Il cimitero delle vongole
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Re: Il cimitero delle vongole
Il testo "Il cimitero delle vongole", in origine era scritto in napoletano/salernitano molto stretto, da sembrare quasi turco: si tratta quindi di una riscrittura per renderlo comprensibile a chi non parla il mio dialetto, ma che conserva un certo "intercalare" e costruzione tipica (idiomatica) della mia lingua "Madre". Non di prosa sublime ma schietta e verace!
"Ultima modifica di Yakamoz il 23/09/2024, 18:24; modificato 10 volte in totale. Perché le elisioni me li riporta poi come accenti, ma anche perché scrivere, come nell’ultima parte in napoletano, è difficile, non essendoci un modo “standard” per poterlo fare."
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Jo te posso capi' e me fa pure ridere, pero'... 'na cosa è assì rido jo, ca saccio 'e che vva 'o fatto, e 'n ata cosa è assì ride chi 'o fatto nunn'o sape, perché chillo nun ride 'e chello ca nce fa ridere a nnuje!
'A mano s'è truvata a cade' e nun saje comme... Vabbuo', Raffy t'ha chiarito ('azz, e si te ll'ha chiarito: te ll'ha chianetto! )
Tutt'o blocco: tiene arraggione, ma 'e tiempe nuostre so' cchiste e, a ddicere 'a verità, so ssempre state chiste. Ogge se credono tutte "influenzer", ca ce vulesse 'nu vaccino: va... ccino, va(ta)ccino... ca se putesseno accidere tutte quante, ca nun servono!
Una nota su "tommolo": La parola che conoscevo io come unità di misura agraria, in quel di Acerra ('o paese 'e Pullecenella Cetruilo), era "muojo" (moggio). Da altri usi conoscevo il "tombolo", ma lo conoscevo come sinonimo di "uncinetto", sebbene c'è un parallelo OVVIAMENTE preso MOOOLTO per i capelli: mi pare di ricordare che un'ipotesi sui disegni della piana di Nazca (quindi una vastissima estensione di terra in Sudamerica) è che siano serviti come telaio. Per filare cosa, non riesco a immaginarlo.
A presto!
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Re: Commento
È "tomolo" e non "tommolo" la scrittura corretta. Ho sbagliato io a scrivere. Mea culpa! D'altronde è fatto tutto a mano, come i centrini, il racconto, e può capitare di sbagliare. Su Wiki riporta questo:Marino Maiorino ha scritto: ↑23/09/2024, 23:09 Anto', e nun fa' accussi'!
Jo te posso capi' e me fa pure ridere, pero'… 'na cosa è assì rido jo, ca saccio 'e che vva 'o fatto, e 'n ata cosa è assì ride chi 'o fatto nunn'o sape, perché chillo nun ride 'e chello ca nce fa ridere a nnuje!
'A mano s'è truvata a cadè e nun saje comme… Vabbuo', Raffy t'ha chiarito ('azz, e si te ll'ha chiarito: te ll'ha chianetto! )
Tutt'o blocco: tiene arraggione, ma 'e tiempe nuostre so' cchiste e, a ddicere 'a verità, so ssempre state chiste. Ogge se credono tutte "influenzer", ca ce vulesse 'nu vaccino: va… ccino, va(ta)ccino… ca se putesseno accidere tutte quante, ca nun servono!
Una nota su "tommolo": La parola che conoscevo io come unità di misura agraria, in quel di Acerra ('o paese 'e Pullecenella Cetruilo), era "muojo" (moggio). Da altri usi conoscevo il "tombolo", ma lo conoscevo come sinonimo di "uncinetto", sebbene c'è un parallelo OVVIAMENTE preso MOOOLTO per i capelli: mi pare di ricordare che un'ipotesi sui disegni della piana di Nazca (quindi una vastissima estensione di terra in Sudamerica) è che siano serviti come telaio. Per filare cosa, non riesco a immaginarlo.
A presto!
"Il tòmolo (anche tùmmulo, tùmminu o tomolata) è un'antica unità di misura della superficie agraria, utilizzata in alcune province italiane. Dove viene chiamato tomolata, il termine tomolo indica allora una misura di capacità, pari a 50, 5 litri, ossia il volume del grano necessario per seminare una tomolata di terra[1]."
