Il viaggio

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'estate 2024.

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Mikasa tears
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Il viaggio

Messaggio da leggere da Mikasa tears »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Oggi sono uscito a fare una passeggiata.
C'erano il sole, le nuvole, la pioggia, la grandine, il vento.
Mi sono chiesto come fosse possibile un evento così innaturale. Camminavo e più mi inoltravo nel mondo, più si intensificavano gli eventi intorno a me. Decisi allora di tornare sui miei passi,verso il mio riparo, dicendomi che ci avrei poi riprovato il giorno dopo.

La mattina seguente, per attrezzarmi adeguatamente ad affrontare gli eventi che mi attendevano, mi misi gli occhiali da sole, il k-way e gli stivali di gomma, presi l'ombrello ed uscii di nuovo e, dopo qualche passo, come già era successo il giorno prima, iniziò ad alzarsi il vento, la pioggia insieme alla grandine iniziarono a scrosciare mentre il sole risplendeva alto nel cielo; nell'arco di pochi istanti l'ombrello si stracciò per il vento troppo forte e gli occhiali si riempiono di gocce di pioggia impedendomi di vedere chiaramente e sudato per il sole che continuava a battere e dolorante perché adesso la grandine mi stava cadendo sulla testa, decisi, esausto ma anche deluso, di tornare di nuovo indietro.

Arrivato al rifugio, sedendomi, notai un particolare alquanto strano: l'ombrello era lì, al suo posto nel portaombrelli. Allora incredulo mi misi a cercare ed anche il k-way, gli scarponi e gli occhiali erano al loro posto dove li avevo lasciati l'ultima volta.
Ero mai uscito dal rifugio ?
Ero sempre rimasto lì, seduto ?
Mi resi conto che era tanto tempo che ero fermo lì e che quel viaggio che credevo unico, lo ripetevo tutti i giorni ma in realtà, non mi ero mai mosso.

Pensavo di poter affrontare tutte le sfide che mi poneva la vita senza doverne subire le conseguenze, si era instaurata in me la convinzione di poter essere tutto quello che volevo, di poter percorrere tutte le strade che la vita ti indica. Ma la strada è solo una ed è quella che decidi di seguire, accettandone anche i possibili ostacoli.
Così, mi misi gli occhiali da sole, un cappello, uscii ed iniziai a camminare.
Jacopo Serafinelli
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Messaggio da leggere da Jacopo Serafinelli »

@Mikasa tears
Già… la strada è una sola se intendiamo quella che alla fine, volenti o nolenti, siamo costretti a seguire… a meno che non si nasca con una o più strade già spianate e magari senza "eventi atmosferici" contrastanti.
Il significato di queste poche righe merita di essere chiamato così… significato significante!
Jacopo
Mikasa tears
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Re: Il viaggio

Messaggio da leggere da Mikasa tears »

Grazie per il commento. Voleva proprio essere una storia su quello che può essere la vita di ognuno di noi. Lieto per l'apprezzamento.
Ombrone
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Messaggio da leggere da Ombrone »

