Io sono nessuno
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Io sono nessuno
S’ incamminò tra i vialetti del parco. C'era nebbia sui comignoli delle case, le strade erano deserte e non si udiva nemmeno il solito miagolio dei gatti nei cortili. Le luci dei lampioni, dilatate, parevano fantasmi venuti per fargli compagnia. Un velo triste avvolgeva ogni cosa e le speranze sembravano volar via insieme al fumo dei comignoli.
Nu strinse addosso la vecchia giacca che ormai non lo riparava più dal freddo. Era una giacca di panno, una volta bella ed elegante. L’aveva comprata in un negozio del centro col suo primo stipendio; con l’ultimo aveva pagato l’affitto arretrato e poi si era ritrovato per strada.
La panchina del parco era la sua casa, da quando aveva perso il lavoro. Si era trascinato, giorno dopo giorno, rispondendo a tutti gli annunci, ma non era riuscito a trovare un impiego. Di notte dormiva nelle sale d’attesa della stazione e di giorno viveva nei giardini pubblici, contando sul buon cuore di qualcuno.
Rimaneva per ore ad aspettare che il tempo passasse. La gente gli camminava accanto ignorandolo, ma la domenica era diverso. I bambini animavano il parco con i loro giochi, le loro corse e le grida festose gli arrivavano come dolci carezze.
Un giorno mentre attraversava il viale del parco, a passi lenti, un bambino si avvicinò e gli chiese: «Come ti chiami?»
«Nu!»
«Vuoi giocare a palla con me?»
Nu si guardò intorno incredulo. Con tanti coetanei lì vicino, quel bambino stava parlando proprio con lui.
Prima che potesse aggiungere altro il bambino sorridendo gli lanciò la palla e lui la strinse tra le mani trasognato. Giocarono insieme. L’uomo sentiva che una parte di sé era tornata all’infanzia e deliziato continuò a lanciare la palla e a respingerla felice.
Andando via il bambino disse sorridendo: «A domani!»
L’uomo seppe di avere trovato un amico.
Da quel giorno Nu cercò di curare un po’ di più la sua persona, lavandosi come poteva nei bagni della stazione e aspettando con ansia che arrivasse il bambino col pallone, per giocare con lui.
Lo vedeva spuntare da lontano con le ciocche di capelli castani che gli arrivavano sugli occhi, sempre sorridente e con qualcosa da mangiare per lui.
“Strano, non so nemmeno come si chiama” pensava Nu. Ogni volta che glielo chiedeva il bambino trovava il modo di scantonare e andava via.
Un giorno il piccolo porse a Nu una strana bottiglietta.
«È un regalo per te!» disse.
E sorridendo osservò l’uomo che rigirava la bottiglia tra le mani, poi dal tappo estrasse un bastoncino che terminava con un cerchietto, lo rigirò tra le mani incuriosito.
«Devi soffiarci dentro!» rise il piccolo.
E Nu soffiò e soffiò fino a che nell’aria si sparsero tante bolle di sapone colorate.
I bambini che si trovavano nel parco cominciarono ad avvicinarsi e incantati guardavano quelle misteriose bolle diventare sempre più grandi. Il piccolo che aveva fatto il regalo a Nu fece allora una cosa strana: entrò in una bolla e tutti lo videro roteare nel parco.
«Anch’io, anch’io…» fecero gli altri bambini e svelti entrarono pure loro nelle bolle di sapone e cominciarono a rotolare. “Che bel gioco hanno inventato…”
Nu cominciò a preoccuparsi, si chiedeva come avrebbe fatto a fermarli, quando quasi meccanicamente schioccò le dita e le bolle si ruppero.
Un plof dopo l’altro e tutti i bambini furono liberi.
Ogni giorno succedeva la stessa cosa, ma non a tutti piaceva lo spettacolo che Nu allestiva, ricevendo in cambio pochi spiccioli e qualcosa da mangiare.
Avvertiti da qualcuno vennero i poliziotti. Nu venne accusato di inquinamento ambientale, abuso di suolo pubblico e circonvenzione di minori.