Riporta pure questo:
"Nella provincia di Caserta, l'unità locale di misura della superficie usata in agraria è il moggio, che è utilizzato come sinonimo di tomolo."
In tomolo, l'accento cade sulla prima "o"; la seconda "o" ha un suono velare (muto o quasi muto) e quindi, a orecchio, sembra che ci siano 2 "m": e in effetti, nella pronuncia, ci sono le 2 "m".
Sulla Tregatti, invece, riporta questo:
"tómolo s. m. [dall'arabo thumn, propr. «un ottavo»]. – 1. Antica unità di misura di capacità per aridi in uso nell'Italia meridionale prima dell'adozione del sistema metrico decimale. Valeva a Napoli 55, 54 l e in Sicilia 27, 5 l circa. 2. Unità di misura della superficie agraria in uso, con valore vario, in molti luoghi dell'Italia centro-meridionale. V. anche tumolo2."
Arabo "thumn" 1/8 (di cosa? Non lo dice) e quindi i disegni della piana di Nazca non dovrebbero c'entrare molto. Poi la civiltà araba, come inizio di fusione di popoli semitici, inizia dal VII d.C. e i graffiti sono antecedenti. Arabi/peruviani? Assai improbabile! Dunque, solo coincidenze, perché la parola ci rassomiglia, con il "tombolo", che è una tecnica di ricamo che nasce nel centro/sud Italia per fare frange, centrini e altro. In Campania, ad Amalfi, da monache Benedettine che stavano sempre chiuse, essendo di Clausura, e passavano il tempo con le loro manine sante a fare questi lavoretti manuali. Ma, giocando con la fantasia, si potrebbe pure pensare e credere che gli arabi, stufi del caldo che fa nella loro penisola a scarpone, siano andati in Perù, sulle Ande, a prendere un po' di fresco e a fare disegnini chilometrici sulla superficie terrestre e poi, al ritorno, magari passando per Gibilterra, si siano fermati in qualche convento della costiera amalfitana per ristorarsi e abbiano insegnato alle monache a fare disegni più piccolini coi centrini. Anche se gli arabi e i loro "amati" (insomma!) cugini ebrei sono "Aniconisti", non usano immagini per decorare: ma immagini molto stilizzate di figure umane e animali, nell'arte e nella religione, mi sembra che da qualche parte li ho visti. Di solito sotto forma di scrittura, per quanto riguarda gli arabi. Poi il sistema di scrittura dell'arabo è il più bello che esista in assoluto al mondo: non scrivono, ricamano. I loro cugini, invece, sono attualmente molto bravi a "tirare su macerie". Tipo arte morta coi morti veri dentro, giusto per essere coerenti. Se è arte morta, il morto deve essere vero: altrimenti che arte morta è? Ma tutte le guerre sono così. Basta guardare le foto di Berlino a fine II Guerra Mondiale: rasa al suolo. Divago, su cose molto tristi, scusa.
"Il cimitero delle vongole" è un raccontino leggero, umoristico, di fatti veri, che ha la pretesa di fondere 2 lingue: italiano e napoletano. Perché c'è una regola non scritta che dice: quando sei poco ispirato, prendi un fatto tuo, di vita reale, e trasformalo in qualcosa di scritto, e ne uscirà fuori qualcosa. Mi ha stupito il 5 (vale meno). Però il napoletano è una lingua vera e, se uno riesce, pure in un racconto fessacchiotto, a tracciarla per far vedere che "c'è", che "esiste", alla fine pure ha fatto una cosa, nel suo piccolo, buona/importante.
Ho letto pure il tuo "La simulazione" e quello di Athosg, "La Madonnina verde": diversi ma entrambi belli. Ma voglio aspettare un po' prima di commentarli.
Tante belle cose e un caro saluto, Marino
Antonio
P.S. Ma la mano mia, anche se abbassata, era ferma. È stata lei che si è buttata verso la mano. Trattasi perciò di mano morta passiva e non attiva. Non potevo prevedere che lei in quel momento si sarebbe spostata col posteriori proprio verso la mano. (Ehe!)
