Alba d'oriente
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Alba d'oriente
«No, Mark, non scherzo affatto, saresti il mio sostituto per un anno. Hai qualche giorno per pensarci e darmi una risposta. Diciamo quattro o cinque, non di più.»
Rimasi muto, in quel momento non mi uscivano parole.
«Mark, ci sei?»
Mi ripresi: «Sì, sì, scusa. Stavo pensando…»
«Tranquillo, pensaci e poi mi farai sapere. Attendo notizie quanto prima. E non deludermi, mi raccomando. Ti saluto.»
«Sì, certo. Ciao, Nick, ciao.»
Chiusi il telefono e andai al mobile bar. Avevo bisogno di sostegno e una bella dose di whisky mi avrebbe aiutato di sicuro.
Sorseggiando l’Ancnoc invecchiato dodici anni, uno dei pochi che mi soddisfacevano, pensai a quanto mi era appena stato proposto. Un anno di cattedra alla Vikram University di Ujjain, nel Madhya Pradesh, a insegnare zoologia.
Certo, visto il momento sarebbe andato benone, ma era solo un anno. E poi?
"Devo pensarci. Andare là vuol dire tagliare ogni ponte e mi sta bene, ma non avrei sbocchi sul futuro. Non al momento."
Versai dell’altro whisky.
Mi svegliai sudato, con un’erezione come non avevo da tempo e un mal di testa micidiale. Forse il whisky era stato troppo.
Dopo una doccia rilassante presi il telefono.
«Nick? Sì, sono Mark.»
«Ehilà, Mark, hai già preso una decisione? Ti avevo dato più tempo…»
«Lo so, ma prima faccio e meglio è, almeno credo. Comunque ho deciso di accettare.»
«Perfetto, Mark. Sapevo che non mi avresti deluso. Ti spedisco subito i documenti necessari a dimostrare che verrai per lavoro, così basterà un semplice visto. Ti mando anche delle mail esplicative che ti possano prefigurare cosa dovrai fare. Tu pensa al passaporto e prenota il biglietto, ci risentiamo a breve, magari su Skype.»
Era eccitato, come lo ero stato io al risveglio.
Sarà stata la sbornia, ma non avevo fatto altro che sognare di fare l’amore con Sally. In mille luoghi diversi e in altrettante posizioni.
Sally… otto anni di matrimonio dove pareva tutto così bello tra noi e d’improvviso mi aveva lasciato per una sua vecchia fiamma. Ancora mi veniva difficile crederci.
E faticavo ad accettarlo, ero quasi allo sbando. Per questo, dopo averla sognata tutta notte decisi di accettare. Per cambiare tutto o almeno provarci.
“I passeggeri del volo Jet Airwais 177 per Mumbai sono pregati di recarsi all’imbarco. Ripeto, i passeggeri…”
Il terminal 5 di Heathrow è quasi sempre un formicaio, ma soprattutto è un misto totale di razze, colori e voci. E in quel giorno non si smentiva.
Mi misi tranquillamente in coda per salire sulla navetta che mi avrebbe portato al Boeing per Mumbai. Otto ore di volo e poi altro aereo per Indore, dove ci sarebbe stato Nick ad attendermi.
Durante il viaggio per Mumbai mi assopii più volte e sognai. Sally, sempre lei.
Me ne andavo per provare a dimenticarla e mi stava tormentando. O forse ero io a tormentarmi richiamandola inconsciamente.
«Signore, che tipo di pasto desidera? Europeo o indiano?»
La voce della hostess mi tolse dal torpore.
Visto che mi ci stavo recando decisi che sarebbe stato opportuno provare il cibo asiatico.
«Indiano, grazie.»
«Bene. Da bere?»
«Acqua naturale.»
Si rivolse a un altro passeggero e richiusi gli occhi cercando di pensare a cosa mi aspettava. Nuovo lavoro, anzi, stesso lavoro ma in ambiente diverso e soprattutto nuovi luoghi da conoscere e ritmi da trovare.
Non avevo mai assaggiato cibo indiano ed ero convinto fosse simile al cinese, che invece conoscevo bene, ma mi sbagliavo. Non so di preciso da cosa fosse composto il pasto, erano tutti assaggi, bocconcini con profumi e aromi davvero invitanti.
