Non serve a niente

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'autunno 2024.

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Francesca Espositi
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Non serve a niente

Messaggio da leggere da Francesca Espositi »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

La faccenda è andata così, che vennero ad avvisarmi che era morta e che non si sapeva di cosa.
«L'abbiamo trovata in casa» dissero «era tre giorni che non si faceva vedere, così ci siamo andati. Era sul letto, vestita come al lavoro.»
Nemmeno il dottore era stato in grado. Sul certificato aveva scritto "morte improvvisa" e fin lì ci sarei arrivato anch'io. Ma sapete, quando una non conta niente, proprio niente come quella lì, non si fanno tante complicazioni. Settantaquattro anni e ancora nei campi come manovale. Senza marito, senza figli, nessuno. Viveva isolata, fuori dal paese, una casa bassa, a un piano, che un tempo era stata un ricovero per le bestie.
Le feci il funerale e fu tutto. In chiesa ci saranno state dieci persone, una più una meno, e solo compagni di lavoro. A portarla al cimitero ci pensarono i servizi funebri del Comune. Affittai un loculo a mie spese e le ordinai una lapide: Alda Ricci, e le date.

«Don Adone… »
Sì, mi chiamo Adone, non è colpa mia. Roba dei genitori, sia pace alla loro anima, ma fino a un certo punto. E sarebbe niente se almeno gli corrispondessi, senza questo naso a cavolfiore e la bocca tutta sbandata a sinistra. Trauma da parto, forcipe: così mi hanno sempre detto e così ripeto da cinquant'anni.
Insomma: «Don Adone…» È Consalvo, il figlio della Carmina, che mi sta sempre fra i piedi perché vuole diventare chierichetto. A me non serve nessun chierichetto, ma Consalvo è duro come le pietre, che qui non mancano, e altrettanto sordo da quell'orecchio.
Però mi colpisce la parola "carabinieri" e scendo a vedere.
Sono in due, li conosco da bambini, fanno servizio in paese. Si chiamano Angelo e Nicola. Brava gente, alla fine.
«Una seccatura» mi dice Nicola e mi mostra un foglio molto autorevole.
Si tratta di una perquisizione a casa della Ricci Alda, contrada di Monte, senza numero civico. Motivo: sospetto possesso di arma non dichiarata.
«Lei ha le chiavi, don Adone» dice ancora Nicola «così evitiamo di sfondare la porta.
È vero, le chiavi le ho io. Me le hanno consegnate dopo i funerali perché non sapevano cosa farne ma lo sa il diavolo dove le ho messe.
«Sono passati due mesi» dico «ora le cerco, abbiate pazienza.»
Li faccio accomodare in canonica e mi do da fare. Nel frattempo, l'idea che la Ricci possedesse un'arma mi fa ridere. Sarà qualche residuato bellico della quindici diciotto, seppure, o un rudere di pistola tedesca abbandonata quando scapparono vent'anni fa. L'avrà trovata nei campi e se l'è portata a casa, mi dico, oppure niente del tutto, vedrai, solo una bizza del magistrato. Arma, arma, ma quale arma, continuo a ripetermi mentre apro e chiudo cassetti, ispeziono tasche, frugo nelle tre tonache che posseggo compresa quella che ho addosso. Alla fine mi torna in mente. Vicino alla porta della canonica, il portaombrelli, sono lì dentro. Angelo e Nicola mi guardano mentre infilo il braccio fino giù in fondo per ripescarle e Angelo si mette a ridere: «Ma che, le aveva nascoste, don Adone?»
Spiego che quando di una cosa non so che farmene, spesso ho l'abitudine di gettarla nel portaombrelli, così è sicuro che non si perde.
Lo sanno tutti che sono strano.