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Re: Il cimitero delle vongole
As esempio, il detto "tene 'a povere 'ncoppa 'e rrecchie" discende dall'osservazione che gli alti dignitari Inca, come tradizione, per essere distinti dal loro popolo, portavano polvere d'oro sui lobi delle orecchie. Ma siccome da un alto dignitario ci si aspettava che servisse lo Stato senza "distrazioni" o interessi personali di sorta, ivi inclusi quelli carnali (vedi le nostre cronache recenti...), quella degli Inca era una corte di eunuchi.
Da lì (pare) discenderebbe il modo di dire.
Il problema col napoletano è il problema dell'italiano e della sua costruzione in gran parte a tavolino come strumento propagandistico nazionalista: il napoletano (come tutte le lingue in Italia) ha vita e vitalità; l'italiano è spesso una grammatica slegata dalla realtà. Basti pensare a quale lingua viene usata pe bestemmiare: a ciascuno la sua! Perché la lingua è prima di tutto uno strumento di comunicazione tra anime, e poi tra menti.
D'altronde, la prima edizione dei promessi sposi era in Lumbard, e ci volle il bello e il buono per convincere Manzoni a tradurlo...
Sul tomolo, sono contento che tu abbia trovato il nome corretto, perché ho così potuto approfondire anch'io, e ho trovato... CAVOLO! È antichissimo e diffusissimo! (https://en.wiktionary.org/wiki/%D8%AB%D ... %86#Arabic): greco, aramaico, swahili...
Non ce ne liberiamo: gira e rigira siamo sempre gli stessi da che mondo è mondo (e infatti continuiamo ad azzuffarci in modi primitivi).
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Re: Il cimitero delle vongole
Scusa sai, non per polemizzare, ma se volevi essere chiamato col tuo vero nome, potevi anche iscriverti con quello.
Se vuoi te lo cambio amministrativamente, ma non chiedere a tutti noi di ricordarcelo.
Re: Il cimitero delle vongole
Ciao Max,Massimo Baglione ha scritto: ↑25/09/2024, 9:57 Scusa sai, non per polemizzare, ma se volevi essere chiamato col tuo vero nome, potevi anche iscriverti con quello.
Se vuoi te lo cambio amministrativamente, ma non chiedere a tutti noi di ricordarcelo.
ho l'abitudine, quando necessario, di fare il primo commento al mio racconto. E avendo prima un altro nick, A. Giordano, temevo di non essere riconosciuto. Questo in principio era il motivo: un po' come Jekyll e mister Hipe (Jekyll e Mr. Hyde) nel racconto di Andr60. Ma, in effetti, hai ragione. Perché è un po' illogico continuare a presentarsi con un "nome" e poi dire che si è "altro". Yakamoz significa "il riflesso della luna sull'acqua" e come nome potrebbe sembrare più adatto a un nativo americano, nonostante la sua origine turca. Ora, cambiare di nuovo e ritornare a "Antonio Giordano" sarebbe come un tradimento, un andare contro il "destino". Poi mi sono affezionato a Yakamoz, tanto che a volte dico tra me: "Yakamoz, jamm a' scrive!" E non esserlo più mi dispiacerebbe.
Esiste poi una curiosa coincidenza, non voluta/cercata, con il mio cognome: Giordano, che deriva dall'ebraico Yaraden, in aramaico Yurdenah, e significa "due correnti/rami d'acqua che scorrono", ed evoca anch'esso un movimento, un flusso continuo. L'analogia evidente è che entrambi i nomi evocano l'acqua: in uno scorre, nell'altro è toccata da un riflesso.
Prometto che da ora in avanti eviterò di precisare come mi chiamo, perché se il destino, il caso o la sorte hanno deciso per Yakamoz, lasciamo che sia così.
Tante belle cose, Max
Antonio
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Re: Il cimitero delle vongole
A dire il vero, è cambiando nome che sei andato contro il tuo originario destino
(Ammesso che si possa/voglia davvero credere, a un destino preconfigurato...)
