Le scarpe sono importanti
Le scarpe sono importanti
Piove.
Alle otto e trenta inizierà Juve Inter, una partita che non voglio perdere. Sono lontano da casa ma so già dove andrò a vederla.
Arrivo con un po’ d’anticipo nel bar di cinesi dietro l’angolo e ordino un caffè e un Fernet Branca con ghiaccio. Poi esco a fumare una sigaretta, rispettando religiosamente i tempi di preparazione alla partita. Al rientro mi appoggio su di una sedia mezza sghemba dove mi sembra di essere un pascià. Le squadre sono già in campo, uno ad uno i calciatori vengono inquadrati dalla telecamera. Prendono posizione sul rettangolo di gioco, si danno pacche di incoraggiamento, gli occhi febbrili prima della battaglia. Metto in bocca la caramella propiziatoria. Calcio d’inizio.
ZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZ
Che succede? Mi guardo intorno smarrito. Gli altri avventori cominciano a imprecare perché il segnale si è interrotto. Capita quasi sempre quando piove. Mi ribello all'idea che quattro gocce d’acqua possano provocare il blackout. E benedico il fatto che io di contratti con le pay tv non ne ho mai avuti. Mi costa di più, perché tra bevande e giocatine a qualche slot nell'intervallo, mi comprerei dieci abbonamenti. Però la partita preferisco vederla nei locali pubblici.
Attendo qualche minuto sperando che il collegamento si ripristini ma alla fine desisto.
Saluto la cinese che si prostra in mille scuse ed esco sul marciapiede. La pioggia è fitta e leggera, fortunatamente la temperatura è quasi gradevole. Supero la prima indecisione iniziale incamminandomi verso la piazza che si trova a pochi minuti. Vado oltre e proseguo per il grande vialone. Passo davanti a una birreria, attraverso i vetri bagnati vedo che trasmettono la partita ma qualcosa non mi convince. Continuo a camminare. Ogni tanto guardo sul cellulare il risultato. Reti inviolate. Ormai siamo al trentesimo e penso di fare le cose con calma. Devo trovare un approdo almeno per il secondo tempo.
Mi avvicino a un baretto e anche lì vedo lo schermo che riflette sulla via bagnata giocatori che rincorrono un pallone. Curioso con lo sguardo, è un altro locale di cinesi, dentro solo due avventori. Entro. Ordino un caffè, lo bevo e mi siedo. Mi ritrovo a fianco di un ragazzo di colore che distrattamente segue la partita. L’altro è un uomo di circa quarant'anni che commenta ogni singola azione. La seziona chirurgicamente e il suo narrare è spesso preciso, anche se a volte ho l’impressione che vediamo le cose in maniera diametralmente opposta. Ogni tanto si agita, Dio mio, non vorrei avere qualche discussione. Quest’epoca è proprio strana. Senza ideologie, senza appigli, lo sconosciuto di turno può farti paura. Mi chiedo se non sto diventando un piccolo borghese, neanche tanto eroe, che guarda solo dentro il suo recinto. Eppure sono le diversità che ci devono incuriosire e la mediazione è importante per confrontarsi con chiunque, senza offendere o litigare.
L’uomo è un poeta del calcio, stralunato e impulsivo. Anche a lui non interessa se un giocatore sbaglia un calcio di rigore, nella valutazione è un dato quasi insignificante. E’ la corsa, il senso della posizione, la generosità, l’impegno, l’intelligenza tattica che ti fanno preferire un calciatore. Ogni tanto lancia acuti sguardi di sfida, quasi allucinati. Mi riservo di dare un'opinione, dicendomi di aspettare qualche minuto.
Poi, improvvisamente, gli guardo le scarpe. Si differenziano in maniera netta e incredibile dal resto. Beige, snelle e lunghe al punto giusto, lucide, di quel modello con tanti bucherelli che sembra disegnino la M del McDonald.
Ora sono sicuro. Di un tipo così ci si può fidare, perché le scarpe sono importanti.
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è ben scritto e trasmette un messaggio tramite il detto e l’omesso. Lo trovo globalmente carino.
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Comunque niente male, mi ha ricordato, come atmosfera, certi racconti di Etgar Keret, abilissimo nel comporre immagini efficaci senza insistere troppo sui perché.
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A parte questo ho trovato il racconto ottimo, con un finale dotato di un magistrale anticlimax.
"Senza ideologie, senza appigli, lo sconosciuto di turno può farti paura." E allora sono le scarpe, un oggetto, un prodotto, a indicarti la via. Soprattutto perché ricordano la M di McDonald.
Finale perfetto e geniale.
La Gara 5 - A modo mio
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A cura di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.