglia, nemmeno io conosco alla perfezione il mio albero genealogico, forse nemmeno mio padre lo conosceva…se lo ricorda mio padre, Belotti?
- Io devo tutto a suo padre, signor marchese- disse Belotti scattando sull’attenti - io sono figlio di contadini, è stato lui a farmi studiare!
Per un attimo Belotti era uscito dal suo angusto confine, il ricordo del marchese Ferdinando Francesco Quarini da Serravalle lo aveva acceso, gli aveva reso la luce nello sguardo. Impiegò poco però a capire che il suo era stato uno sbaglio. Il marchese infatti lo fissava, il suo sorriso si era ritirato e il suo sguardo si era fatto inquisitorio.
- Le chiedo umilmente scusa, signor marchese, ho parlato con un trasporto che non si…
Una risata interruppe Belotti, il quale nel vedere ridere il marchese si mise a ridere anche lui, sudando e con il cuore che gli batteva forte.
- Scusarsi? Ma lei Belotti mi riempie di gioia!
Questo annuì come se fosse colpito da una scarica elettrica.
- Mio padre è nel cuore di tutti, e sarà sempre così!
Il marchese si alzò dalla sedia per sedersi sulla scrivania.
- È stato mio padre a voler far studiare i figli dei mezzadri e sempre lui a bonificare tutti i territori che vanno verso il mare, dove la povera gente moriva di malaria e di stenti.
La faccia di Belotti si fece scura.
- Non mi morirono anche i suoi genitori di malaria, Belotti?
Lui annuì deglutendo, senza nervosismi.
- Vede Belotti – disse il marchese alzando il ginocchio destro per poi afferrarlo con entrambe le mani – la generosità della mia famiglia ha reso grande questa terra una volta aspra. Ma i tempi stanno cambiando e anche noi dobbiamo cambiare con loro.
- Certamente, signor marchese.
- Nel mio ultimo viaggio al meridione ho notato che tutti i miei eguali hanno portato avanti un'unica strategia, cioè la tesaurizzazione.
Il marchese si alzò e iniziò a camminare per la stanza sgranchendosi le gambe.
- Alcuni mesi fa sono stato al nord, e lì invece quelli come me hanno sposato la causa dell’innovazione.
Belotti cercava di capire dove il marchese volesse arrivare, temendo il peggio.
- E mi sono domandato: “ma noi del centro, in che direzione dobbiamo andare?”
- Non lo so, signor marchese.
Il marchese sorrise e avvicinandosi a Belotti disse:
- La nostra strada è la speculazione.
Belotti rimase immobile come se una belva feroce lo stesse puntando.
- Nelle mie farneticazioni improduttive ho pensato: “quanto potrei riscuotere di premio assicurativo se la diga venisse giù e danneggiasse i miei possedimenti?”
- Seicentomila lire, signor marchese- rispose Belotti muovendo sole la bocca, come se il resto del suo corpo fosse murato.
- Bravo Belotti! – esclamò il marchese indicandolo con l’indice destro- e mi dica, quanto possono valere i miei possedimenti?
Belotti abbasso la faccia avvicinando il mento allo sterno, poi rispose:
- La sua magione e i campi possono valere centomila lire. Con le case dei mezzadri potremmo arrivare a perdere centocinquantamila lire.
- Belotti, voi siete troppo buono! Le case dei mezzadri valevano questa cifra quando mio padre faceva manutenzioni e interventi edili, ma ora non varranno più di trentamila lire.
Belotti si sentì morire, il marchese annusò la sua paura e ne trasse un godimento simile ad un orgasmo.
- Belotti lei come immagino si terrà aggiornato, immagino, sull’annosa questione meridionale?
Belotti annuì.
- Sa dirmi quanto vale un bracciante lucano?
- Intende quanto deve essere retribuito?
- Si, quanto vale, Belotti.
- Non saprei dire…
- Un bracciante lucano vale un terzo di quelli nostrani.
Belotti sentì il conato salirgli dallo stomaco.
- Vede, io nel mio fantasticare ho pensato ad una tragedia, d’altronde le tragedie succedono, vero Belotti?
Lui non rispose.
- Mettiamo che il fiume esondi a causa della diga che non regge la pressione dell’acqua, e che oltre che il grano spazzi via anche le povere case dei miei mezzadri. Io avrei il cuore distrutto da tanta sciagura, ma le mie tasche sarebbero decisamente più gonfie, molto di più che a raccogliere il grano che vede la fuori.