Re: Il cimitero delle vongole
Posso permettermi un po' di ironia? Un nickname che mi si addice perfettamente sarebbe "Grande capo Palla pesante". Questo perché quando scrivo, anche nei commenti, tendo a divagare. Non lo faccio di proposito, ma solo perché mi piace spiegare le cose, persino su argomenti che non conosco a fondo. Perché credo che con un po' di "intelligenza" (ma non basta solo quella) si possano colmare e compensare, pure apprendendo, molte lacune, e poi voglio sempre cercare di farmi comprendere al meglio. Si usa il termine "logorroico" per chi parla troppo, ma "chiacchierone" suona decisamente meglio. Mi sento un po' come quei piccoli pappagalli australiani che quando sono soli sembrano timidi e non proferiscono neppure un suono, nemmeno se li fai mettere sotto il torchio del Maresciallo dei Carabinieri in persona. Quasi come se temessero di finire rosolati in padella: 4 salti in padella con un filo di olio extravergine, rosmarino, pepe verde, paprika dolce o piccante e un cucchiaio di aceto o vino bianco, giusto per smorzare il sapore selvatico, e sale quanto basta. Tranquillo! Non mangio pappagallini. Non sono ancora al livello del gatto Silvestro. "I thought I saw a little parrot!" Tuttavia, se li metti insieme a coppie, cominciano a fischiare e trillare e schiamazzare con una vivacità che ricorda la Sinfonia n. 4 di Beethoven o La cavalcata delle Valchirie di Wagner. E arrivi al punto di sentirti quasi obbligato: a) lanciare la gabbia con tutti i pappagalletti dentro fuori dalla finestra, b) strozzarli, sempre che loro non ti trancino col loro becco prima un dito, oppure c) optare per la soluzione più umana: regalarli a qualche bambino con la pazienza di sopportarli, a patto che i genitori siano d'accordo, o magari siano un po' sordi. Ho perso il filo del mio discorso. Ma prima di svanire completamente, voglio dirti ciò che penso sulla domanda che mi hai posto: il concetto di "Nomen omen" è affascinante ed è qualcosa che a volte mi piace credere, ma al contempo è anche preoccupante, pretestuoso, classista e pieno di pregiudizi. È come affermare, in un'accezione molto più ampia di cosa è un nome, che tutti i napoletani, solo perché si chiamano napoletani, siano imbroglioni e scansafatiche; che i siciliani siano tutti mafiosi, i genovesi tirchi, gli immigrati delinquenti, i musulmani fanatici, i russi cattivi e gli ucraini buoni; che gli angloamericani siano tutti belli, ricchi, perfetti e democratici, e gli svizzeri precisi, solo perché si definiscono svizzeri… (ho fatto esempi un po' forzati giusto per far capire il concetto, potrei benissimo fornire esempi sicuramente più controversi). Tutto in virtù del fatto che ogni persona va valutata per il suo reale valore e le proprie qualità e azioni, piuttosto che essere etichettata (in positivo o in negativo) a priori in attribuzioni che spesso non riflettono la sua vera essenza – cioè chi è realmente. Non credo quindi che i nomi definiscano il destino. Il destino siamo noi stessi, anche senza un nome, una patria o una lingua, e tutto ciò che crea un senso di appartenenza o identità: queste cose esistono comunque, indipendentemente da noi, e le "possediamo per caso" solo perché sono esistite prima di noi e ci vengono consegnate dalla storia. Esiste, appunto, forse la "casualità" più banale; nascere "per caso" in un contesto socio-economico e culturale favorevole è sicuramente un vantaggio, e vale naturalmente anche il contrario. Ma il destino "nobile", di certo, non esiste! Nulla è predeterminato! Siamo noi che giorno dopo giorno scriviamo la nostra storia sui fogli della vita; ed è per questo che il vero nome di una persona, per dire chi realmente è stato, dovrebbe essere dato solo dopo che ha vissuto, non prima.Massimo Baglione ha scritto: ↑25/09/2024, 15:19 A dire il vero, è cambiando nome che sei andato contro il tuo originario destino
(Ammesso che si possa/voglia davvero credere, a un destino preconfigurato… )
Un caro saluto, Max
Antonio
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Invece il termine mao mao mi ha ricordato mio padre che chiamava mau mau gli emigranti dal sud. Niente di offensivo tant'è che io ho trascorso i miei primi sette anni al sud per il lavoro di mio padre e i suoi ricordi erano bellissimi.
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Re: Il cimitero delle vongole
Forse, ma non ne sono tanto certo.
Credo che il tuo ragionamento mi piaccia di più per un eventuale soprannome, che dopo la dipartita ci ricordi chi è stato Pinco Pallino. Un soprannome da scolpire su una lapide, incidere sulla piastrina di una collana o tattuare sul braccio:
Pinco "er muratore cor baffo" Pallino.