MI ricorda tanto la mia esperienza di trekking in Irlanda.
Un momento pioveva, il secondo dopo il sole ti arrostiva e quello dopo dovevi tirar fuori sciarpa e maglione…
Grazioso e si lascia leggere, anche se il finale mi lascia un po' sospeso, Avrei provato a marcare di più
Roberto
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Marino Maiorino
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Il racconto in sé mi è piaciuto molto. È un racconto di maturazione, di riflessione interiore, nel quale l'autore trova in sé la risposta che cerca. Eccellente!
Accetta, Mikasa tears, che redarguisca col nodoso bastone della pedanteria grammaticale il tuo brano: costruisci male le frasi, e usi male la punteggiatura... Perché? Il bel materiale è tutto lì, nel tuo brano: chettecosta metterlo in bella forma?
L'esempio più lampante:
"nell'arco di pochi istanti l'ombrello si stracciò per il vento troppo forte e gli occhiali si riempiono di gocce di pioggia impedendomi di vedere chiaramente e sudato per il sole che continuava a battere e dolorante perché adesso la grandine mi stava cadendo sulla testa, decisi, esausto ma anche deluso, di tornare di nuovo indietro."
Il periodo è troppo denso nella sua seconda metà, e mancano pause. Provo a riscriverlo:
"nell'arco di pochi istanti l'ombrello si stracciò per il vento troppo forte e gli occhiali si riempiono di gocce di pioggia, impedendomi di vedere chiaramente. Sudato per il sole che continuava a battere, esausto ma anche deluso, e dolorante perché adesso la grandine mi stava cadendo sulla testa, decisi di tornare di nuovo indietro."
Differenze:
1) l'azione iniziale è più frenetica: tutto accade insieme, ma le cause (occhiali) e le conseguenze (impedendomi di vedere) sono separate;
2) La parte in cui il protagonista decide di tornare indietro è ancora successiva, e infatti è un altro periodo. Gli aggettivi che descrivono il suo stato, fisico e mentale, formano un unico quadretto da "povero cristo", al quale segue la sua più che motivata decisione di tornare indietro, senza separare il "decisi" dal "di tornare".
Piccole cose, ma che se sono numerose in un racconto corto come il tuo, fanno la differenza.
Sperando di rileggerti presto.
«Amare, sia per il corpo che per l'anima, significa creare nella bellezza» - Diotima

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Yakamoz
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Messaggio da leggere da Yakamoz »

Ciao Mikasa tears,

mi sembra che il tuo racconto, più parabola moderna che racconto, voglia dire questo: "In molti dicono: io farò questo e quest'altro! E diventerò questo/a e quest'altro/a… Ma parlare/sognare/immaginare è facile, perché poi esiste il mondo fuori che è difficile". Perché è sempre difficile conciliare le nostre aspettative, affettive, lavorative, e di tanto altro ancora, col mondo esterno: quasi estraneo. Che può essere ostile, nemico o disturbante, se non scoraggiante/demoralizzante. Rappresentato nel tuo racconto dalle avversità meteorologiche, in cui l'ombrello che ci ripara simboleggia la famiglia, ma anche legami, o valori o altre cose in cui crediamo e che ci possono essere di aiuto, supporto, protezione. Infatti, si dice "fare da ombrello", nel senso di proteggere. La casa, da cui parte, o immagina di partire, il tuo protagonista, è il nostro IO più prossimo e quindi siamo noi. Anche banalmente, gli individui vengono identificati (per semplicità) in quello che hanno (una casa, una bella auto, pure il cellulare va bene molte volte), in quello che fanno (lavoro, hobby e altro) e in quello che potrebbero fare (per loro e per noi); e mai per come sono realmente. La vita è apparire, non è essere (faccio un po' l'avvocato del diavolo, scusa), come spiega Andr60 (ti cito) attraverso il protagonista del suo racconto, che cerca di apparire e non di essere, e alla fine si ritrova come un "mezzo sbandato" a cercare di ritrovare se stesso nella sua prima auto posseduta (che per lui simboleggia la casa). Quindi, il tuo racconto/parabola è un invito a non scoraggiarsi troppo, a non fare troppe chiacchiere, a non sognare troppo a occhi aperti e a muoversi e impegnarsi seriamente per raggiungere, anche solo in parte e nonostante le avversità, quello che si vuole nella vita. Il testo è scritto più o meno "bene" (ma poteva essere migliore, segui i consigli di Marino nel commento di sopra che non sbaglia); io eviterei di mettere troppe d eufoniche (altrimenti sembra un testo scritto all'inizio del secolo scorso), ed eviterei pure periodi troppo lunghi (impicciano la lettura e rendono poco scorrevole la prosa; spezzali quando sono lunghi i periodi). A dire il vero, ti vedo più poeta che scrittore di prosa; però questa è soltanto una mia impressione e prendila per quello che vale.

A rileggerci e tante belle cose,

Antonio

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Anonimania 2022 (settembre) - Prima edizione

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A cura di Il Guru e BraviAutori.it.
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