Si trattava di una bomba a mano ancora carica. Lo vengo a sapere il giorno dopo perché in paese non si parla d'altro. Sembra l'avesse nascosta nella lana del materasso, praticamente ci dormiva sopra. Le chiavi non me le restituiscono perché fanno parte dell'indagine.
Ma quale indagine? Comunque, tutto finisce lì e nessuno mi chiede più niente.
Dopo una quindicina di giorni viene a trovarmi la Carmina.
«Don Adone…»
Metto le mani avanti.
«Se è per la faccenda del chierichetto» le dico «ti potevi risparmiare l'incomodo.»
No, non è quella la ragione. La Carmina tiene gli occhi bassi, si guarda i piedi e istintivamente io guardo i miei.
«No» dice sempre a occhi bassi «è che vorrei confessarmi.»
Ossignore, l'ho confessata l'altro ieri, che puoi aver fatto. Ma lei insiste, insiste e io, per levarmela da torno, la porto in chiesa.
Non perde tempo. Si fa il segno della croce e poi mi sussurra attraverso la grata a voce così bassa che non capisco niente e devo chiederle di parlare un po'più forte.
«La bomba, la bomba della Ricci. Sono stata io.»
«Tu a far che?» le chiedo.
Così vengo a sapere due cose, una più sorprendente dell'altra: la prima è che la Carmina aveva scritto, dopo la morte della Ricci, una lettera anonima ai carabinieri per denunciare che la suddetta Ricci Alda possedeva, in casa sua un'arma da guerra ancora funzionante. La seconda è che la Carmina sa scrivere.
«Ma tu come lo sapevi?»
«Me l'aveva detto lei. Ma non ho fatto nulla finché è morta" aggiunge "perché non volevo che avesse guai da viva.»
Che qualcuno potesse avere dei guai da morto, poi, era un'idea tutta sua che non ho voluto approfondire.
Voleva l'assoluzione. L'ho fatta uscire dal confessionale senza impartirgliela.
«Questo non è un peccato. È… insomma, hai fatto le cose a modo tuo ma non è un peccato.»
La Carmina mi ha guardato come se fossi pazzo. O forse fissava la mia bocca che, quando qualcosa mi addolora, si storce ancora di più.
«E che cos'è?"» mi ha chiesto «Don Adone, forse lei non ha capito bene. Io…»
L'ho fermata con un gesto.
«Non dire la verità se nessuno te l'ha chiesta.»
Non era una frase da prete, ma lo sanno tutti che io sono un prete venuto male.

Poi sono successe due cose, una buona e una strana. La cosa buona è che Consalvo non si è fatto più vedere. Quella strana è che qualcuno ha divelto e portato via la lapide della Ricci. Se n'è accorto il guardiano del cimitero che ha avvisato, chissà perché, i carabinieri.
Furto di lapide: esiste un reato simile?
Sono tornati Angelo e Nicola a chiedermi se avessi qualche sospetto.
«Ma ragazzi» gli ho detto «che volete che ne sappia io? Certo, mi dispiace. Gliene farò fare un'altra. Però mi sembra un po' tutto esagerato. Sospetti…ma di cosa? Lasciamola riposare in pace, no?»
Angelo ha fatto fare un mezzo giro al cappello che aveva poggiato sul tavolo.
«Il fatto è, don Adone, che la lapide l'abbiamo ritrovata.»
«Ah si? E allora? Dov'era?»
«Vicino casa sua.»
«Casa mia?»
«No, no, vicino casa della Ricci, a contrada di Monte.»
Insomma, mi spiegano che l'avevano piantata proprio lì, a due passi dal tugurio dov'era morta. L'aveva trovata un pastore.
«Secondo lei perché?» mi chiede Angelo.
Naturalmente, gli rispondo che non lo so: è falsa testimonianza, ottavo comandamento.
Più tardi vado a guardarmi allo specchio. La bocca è storta come non mai, il naso sembra addirittura cresciuto e io ho una tale pena di me stesso e di tutti che mi assolvo da solo.

Certo che per una che non contava niente, ma proprio niente, come quella Alda Ricci, doveva essere una bella soddisfazione: nel giro di pochi mesi una bomba e una lapide e nessuna spiegazione.
Mi rendo conto che avrei dovuto chiedere alla Carmina cosa mai dovesse farci la Ricci con una bomba a mano nel materasso ma mi sembrava di saperlo già.
Non ne aveva avuto il tempo, ecco tutto. Era morta prima di arrivare in fondo. Poteva sopportare ancora, non molto forse, ma ancora un po'. Stava solo aspettando di averne abbastanza, e forse più che abbastanza, e poi via, togliere la sicura e addio. E sicuramente la Carmina lo sapeva, era questo il peccato che avrebbe dovuto confessare. Ma poi, mi chiedo, quale peccato. Peccato è vivere come aveva vissuto Alda Ricci, ecco, e non si sa se c'è qualcuno da perdonare o se è impossibile qualsiasi perdono.
Qui attorno è ancora pieno di cose di guerra. Un bomba a mano la puoi trovare per caso, non c'è niente di strano in questo. E puoi dire a qualcuno che non ti va più di resistere, anche questo si può fare, e la persona a cui l'hai detto può magari rodersi l'anima, come la Carmina, ma rispettare il segreto fino a quando diventa inutile. Non è difficile darsi una mano. Molto più difficile è portarsi sulle spalle per cinque chilometri una lapide di marmo come avevo fatto io. Ma in fondo l'avevo pagata e non mi sembrava di commettere un furto. Non aveva senso in un cimitero, quel pezzo di marmo. Stava molto meglio accanto al luogo dove Alda Ricci aveva vissuto, da sola come una morta, e dove era morta mentre ancora viveva.
Lo so che poi la toglieranno, ma io sono abbastanza strano da farmi quei cinque chilometri altre dieci volte, se è il caso: e anche se tutto questo, alla fine, forse non serve a niente.
Ultima modifica di Francesca Espositi il 08/11/2024, 15:51, modificato 1 volta in totale.
Yakamoz
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Messaggio da leggere da Yakamoz »