Re: Il cimitero delle vongole
Massimo Baglione ha scritto: ↑26/09/2024, 18:56 Forse, ma non ne sono tanto certo.
Credo che il tuo ragionamento mi piaccia di più per un eventuale soprannome, che dopo la dipartita ci ricordi chi è stato Pinco Pallino. Un soprannome da scolpire su una lapide, incidere sulla piastrina di una collana o tattuare sul braccio:
Pinco "er muratore cor baffo" Pallino.
Anche...
Il messaggio contiene troppe emoticon. Il limite massimo è 5.
Re: Commento
Grazie del tuo commento, AthosgAthosg ha scritto: ↑26/09/2024, 15:39 Complimenti, su un piatto di vongole vuote ci hai costruito una storia filosofica! Al fondo credo che era proprio un cimitero di vongole quel ristorante ma il proprietario, una volta che gliel'hai fatto notare, lo ha stornato dal conto. In Lombardia diciamo: sa la và la g'ha i gamp (se va ha le gambe, se il cliente non dice nulla passa tutto).
Invece il termine mao mao mi ha ricordato mio padre che chiamava mau mau gli emigranti dal sud. Niente di offensivo tant'è che io ho trascorso i miei primi sette anni al sud per il lavoro di mio padre e i suoi ricordi erano bellissimi.
"Mao mao o mau mau", ma anche scritto in altro modo "tipotuttoattaccato" sono equivalenti come termini. Mi sembra che in origine, ma non ne sono sicuro, fosse attribuito, anche come nome proprio, a qualche tribù africana.
A rileggerci…
Antonio
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Re: Il cimitero delle vongole
Bene, vuol dire che funziona ahahah
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Mi è piaciuto, voto 4.
Saluti
Vittorio
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Le Gare letterarie stagionali sono concorsi a partecipazione libera, gratuiti, dove chiunque può mettersi alla prova nel forum di BraviAutori.it, divertirsi, conoscersi e, perché no, anche imparare qualcosa. I migliori testi delle Gare vengono pubblicati nei rispettivi ebook gratuiti i quali, a ogni ciclo di stagioni, diventano un'antologia annuale come questa che state per leggere.
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L'Animo spaziale
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L'Animo Spaziale è un tributo alla space opera. Contiene una raccolta di racconti dell'autore Massimo Baglione, ambientati nella fantascienza spaziale. Un libro dove il concetto di fantascienza è quello classico, ispirato al Maestro Isaac Asimov. La trilogia de "L'Animo Spaziale" (Intrepida, Indomita e Impavida) è una storia ben raccontata con i giusti colpi di scena. Notevole la parentesi psicologica, in Indomita, che svela la complessa natura di Susan, elemento chiave dell'intera vicenda. "Intrepida", inoltre, ha vinto il primo premio nel concorso di letteratura fantascientifica "ApuliaCon 2006" (oggi "Giulio Verne"). I racconti brevi "Mr. Sgrultz", "La bottiglia di Sua Maestà" e "Noi, sorelle!" sono stati definiti dalla critica "piccoli capolavori di fantascienza da annoverare negli annali.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
IperStore - il lato oscuro dello Shopping
È il giorno dell'inaugurazione di un supermercato, uno davvero grande, uno iper, uno dei tanti che avrete voi stessi frequentato e arricchito. Durante questa giornata di festa e di aggregazione sociale, qualcuno leggerà un dattiloscritto ancora inedito il cui contenuto trasformerà l'impossibile in normalità.
"...come se dal cielo fosse calata la mano divina di un Dio stanco e dispiaciuto dei propri errori, o come se tutte le altre grandi divinità finora inventate dal Genere umano per compensare la propria inconsapevole ignoranza tribale e medievale verso i misteri della Natura e della Vita, si rivoltassero ai propri Creatori e decidessero di governare le loro fantasie".
La storia è leggermente erotica, vagamente fantasy, macchiata di horror e forse un po' comica.
Di Massimo Baglione.
Vedi ANTEPRIMA (166,68 KB scaricato 73 volte).
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La Gara 57 - Imbranati
A cura di Carlocelenza.
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A cura di Tullio Aragona.
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