Fatto sta che dovetti chiedere altra acqua per spegnere le fiamme che sentivo in gola.
«Forse avrei dovuto avvisarla, signore, ma non sapevo fosse la prima volta» disse l’hostess porgendomi un’altra bottiglia.
«Non si preoccupi, passerà. Ho vissuto momenti peggiori.» Fece un sorriso e si ritirò.
Sei ore dopo ero in volo da Mumbai a Indore e ancora sentivo lo stomaco protestare.
L’aereo toccò terra poco dopo le sei di sera, in perfetto orario. Nick mi aveva preparato all’impatto olfattivo con l’India, ciò nonostante quando scesi dal bus ebbi un senso di repulsione.
Non era puzza, era qualcosa di cui l’aria era permeata. Quello che al momento mi faceva quasi ribrezzo era l’odore dell’India e un giorno l’avrei amato, ma ancora non lo sapevo.
Sbrigate le pratiche in aeroporto, recuperai la valigia e mi recai all’uscita. Stava calando la sera e il cielo imbruniva. Fermandomi un istante a osservare il tramonto sperai con tutto il cuore si potesse trasformare in una nuova alba per me.
«Mark, Mark, sono qui.»
La voce di Nick mi distolse da pensieri profondi. Mi corse incontro agitando le mani, si capiva che era felice di vedermi. Lo conoscevo dai tempi dell’università ed eravamo sempre rimasti in contatto pur non avendo un’amicizia particolare, eppure mi abbracciò e cominciai a sospettare qualcosa.
«Non vedevo l’ora che arrivassi. Dammi la valigia, vieni, c’è un taxi che ci aspetta. In un’oretta siamo a casa, vedrai.»
«Ehi, Nick, calma. Cos’è tutta questa agitazione, mica è arrivata la regina.»
Si rilassò un poco. Sembrava pervaso di ansia. «Hai ragione, scusami. Vieni, seguimi.»
In realtà ci mettemmo un’ora e mezza, quasi due. Una volta fuori città il traffico non era notevole, però attraversammo parecchi paesi e anche se ebbi modo di ammirare poche cose, vista l’ora, trovai tutto piuttosto piacevole.
Durante il viaggio Nick mi spiegò che a breve si sarebbe dovuto assentare per un periodo piuttosto lungo e quindi mi aveva chiesto di sostituirlo alla Vikram University dove teneva lezione.
«Ho fatto il tuo nome e hanno accettato senza problemi. “L’importante” mi hanno detto, “è che si tratti di una persona capace e, ovviamente, in regola in tutto e per tutto.” E tu lo sei.»
Mi stava adulando.
«Domani ti porto là e ti presento sia ai colleghi che agli studenti, così comincerai a farti conoscere.»
Andò avanti per tutto il tempo mentre io rispondevo a poco più che monosillabi cercando di scoprire qualcosa in più sul suo strano comportamento.
Nonostante il buio ormai incombente, mi colpì uno stupendo arco all’entrata della città. Doppio arco, per l’esattezza, di tipica manifattura indiana. Magnifico.
Nick se ne accorse. «Bello, vero? Ce n’è uno a ogni entrata, tutti diversi. Imparerai a conoscerli.»
Il taxi si fermò davanti a una villetta. Nick pagò l’autista che subito se ne andò.
«Abito qui. È un quartiere periferico di Ujjain. In realtà è un vero paese e si chiama Parsvnath City, ma ormai fa parte della città. La Vikram è poco distante, in dieci minuti ci arrivi a piedi.»
Entrammo.
Bella casa. Salone con cucina, due camere, bagno e studio. E sopra un balcone grande come tutta la costruzione. Ci poteva comodamente abitare una coppia con figli.
«Caspita» me ne uscii, «devi prendere bene se ti puoi permettere un posto simile.»
«No no, mi costa meno di trecento sterline al mese di affitto. Quattrocento dollari, per l’esattezza.»
«Così poco?»
«Caro mio, devi imparare tante cose di questo splendido paese. Ne avrai tutto il tempo, ora usciamo a mangiare un boccone. Offro io.»
«Mangiare? Sì, ok, purché non sia come quello che mi hanno dato sull’aereo. Ho ancora lo stomaco che si lamenta.»
Scoppiò in una risata: «Proprio come accadde a me, ma ci si abitua, te lo garantisco.»