Venne portato in prigione. Non si trovava neanche tanto male in verità: aveva un letto, gli davano da mangiare, solo che gli mancavano terribilmente i bambini e il gioco delle bolle di sapone.
Venne il giorno del processo…
Nu si guardava intorno spaurito, non era riuscito a capire bene di cosa fosse accusato, aveva nella testa solo un grosso punto interrogativo. Gli fecero giurare di dire la verità, poi cominciò il processo. Il giudice fasciato nella toga col suo martelletto sembrava avere fretta, dopo i preliminari la parola fu data al Pubblico Ministero, un omino insignificante che guardava in cagnesco l’imputato: un pezzo di marcantonio alto circa due metri.
«Qual è il suo nome?»
«Nemo Nullus, ma tutti mi chiamano: Nu.»
«E che lavoro fa?»
«Cerco una sistemazione.»
«Dove abita?»
«Nel parco.»
«E come fa a sopravvivere?»
«Grazie alla gente.»
«È vero che lei fa delle enormi bolle di sapone e i bambini vi entrano dentro, mettendo così a repentaglio la loro incolumità?»
«Noi… giochiamo.»
Il mormorio dei presenti costrinse il giudice a intimare il silenzio.
Il Pubblico Ministero cominciò a camminare avanti e indietro, e rivolto al giudice declamò a voce alta con fare cerimonioso.
«Vostro onore! I reati ascritti all’imputato appare ovvio essere fondati su elementi inconfutabili. Egli è colpevole verso la società, il mondo che lo ospita. È un nullafacente che passa il suo tempo a fare bolle di sapone, che attira i bambini con le sue folli rappresentazioni, turbandone l’equilibro psico-fisico. Per cui ritengo cosa giusta che costui venga allontanato e rinchiuso in una località sperduta per almeno tre anni e sei mesi.»
Un segretario di fianco al giudice prendeva nota con cura del procedimento, sforzandosi curvo dietro spessi occhiali. Il difensore, nominato d’ufficio, attendeva che gli fosse data la parola e rigirava i pollici per la noia, annotando con cura tutto. Quando venne il suo turno si alzò impettito e si rivolse a sua volta al giudice.
«Vostro onore! L’imputato che stiamo giudicando non è del tutto colpevole. Ha forse negato di cercare un’occupazione? No! Egli è vittima della società e di se stesso. Però rinchiudendolo non ruberebbe forse il posto a un delinquente o un assassino che ben più di lui merita quel posto? Sì, ha giocato con le bolle di sapone, ma cosa ci può essere di tanto pericoloso in una bolla di sapone? Imputato ci potrebbe mostrare cosa faceva al parco?»
Il giudice si aggiustò gli occhialetti sul naso e guardò l’imputato che appariva stranito e confuso.
Nel silenzio di tomba che si era creato tutti fissarono Nu che tirò fuori dalla tasca la bottiglietta. E soffiò e soffiò fino a che la bolla di sapone divenne enorme, poi ci entrò dentro. Tutti a bocca aperta videro la bolla tutta colorata che roteava su se stessa con l’uomo dentro. A un certo punto si sentì uno schiocco di dita. La bolla scomparve e con essa anche Nu.
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Re: Commento
Grazie, molto gentile. Contenta ti sia piaciuto.
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Re: Commento
Marcello grazie per le precisazioni . Sono contenta che ti sia piaciuto. ho letto il tuo racconto figure di cartone , purtroppo queste sono figure che lasciano una tristezza dentro.Marcello Rizza ha scritto: ↑09/01/2021, 1:53 Ciao Liliana. Molto divertente questo racconto, pur con un retrogusto amarognolo. Il clochard è anche un mio personaggio nell'ultimo racconto "Figure di Cartone" che ho qui pubblicato. Se posso permettermi ti consiglio due o tre variazioni. L'accusa è rappresentata dal Pubblico Ministero e non da un avvocato. I reati giusti che citi sono "occupazione del suolo pubblico" e "circonvenzione di incapace". A parte queste piccole imprecisioni tecniche nel tuo racconto ci trovo l'elemento che a me piace trovare nelle letture, la poesia. C'è il bel gioco di affrontare un argomento triste con la leggerezza della fiaba. A rileggerti presto.