- Ma signor marchese…
- E poi, in fondo, non siamo tutti italiani? Non sarebbe bello rimpiazzare i nostri mezzadri, ormai stanchi e sfibrati, con dei mezzadri nuovi?
- Signor marchese, io…
- Già, veniamo a lei, Belotti!
La faccia del marchese si avvicinò a quella di Belotti come il muso di un aspide si avvicina al topo che sta per mangiare.
- Lei metterà in pratica le mie fantasticherie, e lo farà con la precisione e la serietà che la contraddistingue. Lei farà tutto questo per me e lo farà impegnandosi al massimo, ma soprattutto stando zitto con tutti, mezzadri in primis.
La faccia del marchese si allontanò da quella cadaverica di Belotti, poi riprese dicendo:
- Hanno dodici e dieci anni i suoi figli?
Belotti annuì cercando di domare il tremito.
- Ho già sottoscritto per loro le spese di trasferimento a Torino per le scuole superiori e se saranno bravi per gli studi universitari. Naturalmente avranno vitto e alloggio pagati e anche dei vestiti che si addicano alla città.
Il petto di Belotti accusò una fitta mentre il marchese fissava con malcelato sdegno il cappotto sdrucito di chi aveva di fronte sapendo benissimo che questo non ne possedeva altri.
- Se li immagina, Belotti…due dottori. - disse il marchese avvicinandosi alla finestra. - Un giorno titoli come marchese, conte o barone non varranno nulla, ma un dottore è per sempre.
La testa di Belotti girava al punto che rischiò di svenire.
- Voglio che entro novembre sia tutto fatto, quando le piogge gonfieranno il fiume. Pensi lei a tutto.
Belotti si inchinò capendo che doveva andare.
- Belotti…
Questo si bloccò come se gli avessero sparato
- Si, marchese? Domandò con un filo di voce
- Non si rammarichi per i mezzadri, fra cento anni saremo tutti morti, compresi noi due.
Belotti uscì sentendo lo stomaco bruciargli, il marchese lo vide marciare gobbo verso la tenuta dalla vetrata del suo studio sorridendo.
Mentre il marchese scriveva alla sua amante francese dandole appuntamento nella sua villa sul Tirreno per novembre, Belotti piangeva accarezzando il grano ancora tenero cercando di non pensare ai mezzadri e le loro famiglie.
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Re: Marchesi e mezzadri
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Re: Commento
Ciao Jacopo, grazie mille per il voto e il commento.Jacopo Serafinelli ha scritto: ↑02/01/2024, 19:00 Ben scritto, non c'è dubbio che si legge d'un fiato e crea irritazione. L'arma del ricatto, morale o materiale, è sempre stata ed è ancora usata dalla classe dirigente (salvo qualche rarissimo caso che conferma la infame regola).
Jacopo
A presto
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Re: Commento
Ciao, grazie per il voto e il commento.Andr60 ha scritto: ↑09/01/2024, 18:46 Il marchese è senz'altro un precursore dell'attuale classe dirigente (non solo italiana), visto che la produzione, sia agricola che industriale, nelle società cosiddette sviluppate ha lasciato il passo alla speculazione finanziaria. Il povero Belotti è una vittima, non la principale, però. Svolge il ruolo dei kapò, e in fondo ne è contento: di mezzadri è pieno il mondo, e lui tiene famiglia.
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commento Marchesi e mezzadri
…Belotti, attese con le mani in mano una risposta mentre il marchese…
-- Belotti attese con le mani in mano una risposta, mentre il marchese
…generazioni di essere umani abitavano…
- - generazioni di esseri umani
… si occupavano dei bambini che erano molti…
- - si occupavano dei molti bambini
… italica – dissi il marchese
- - italica – disse il marchese
… questo lei lo capisce vero?
- - questo lei lo capisce, vero?
… anche se il marchese sembrava tranquillo la sua posizione…
- - anche se il marchese sembrava tranquillo, la sua posizione
…campi svolto dai poveri diavoli con metodi…
-- campi svolto dai poveri diavoli, con metodi
…Belotti, quasi ormai calva e sorrise
--- Belotti, quasi calva, ormai, e sorrise
…lucidi. I marchese gli sorrise
-- lucidi. Il marchese gli sorrise
…Io appartengo ad un’antica famiglia
-- Io appartengo a un’antica famiglia
…scattando sull’attenti – io
---scattando sull’attenti, - io
…signor marchese- rispose Belotti
---signor marchese, - rispose Belotti
… con l’indice destro- e mi dica
--- con l’indice destro, - e mi dica
… simile ad un orgasmo
--- simile a un orgasmo
… pensato ad una tragedia,
--- pensato a una tragedia,
… e che oltre che il grano spazzi via
--- e oltre al grano spazzi via
… si bloccò come se gli avessero sparato
--- si bloccò come se gli avessero sparato.