Brava! Ottima prosa, Francesca Espositi. Pure i personaggi, Don Adone essenzialmente (io narrante), sono molto vividi e ben delineati nella loro psicologia. Inoltre, riuscire a tracciare una storia "abbastanza complessa" con sole, più o meno, 8.000 battute non è facile come sembra. Soprattutto affrontando temi altrettanto complessi, come la solitudine, l'isolamento, la morte e il senso della vita; il quasi "paradosso" della religiosità (perché sembra che Don Adone faccia il prete per "mestiere", pur essendo una brava persona, e non per "vocazione"); e, per ultimi ma non meno importanti, un certo senso di "vuoto del significato" o di "non necessità" che attraversano tutto il racconto. Vuoto del significato, perché, in particolare nella riflessione finale del prete, sembra che non ci sia un "vero significato" nelle azioni, nelle storie e negli eventi che accadono. Persino l'azione di spostare la lapide di "Alda Ricci" ne è un esempio: forse futile, e vista soltanto come un atto di "miglioramento o compensazione di verità" rispetto a un "falso" contesto in cui la lapide si trovava. Viva tra i vivi! Morta tra i morti! Ma se lei, la Ricci, da viva era come già morta, invisibile, esclusa, quale senso ha una lapide per una "morta viva"? E anche la confessione di Carmina non ha molto senso, un vero significato, essendo lei solo "custode di segreti", ma inerte, immobile, rispetto alla "situazione" di cui è consapevole ma totalmente passiva, per quanto, verosimilmente nel contesto della storia, avrebbe forse potuto fare. Diciamo, per non essere troppo prolisso nel mio commento, che il vero tema centrale del tuo racconto è "la colpa" (un po' di tutti i personaggi nel racconto e, con valore allegorico, di tutti noi) e la mancanza di "senso" nelle cose, anche quotidiane, in un mondo che, malgrado il racconto sembri ambientato negli anni '70, appare sempre più alieno, distaccato, egoista, indolente, rispetto a problematiche che sembrano senza senso soltanto perché non vogliamo dargli un senso, minimizzandole, poiché ci fa molto comodo farlo.

Tante belle cose, Francesca Espositi

Antonio

P.S. Ti segnalo un refuso:

«L'abbiamo trovata in casa, " dissero", era tre giorni che non si faceva vedere, così ci siamo andati. Era sul letto, vestita come al lavoro.»

Andava chiuso il discorso diretto, e poi riaperto, dove ho evidenziato con " ".

Voto, 5/5
Namio Intile
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Sì, è un ottimo racconto. Ti segnalo qualche refuso: un bomba a mano, sospetti...ma di cosa, in casa sua manca la virgola dopo sua. Quell'Insomma:«Don Adone» per me insomma andrebbe tra i caporali.
Antonio mi pare abbia già detto tutto. Don Adone è strano, come il suo nome, ma quella lapide trasportata mi pare che un senso ce l'abbia. Per l'autore è in fondo la vita di Alda Ricci la sua prigione e la sua tomba. E quella casa bassa ne è anche il simbolo, ed è quindi giusto che la lapide segua la vera tomba. La vita come tomba e la tomba come cosa? Questo l'autore non lo dice, ma per cristiani potrebbe essere la resurrezione dell'anima.
La prosa è di prim'ordine.
È un ottimo lavoro, complimenti.
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Bobinsy
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Messaggio da leggere da Bobinsy »

Avventura di un simpatico prete di campagna, che mi ha ricordato l'umanità, il pragmatismo e l'ironia di Don Camillo.
L'ho trovato scorrevolissimo, e ricco di dettagli psicologici pur nella sua brevità.
La trama da poliziesco, mi ha coinvolto nell'indovinare l'epilogo, che comunque arriva inaspettato.
L'unica cosa che ho notato, è un riferimento temporale "pistola tedesca abbandonata quando scapparono vent'anni fa" che colloca il racconto negli anni '60; non so esattamente perchè, ma è come se togliesse un po' di freschezza alla storia.
Nel complesso davvero piacevole, anche per la leggera farcitura di umorismo.
Per me merita 5
Andr60
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Messaggio da leggere da Andr60 »