Un caro saluto.
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bella storia, come sempre le tue, con dentro l'amarezza che, purtroppo, non manca mai.
l'amarezza per la società ottusa nella quale ci troviamo.
la figura di Nu è triste ma veritiera, e la sua storia è uguale.
peccato che nel finale scompaia in una bolla, mi sarebbe piaciuto qualcosa di più eclatante nei confronti altrui.
ma va bene così.
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Grazie Lucia sognare è bello, ma poi si ritorna alla realtà che a volte è amara.Lucia De Falco ha scritto: ↑09/01/2021, 16:15 Questa fiaba è molto bella e delicata. Una fiaba sui sentimenti, sull'amicizia, sulla capacità di sognare e di vivere la realtà con un pizzico di fantasia. Personalmente, l'avrei fatta finire diversamente: coi signori della Corte e gli avvocati che si abbandonano alla fantasia ed entrano anche loro nelle bolle.
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Re: Commento
La fantasia al potere, amico mio viviamo in un mondo tetro che forse l' unica cosa buona da fare sarebbe scomparire non del tutto però, entrando in quella dimensione fantastica dei fanciulli che per fortuna ci accompagna sempre.Fausto Scatoli ha scritto: ↑09/01/2021, 11:52 ciao, lily.
bella storia, come sempre le tue, con dentro l'amarezza che, purtroppo, non manca mai.
l'amarezza per la società ottusa nella quale ci troviamo.
la figura di Nu è triste ma veritiera, e la sua storia è uguale.
peccato che nel finale scompaia in una bolla, mi sarebbe piaciuto qualcosa di più eclatante nei confronti altrui.
ma va bene così.
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Bella l’idea delle bolle di sapone e molto efficace il personaggio di Nu, l’innocenza fatta persona (infatti si trova benissimo con i bambini), e poi il suo uscire di scena, fuggire da un mondo che non capisce e che non lo vuole, con quella magia, quello schiocco di dita…
Buono lo stile e corretta la scrittura, complimenti!
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Ho visto che hai fatto tue le precisazioni di Marcello, a cui mi associo. Ci aggiungerei che in Italia la Corte di Assise non viene chiamata in causa per i reati che citi, quindi di fronte al PM e al difensore si trova solo un giudice monocratico e non una Corte. E comunque non ci si rivolge al giudice come Corte, ma ai signori giudici della Corte e signor Presidente della Corte.
D'altra parte, da come l'hai ambientato i fatti potrebbero svolgersi ovunque quindi quell'avvocato dell'accusa della prima stesura avrebbe pure senso in un sistema processuale anglosassone puramente accusatorio dove è proprio un avvocato ad esercitarla tramite un ufficio impersonale, ma non nel nostro, misto accusatorio inquisitorio, non esiste "l'accusa", ma lo Stato che tramite la magistratura requirente, e non giudicante, tutela il pubblico interesse a che venga esercitata l'azione penale tramite la Procura Generale per mezzo dei suoi sostituti. Una differenza sostanziale.
Tale per la quale tutti arrivano a pensare che il sistema anglosassone della commonlaw e quello continentale della civil law siano due mondi a sé, non comunicanti, in realtà ambedue le realtà vengono fuori dalla tradizione giuridica romana. Va beh.
Il racconto, che parla di emarginazione, ha degli spunti molto buoni. Nu sprofonda nel nulla per cause e responsabilità non sue. Il fallimento, come il successo, economico sono oggi totalmente demandati all'individuo, alle sue capacità, alla sua dedizione, volontà. Di conseguenza se non si raggiungono degli obiettivi la responsabilità cade in toto sull'individuo, lasciato solo, che non si è abbastanza impegnato, non ha abbastanza studiato, non si è saputo mettere in gioco e tutta la gamma delle accuse che ben conosciamo. Non conta che la montagna su cui si è arrampicato sia oggettivamente non scalabile, ma che lui non sia riuscito a scalarla.
Beh, lo vediamo pure oggi, in questi giorni di pandemia, la colpa è sempre del cittadino lasciato solo, che fa troppo o troppo poco. La colpa è del cittadino che non si vuole vaccinare, anche se ci sono code infinite per farlo e troppo pochi vaccini. Va beh.