Nel locale l’odore delle spezie era pazzesco.
«Una cucina per stomaci forti, questa.»
«Se parli di quella tradizionale ti do ragione, ma in città c’è di tutto ormai. Qui fanno un ottimo pollo alla brace, per esempio. O lo vuoi all’indiana, tandoori?»
«Non scherziamo, vada per il pollo alla brace. E una birra, se ce l’hanno.»
«Certo che sì. Ora chiamo la ragazza» rispose alzando la mano per farsi vedere.
Giunse tutto in breve tempo e mentre masticavo con piacere Nick disse: «Lo sai che qui passa il tropico del cancro?»
«Davvero? Vuoi dire che siamo ai tropici?» risposi sghignazzando. «Me li sono sempre figurati diversi.»
«E vedrai quando arriveranno i monsoni…»
Lo guardai. «In che periodo?»
«Maggio, di solito. Fra quattro mesi abbondanti.»
La serata si chiuse lì. Mi cadde addosso la stanchezza del viaggio e Nick lo notò. Meno di un’ora dopo dormivo di gusto.
Nei due giorni successivi Nick mi portò alla Vikram dove ebbi un colloquio col rettore e parte della dirigenza presentando tutte le mie credenziali, poi cominciai a conoscere i colleghi e infine mi portò con lui all’aula in cui avrebbe tenuto la lezione e presentato ai ragazzi come suo sostituto per i mesi a venire.
Sabato e domenica li passammo invece girando per la città con i riksciò. Mi fece vedere alcuni templi e mi portò nelle vie centrali, dove si trovavano i negozi migliori. Ma soprattutto continuava a dire che sarebbe partito a breve e non ne spiegava il motivo trincerandosi dietro oscure storie di famiglia.
L’accordo tra noi prevedeva che in sua assenza avrei gestito la casa, ma al ritorno gliela avrei resa e pertanto, nel frattempo, avrei dovuto cercarmi una sistemazione per il futuro.
«Non è difficlie, vedrai. Ci sono molte buone occasioni, anche d’acquisto.»
«Ma figuriamoci se acquisto. Tra un anno o anche meno torno a Londra, tranquillo.»
Sbagliavo.
Per tutta la settimana, mentre Nick era al lavoro, approfondii le conoscenze con gli altri docenti, alcuni studenti e la città di Ujjain. Soprattutto con quest’ultima dialogai parecchio.
L’odore non lo sentivo più, mi ero assuefatto, ma camminando lungo le vie mi accorsi di quanta sporcizia vi fosse in ogni angolo e di come mi irritasse il comportamento degli indiani: sputavano per strada, si soffiavano il naso tappando prima una narice e poi l’altra. Sembravano non conoscere l’educazione. Se poi aggiungiamo che ogni tanto capitava di trovarsi davanti una mucca o i suoi escrementi… No, non era una città fatta per me.
«L’India è questa e gli indiani sono così, Mark.»
«Sarà, ma non mi pare il massimo della vita. Tropico del Cancro… mah.»
«Cazzo, Nick, sono qui da due settimane soltanto, non puoi partire così di fretta.»
«Mi spiace, ma devo assolutamente andare, Mark. Un giorno ti spiegherò ogni cosa.»
«Certo, come no. E intanto io resto qui a cercare di sopravvivere in una città dove ancora non conosco nessuno o quasi. Sembri una moglie o un’amante che se ne va sul più bello.»
Qualcosa nelle mie parole lo colpì e rimase in silenzio per qualche istante, pensando a cosa dire.
«Tornerò presto, vedrai.»
«Ecco, appunto. Va bene, d’accordo, segui la tua via, cercherò di arrangiarmi.»
«Grazie, Mark…»
«Ma quando torni facciamo i conti, te lo garantisco.»
Non volle neppure lo accompagnassi all’aeroporto, prese un taxi e se ne andò lasciandomi mille dubbi e domande senza risposta.
Partito lui presi il suo posto in università, mi immersi nel lavoro e nella conoscenza del paese.
Cominciai così ad apprezzare tante cose, a partire dal cibo, facendomi consigliare da colleghi e studenti.
Conobbi il masala dosa e le altre mille varianti della farina di ceci di cui fanno uso in India, dal chapati al samosa passando per le pakora. Ne uscivano dei piatti che se non erano conditi con aromi a dismisura, risultavano davvero gradevoli.