Sono d'accordo con i commenti dei miei valenti colleghi-autori, la prosa è ottima e senza particolari refusi. Credo che la vicenda si svolga alla metà degli anni '60, e l'unica perplessità è sul linguaggio usato dal prete, che in quell'epoca (e anche dopo) avrebbe forse dovuto essere più aulico. Ma è don Adone stesso che si definisce "strano", quindi chissà...
Magari è un precursore dei preti operai degli anni '70, visti con sospetto dalle gerarchie vaticane :)
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Re: Non serve a niente

Messaggio da leggere da Francesca Espositi »

@Namio
Forse la resurrezione o forse anche niente. Non so esprimermi compiutamente su questo aspetto. Però nel gesto di don Adone c'è rabbia e un simbolico tentativo di ribellione a un destino che gli appare - come di fatto è- infame (quello della Ricci).
Grazie mille, Namio, per il tuo commento e per la pazienza di leggere il testo. E anche per la segnalazione dei refusi a cui cercherò di porre rimedio.
Alla prossima.
Ultima modifica di Francesca Espositi il 08/11/2024, 18:36, modificato 1 volta in totale.
Francesca Espositi
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Re: Commento Yakamoz

Messaggio da leggere da Francesca Espositi »

@Yakamoz
Grazie mille per l'analisi così attenta. La mia intenzione era di ambientarlo un po' prima degli anni sessanta, in effetti, ma evidentemente ho inserito pochi elementi di contesto.
A presto.
Francesca Espositi
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Francesca Espositi »

Andr60 ha scritto: ieri, 18:20 Sono d'accordo con i commenti dei miei valenti colleghi-autori, la prosa è ottima e senza particolari refusi. Credo che la vicenda si svolga alla metà degli anni '60, e l'unica perplessità è sul linguaggio usato dal prete, che in quell'epoca (e anche dopo) avrebbe forse dovuto essere più aulico. Ma è don Adone stesso che si definisce "strano", quindi chissà...
Magari è un precursore dei preti operai degli anni '70, visti con sospetto dalle gerarchie vaticane :)
Grazie del commento. In effetti, come ho scritto in un'altra risposta, avevo immaginato che il racconto fosse ambientato un po' prima degli anni sessanta, ma avrei dovuto inserire qualche elemento in più. Capisco che il linguaggio del prete possa sembrare strano, ma era il personaggio a richiederlo, come tu hai intuito. Grazie ancora,
Francesca Espositi
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Francesca Espositi »

Bobinsy ha scritto: ieri, 18:11 Avventura di un simpatico prete di campagna, che mi ha ricordato l'umanità, il pragmatismo e l'ironia di Don Camillo.
L'ho trovato scorrevolissimo, e ricco di dettagli psicologici pur nella sua brevità.
La trama da poliziesco, mi ha coinvolto nell'indovinare l'epilogo, che comunque arriva inaspettato.
L'unica cosa che ho notato, è un riferimento temporale "pistola tedesca abbandonata quando scapparono vent'anni fa" che colloca il racconto negli anni '60; non so esattamente perchè, ma è come se togliesse un po' di freschezza alla storia.
Nel complesso davvero piacevole, anche per la leggera farcitura di umorismo.
Per me merita 5
Grazie mille. Ho tentato di spiegare in altre risposte che è certo un mio errore aver creato una certa confusione riguardo l'epoca in cui ho tentato di ambientare il racconto.
Grazie della tua valutazione così generosa, Bobinsy, alla prossima.
Francesca Espositi
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Re: Non serve a niente

Messaggio da leggere da Francesca Espositi »

Ho cercato di rispondere a tutti gli amici che hanno gentilmente commentato, ma credo di aver fatto parecchia confusione perché ancora non sono pratica del forum. Scusatemi e abbiate pazienza.
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Eleonora2
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Iscritto il: 04/07/2021, 19:23

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Re: Non serve a niente

Messaggio da leggere da Eleonora2 »

Ho espresso il voto, che è un 4. Prosa eccellente. Hai un ottima padronanza di tutti gli strumenti del racconto: profilo di personaggi, ambientazione, struttura, sorpresa finale ma come mai non ho dato il massimo? Perché mi è sembrato un esercizio di stile. La mia, può darsi, rappresenti invidia nei confronti del tuo operato. Non lo nego. MI viene solo il nervoso vedendo un testo così ben fatto...... Mi manca però quella profondità che arriva. Ogni dettaglio - persino la collocazione temporale - ha il suo posto e il proprio spazio. Chapeau!
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