Occhi verdi color della giada

l'ho trovato un po' caotico: scopriamo chi è l'uomo dagli occhi di giada quando scrivi le iridi verdi come foglie, ripetuto alla fine con l’aggiunta di bosco (resta da capire quale tipo di foglia, le tonalità sono tante), chi è, una specie di semidio che nasce e muore e così via?
Inoltre è verboso, alcune espressioni come “uccelli necrofagi” o “soffi di vento inciamparono senza cadere”, “il Niente assoluto sentì le sue parole”, da la sensazione di contare più sull’impatto retorico che non sulla storia. Anche la frase “il cinturone gli aveva accarezzando i fianchi e le cosce e si era posato con grazia nella polvere” è discutibile: un cinturone con le pistole è pesante, difficilmente cadendo accarezza e si posa con grazia. “sollevando uno sbuffo rossiccio divorato dal vento in pochi attimi”, se cade con tanta grazia è poco probabile che sollevi uno sbuffo. In contrapposizione mi ha fatto sorridere l’epiteto “Asino”, un pistolero e un assassino che si scambiano questo tipo di insulto non ce li vedo, così come il fatto che il pistolero sia tanto stupido da buttare via le pistole e poi dimenticarsene al momento buono tanto che “gli indici premettero il vuoto”, se così fosse sarebbe morto molto prima
Sono esempi di “poca credibilità”

Hai scelto l’incipit de “L’ultimo cavaliere” per il tuo racconto. Credo che ne sia uscito un testo enigmatico proprio come lo è quello di King. Il tuo protagonista combatte il suo uomo nero tra fatiche, sofferenze e flash back, solo che non è uno stregone fantasy ma un cancro reale. Vive più volte i suoi ricordi più dolci e quelli più dolorosi, invecchia di colpo e perde una vita che vivrà di nuovo. Gli occhi di giada sono l’indizio che dovrebbe guidare il lettore. Forse è una mia impressione ma ho visto più di un riferimento alle opere di King, un omaggio a questo autore che comunque non rende meno difficile il tuo racconto.