Ma poco a poco prese lentamente a piacermi anche il gusto delle loro spezie, delle loro strade, vie, case, negozi, abiti. Donne.
Già. Sarà perché ci passa il tropico del cancro, ma come un cancro questa città e i suoi componenti entrarono in me e cominciarono a divorarmi.
Una dozzina di giorni dopo la partenza di Nick, tornando a casa dalla Vikram trovai una sorpresa.
Sul momento non credetti ai miei occhi: seduta davanti alla porta c’era Sally.
Nel vedermi sbarrò gli occhi e disse: «Mark, che ci fai qui?»
«Scusa sai, ma io qui ci abito. Che ci fai tu, piuttosto?»
«Io… ecco, io ero venuta per Nick. Dove lo posso trovare? Avevo capito che ci abitava lui in questo posto.»
Sentii il cervello partire con una serie di elaborazioni.
«Nick? E perché lo cerchi, se non sono indiscreto?»
«Beh, vedi, io… oh, cazzo, Mark, è lui il mio amante, quello per cui ti ho lasciato. È venuto un paio di volte da me, poi ci siamo accordati per trovarci qui.»
L’elaborazione si concluse e scoppiai in una risata memorabile. Ogni cosa si sistemava, ogni tassello del puzzle al proprio posto.
«Sally, Nick è in Inghilterra, o almeno credo. È partito due settimana fa. Mi ha chiamato a sostituirlo nel lavoro perché diceva di avere un impegno di famiglia molto importante. Adesso capisco tutto, anche perché aveva tanta fretta di andarsene» dissi ridendo come un matto.
«Che c’è da ridere, io non ci capisco nulla, invece. Mi aveva chiesto di raggiungerlo qua dove si era sistemato, per vivere insieme.»
«Ti ha buggerato, Sally, come ha fatto con me. Però c’è una differenza e lo sai. Io non sono infastidito più di tanto, tu sì. Tantissimo.»
In un attimo comprese l’accaduto, la truffa di Nick e quanto vi era collegato. Scoppiò in lacrime e non ebbi il coraggio di lasciarla sulla soglia, la feci entrare.
Dopo essersi sfogata e aver scaricato la tensione tornò ad essere la Sally che conoscevo, ma c’era una differenza: non mi interessava più e, per fortuna, lo capì subito.
Rimase a dormire da me e il giorno successivo la portai in giro per la città, come aveva fatto Nick con me, ma sempre rimanendo distaccato. Cosa non difficile, sebbene non l’avessi mai ritenuto possibile.
La sera venne di nuovo colpita da una crisi di pianto e mi chiese di accompagnarla a Londra.
«No, Sally. Posso accompagnarti all’aeroporto, ma oltre non vado. Io resto qui.»
Non era una sciocca. Annuì.
Si fermò altri due giorni, poi andammo in taxi fino a Indore e si imbarcò per Mumbai, dove avrebbe preso il volo per Londra.
Tornando verso casa mi ritrovai a sorridere ripensando a lei.
Una volta arrivato esplosi in una risata tremenda, poi mi masturbai violentemente, piangendo e pensandola.
Passò un altro mese tra alti e bassi, ricordi e rimpianti, poi venni convocato dal rettore.
«Il signor Wailey ha dato le dimissioni, lei se la sente di prendere il suo posto in via definitiva?»
«Come, scusi? Nick si è licenziato?»
«Sì, Nicholas Wailey si è licenziato, se così vogliamo dire. Lei?»
«Mah, non so. Senta, posso darle la risposta fra qualche giorno?»
«Certo, signor Greebe, ma tenga presente che prima lo fa e meglio è.»
M’illuminai d’improvviso: «Ha ragione, accetto la proposta.»
Mi guardò, perplesso. «È sicuro, signor Greebe? Non vuole pensarci almeno un poco?»
«No, va bene così. Accetto.» Gli porsi la mano e me ne andai, sorridendo, a conoscere parti della città che mi mancavano.
Con la nuova euforia che mi permeava mi trovai a frequentare luoghi già conosciuti avendo uno spirito diverso e trovarli cambiati, per niente uguali a prima.
E m’innamorai.
Del cibo.
Della vita.
Del tropico del cancro.