…Si, marchese? Domandò con un filo di voce
-- Si, marchese? Domandò con un filo di voce.
Commento finale
All’inizio del colloquio si dice che il Belotti stava attento a non sconfinare nella condiscendenza.
-- E meno male. Accidenti!
Al suo posto gli avrei dato un bel pugno sul naso, e molto altro per la verità, ma in quegli anni presumo che le cose andassero diversamente. Non che adesso sia molto meglio, a onore del vero, con i quattro più ricchi del mondo in possesso di una montagna di miliardi e intere popolazioni alla fame.
Sono sicuro che quelli dell’Officina del Racconto, soprattutto Namio, ti tirerebbero le orecchie se rileggessero il testo che hai messo in gara. Per fortuna sono solo piccole imprecisioni, e non cambiano la bontà della storia.
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Re: commento Marchesi e mezzadri
ti ringrazio per il voto ma soprattutto per il commento e I suggerimenti più che graditi!
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Re: Marchesi e mezzadri
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Re: Commento
Ciao, non dispiacerti ci sta che un racconto non piaccia. Grazie per i consigli che mi hai dato, anche se non mi trovi d'accordo ci rifletterò e proverò a rivedere i personaggi e il ritmo.A. Giordano ha scritto: ↑21/02/2024, 13:44 I personaggi di Bellotti e del Marchese sono descritti in modo superficiale e privi di profondità psicologica: piatti e unidimensionali. Solo archetipi di un mondo che fu. La narrazione è teatrale e priva di colpi di scena, rendendo il racconto poco coinvolgente. A circa un terzo del racconto, si è già capito tutto ciò che c'è da sapere. L'autore cerca, senza riuscirci, di far passare Bellotti come vittima, ma in realtà è lui il vero colpevole della storia. Manca un adeguato sviluppo dei conflitti nella trama, che risultano solo accennati. Nel complesso, il tema predominante sembra essere quello dell'obbedienza e dell'ordine, senza ulteriori sfumature. Da apprezzare solo la buona scrittura, con dei refusi, che non salva il racconto. Ritmo, inoltre, lento.
Ciao, Giovanni, e a migliori letture…
Antonio
Voto 2 (mi spiace)
A presto.
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Ogni tanto ti scappa qualcosa: un accento, una virgola di troppo (proprio all'inizio, subito dopo "Belotti"), non voglio elencarli ma devo osservare che disturbano come un rumorino di fondo.
Il momento più strano (per me) è duplice:
"ricordavano più delle famiglie di funghi in un bosco che dei veri centri abitati. Laggiù, sotto quei tetti fatiscenti, tre generazioni di essere umani abitavano numerosi in poche stanze in una promiscuità squallida."
Per parlare di "dei veri centri abitati" immagino che le casupole siano riunite in un paesello, UNO, singolare, e quindi sarebbe "un vero centro abitato". Se sono case coloniche sparse sul territorio, parlare di CENTRI abitati è un'evidente esagerazione.
E io avrei usato "squallida promiscuità": l'aggettivo che precede il sostantivo al quale si riferisce, in italiano accentua il proprio valore. Non capisco cosa ci sia di squallido o di promiscuo, visto che i nostri nonni campavano così e non mi sono mai sembrati né squallidi, né promiscui. Posso capirlo con gli occhi di un cittadino di oggi, senza alcun riferimento culturale, e inoltre accentua molto bene la differenza tra il nobile e la vita che fa condurre alla sua plebe (e già, lui ha la maitresse franscese...). Insomma, forse avrei cercato un'altra espressione che, pur mantenendo l'abisso tra ricchi e poveri, non portasse con sé accezioni così negative per i poveracci.
Un'altra cosa che non ho capito:
"- Belotti, vuoi siete uno svizzero in terra italica" (lasciando da parte il "vUoi"), non si riferisce all'autentica origine del Belotti? Eppure in quel momento il dialogo sembra improntato a quel tipo di rapporto datore di lavoro/apprezzato impiegato di concetto. Però più sotto si chiarisce che il Belotti è nato sul posto. Magari ha solo studiato in Svizzera?