E quel definirlo un nullafacente, un uomo senza funzioni, rispecchia il peccato più grande, il delitto da punire per eccellenza nella società odierna. L'uomo trova infatti la sua ragion d'essere solo in quanto esso è funzione del sistema. Tutti coloro che hanno perso o hanno rinunciato ad essere funzionari della moderna società, i respinti, sono guardati con sospetto, o disgusto (vedi i clochard o la comunità Rom colpevole di non volersi integrare, ma anche tutti coloro che senza volerlo sono piombati ai margini e proprio per questa assenza di volontà soffrono maggiormente l'emarginazione).
Il nome, Nu, è naturale, non l'hai trovato per caso.
Ti bacchetto su Nullius Nullii. L'aggettivo è Nullus al nominativo e al genitivo è Nullius, Nulli al dativo. Mentre il pronome è Nemo, neminis o nullius, nemini, ecc.
Seguono accuse gratuite e infamanti e, alla fine, ecco che arriva il processo, e anzi qui dipingi un difensore d'ufficio che non fa atto di mera presenza. Ma non basta di fronte al rigore e alla inflessibilità della norma scritta quando si scontra con determinate circostanze.
Non esiste nulla di peggio della riprovazione sociale. Mi vengono in mente le parole che Platone mette in bocca a Trasimaco nella Repubblica: "La giustizia non è altro che l'utile del più forte". Le stesse parole, riprese da Platone, le ripete la voce narrante di quello che è uno dei pilastri della letteratura italiana del Novecento, Il giorno del Giudizio di Salvatore Satta. Uscito postumo, narra le storie di un notaio del nuorese e della sua famiglia, e le vicende dei suoi protagonisti prendono il volo nella loro grandezza tragica. Che la giustizia non sia altro che la legge del più forte, lo scrive Satta appunto, uno dei massimi giuristi italiani, a cui si devono parti considerevoli dei nostri codici civile e di procedura civile, non è certo un mio pensiero originale, seppure lo condivido.
E quindi al povero Nu non rimane che sparire, perché è questo che la società pretende da chi non riesce a trovare un posto al suo interno.
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Re: Bolle di sapone
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Re: Bolle di sapone
Beh, il titolo originale è Politéia. Ogni traduzione purtroppo è filtrata dagli schemi mentali della lingua in cui avviene la traduzione. Non a caso tradere, tradurre, in latino significa anche tradire. Pensa al muoia Sansone con tutti i Filistei, nella traduzione greca dei Settanta da cui l'italiano, in aramaico è un differente: muoia la Nefés con tutti i Filistei. E il concetto di Nefés è intraducibile in greco, o italiano; bisognerebbe capire qual era la concezione della vita e del mondo per i Giudei del x secolo prima di Cristo per poter tradurre quel Nefés. E io evito di dilungarmici. E invece, appunto, muoia Sansone.
E mi viene in mente quando mio padre mi faceva scrivere le motivazioni delle sentenze per farmi esercitare. Non gli andavano mai bene. Perché l'oralità del dibattimento penale, che in tutti i modi oggi si cerca di superare, è insostituibile. Vedere e ascoltare le persone, capire chi sono e da cosa sono mosse, e leggere gli atti non sono sinonimi.
Per tornare al Nemo del racconto, ti ricordi quando Ulisse rispose a Polifemo? Sono Nessuno.
Ma quanti sanno che Odysseus in greco suona simile a udeìs, cioé Nessuno? E che uti, ossia ancora Nessuno, era proprio il soprannome del prode Ulisse?
Io sono Nessuno, sarebbe stato forse un titolo migliore, Liliana.
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Re: Commento
Grazie infinite Roberto, era proprio quello l'intento del protagonista fuggire da un mondo che non accetta e non riesce a capire.Roberto Bonfanti ha scritto: ↑10/01/2021, 16:58 C’è più di un racconto, in questa gara, che assomiglia a una fiaba, anche questo si può inserire in quel filone, con ottimi risultati.