Di Bhavya. Dolce, bella, elegante, come dice il suo nome. Occhi neri dentro un volto ramato. Una dea indiana, tutta per me.
Anche lei, come un cancro, entrò in me e prese a espandersi, a consumarmi.
E lo fece a tal punto che la chiesi in moglie secondo le regole indiane. Mi sentivo ridicolo e al tempo stesso orgoglioso quando uscimmo dal tempio dedicato a Shiva, novelli sposi tutti ricoperti di fiori colorati. Quell’alba che speravo di trovare era arrivata e mi illuminava corpo, anima e cuore.
Sono passati anni, qui al tropico del cancro, e non ho più avuto notizie di Nick e Sally.
Non sento la mancanza della nebbia londinese. Qui si sta bene tutto l’anno, a parte il periodo dei monsoni, comunque sopportabile senza fatica.
La casa l’ho comprata e ci vivo con mia moglie Bhavya e i nostri figli, Ramesh e Jyoti.
Ora lei aspetta il terzo ed è felice.
E pure io, sebbene i tropici me li aspettassi diversi.
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ti ringrazio, Roberto, per le belle parole spese.Roberto Virdo' ha scritto: ↑22/03/2021, 12:11 Bene Fausto, molto bene! Sei riuscito a inventarti questa storia in una cornice davvero intrigante. Sai far suscitare, o almeno hai saputo farlo con me, una curiosità niente male. Complimenti per questa bella carrellata di nomi, posti e ricette, si avverte una grande, sentita passione per l'India.
Bella scrittura, scorrevole, senza intoppi. Trama particolare con doppia sorpresa che colpisce: l'amico non può competere con il protagonista né la ex moglie con la nuova indiana piena di fiori e colori. Un volo di fantasia niente male, che peraltro ci sta tutto.
Mi permetto una piccola "sconsiderazione". In tempi non meglio definiti ricevetti in regalo un album dei Pooh - gruppo allora tra i miei preferiti -. L'album era "Tropico del Nord", titolo che dice poco a noi italiani ma, nella lingua inglese, si riferisce proprio al Tropico del Cancro. L'unico brano che mi piaceva davvero di quel disco era "Solo Voci" e di questo una frase: "e gli aeroporti per andare via, se vuoi". Bravo Fausto, facci volare dentro un sogno.
sì, amo l'India davvero, ci sono stato più volte e ci tornerei in ogni momento se solo potessi.
non conosco l'album dei Pooh, non sono tra i miei gruppi preferiti sebben abbia amato molte loro canzoni.
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Ed anche un suggerimento per il futuro, visto che nella UE tira davvero una brutta aria, e non è dovuta all'uso eccessivo di spezie.
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Ben caratterizzati i personaggi.
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I due ragazzi sono simpatici. Uno per quell'ingenuità che aiuta a trovare la propria strada, l'altro per essere un mascalzoncello che scappa da qualcuno che potrebbe diventare la sua prigione.
Sally dovrà pensare bene ai fatti accaduti e spegnere in fretta quel cerino che le è rimasto in mano.
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Bellissimo il titolo. Bravo.
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Incuriosita, come sempre dalla tua buona penna, mi sono apprestata a leggere anche questa storia.
L'articolazione della trama è avvincente, mi hai tenuto, con gli innumerevoli quesiti e sott'intesi con il fiato sospeso. Poi il tema prosegue tranquillo, fino ad un tratto dove trovo un colpo di scena.
Speravo in un finale più intenso, come lo è stato tutto il dipanarsi degli eventi, invece l'ho trovato, è vero scorrevole, ma il classico di "e vissero felici e contenti." Peccato.
Per tutto il resto mi è piaciuto molto, credo che dalle minuziose descrizioni tu ci sia stato. Anche i nomi della moglie e dei figli sono di quei luoghi. Ottimo lavoro.
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Adoro il cibo indiano e mi hai fatto venire voglia di andare al più preso a gustarmelo in un bel ristorantino. Per il resto il tuo tratto e il tuo stile mi piacciono sempre molto.
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Re: commento
grazie del bel commento, stefypStefyp ha scritto: ↑12/05/2021, 18:13 Buonissimo lavoro, scritto bene e avvincente. Certo non mi aspettavo l'arrivo e l'immediata partenza di Sally. Se mi posso permettere un piccolo appunto, ho trovato un pochino forzati alcuni passaggi dei dialoghi (Attendo notizie quanto prima, segui la tua via), giusto un pochino...