Per il resto... Ci vedo assai tristemente e precisamente ritratta tutta l'odierna banalità del male: chi può lo fa e chi non può ci muore. Volesse il cielo che i "cattivi" di oggi fossero più profondi, articolati nei loro complotti, nei loro raggiri. Al contrario, credo che le cose vadano proprio così come le hai dipinte tu.
A presto.
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Re: Commento
A. Giordano ha scritto: ↑22/02/2024, 17:10 Ciao! Ti ho dato un voto basso, perché ho notato che non sei molto attivo nella gara. Mi piacerebbe vedere un tuo maggiore coinvolgimento nelle discussioni, visto che gli altri non ti trattano male, anche con solo qualche breve commento in più: ne hai fatto solo 1. Giusto per dare un minimo soddisfazione agli altri autori: altrimenti partecipare a una gara come questa che senso ha? Forse non hai molta disponibilità di tempo, ma, ogni tanto, penso che li puoi trovare almeno 10 minuti per scrivere qualcosina, pure poche righe.
Da regolamento:
"Benché vi sia l'obbligo di commentare almeno un racconto, vi invitiamo comunque a esprimere qualche parola di valutazione a quanti più testi possibile, perché eventuali complimenti fanno sempre bene, e perché fanno ancora più bene le critiche costruttive." (MA DICE CHE NON È OBBLIGATORIO, PERO').
Lo so, forse ho esagerato, nel mio cercare di spronarti, scusa. Ma io sono di carattere un po' scorbutico/burlone/pazzo.
Te lo scriverò un commento vero al tuo racconto, sempre se trovo 10 minuti per farlo. PROMETTO!
Tante belle cose, Giovanni (e non pensare che io sia cattivo).
Antonio
GENT.MO MASSIMO BAGLIONE (O CHI IN TUA VECE) CHE LEGGI SEMPRE TUTTO. SICCOME NON RIESCO A INVIARTI MESSAGGI IN PRIVATO: MI ANNULLI, CORTESEMENTE, IL MIO VOTO E GIUDIZIO DATO A "MARCHESI E MEZZADRI" DI P GIOVANNI? GRAZIE!
Ciao
non capisco perché tu voglia far annullare il voto che fra l'altro io non ho contestato. Ho presente il regolamento, questa è la mia decima partecipazione, grazie per avermi rinfrescato la memoria.
Purtroppo ci sono periodi dove non si ha tempo per fare nulla se non dedicarsi al lavoro, questo è uno di quelli. Se guardi le vecchie edizioni vedrai che sono molto più attivo di solito, quando gli impegni lavorativi mi daranno tregua potrò concentrarmi su BA, cosa che ho sempre fatto più che volentieri.
Nel frattempo il bocca al lupo per questa edizione, se riuscirò leggerò, voterò e commenterò il tuo racconto.
A presto caro il mio burlone/scorbutico/pazzo.
- Massimo Baglione
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Re: Commento
Invece c'eri riuscito, e mi informavi dell'intenzione di scrivere quel tuo messaggio qui sopra a Giovanni (e ti esponevo il mio pensiero in merito, cosa che hai evidentemente preferito ignorare), perciò non capisco questo tuo URLARE la cosa adesso.GENT.MO MASSIMO BAGLIONE (O CHI IN TUA VECE) CHE LEGGI SEMPRE TUTTO. SICCOME NON RIESCO A INVIARTI MESSAGGI IN PRIVATO:...
Te l'ho spiegato in privato, ma lo riporto qui affinché lo sappiano tutti:MI ANNULLI, CORTESEMENTE, IL MIO VOTO E GIUDIZIO DATO A "MARCHESI E MEZZADRI" DI P GIOVANNI? GRAZIE!
> Caro, Baglione, mi puoi annullare, cortesemente, il voto e il commento che ho dato a P Giovanni: "Marchesi etc etc"?
Mi spiace, ma a quanto pare non c'è un modo amministrativo nel forum per annullare un voto.
Potrei intervenire "manu militari" nel database, ma preferisco di no, anche perché poi creerei un precedente che non vorrei proprio assecondare in futuro.
Magari intanto cerco qualche add-on, se esiste, che ci aiuti in questo.
- Fausto Scatoli
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però avrebbe potutto essere migliore, a mio parere, se l'avessi velocizzata.
il ritmo del racconto è molto lento, sembra di assistere a una scena in cui il padrone bastona e condanna il suo sottomesso, ma lo fa con una lentezza esasperante.
oltre a ciò ho notato svariati errori.
nulla di eclatante, perbacco, ma una rivisitatina al testo la darei
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Re: Marchesi e mezzadri
Il testo presenta dei refusi, che ti indico.