Bella l’idea delle bolle di sapone e molto efficace il personaggio di Nu, l’innocenza fatta persona (infatti si trova benissimo con i bambini), e poi il suo uscire di scena, fuggire da un mondo che non capisce e che non lo vuole, con quella magia, quello schiocco di dita…
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Re: Commento
Sorprendente come l'unico mio racconto in cui compare un processo sia letto da un esperto di leggi , io completamente digiuna in materia mi sono rifatta a qualche film o libro letto sull'argomento, per cui per me è un grande privilegio poter conoscere nei dettagli l'argomento.Namio Intile ha scritto: ↑11/01/2021, 13:55 Un buon racconto, non ho nulla da segnalarti dal punto di vista formale.
Ho visto che hai fatto tue le precisazioni di Marcello, a cui mi associo. Ci aggiungerei che in Italia la Corte di Assise non viene chiamata in causa per i reati che citi, quindi di fronte al PM e al difensore si trova solo un giudice monocratico e non una Corte. E comunque non ci si rivolge al giudice come Corte, ma ai signori giudici della Corte e signor Presidente della Corte.
D'altra parte, da come l'hai ambientato i fatti potrebbero svolgersi ovunque quindi quell'avvocato dell'accusa della prima stesura avrebbe pure senso in un sistema processuale anglosassone puramente accusatorio dove è proprio un avvocato ad esercitarla tramite un ufficio impersonale, ma non nel nostro, misto accusatorio inquisitorio, non esiste "l'accusa", ma lo Stato che tramite la magistratura requirente, e non giudicante, tutela il pubblico interesse a che venga esercitata l'azione penale tramite la Procura Generale per mezzo dei suoi sostituti. Una differenza sostanziale.
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Il racconto, che parla di emarginazione, ha degli spunti molto buoni. Nu sprofonda nel nulla per cause e responsabilità non sue. Il fallimento, come il successo, economico sono oggi totalmente demandati all'individuo, alle sue capacità, alla sua dedizione, volontà. Di conseguenza se non si raggiungono degli obiettivi la responsabilità cade in toto sull'individuo, lasciato solo, che non si è abbastanza impegnato, non ha abbastanza studiato, non si è saputo mettere in gioco e tutta la gamma delle accuse che ben conosciamo. Non conta che la montagna su cui si è arrampicato sia oggettivamente non scalabile, ma che lui non sia riuscito a scalarla.
Beh, lo vediamo pure oggi, in questi giorni di pandemia, la colpa è sempre del cittadino lasciato solo, che fa troppo o troppo poco. La colpa è del cittadino che non si vuole vaccinare, anche se ci sono code infinite per farlo e troppo pochi vaccini. Va beh.
E quel definirlo un nullafacente, un uomo senza funzioni, rispecchia il peccato più grande, il delitto da punire per eccellenza nella società odierna. L'uomo trova infatti la sua ragion d'essere solo in quanto esso è funzione del sistema. Tutti coloro che hanno perso o hanno rinunciato ad essere funzionari della moderna società, i respinti, sono guardati con sospetto, o disgusto (vedi i clochard o la comunità Rom colpevole di non volersi integrare, ma anche tutti coloro che senza volerlo sono piombati ai margini e proprio per questa assenza di volontà soffrono maggiormente l'emarginazione).
Il nome, Nu, è naturale, non l'hai trovato per caso.
Ti bacchetto su Nullius Nullii. L'aggettivo è Nullus al nominativo e al genitivo è Nullius, Nulli al dativo. Mentre il pronome è Nemo, neminis o nullius, nemini, ecc.
Seguono accuse gratuite e infamanti e, alla fine, ecco che arriva il processo, e anzi qui dipingi un difensore d'ufficio che non fa atto di mera presenza. Ma non basta di fronte al rigore e alla inflessibilità della norma scritta quando si scontra con determinate circostanze.