Adoro il cibo indiano e mi hai fatto venire voglia di andare al più preso a gustarmelo in un bel ristorantino. Per il resto il tuo tratto e il tuo stile mi piacciono sempre molto.
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Re: Commento
non sono stato in quella città, ma l'India la conosco abbastanza.Isabella Galeotti ha scritto: ↑12/05/2021, 15:17 Il titolo mi ha offerto molteplici sviluppi.
Incuriosita, come sempre dalla tua buona penna, mi sono apprestata a leggere anche questa storia.
L'articolazione della trama è avvincente, mi hai tenuto, con gli innumerevoli quesiti e sott'intesi con il fiato sospeso. Poi il tema prosegue tranquillo, fino ad un tratto dove trovo un colpo di scena.
Speravo in un finale più intenso, come lo è stato tutto il dipanarsi degli eventi, invece l'ho trovato, è vero scorrevole, ma il classico di "e vissero felici e contenti." Peccato.
Per tutto il resto mi è piaciuto molto, credo che dalle minuziose descrizioni tu ci sia stato. Anche i nomi della moglie e dei figli sono di quei luoghi. Ottimo lavoro.
e la apprezzo veramente, con tutte le sue contraddizioni.
grazie per il commento
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Re: Commento
il ritratto che faccio dell'India e degli indiani si rifà alle mie esperienze dirette in quei luoghi.Egidio ha scritto: ↑15/04/2021, 19:08 Storia che si fonda su dialoghi tra personaggi un po' di maniera, ma comunque ben caratterizzanti. La trama è fantasiosa e ben intessuta. Avrei evitato l'accenno alla masturbazione: poco fine. Il ritratto dell'India e degli indiani mi pare poco realistico, poco credibile. Comunque, questo racconto ha i suoi pregi: bella trama ed è scritto in buon italiano.
può darsi tu conosca ambienti diversi, è normale, ma ti garantisco che quanto scritto è davvero realistico.
per quanto riguarda la masturbazione, non sei il primo che lo fa notare, ma non capisco che fastidio vi dia una cosa che, credo, sia normale per tutti.
grazie per il commento
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Re: Commento
grazieAthosg ha scritto: ↑31/03/2021, 11:24 Un bel racconto che copre lo spazio di parecchi anni. Dopotutto non ricordo chi diceva che i giorni importanti in una vita sono cinque o sei, il resto fa volume. Mi ci sono immedesimato in Mark, nelle sue esitazioni, nelle sue decisioni e nella sua sincerità di fondo. Alla fine ognuno nella vita trova la sua strada.
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Re: Commento
grazie, lilyLiliana Tuozzo ha scritto: ↑27/03/2021, 11:40 Un viaggio lungo una vita. In questo racconto il lettore viene trasportato on hoaggio col protagonista, lo segue nel volo in aereo, me assapora le pietanze sconosciute, ne annusa gli odori pungenti. Hai descritto benissimo l' India e ho trovato la prima parte molto intensa. Sei stato bravo a suscitare curiosità, però la storia che si legge alla fine è quasi ordinaria. Per come è stato scritto lo ritengo un lavoro ottimo.
Bellissimo il titolo. Bravo.
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Re: Commento
grazie, letyLetylety ha scritto: ↑26/03/2021, 21:17 Un bel racconto che fa venir voglia di partire subito. Ahimè, purtroppo non sarà così ma sognare in qualche modo aiuta.
I due ragazzi sono simpatici. Uno per quell'ingenuità che aiuta a trovare la propria strada, l'altro per essere un mascalzoncello che scappa da qualcuno che potrebbe diventare la sua prigione.
Sally dovrà pensare bene ai fatti accaduti e spegnere in fretta quel cerino che le è rimasto in mano.
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Frank Malick, attempato sergente della polizia di Chicago, posto finalmente di fronte alle conseguenze d'una sua mancanza commessa molti anni prima, intraprende un viaggio fino in Nuovo Messico alla ricerca di qualcosa a metà tra il perdono delle persone che aveva fatto soffrire e la speranza di un'improbabile redenzione.
Di Massimo Baglione e Cataldo Balducci.
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