Un ottimo racconto, Giovanni.Giovanni p ha scritto: ↑02/01/2024, 12:07 - Marchese, mi ha fatto chiamare?
Belotti, (la virgola è un errore, perché divide soggetto e predicato) attese con le mani in mano una risposta mentre il marchese Francesco Giacomo Roy da Serravalle fissava il grano verde ondeggiare teneramente al vento. Dalla finestra del suo studio si potevano ammirare le colline più belle della zona, accoccolate come dei gatti che dormono. Quel grano era il vanto della sua (sua? lo toglierei) provincia, riempiva gli occhi a tutti quelli che percorrevano le strade candide che si snodavano fra le colline, alzandosi e precipitando a perdita d’occhio verso la vallata dove alcune casupole, squallide e scalcinate, ricordavano più delle famiglie di funghi in un bosco che dei veri centri abitati. Laggiù, sotto quei tetti fatiscenti, tre generazioni di essere (i) umani abitavano numerosi in poche stanze in una promiscuità squallida. Le donne più anziane si occupavano dei bambini (,) che erano molti (,) e gli uomini, per quanto vecchi fossero, lavoravano tutto il giorno nei campi per far sì che il grano del marchese fosse il più fitto del centro Italia. Le donne giovani aiutavano come potevano nei campi i loro padri, fratelli e mariti, distruggendosi schiena e mani.
- Belotti, vuoi siete uno svizzero in terra italica – dissi (e) il marchese voltandosi - un tesoro prezioso per un modesto possidente come me.
Belotti chinò la testa con profonda modestia, senza però accogliere nel suo animo quelle parole.
- La chiamavo perché ho bisogno di consultarmi con voi, ci sono alcune questioni economiche che mi disturbano il sonno.
A quelle parole le mani di Belotti si fecero umide.
- Questioni economiche, signor marchese?
- Non si allarmi buon Belotti – disse il marchese sedendosi alla sua scrivania di ebano – non siamo ancora sul lastrico!
Belotti colse il tono ironico del marchese e sorrise benevolo (spazio) stando attento a non sconfinare nella condiscendenza.
- Vede Belotti, i tempi cambiano, le persone cambiano e persino il denaro cambia, questo lei lo capisce vero?
Belotti annuì, ma nella sua testa si agitavano i pensieri più gravi, anche se il marchese sembrava tranquillo la sua posizione poteva essere a rischio. A lui era concesso di vivere nella cascina dei casieri, dove sua moglie e i suoi figli non avrebbero mai conosciuto il lavoro nei campi svolto dai poveri diavoli con metodi settecenteschi (non sarebbe meglio scrivere antiquati?) e paghe che prevedevano unicamente (non andavano oltre) la sussistenza. La posizione di Belotti era arpionata da questo con tutte le sue forze (io direi, condizionata da questa situazione), (e obbedire al marchese>) l’unico modo per concedere ai suoi due figli una vita umile e non misera.
- Come saprà, con i cambiamenti che ci sono stati, un paolo non vale più un paolo da quando c’è la lira.
- Signor marchese – incalzò con tono basso Belotti mentre guardava la scrivania scura – io posso giustificarmi.
Il marchese guardò la testa di Belotti, quasi ormai calva e sorrise aspettando le sue giustificazioni.
- Ho investito buona parte dei suoi titoli in obbligazioni britanniche, ho fatto cambi di valute in franchi svizzeri e ho commerciato in pietre preziose tutte le entrate non registrate, il suo patrimonio è intatto ve lo posso garantire.
La faccia di Belotti si alzò, era pallido e aveva gli occhi lucidi. I marchese gli sorrise con benevolenza, poi disse mentre la luce del giorno a le sue spalle lo illuminava:
- Belotti… ma che mi combina?
Questo non rispose, il marchese scosse la testa sorridendo e aggiunse:
- Io non sono qua per rimproverarla, io non dubito del suo lavoro che per me è preziosissimo. Io ho bisogno del suo aiuto.
Belotti sentì il sudore inzuppargli la schiena, la sua camicia fortunatamente era coperta da un pesante capotto scuro che portava anche in quei giorni di primavera.
- Sono al vostro servizio, marchese.- disse abbassando di nuovo la testa.
Il marchese si alzò e tornò a guardare fuori dall’enorme finestra che dava sulle sue proprietà. I suoi lineamenti erano distesi, ma i suoi occhi puntavano qualcosa che poteva scorgere appena dalla sua finestra.