Non esiste nulla di peggio della riprovazione sociale. Mi vengono in mente le parole che Platone mette in bocca a Trasimaco nella Repubblica: "La giustizia non è altro che l'utile del più forte". Le stesse parole, riprese da Platone, le ripete la voce narrante di quello che è uno dei pilastri della letteratura italiana del Novecento, Il giorno del Giudizio di Salvatore Satta. Uscito postumo, narra le storie di un notaio del nuorese e della sua famiglia, e le vicende dei suoi protagonisti prendono il volo nella loro grandezza tragica. Che la giustizia non sia altro che la legge del più forte, lo scrive Satta appunto, uno dei massimi giuristi italiani, a cui si devono parti considerevoli dei nostri codici civile e di procedura civile, non è certo un mio pensiero originale, seppure lo condivido.
E quindi al povero Nu non rimane che sparire, perché è questo che la società pretende da chi non riesce a trovare un posto al suo interno.
Ben fatto, a rileggerti
Il tuo caro Namio è molto più di un commento ma una dissertazione autorevole sulla società moderna dove come hai ben detto vale la legge del più forte e ne abbiamo la conferma purtroppo ogni giorno nella vita reale dove non c'è posto per i troppo deboli o ingenui.
Per il latinorum chiedo venia, di Nullius Nulii mi piaceva il suono , ho studiato il latino alle medie 50 anni fa circa e i ricordi sono più che sbiaditi. Sto cercando di trovarne un altro che mi comunichi la stessa sensazione forse Nemo Nullus , non so , ci penserò.
Una domanda all'esperto in un processo in cui si discutono i reati da me descritti c'è il giudice con la toga e il martelletto? e oltre all'avvocato (o P.M.) dell'accusa e il difensore ci sono i giurati e il pubblico oppure no?
Sappi che conserverò con cura questo tuo commento insieme al mio racconto e dirti grazie è semplicemente il minimo che possa fare.
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Re: Bolle di sapone
Caro Marcello seguo anch'io con interesse i commenti di Namio e i tuoi naturalmente, spero di non dovermi rinchiudere anch'io in una bolla.Marcello Rizza ha scritto: ↑11/01/2021, 14:10 Cinque al commento di Namio. Anche se avrei preferito "Res Publica", come da originale. Più volte mi sono chiesto quale sia la formazione di Namio. Il suo discorrere sul procedimento penale, che conosco sia come V. P. O. in dibattimento, come laureato in giurisprudenza e come ex appartenente alle FF.OO., è puntuale. Anche mi piace il suo riferirsi alla giurisprudenza comparata, mio secondo esame universitario. Avrei qualche sottigliezza da "comparargli" ma non Samo in un forum giuridico. Ma qui si tratta del tuo bel racconto, quindi non mi dilungo. Sarai tu, Lily, a commentare meglio questo suo cameo.
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Re: Bolle di sapone
Riguardo al titolo ci penserò, i miei studi sono stati scientifici, ma in fondo ho sempre avuto un'indole classica. Un caro saluto.Namio Intile ha scritto: ↑11/01/2021, 15:46 Evado a malincuore dal tema commento al bel racconto Bolle di Sapone.
Beh, il titolo originale è Politéia. Ogni traduzione purtroppo è filtrata dagli schemi mentali della lingua in cui avviene la traduzione. Non a caso tradere, tradurre, in latino significa anche tradire. Pensa al muoia Sansone con tutti i Filistei, nella traduzione greca dei Settanta da cui l'italiano, in aramaico è un differente: muoia la Nefés con tutti i Filistei. E il concetto di Nefés è intraducibile in greco, o italiano; bisognerebbe capire qual era la concezione della vita e del mondo per i Giudei del x secolo prima di Cristo per poter tradurre quel Nefés. E io evito di dilungarmici. E invece, appunto, muoia Sansone.
E mi viene in mente quando mio padre mi faceva scrivere le motivazioni delle sentenze per farmi esercitare. Non gli andavano mai bene. Perché l'oralità del dibattimento penale, che in tutti i modi oggi si cerca di superare, è insostituibile. Vedere e ascoltare le persone, capire chi sono e da cosa sono mosse, e leggere gli atti non sono sinonimi.
Per tornare al Nemo del racconto, ti ricordi quando Ulisse rispose a Polifemo? Sono Nessuno.
Ma quanti sanno che Odysseus in greco suona simile a udeìs, cioé Nessuno? E che uti, ossia ancora Nessuno, era proprio il soprannome del prode Ulisse?
