Catene

Spazio dedicato al GrandPrix stagionale di primavera 2024.

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Nunzio Campanelli
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Catene

Messaggio da leggere da Nunzio Campanelli »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Vedendomi così m'opprimo
di più non scrivere come sapevo
la penna inerte e dura tra le dita
m'affanna e mi sconsola.
Il suo graffio, aspro e soave
un tempo inebriando m'angustiava
ora poche righe bastano
e penso allora.
Per le strade andavo, e non sapevo
del destino poi che t'aspetta
la vita che allora era mia
corta e solitaria appariva
al mondo non pensavo
scrivevo, e mi consumavo.
Io spero che tu non sappia
quanto di quello ancora è mio
il ricordo incalza
e s'oscura la mente.
Vivo una vita che non s'addice
a chi ligio appare e non comprende
che un uomo è altra cosa
in questa fogna quotidiana.
Spezzare le catene che ci inchiodano
lascia segni sulla carne
Ma occorre,
e fatto sia.
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Giuseppe Gianpaolo Casarini
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Messaggio da leggere da Giuseppe Gianpaolo Casarini »

Intensa e sofferta introspezione poetica e di grande spessore.
Degna di nota questa conclusione

"Vivo una vita che non s'addice
a chi ligio appare e non comprende
che un uomo è altra cosa
in questa fogna quotidiana.
Spezzare le catene che ci inchiodano
lascia segni sulla carne
Ma occorre,
e fatto sia."

Voto 5
Jacopo Serafinelli
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Messaggio da leggere da Jacopo Serafinelli »

@Nunzio Campanelli
La parte evidenziata da G.G. Casarini è, anche secondo me, il punto di forza di questa composizione.
Spezzare le catene, da troppi anni portate alle metaforiche caviglie e polsi, è cosa difficile… il tempo ce le ha quasi saldate addosso e… e beato chi ci riesce.
Lo scrivere, è vero, non sempre ci fluisce dal pensiero e dalle mani… sembra di essere bloccati e si sta male per non riuscire ad esprimere quello che ci preme dentro.
Jacopo
Menodizero
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Messaggio da leggere da Menodizero »

Ciao.
Mi sono molto piaciute alcune riflessioni molto personali e profonde, ad esempio:
- "... non sapevo del destino poi che t'aspetta /la vita che allora era mia/corta e solitaria appariva" (mi è piaciuto in particolare la vita che "allora era mia");
- "Vivo una vita che non s'addice/a chi ligio appare e non comprende/che un uomo è altra cosa/in questa fogna quotidiana" (già elogiato da altri);
- "Io spero che tu non sappia/quanto di quello ancora è mio".
Belle, complimenti.
Lo stile e il linguaggio di alcune parti sono un po' troppo "auliche" (non so come altro definirle e spero di rendere l'idea) e/o ricche di aggettivi per il mio (personale e soggettivo!) gusto (ad esempio, "la penna inerte e dura tra le dita m'affanna e mi sconsola" o "Il suo graffio, aspro e soave un tempo inebriando m'angustiava").
Il che, in ogni caso, non sottrae al testo la sua profondità.

Saluti.
Terradipoeti
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Messaggi: 74
Iscritto il: 12/01/2024, 9:53

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Messaggio da leggere da Terradipoeti »

Questa poesia esplora il tormento interiore di un poeta che si sente oppresso dall'incapacità di scrivere come un tempo. La penna, prima strumento di inebriante espressione, ora gli procura solo affanno e sconforto. La riflessione sul passato, sulle strade percorse ignaro del futuro, rivela una vita di solitudine e consumazione. Il poeta spera che il lettore non conosca il peso dei suoi ricordi, che oscurano la mente. La conclusione è un'amara consapevolezza della vita quotidiana, una "fogna" che non rispecchia la vera natura dell'uomo, e un desiderio di libertà dalle catene che lo inchiodano, anche se ciò comporta sofferenza.
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