- Come sono messe le mie polizze assicurative? (maiuscolo) chiese il marchese senza voltarsi.
- Perfettamente, signor marchese. Le ho revisionate tutte!
- Anche quelle dei campi?
- Soprattutto quelle dei campi, signor marchese!
- Anche quelle sulla mia tenuta?
- Certamente, signor marchese!
- Anche quelle della diga?
Quella domanda risultò strana a Belotti, si agitò, ma poi rispose:
- Certamente, signor marchese. Ma è mio dovere ricordarle che la polizza sulla diga non è tutta a carico vostro, ma anche a…
- A carico dello stato- disse voltandosi il marchese – giusto?
Belotti annuì nervosamente.
- Per fortuna ci capisco ancora qualcosa – aggiunse il marchese sorridendo – vero, Belotti?
Il tono gioviale lo mise in profondo imbarazzo, si limitò ad annuire di nuovo nella maniera più ossequiosa possibile. Il marchese si rimise alla sua scrivania scivolando come un felino.
- Vede Belotti, come saprà io viaggio molto.
Belotti annuì con il solito nervosismo.
- E viaggiare apre la mente, espande gli orizzonti.
- Si, signor marchese.
- Io appartengo ad un’antica famiglia, nemmeno io conosco alla perfezione il mio albero genealogico, forse nemmeno mio padre lo conosceva…se lo ricorda mio padre, Belotti?
- Io devo tutto a suo padre, signor marchese- disse Belotti scattando sull’attenti - io sono figlio di contadini, è stato lui a farmi studiare!
Per un attimo Belotti era uscito dal suo angusto confine, il ricordo del marchese Ferdinando Francesco Quarini da Serravalle lo aveva acceso, gli aveva reso la luce nello sguardo. Impiegò poco però a capire che il suo era stato uno sbaglio. Il marchese infatti lo fissava, il suo sorriso si era ritirato e il suo sguardo si era fatto inquisitorio.
- Le chiedo umilmente scusa, signor marchese, ho parlato con un trasporto che non si…
Una risata interruppe Belotti, il quale nel vedere ridere il marchese si mise a ridere anche lui, sudando e con il cuore che gli batteva forte.
- Scusarsi? Ma lei Belotti mi riempie di gioia!
Questo annuì come se fosse colpito da una scarica elettrica.
- Mio padre è nel cuore di tutti, e sarà sempre così!
Il marchese si alzò dalla sedia per sedersi sulla scrivania.
- È stato mio padre a voler far studiare i figli dei mezzadri e sempre lui a bonificare tutti i territori (terreni?) che vanno verso il mare, dove la povera gente moriva di malaria e di stenti.
La faccia di Belotti si fece scura.
- Non mi morirono anche i suoi genitori di malaria, Belotti?
Lui annuì deglutendo, senza nervosismi.
- Vede Belotti – disse il marchese alzando il ginocchio destro per poi afferrarlo con entrambe le mani – la generosità della mia famiglia ha reso grande questa terra una volta aspra. Ma i tempi stanno cambiando e anche noi dobbiamo cambiare con loro.
- Certamente, signor marchese.
- Nel mio ultimo viaggio al meridione ho notato che tutti i miei eguali hanno portato avanti un'unica strategia, cioè la tesaurizzazione.
Il marchese si alzò e iniziò a camminare per la stanza sgranchendosi le gambe.
- Alcuni mesi fa sono stato al nord, e lì invece quelli come me hanno sposato la causa dell’innovazione.
Belotti cercava di capire dove il marchese volesse arrivare, temendo il peggio.
- E mi sono domandato: “ma noi del centro, in che direzione dobbiamo andare?”
- Non lo so, signor marchese.
Il marchese sorrise e avvicinandosi a Belotti disse:
- La nostra strada è la speculazione.
Belotti rimase immobile come se una belva feroce lo stesse puntando.
- Nelle mie farneticazioni improduttive ho pensato: “quanto potrei riscuotere di premio assicurativo se la diga venisse giù e danneggiasse i miei possedimenti?”
- Seicentomila lire, signor marchese- rispose Belotti muovendo sole la bocca, come se il resto del suo corpo fosse murato.
- Bravo Belotti! – esclamò il marchese indicandolo con l’indice destro- e mi dica, quanto possono valere i miei possedimenti?