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Grazie Selene.Selene Barblan ha scritto: ↑11/01/2021, 17:00 Un bel racconto; in particolare mi è piaciuto come descrivi la trasformazione di Nu dopo l'incontro con il bambino, il ritrovarsi in un certo senso vivo, avere un posto nel mondo. Anche l'immagine della bolla di sapone è bella, mi ha sorpreso, sia quando "cattura" il bimbo (poi anche gli altri bambini), sia nel finale. Mi ha preso un pò meno la parte in tribunale, però trovo che globalmente sia un buon lavoro.
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Troppo buono Nando, grazie di cuore.
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Re: Bolle di sapone
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Re: Io sono nessuno
Chiedo conferma a Massimo Baglione. grazie.
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Cominciai a pensare a questo racconto tanti anni fa, quando cercare un lavoro sembrava un'impresa, ora che viviamo un'epoca tremenda dove il lavoro può sembrare una chimera ho ripreso il personaggio di Nu che come dicevi tu è un uomo senza passato.RobertoBecattini ha scritto: ↑13/01/2021, 17:37 Una bella fiaba poetica, un messaggio bello e chiaro. Non importa in racconti come questi se la scena in tribunale non è corretta da un punto di vista giuridico, anche perché non vengono precisati epoca e luogo. Alla fine si è risolto tutto con una bolla di sapone eh eh. Il Signor Nu potrebbe essere il protagonista di una serie di racconti. Mi piacerebbe sapere qualcosa di più su di lui, anche se sembra un uomo senza passato.
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Bello, fantasioso e ben scritto ( a parte una svista di un verbo che non concorda, inezia)
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Ce ne sono tanti signor Nessuno in giro, e la realtà del mondo è crudele e indifferente verso di loro; questo racconto dedica loro un po' di attenzione ed empatia.
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Il Bestiario del terzo millennio
raccolta di creature inventate
Direttamente dal medioevo contemporaneo, una raccolta di creature inventate, descritte e narrate da venti autori. Una bestia originale e inedita per ogni lettera dell'alfabeto, per un bestiario del terzo millennio. In questa antologia si scoprono cose bizzarre, cose del tutto nuove che meritano un'attenta e seria lettura.
Ideato e curato da Umberto Pasqui.
illustrazioni di Marco Casadei.
Contiene opere di: Bruno Elpis, Edoardo Greppi, Lucia Manna, Concita Imperatrice, Angelo Manarola, Roberto Paradiso, Luisa Gasbarri, Sandra Ludovici, Yara Źagar, Lodovico Ferrari, Ser Stefano, Nunzio Campanelli, Desirìe Ferrarese, Maria Lipartiti, Francesco Paolo Catanzaro, Federica Ribis, Antonella Pighin, Carlotta Invrea, Patrizia Benetti, Cristina Cornelio, Sonia Piras, Umberto Pasqui.
BReVI AUTORI - volume 1
collana antologica multigenere di racconti brevi
BReVI AUTORI è una collana di libri multigenere, ad ampio spettro letterario. I quasi cento brevi racconti pubblicati in ogni volume sono suddivisi usando il seguente schema ternario:
Fantascienza + Fantasy + Horror
Noir + Drammatico + Psicologico
Rosa + Erotico + Narrativa generale
La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Fausto Scatoli. Giorgio Leone, Annamaria Vernuccio, Luca Franceschini, Alphaorg, Daniel Carrubba, Francesco Gallina, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Giuseppe C. Budetta, Luca Volpi, Teresa Regna, Brenda Bonomelli, Liliana Tuozzo, Daniela Rossi, Tania Mignani, Enrico Teodorani, Francesca Paolucci, Umberto Pasqui, Ida Dainese, Marco Bertoli, Eliseo Palumbo, Francesco Zanni Bertelli, Isabella Galeotti, Sandra Ludovici, Thomas M. Pitt, Stefania Fiorin, Cristina Giuntini, Giuseppe Gallato, Marco Vecchi, Maria Lipartiti, Roberta Eman, Lucia Amorosi, Salvatore Di Sante, Valentina Iuvara, Renzo Maltoni, Andrea Casella.
Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.