Belotti abbasso la faccia avvicinando il mento allo sterno, poi rispose:
- La sua magione e i campi possono valere centomila lire. Con le case dei mezzadri potremmo arrivare a perdere centocinquantamila lire.
- Belotti, voi siete troppo buono! Le case dei mezzadri valevano questa cifra quando mio padre faceva manutenzioni e interventi edili, ma ora non varranno più di trentamila lire.
Belotti si sentì morire, il marchese annusò la sua paura e ne trasse un godimento simile ad un orgasmo.
- Belotti lei come immagino (immagino lo ripeti) si terrà aggiornato, immagino, sull’annosa questione meridionale?
Belotti annuì.
- Sa dirmi quanto vale un bracciante lucano?
- Intende quanto deve essere retribuito?
- Si, quanto vale, Belotti.
- Non saprei dire…
- Un bracciante lucano vale un terzo di quelli nostrani.
Belotti sentì il conato salirgli dallo stomaco.
- Vede, io nel mio fantasticare ho pensato ad una tragedia, d’altronde le tragedie succedono, vero Belotti?
Lui non rispose.
- Mettiamo che il fiume esondi a causa della diga che non regge la pressione dell’acqua, e che oltre che il grano spazzi via anche le povere case dei miei mezzadri. Io avrei il cuore distrutto da tanta sciagura, ma le mie tasche sarebbero decisamente più gonfie, molto di più che a raccogliere il grano che vede la fuori.
- Ma signor marchese…
- E poi, in fondo, non siamo tutti italiani? Non sarebbe bello rimpiazzare i nostri mezzadri, ormai stanchi e sfibrati, con dei mezzadri nuovi?
- Signor marchese, io…
- Già, veniamo a lei, Belotti!
La faccia del marchese si avvicinò a quella di Belotti come il muso di un aspide si avvicina al topo che sta per mangiare.
- Lei metterà in pratica le mie fantasticherie, e lo farà con la precisione e la serietà che la contraddistingue. Lei farà tutto questo per me e lo farà impegnandosi al massimo, ma soprattutto stando zitto con tutti, mezzadri in primis.
La faccia del marchese si allontanò da quella cadaverica di Belotti, poi riprese dicendo:
- Hanno dodici e dieci anni i suoi figli?
Belotti annuì cercando di domare il tremito.
- Ho già sottoscritto per loro le spese di trasferimento a Torino per le scuole superiori e se saranno bravi per gli studi universitari. Naturalmente avranno vitto e alloggio pagati e anche dei vestiti che si addicano alla città.
Il petto di Belotti accusò una fitta mentre il marchese fissava con malcelato sdegno il cappotto sdrucito di chi aveva di fronte sapendo benissimo che questo non ne possedeva altri.
- Se li immagina, Belotti…due dottori. - disse il marchese avvicinandosi alla finestra. - Un giorno titoli come marchese, conte o barone non varranno nulla, ma un dottore è per sempre.
La testa di Belotti girava al punto che rischiò di svenire.
- Voglio che entro novembre sia tutto fatto, quando le piogge gonfieranno il fiume. Pensi lei a tutto.
Belotti si inchinò capendo che doveva andare.
- Belotti…
Questo si bloccò come se gli avessero sparato
- Si, marchese? Domandò con un filo di voce
- Non si rammarichi per i mezzadri, fra cento anni saremo tutti morti, compresi noi due.
Belotti uscì sentendo lo stomaco bruciargli, il marchese lo vide marciare gobbo verso la tenuta dalla vetrata del suo studio sorridendo.
Mentre il marchese scriveva alla sua amante francese dandole appuntamento nella sua villa sul Tirreno per novembre, Belotti piangeva accarezzando il grano ancora tenero cercando di non pensare ai mezzadri e (al)le loro famiglie.
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Re: Commento
Fausto Scatoli ha scritto: ↑25/02/2024, 11:37 anche questa storia è bella, niente da dire.
però avrebbe potutto essere migliore, a mio parere, se l'avessi velocizzata.
il ritmo del racconto è molto lento, sembra di assistere a una scena in cui il padrone bastona e condanna il suo sottomesso, ma lo fa con una lentezza esasperante.
oltre a ciò ho notato svariati errori.
nulla di eclatante, perbacco, ma una rivisitatina al testo la darei
Buonasera, Fausto
grazie mille per il commento e I suggerimenti. Il ritmo è volutamente lento, ho creato una storia dove il cattivo trionfa e ho voluto che fosse un trionfo sul povero Belotti che oltretutto sarà complice.
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Re: Marchesi e mezzadri
Buonasera, NamioNamio Intile ha scritto: ↑18/03/2024, 14:13 Ciao, Giovanni.
Il testo presenta dei refusi, che ti indico.
Un ottimo racconto, Giovanni.
grazie per i suggerimenti che valgono oro!
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Re: Commento
Buonasera, MarinoMarino Maiorino ha scritto: ↑22/02/2024, 12:42 Ho apprezzato il tuo ottimo racconto, e i refusi li lascio a più accorti lettori.
Ogni tanto ti scappa qualcosa: un accento, una virgola di troppo (proprio all'inizio, subito dopo "Belotti"), non voglio elencarli ma devo osservare che disturbano come un rumorino di fondo.
Il momento più strano (per me) è duplice:
"ricordavano più delle famiglie di funghi in un bosco che dei veri centri abitati. Laggiù, sotto quei tetti fatiscenti, tre generazioni di essere umani abitavano numerosi in poche stanze in una promiscuità squallida."
Per parlare di "dei veri centri abitati" immagino che le casupole siano riunite in un paesello, UNO, singolare, e quindi sarebbe "un vero centro abitato". Se sono case coloniche sparse sul territorio, parlare di CENTRI abitati è un'evidente esagerazione.
E io avrei usato "squallida promiscuità": l'aggettivo che precede il sostantivo al quale si riferisce, in italiano accentua il proprio valore. Non capisco cosa ci sia di squallido o di promiscuo, visto che i nostri nonni campavano così e non mi sono mai sembrati né squallidi, né promiscui. Posso capirlo con gli occhi di un cittadino di oggi, senza alcun riferimento culturale, e inoltre accentua molto bene la differenza tra il nobile e la vita che fa condurre alla sua plebe (e già, lui ha la maitresse franscese...). Insomma, forse avrei cercato un'altra espressione che, pur mantenendo l'abisso tra ricchi e poveri, non portasse con sé accezioni così negative per i poveracci.
Un'altra cosa che non ho capito:
"- Belotti, vuoi siete uno svizzero in terra italica" (lasciando da parte il "vUoi"), non si riferisce all'autentica origine del Belotti? Eppure in quel momento il dialogo sembra improntato a quel tipo di rapporto datore di lavoro/apprezzato impiegato di concetto. Però più sotto si chiarisce che il Belotti è nato sul posto. Magari ha solo studiato in Svizzera?
Per il resto... Ci vedo assai tristemente e precisamente ritratta tutta l'odierna banalità del male: chi può lo fa e chi non può ci muore. Volesse il cielo che i "cattivi" di oggi fossero più profondi, articolati nei loro complotti, nei loro raggiri. Al contrario, credo che le cose vadano proprio così come le hai dipinte tu.
A presto.
grazie per l'analisi e per i suggerimenti. Ti faccio un in bocca al lupo per la gara!
La Gara 38 - Sorpresa!
A cura di Lodovico.
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La Gara 51 - 50 sfumature
A cura di ser Stefano.
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La Gara 9 - Un racconto per un cortometraggio
A cura di Alessandro Napolitano.
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Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
I sette vizi capitali
antologia AA.VV. di opere ispirate alle inclinazioni profonde, morali e comportamentali dell'anima umana
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Marco Bertoli, Federico Mauri, Emilia Pietropaolo, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Umberto Pasqui, Lidia Napoli, Alessandro Mazzi, Monica Galli, Andrea Teodorani, Laura Traverso, Nicolandrea Riccio, F. T. Leo, Francesco Pino, Franco Giori, Valentino Poppi, Stefania Paganelli, Selene Barblan, Caterina Petrini, Fausto Scatoli, Andr60, Eliana Farotto.
Vedi ANTEPRIMA (535,81 KB scaricato 120 volte).
Mai Più
Antologia di opere grafiche e letterarie aventi per tema il concetto del MAI PIÙ in memoria del centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, di AA.VV.
Nel 2018 cade il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, perciò abbiamo voluto celebrare quella follia del Genere umano con un'antologia di opere grafiche e letterarie di genere libero aventi per tema il concetto del "mai più".
Copertina di Pierluigi Sferrella.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Ida Dainese, Alessandro Carnier, Romano Lenzi, Francesca Paolucci, Pasquale Aversano, Luisa Catapano, Massimo Melis, Alessandro Zanacchi, Furio Bomben, Pierluigi Sferrella, Enrico Teodorani, Laura Traverso, F. T. Leo, Cristina Giuntini, Gabriele Laghi e Mara Bomben.